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COSTRUIRE IL VOLTO DI DIO A SCUOLA

INTRODUZIONE

In questa fase conclusiva di riordino strutturale del sistema di Istruzione e Formazione italiano, che sta ridisegnando i traguardi di competenza e gli obiettivi di apprendimento delle discipline scolastiche e dell’IRC, l’intervento si propone innanzitutto di affrontare alcune emergenze educative che possono incidere sulla costruzione di un volto di Dio nel processo di apprendimento scolastico. Viene poi sinteticamente esaminata la possibilità di alcuni modelli di apprendimento di rispondere alle attuali emergenze educative del mondo studentesco per arrivare infine a tratteggiare la proposta di un modello che sia in grado di accompagnare lo studente nel suo sforzo di costruzione di un volto di Dio a scuola.

1. CAMBIA IL PANORAMA DI RIFERIMENTO

1.1 L’evoluzione nella domanda di apprendimentoIn questo primo decennio del nuovo secolo è venuta emergendo con maggiore chiarezza un'interessante evoluzione della domanda di apprendimento da parte dei singoli individui, delle società e dei responsabili dell'insegnamento. Evoluzione determinata dagli imperativi di crescita (obbligo di performance) e d'inclusione sociali richiesti dallo sviluppo crescente della globalizzazione economica e della "società della conoscenza". Dalle tre competenze iniziali di base: lettura, scrittura e calcolo, richieste dal modello pedagogico globale di massa della società industriale, siamo transitati ad una serie di competenze di base richieste dalle strutture sociali e concettuali della "società della conoscenza" che si collocano nelle sfere della "vita" (sviluppo personale e culturale, spirito civico, ecc.) e del "lavoro" (conoscenze e attitudini specifiche). La così detta nuova "alfabetizzazioni del 21° secolo" rende, in questo modo, evidente il conflitto tra le attuali prestazioni d'insegnamento e la richiesta di una serie di competenze fondamentali, anche religiose, in graduale evoluzione e ancora in via di chiara definizione. In questa condizione un gruppo di esperti nazionali dell'Unione europea è giunto a un accordo su un insieme di competenze fondamentali che ha definito "Competenze chiave per l'apprendimento permanente"1. Tale quadro di riferimento europeo individua e definisce le seguenti otto competenze chiave necessarie per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e l'occupabilità in una società della conoscenza: 1) comunicazione nella madrelingua, 2) comunicazione nelle lingue straniere, 3) 1 GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10.

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competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia, 4) competenza digitale, 5) imparare a imparare, 6) competenze sociali e civiche, 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità, 8) consapevolezza ed espressione culturale2.Questo quadro piuttosto arbitrario, ma probabilmente in grado di dare risultati, definisce un nuovo paradigma educativo che deve essere integrato in modo efficace nella strutturazione del sistema d'insegnamento scolastico.3

1.2 La svolta digitaleLa nuova sfida dell'uguaglianza, che l’Unione europea ha voluto raccogliere, implica una rifondazione dei nostri sistemi di apprendimento, dalla prestazione di un'educazione di massa al coinvolgimento della popolazione in esperienze di conoscenza di massa, migliorando la loro competenza di "Imparare ad imparare", per la quale l'alfabetizzazione digitale assume un senso fondamentale.4

La svolta digitale ha aperto un nuovo spazio antropologico che possiamo chiamare con Pierre Lèvy, un nuovo "spazio del sapere". Dice Lèvy:  "Il sapere della comunità pensante non è più un sapere comune, perché ormai è impossibile che un solo essere umano, o anche un gruppo, domini tutte le conoscenze, tutte le competenze (...) è un sapere essenzialmente collettivo, impossibile da riunire in un solo corpo (...) tutti i saperi dell'intellettuale collettivo esprimono divenire singoli, e questi ultimi formano dei mondi"5. Comprendiamo bene che stiamo entrando in una nuova prospettiva che intende in modo nuovo il sapere e la conoscenza. Il "collettivo intelligente", il soggetto dello spazio del sapere, non è identificabile dai "legami di sangue", o dalla trasmissione dei racconti, ma è "errante" nello spazio del sapere, essendo aperto ad altri membri, ad altri collettivi, a nuove conoscenze. Il "soggetto della conoscenza" dice Lèvy "si costituisce grazie alla propria enciclopedia" cioè grazie alla messa in circolo del sapere o dell'istruzione6. Un nuovo tipo di organizzazione dei saperi, dunque, aperto dalle scienze dell'informazione e dei calcolatori, basato sulla rappresentazione e gestione dinamica della conoscenza che Lèvy, e Michel Authier, hanno chiamato "cosmopedia"7. Caratteristica principale della cosmopedia è l'eliminazione delle differenze tra le discipline e la concentrazione su

2 Ibid. Il documento continua affermando che: “L'istruzione e la formazione iniziali dovrebbero favorire lo sviluppo di queste competenze chiave a un livello che prepari tutti i giovani, compresi quelli svantaggiati, per l'apprendimento ulteriore e per la vita lavorativa. L'istruzione e la formazione per gli adulti dovrebbero realmente offrire a tutti gli adulti la possibilità di sviluppare e aggiornare le competenze chiave lungo tutto l'arco della vita”.3 Vedi. NIKITAS KASTIS, ROBERTO CARNEIRO, L'alfabetizzazione digitale, o l'evoluzione delle alfabetizzazioni del 21o secolo, in eLearning Papers n. 12, http://www.elearningpapers.eu/index.php?page=home&vol=124 Ibid.5 ERNESTO D'AVANZO, I social network e la nuova organizzazione della conoscenza, in L'Osservatore Romano, 21 febbraio 20106 E la sua implicita circolarità connota proprio l'operazione di rinvio indefinito, caratteristica dell'enciclopedia. La circonferenza che delimita il cerchio, richiamato dal significato di enciclopedia, tuttavia, è pur sempre una linea, una figura a una dimensione, sebbene evochi un'immagine dell'infinito. La linea rispecchia proprio l'immagine di un sapere che si esprime principalmente sotto forma di testo il quale, seppur complesso, comunque è fisicamente lineare.7 A partire dal 1990 Lèvy decise di intraprendere, insieme all'amico Michel Authier, una serie di ricerche riguardanti le nuove forme di accesso al sapere fornite dagli strumenti informatici. Da qui l'introduzione del concetto di "cosmopedia" e di sistema degli "alberi delle conoscenze". Nel 1992 conduce, con il filosofo e storico delle scienze Michel Authier, una serie di ricerche sulle forme di accesso alla conoscenza mediante le tecnologie informatiche. Da queste ricerche emerge il concetto di cosmopedia, una sorta di enciclopedia virtuale che si riorganizza a seconda delle esplorazioni di chi vi accede. Insieme ad Autier pubblica Les arbre de connaissances (Alberi della conoscenza), un sistema aperto di comunicazione che permette di individuare e valorizzare le diverse conoscenze delle persone, mediante una cartografia dinamica. Con la pubblicazione, nel 1997, del libro "Cyberculture", considerato il manifesto umanista della nuova cultura emergente, si è guadagnato il titolo di "media philosopher". E' considerato uno dei più brillanti media philosopher del momento ed è seguito in Italia nel mondo cyber e multimediale fin dalla pubblicazione del suo libro Le tecnologie dell'intelligenza. L'avvenire del pensiero nell'era informatica (1992). E'famoso il suo testo L'intelligenza collettiva . In: http://www.wikiartpedia.org/index.php?title=L%C3%A9vy_Pierre

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alcuni concetti che, anche se composti, sono in continua ridefinizione8. I membri del collettivo intelligente, materializzano il proprio sapere, in un'immagine digitale in continua metamorfosi, cercando, consultando ed esplorando9. Il nuovo modello di conoscenza di cui parliamo non si rifà come quello kantiano o empirista al soggetto o all’oggetto o alla loro interazione, ma ad un sapere in rete, non gerarchizzato che riunisce le proprie pratiche conoscitive10.L'oggetto dell'analisi non è l'individuo, ma un'entità che consiste di persone e collegamenti fra esse. Il modello a rete consente di studiare comportamenti cognitivi collettivi non gerarchizzati e di elaborare teorie esplicative in ambienti virtuali11.

1.3 Il disamore verso la scuola in ItaliaLe polemiche di questi giorni, sul ritorno all'apprendistato precoce a 15 anni e la conseguente modifica dell'obbligo di istruzione, richiamano l'attenzione sull'elevato numero di giovani che concludono precocemente il loro percorso scolastico e formativo, con competenze minime o inadeguate per entrare a pieno titolo nella società della conoscenza.La stessa proroga dal 2010 al 2020, da parte della Commissione europea, del raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, conferma questa generale difficoltà del sistema di istruzione e formazione in Europa.Dall’ultime rilevazione di Eurostat risulta infatti che nel 2008 la percentuale di 18-24enni con la sola licenza di I grado (o meno) e che non frequentano percorsi di istruzione/formazione è stata del 14,9% nella media dei Paesi UE (era quasi due punti in percentuale superiore nel 2000)12.L'Italia ha fatto registrare una percentuale di abbandoni precoci del 19,7% (cioè quasi un giovane su cinque). Può consolare il fatto che nel 2000 la percentuale era ancora più alta: 25,1% (cioè abbandonava in anticipo qualsiasi percorso formativo un giovane ogni quattro)13. L'Italia è praticamente a metà strada. C'è ancora molto da fare per dimezzare quella percentuale poco confortante.  A tutto ciò si deve aggiungere il diffuso senso di incertezza, di sconcerto e di impotenza diffuso tra i docenti in seguito alle profonde innovazioni strutturali del Sistema di Istruzione e Formazione e alla percezione del radicale mutamento dell’atteggiamento degli studenti e del contesto sociale verso l’Istituzione scolastica e le sue regole. Il bullismo dilagante ed il moltiplicarsi dei cinque in condotta 8 Nella visione dei due filosofi, il cosmo connota uno spazio di rappresentazioni dinamiche e interattive che, a differenza dell'immagine fissa del testo, caratteristica dell'enciclopedia, contempla un numero elevato di forme di espressione come le immagini, fisse e animate, i suoni, le simulazioni interattive, le mappe interattive, le realtà virtuali, le vite artificiali e così via.9 ERNESTO D'AVANZO, I social net.work…, o.c10 Facebook, Linkedin, MySpace o Twitter sono solo alcuni esempi di successo, non solo commerciale, delle diffusissime reti sociali, o social networks. Esse permettono ai loro utenti di parlare, organizzare eventi, condividere opinioni, fare annunci, incontrare persone e così via. L'analisi di queste reti indaga le relazioni fra i soggetti che le compongono, mostrando come il comportamento del singolo individuo sia influenzato dai vicini con cui è in contatto.11 Per le scienze sociali la natura digitale di queste comunità rappresenta un'opportunità senza precedenti per studiare, dettagliatamente e su grande scala, comportamenti collettivi in modelli a rete, appunto non gerarchizzati. Lo scienziato sociale, infatti, ha la possibilità di formulare e verificare ipotesi in ambienti virtuali simulati in modo da ottenere riscontri dai quali può elaborare teorie riguardanti i fenomeni indagati. Uno di questi, ad esempio, il fenomeno dei piccoli mondi, o small worlds, ipotizza che la catena delle conoscenze sociali richieste per collegare persone, apparentemente lontane nella rete sociale, è molto corta. L'ipotesi prende spunto dal noto esperimento dello psicologo americano Stanley Milgram il quale, nel 1967, ha scoperto che due persone, senza alcun contatto, potevano trasmettersi l'un l'altra messaggi attraverso una rete di conoscenze composta, al massimo, di sei persone. 12 Per il 2020 la Commissione europea ha rideterminato l'obiettivo da raggiungere fissando la percentuale di abbandoni precoci dei 18-24enni al 10% al massimo.13 Se si guarda, però, agli altri Paesi europei, ci si accorge che sono quasi tutti in situazione migliore della nostra. Peggio dell'Italia sono la Spagna, il Portogallo e Malta. Croazia, Polonia, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lituania e Finlandia hanno già raggiunto quell'obiettivo; molti altri Paesi sono prossimi a raggiungerlo. L'Italia è praticamente a metà strada.

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ne sono un chiaro segnale. Tutto ciò ci porta a concludere che lo sforzo di innovazione deve portarsi innanzitutto sul piano pedagogico didattico, più che su quello strutturale che dovrebbe venire di conseguenza.

1.4 L’evoluzione nella sensibilità religiosa giovanileAnche sul piano della sensibilità religiosa giovanile dobbiamo registrare una notevole evoluzione che non possiamo ignorare. Secondo Luca Diotallevi, docente di Sociologia a Roma Tre, «c'è un legame elastico tra giovani e Chiesa». Un legame che si manifesta in molti modi, a partire dalla tradizionale filiera parrocchia-Azione cattolica, di certo assai poco mediatica14 ai movimenti presenti nei vari segmenti socio-religiosi, dai Focolarini, a Cl, fino a Sant'Egidio15. Ma un fenomeno crescente e sicuramente espressione della nuova religiosità giovanile deiMillennials italiani è quello dei movimenti carismatici, a fortissima densità identitaria. Un emblema sono i Neo catecumenali, movimento in fortissima crescita trai giovani, che affollano parrocchie, protagonisti delle Giornate mondiali dei giovani e dei viaggi papali. Altra forte presenza è quella del Rinnovamento dello Spirito, cammino di comunione ecclesiale e formazione permanente, che nasce sulla scia del movimento carismatico Usa16. Per le nuove generazioni l'esperienza di fede si presenta come poco intrigante, non c'è conflitto morale interiore, e anche la morale sessuale che in passato era una discriminante, ora non più. Ecco allora l'approdo a queste crescenti esperienze pentecostali, «che rappresentano la remunerazione emotiva al bisogno religioso» e che secondo alcuni studiosi indicano «Che si è accesa la spia della riserva»17. la Chiesa non si stanca di dichiarare il suo amore per le giovani generazioni «ma si fa fatica a vedere i segni». In Italia la Chiesa cattolica è dentro la società (e in molti pensano anche dentro lo Stato). Da qui la ricerca dei giovani di un'offerta religiosa che sia altro dalle gerarchie, ma non contro, che per molti significa rifuggire dalla lettura razionale della fede18, con un’altissima libertà liturgica, ma con un estremo rigore dottrinale, su vita e famiglia19. Questo nuovo quadro chiede una evoluzione all’educazione religiosa anche scolastica, che non deve e non può più porsi solo obiettivi informativo – espositivi, ma deve necessariamente porsi anche obiettivi preformativi, cioè dare informazioni date con calore. L’unione della dimensione conoscitiva con quella affettivo emotiva è ormai obbligata per ogni educazione 20.

2.4 Verso una didattica religiosa digitale per costruire il volto di Dio nell’IRC21

Raccogliere le sollecitazioni che arrivano all’IRC dalle profonde trasformazioni sopra delineate vuol dire toccare temi complessi come: l’ingresso dei media digitali nell’IRC, i contenuti digitali, i sussidi didattici e l’editoria scolastica. Tematiche nuove e ancora poco esplorate, ma che si presenteranno prepotentemente all’attenzione e richiederanno una risposta efficace.

14 anche perché il tasso di tesseramento nella maggiore organizzazione ecclesiale è molto basso, Diotallevi stima il 10% circa della militanza accertata15 L. DIOTALLEVI, Una alternativa alla laicità.16 «A questi gruppi, e ad altri, è data in appalto la creazione di una massa critica che abbia un impatto mediatico», osserva Alberto Melloni, professore di Storia all'Università di Modena e uno dei massimi studiosi del Concilio.17 osserva A. Melloni18 un po' come i nuovi evangelici americani, i "cristiani rinati”19 A Ratzinger i movimenti in generale non piacciono molto, avversa le loro «messe che a volte sembrano Gospel», ma apprezza il loro rigore dottrinale Cfr. articolo sull’Osservatore Romano20 G.Ravasi,In una Fondazione strutturiamo il confronto, intervista a Gianfranco Ravasi a cura di Lorenzo Fazziniin “Avvenire” del 25 febbraio 201021 Prendiamo queste considerazioni dall’intervento del Prof. Pier Cesare Rivoltella al Seminario di studio, del Servizio nazionale per l’IRC della CEI, su:“Irc e nuove tecnologie. I libri di testo multimediali”, pro manuscripto, Roma 2010 .

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Innanzitutto dobbiamo considerare i media digitali22, vecchi e nuovi23, una risorse per la didattica dell’IRC e non solo un problema per l’IdR che deve utilizzarli24. Si tratta di tecnologia “facile”, anche per l’insegnante non tecnologico, a “basso impatto economico” e i ragazzi ne sono forniti, “portabile”, che ne allarga quindi il raggio di azione, “sociale”, in quanto facilita la socializzazione del sapere e delle relazioni. Una straordinaria opportunità educativa e un importantissimo spazio di socialità che può intercettare e dare una risposta all’emergenza del bisogno religioso. Una novità che apre spazi educativi e didattici rilevanti è il carattere informale e orizzontale dei nuovi media che li rende facilmente disponibili all’espressione, senza filtri e senza mediazione. Queste caratteristiche introducono nel processo di apprendimento religioso una nuova socialità che rende tutti gli attori del processo, collaboratori: un’interattività che trasforma in protagonisti e una autorialità che li fa tutti produttori e autori25. In questo modo si realizza il mobile learning, cioè il prolungamento degli apprendimenti oltre l’aula. Naturalmente le tendenze promosse dall’utilizzo dei media digitali comportano anche alcuni rischi26 sul piano della relazione docente studenti, delle competenze cognitive, della produzione di contenuti e dell’editoria scolastica. Nella nuova prospettiva, che apre l’aula al fuori, si attenua l’autorità istituzionalizzata del docente, ma cresce la vera autorità fondata sulla relazionalità significativa27. L’abilità dell’insegnante dovrà essere quella di sostanziare la dimensione comunicativa, relazionale collaborativa e costruttiva dei contenuti.Sul piano cognitivo, un cervello abituato alla reticolarità potrebbe avere difficoltà di deduzione. Le competenze promosse dai nuovi media non sono però, pure competenze “manuali”, ma anche cognitive, capacità decisionali, velocità esecutiva, tener dietro a processi cognitivi diversi nello stesso tempo, ecc.I media digitali implicano una de-mediazione e de-professionalizzazione nella produzione e distribuzione dei contenuti religiosi che erano garantiti dalla mediazione dell’editoria e degli autori. Ulteriore confusione può generare la spinta alla Multimedialità, che fa convergere linguaggi diversi in un unico ambiente digitale, e la Multimodalità, che diffonde in modi diversi gli stessi contenuti.Il contenuto generato dagli utenti lettori, docenti e studenti, non può essere garantito dall’imprimatur: chi allora controlla i contenuti? Chi ne certifica la qualità? Quali sono i criteri della affidabilità? La funzione del libro quale diventa? In questo nuovo contesto il criterio di verità si sposta su base convenzionale e sociale, è deciso dal numero di click.Naturalmente non si può ritornare a tassonomie e criteri imposti dall’alto, poiché oggi i criteri sono ascendenti non discendenti. Bisogna trovare il giusto mix che faccia convivere i diversi supporti: quelli delle fonti tradizionali e quelli dei nuovi prodotti. D’altra parte così in passato è sempre avvenuto nel rapporto tra il testo biblico e il supporto dei media artistici.

22 Nella didattica occorre fare i conti con tre aree di strumenti: applicativi 2.0 (es. facebook, blog), i dispositivi mobili (telefonino, mp3, dispositivi per leggere libri elettronici), dispositivi ad interfaccia tattile.23 Sui nuovi media si discute in quanto non sono poi così “nuovi” (vedi ad es. telefonino, TV). Ciò che li rende nuovi è la “digitalità” (si parla di ri-mediazione; si “ri-mediano” media vecchi).24 Secondo i dati INDIRE il profilo tecnologico dei neo-assunti negli ultimi anni è cambiato: pionieri 10%, praticanti 70% (competenze informatiche di base), neofiti 20%. Tendenzialmente, però, l’insegnante concepisce la risorsa informatica come competenza personale/professionale e non come risorsa didattica.

25 In questa nuova logica della conoscenza, rappresentazione e della comunicazione si possono fare moltissime cose: aprire e gestire un corso on-line (all’interno di un social network), condividere contenuti e agende con google ad esempio (scrittura collaborativa, agenda di classe), recensire libri (comunità di lettori), pubblicare slide di ppt, gestione messaggistica.26 Cfr. P. FERRI, La fine del mass media, Guerrini, 2007; J. MISSICÀ, La fine della televisione, Lupetti, 2007.27 I giovani di oggi sono molto più disposti di quelli di qualche decennio fa ad accettare la relazionalità asimmetrico/educativa, a patto che questa sia significativa: autorità che si pone a servizio della maturazione della libertà di altri.

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Va anche ripensata la funzione del testo scritto: nozioni e modalità di utilizzazione, in rapporto al web e all’on line28. La giusta mediazione potrebbe essere quella di offrire nel testo scritto le scelte garantite dei contenuti e delle piste di ricerca e sul web uno spazio dentro il quale chiamare gli alunni a costruire delle cose insieme al loro insegnante. Naturalmente non ha più senso confezionare dei pacchetti “chiusi” da pubblicare sui libri di testo. Rimangono però ancora aperti alcuni interrogativi: cosa significa scrivere un libro di testo in questo contesto/congiuntura tecnologica? La scrittura multimediale in cosa consiste?

2. CON QUALE MODELLO COSTRUIRE IL VOLTO DI DIO A SCUOLA?

Non vogliamo qui soffermarci sull’esame dei vari modelli di apprendimento proposti in Italia in questi ultimi decenni che hanno cercato di tradurre una certa visione educativa ed un particolare modo di gestire i rapporti tra insegnante, allievo e sapere per conseguire le finalità educative del sapere, saper fare e saper essere29. Vogliamo invece delineare quel modello30 oggi più diffuso, che la prassi pedagogica dei docenti adotta, non sempre in modo chiaro e consapevole, nel particolare modo di insegnare di ogni giorno.

2.1 Il modello d’apprendimento dominante oggi nella scuola italiana

Gli insegnanti generalmente adottano quel modello di insegnamento-apprendimento sperimentato come allevi nella scuola secondaria e all’università, arricchito poi dalle esperienze sul campo, strutturato dietro la spinta di urgenze momentanee e infine introdotto nella concreta pratica scolastica. A nostro avviso il modello oggi dominante in Italia si richiama ad un quadro teorico pedagogico caratterizzato da elementi di natura empirista, comportamentista e strutturalista31. I tratti comportamentisti nel processo di apprendimento-insegnamento si intravedono in alcune costanti: il processo di apprendimento è concepito in modo cumulativo continuo e procede per piccoli passi; il processo di insegnamento è concepito in una prospettiva di razionalità pratica e tecnica che sa gestire i mezzi appropriati in modo rigoroso.I tratti strutturalisti si evidenziano nell’idea che ogni disciplina è caratterizzata da una struttura ben definita sul piano cognitivo e da una compiutezza formale che la distingue dalle altre; l’apprendimento è strutturato e nozionistico.L’attività scolastica è rigidamente suddivisa in tre momenti: lezione frontale (a volte mitigata da un insegnamento dialogato), studio individuale, verifica. Il dispositivo principale è la lezione frontale e la situazione di apprendimento è di tipo impositivo32. La trasmissione delle nozioni è un processo neutro e oggettivo verso una razionalità comune propria di ogni studente considerato come un contenitore neutro e vuoto da riempire di nuove nozioni33.

28 Rientra qui tutta la nuova problematica delle LIM, dei learning object, degli ebook, ecc. Non si può produrre carta digitale per il web (pdf=carta digitale); il formato del web è altro. La funzione dell’on-line è altra. Inoltre: ha senso confezionare learning object per le Lavagne multimediali (LIM)? Sì se è considerata solo come uno schermo di proiezione.29 Rimandiamo per questo ai nostri contributi:R.ROMIO, I metodi, in Z.TRENTI (a cura), Manuale dell’Insegnate di Religione, Elledici Leumann Torino, 2004, pp. 237-255; e R.ROMIO, Testo e gli strumenti didattici, in Z.TRENTI (a cura), Manuale dell’Insegnate di Religione, Elledici Leumann Torino, 2004, pp. 365-377. 30 Per modello intendiamo quella costruzione teorica che articola in modo coerente un insieme di situazioni didattiche dando loro un senso e specificando le condizioni in cui possono essere utilizzate, al fine di raggiungere uno scopo. 31 Vedi E. ROLETTO, La scuola dell’apprendimento. Didattiche disciplinari, modelli e applicazioni operative, Erikson, Trento, 2005, pp. 86 – 92.32 Ibid. p.87

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La condizione ottimale per la trasmissione del sapere è la padronanza della disciplina da parte dell’insegnante, l’esposizione chiara, il linguaggio appropriato, la gradualità, la spiegazione esauriente e ricca di esempi. Si da per scontato che lo studente riesca spontaneamente a strutturare un sapere complesso attraverso la somma dei saperi parcellizzati ricevuti gradualmente e indipendentemente l’uno dall’altro. Ugualmente scontato è il fatto che non ci saranno problemi di comprensione se l’insegnate usa un linguaggio chiaro e rigoroso e struttura le nozioni in modo logico secondo la struttura della disciplina. Con queste condizioni, l’insuccesso scolastico e l’errore sono attribuibili solo alla cattiva volontà dell’allievo. Si deve riconoscere che se gli studenti sono motivati ed in possesso di strutture mentali e conoscenze relative adeguate ad integrare le nuove conoscenze nel reticolo delle conoscenze già possedute, questo modello risulta efficace e permette di fornire molte informazioni contemporaneamente ad un numero elevato di persone34. Ma i limiti di questo modello, oggi confermati da innumerevoli ricerche, sono evidenti e consistono fondamentalmente nel fatto che normalmente le nuove nozioni non si integrano con quelle possedute35, il sapere parcellizzato ricevuto non viene automaticamente sintetizzato in un sapere complesso36, e non porta ad un sapere operativo unitario in situazioni nuove. Soprattutto le erronee o limitate precomprensioni degli allievi condizionano ogni possibile corretta comprensione delle nozioni trasmesse dal docente.Oggi la maggior parte dei docenti è consapevole di questi limiti. Si vanno sviluppando didattiche disciplinari che riconoscono il ruolo attivo degli studenti e cercano di promuovere il lavoro collaborativo. Ma risulta difficile, in un sistema educativo impositivo/trasmissivo, aprire punti di vista educativi diversi, soprattutto perché gli insegnanti, formati nel sistema educativo dominante, temono di non essere in grado di gestire un insegnamento diverso da quello tradizionale37. Dobbiamo in conclusione riconoscere che il modello trasmissivo ha ottenuto in passato ottimi risultati e conserva ancora la sua validità in particolari situazioni, ma necessita, per avere oggi la sua efficacia, di una integrazione con altre modalità di intervento più rispondenti alla condizione di apprendimento degli studenti.

2.2 Dire Dio nel modello impositivo/trasmissivo dominante

Le ultime ricerche nazionali sull’IRC38 confermano senza ombra di dubbio la scelta preferenziale degli IdR del modello impositivo/trasmissivo dominante nella realtà scolastica italiana. I dati dell’uso della lezione frontale/dialogata, da parte dell’oltre 90% degli IdR, sono inequivocabili.La partecipazione degli studenti nella scelta dei temi da trattare è talmente ridotta da attestarsi vicino allo zero. Solo il 5% dei docenti da ampio spazio agli alunni nella trattazione dei temi. L’88,7% degli IdR utilizza fedelmente il libro di testo integrandolo a loro discrezione con argomenti di attualità, senza però interrompere il programma39. Il modello trasmissivo dominante centrato sui contenuti, sulla lezione frontale, sul programma e sul libro di testo esce rafforzato dai

33 Ibid. p. 88. Nella versione più attuale di natura cibernetico-informazionale lo studente è un computer da programmare: le unità di apprendimento sono come file da memorizzare e da richiamare quando occorra.34 Ibid. p. 89. Ciò si verifica in genere nei corsi di aggiornamento di esperti e professionisti e risponde alle loro attese.35 Ogni allievo dispone di conoscenze personali con le quali analizza e interpreta le informazioni che riceve, Vedi Ausubel sull’apprendimento meccanico. D. AUSUBEL, Educazione e processi cognitivi, Angeli, Milano, 1978 36 J.P.ASTOLFI, L’école pour apprendre, Paris, ESF, 1992.37 G. BONAZZI, Storia del pensiero organizzativo, Franco Angeli, Milano, 2000.38 G.MALIZIA- Z.TRENTI.- S.CICATELLI, Una disciplina in evoluzione, Elledici, Leumann (To), 2005.39 Z.TRENTI – R.ROMIO, Pedagogia dell’apprendimento nell’orizzonte ermeneutico, Elledici, Leumann (To), 2006. pp.229 - 238.

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risultati della ricerca anche rispetto alle precedenti ricerche del ’90 e del ‘9540. IRC e IdR risultano in conclusione ben inseriti nella scuola attuale e nel suo modello dominante. La tenuta dell’IRC non deve illudere poiché già appaiono degli evidenti segnali di ceduta, in particolare nella secondaria di secondo grado, in alcune regioni come la Toscana e in alcune grandi città del nord. Ma soprattutto non può che interrogarci la lontananza tra il modello educativo dominante nell’IRC e le emergenze che caratterizzano il contesto educativo e la domanda educativa, anche religiosa, degli studenti. L’analisi delle linee di tendenza dell’evoluzione del contesto educativo ci dicono che il divario aumenterà e ciò è già evidente nell’attuale disagio degli studenti e dei docenti41. Certamente è possibile costruire il volto di Dio nello modello di apprendimento dominante e di fatto ciò avviene, ma è anche possibile scegliere una modalità migliore e più rispondente alle nuove condizioni.

2.3 Alcuni paradigmi per costruire il volto di Dio in classe

Gli insegnanti ricorrono a svariate opzioni per far fronte alle situazioni problematiche che incontrano nella loro azione didattica ed elaborano modalità che possiamo sinteticamente ricondurre ad alcuni paradigmi generali:Dire Dio nel modello emettitore/ricettoreL’insegnante si sforza di trasmettere, con molte modalità, ma in modo chiaro un insieme di nozioni su Dio organizzate e strutturate secondo una complessità crescente. L’alunno riceve con attenzione, memorizza e restituisce con impegno le nozioni. È privilegiato il sapere corretto su Dio. Questa opzione consente di insegnare contemporaneamente a molti studenti un gran numero di nozioni42. Dire Dio attraverso un condizionamento operanteL’insegnante deve garantire condizioni favorevoli all’apprendimento su Dio, organizzando il suo intervento in tappe successive, in modo che tutti gli studenti possano apprendere i contenuti selezionati. La fedeltà agli obiettivi del programma stabilito garantirà che l’alunno possa impadronirsi si conoscenze e abilità osservabili e misurabili. È privilegiata la trasformazione del comportamento verso l’acquisizione di nuove competenze su Dio. Assicurando un tempo necessario e impartendo un insegnamento di qualità, ogni studente deve raggiungere il livello stabilito di competenza. Questa opzione permette di conseguire risultati standard e prestazioni comuni per tutti gli studenti43.Dire Dio in un processo di autostrutturazioneLo studente occupa il posto centrale. L’insegnante propone situazioni selezionate e congegnate che contengono principi e conoscenze su Dio. Lo studente scoprirà in modo concreto e intuitivo grazie ad attività pratiche di scoperta. Ciò che conta è la ricerca e la problematicità attraverso le quali si realizza l’apprendimento. L’insegnante illustra le premesse, lo studente identifica il problema, formula una ipotesi e quindi cerca di dare una risposta al problema. Attraverso un procedimento induttivo si accrescerà, quasi in modo naturale, il proprio sapere su Dio44.Dire Dio per ricezione significativaLo studente è un ricettore attivo che deve essere disposto ad apprendere nuovi significati e insieme possedere una struttura concettuale generale su Dio alla quale integrare le nuove conoscenze che 40 G.MALIZIA- Z.TRENTI, Una disciplina in cammino, SEI, Torino, 1990 G.MALIZIA- Z.TRENTI.- S.CICATELLI, Una disciplina al bivio, SEI, Torino, 199641 G.MALIZIA- Z.TRENTI.- S.CICATELLI, Una disciplina in evoluzione, o.c., p. 234. “dovrebbe far riflettere quel terzo circa degli studenti delle primari indisciplinati e quel più di un terzo degli studenti degli studenti delle secondarie disinteressati. Indisciplina e disinteresse sono indubbiamente conseguenze evidenti de3ll’uso di una metodologia didattica da rivisitare”. 42 E. ROLETTO, La scuola dell’apprendimento.o.c. pp. 72-7443 J. BLOCK – L. ANDERSON, Mastery learning in classe, Loescher Torino, 1979 B.S. BLOOM, Tassonomia degli obbiettivi educativi, Giunti e Lisciani, Teramo, 198644 E. ROLETTO, La scuola dell’apprendimento, .o.c. pp.81-83

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Page 9:  · Web viewL'ipotesi prende spunto dal noto esperimento dello psicologo americano Stanley Milgram il quale, nel 1967, ha scoperto che due persone, senza alcun contatto, potevano

verranno così memorizzate. L’insegnante deve offrire ponti cognitivi che consentano allo studente di assemblare le nuove conoscenze a quelle possedute. Deve inoltre facilitare il consolidamento delle strutture cognitive attraverso una conciliazione integrativa tra vecchie e nuove conoscenze. In questo processo lineare di acquisizione scarso rilievo hanno i contenuti ed il contesto di apprendimento45.

2.4 La proposta di un modello didattico per costruire il volto di Dio in classe

In questa nostra proposta non partiamo da zero poiché, negli ultimi sette anni, abbiamo sperimentato, a livello nazionale e locale46, un modello didattico che abbiamo chiamato DEE (Didattica Ermeneutica Esistenziale) 47 che traduceva nella prassi didattica la visione pedagogica ermeneutica esistenziale48. Ma il quadro educativo si è andato, in questi anni, velocemente evolvendo facendo emergere alcune istanze che ci spingono a verificare la nostra proposta. La DEE si fondava sulla opzione pedagogica ermeneutica esistenziale, cioè intendeva:

- imperniare il processo di apprendimento religioso sull’area di esperienza qualificante il momento evolutivo dello studente, precisata dalla scelta di un elemento costitutivo;

- Sviluppare, a partire dall’area di esperienza selezionata, un processo di apprendimento che facesse emergere la domanda religiosa in essa contenuta;

- Attraverso le attività didattiche lo studente, accompagnato e sostenuto dal docente, doveva costruire la sua risposta elaborando i contenuti proposti dalle fonti religiose della tradizione;

- Terminato il processo di apprendimento, lo studente doveva dimostrare il livello di maturazione della competenza religiosa attraverso la soluzione di un compito relativo ad una situazione problematica.

- Una valutazione conclusiva del compito certificava il livello di competenza raggiunto.

MODELLO DI UA IN PROSPETTIVA ERMENEUTICA ESISTENZIALEElementi di identificazione: Scuola, anno, disciplina, classe e sezione

FASE DI PROGETTAZIONE: DEFINIRE LA DOMANDA

1. individuare dimensione antropologica (area

di esperienza-elemento qualificante-

modalità applicativa) e indicare Motivo

educativo conduttore

2. confronto orientativo con i documenti

normativi della progettazione (PECUP,

POF, OSA)

3. definizione dell’Obiettivo Formativo

45 D. AUSUBEL, Educazione e processi cognitivi, Angeli, Milano 197846 Alla sperimentazione nazionale hanno partecipato circa 150 insegnanti, di tutti i gradi scolastici, per 4 anni ed è stata coordinata dall’Istituto di Catechetica della Pontificia Università Salesiana. La sperimentazione locale si è svolta per la durata di due anni nella diocesi di Massa Carrara, coordinata sempre dall’Istituto di Catechetica ed ha coinvolto una quarantina di docenti di tutti i gradi scolastici. Sono in via di pubblicazione i risultati. 47 Per una illustrazione dei fondamenti teorici della sperimentazione si può vedere ROMIO ROBERTO, Un modello pedagogico didattico per l’educazione religiosa, Orientamenti Pedagogici, vol. 56 n.5(335) settembre/ottobre 2009, pp. 857-87348 Per la comprensione di questa visione consultate: Z.TRENTI – R.ROMIO, Pedagogia dell’apprendimento nell’orizzonte ermeneutico, o.c.

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FASE DI VALUTAZIONE VERIFICA, VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DELLA COMPETENZA ACQUISITA 1. selezionare il “compito” da risolvere 2. stabilire modalità di verifica e definire i criteri di

valutazione e autovalutazione del cambiamento promosso dalla UA

3. Dichiarare la competenza acquisita Confronto con PECUP - POF – OSA

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In questo modo si superava l’impostazione empirista, comportamentista e strutturalista49 che caratterizza il modello oggi dominante in Italia.La linea di sviluppo della problematica dell’apprendimento religioso, espressa dalle nuove emergenze, ci ha indotto ad esplicitare maggiormente due nuove prospettive, di per sé già implicitamente presenti nel modello: quella costruttivista e quella collaborativa.

2.4.1 L’apertura costruttivistaIl termine costruttivismo assume connotazioni diverse a seconda che si riferisca al campo della psicologia50, dell’epistemologia51, dell’apprendimento. Nell’ambito dell’apprendimento, che è quello che a noi interessa, indica la concezione che apprendere significa costruire conoscenze, all’opposto della visione dell’apprendimento per trasmissione/ricezione. Ogni soggetto che apprende parte sempre da una struttura cognitiva che organizza le esperienze e le conoscenze già acquisite in precedenza. Il soggetto mette in relazione questa base composita con la situazione nuova sconosciuta e problematica che lo destabilizza. L’impossibilità di superare da solo il problema lo spinge a costruire una struttura cognitiva più adeguata con nuove risorse fornite dall’insegnante, dai documenti di consultazione, dai punti di vista dell’insegnante e dei compagni, dalla ricerca di altre fonti. La nuova struttura che nascerà dal lavoro di rielaborazione è il punto di arrivo e di partenza per un nuovo processo di apprendimento. Naturalmente il docente, regista del processo, deve selezionare e proporre situazioni di apprendimento che lascino allo studente uno spazio di costruzione ricco di iniziativa e di responsabilità, ma che promuovano, anche, il confronto tra idee diverse e spingano alla costruzione individuale e alla co-costruzione collaborativa.

2.4.2 L’apertura collaborativaLa dimensione collaborativa dell’apprendimento pone al centro del processo anche la relazione didattica nelle sue principali componenti: le interazioni tra allievi e contenuto, le interazioni tra allievi, l’interazione insegnante contenuto, l’interazione insegnante allievi. Un rapporto insegnante, sapere, allievi non può che essere di carattere asimmetrico, dialettico e in evoluzione durante il processo, poiché pone a confronto diverse strutture concettuali del sapere: quelle della disciplina, dell’insegnante, del singolo allievo e degli altri allievi.L’insegnante deve assumere il ruolo di regista del processo di apprendimento gestendo il passaggio dal sapere formalizzato a quello disciplinare da insegnare e favorendo il processo di comprensione degli allievi. Tra la logica dei contenuti da apprendere e quella dell’allievo che apprende c’è sempre una distanza e una differenza più o meno marcata. Questa distanza, che si esprime spesso nell’ingrediente

49 Vedi il paragrafo 2.150 Nel versante psicologico è usato per indicare come si concepisce l’attività mentale di un soggetto impegnato a risolvere problemi. E. ROLETTO, La scuola dell’apprendimento, o.c., Il costruttivismo di Piaget: pp. 98-10651 In epistemologia indica i modo di concepire il rapporto tra i dati empirici “fatti” e le costruzioni teoriche “modelli”. Ibid., Il costruttivismo radicale: pp.106-109.

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FASE DI APPLICAZIONECOSTRUIRE LA RISPOSTA

1. individuare il “compito” (l’attività di

ricerca)

2. scegliere documenti e materiali

3. stabilire organizzazione: tempi, modalità,

metodi, mezzi, strumenti

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fisiologico dell’errore52, è la molla della collaborazione. Attraverso la consapevolezza dell’errore, evento desiderabile e tappa necessaria, si attivano i confronti tra le concezioni degli allievi, con la mediazione dell’insegnante, e si sviluppa il processo collaborativo di costruzione. I conflitti tra gli allievi di natura interpersonale, mediati dalle domande dell’insegnante, divengono intrapersonali spingendo l’allievo alla ricerca di saperi più efficaci che modifichino le sue conoscenze. A questo punto inizia la fase costruttiva in cui l’insegnante, offre contenuti o guida la ricerca dei saperi formalizzati, con i quali elaborare il nuovo sapere. l’alunno con i compagni

2.4.3 Il modello integrato: ermeneutico-esistenziale-costruttivo-collaborativo

Rivedere il modello sopra proposto integrando, con maggior evidenza, gli aspetti costruttivo collaborativi comporterebbe alcune precisazioni nelle tre fasi, che indichiamo:

FASE DI PROGETTAZIONE:

DEFINIRE LA DOMANDA

FASE DI PROGETTAZIONE:

integrazione

1. individuare dimensione antropologica

(area di esperienza-elemento qualificante-

modalità applicativa) e indicare Motivo

educativo conduttore

2. confronto orientativo con i documenti

normativi della progettazione (PECUP,

POF, OSA)

3. definizione dell’Obiettivo Formativo

Individuare attraverso il confronto insegnante – alunno - alunni non solo, come già previsto, la dimensione antropologica che l’alunno vive,

ma anche come viene da lui sentita e pensata.

Perché lo studente ne prenda consapevolezza si può ricorrere alla costruzione di un quadro – mappa iniziale orientativo.

2.4.4 Dire Dio in classe nel nuovo modello: dieci piste di riflessioneFocalizzare l’insegnamento su modalità esistenziali, ermeneutiche, costruttive e collaborative richiede un cambiamento di prospettiva che si può riassumere in alcune utili piste per la prassi didattica:1. Partire sempre dalla «classe» come gruppo e da ognuno dei suoi componenti.2. Gli studenti non sono mai dei «contenitori vuoti». È bene quindi partire sempre da «ciò che già sanno» o da «ciò che sono in grado di capire da soli».

52 E. ROLETTO, La scuola dell’apprendimento, o.c., pp. 143- 14911

FASE DI APPLICAZIONE

COSTRUIRE LA RISPOSTA

FASE DI APPLICAZIONE

integrazione

4. individuare il “compito” (l’attività di

ricerca)

5. scegliere documenti e materiali

6. stabilire organizzazione: tempi, modalità,

metodi, mezzi, strumenti

L’insegnante deve formare i gruppi di lavoro utilizzando le modalità collaborative

Il compito va individuato e svolto in una logica e con modalità costruttivo-collaborative.

FASE DI VALUTAZIONE VERIFICA, VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DELLA COMPETENZA ACQUISITA

7. selezionare il “compito” da risolvere 8. stabilire modalità di verifica e definire i

criteri di valutazione e autovalutazione del cambiamento promosso dalla UA

9. Dichiarare la competenza acquisita Confronto con PECUP - POF – OSA

FASE DI VALUTAZIONE

integrazione

Il compito va svolto individualmente, ma in una logica costruttiva

valutare il cambiamento dell’iniziale quadro di atteggiamento e pensiero

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3. Abituarsi a misurare il «tempo di parola» riservato agli studenti e all'insegnante ed evitare la preponderanza a favore di quest'ultimo.4. Comunicare sempre alla classe il programma, discuterlo e prevedere momenti comuni di verifica e di controllo.5. Prevedere produzioni scritte e orali diverse, che richiedano e mobilitino abilità e strategie differenti.6. Non dimenticare che la valutazione è parte integrante del processo di apprendimento e che è bene privilegiare una valutazione formativa, prevedendo strumenti articolati (schede) per ogni tipo di produzione.7. Non enfatizzare e colpevolizzare l'errore, ma considerarlo tappa inevitabile nell'apprendimento.8. Introdurre elementi di «civiltà» che sottolineino il legame particolare tra i «parlanti nativi» e la loro lingua, incoraggiando analisi contrastive ed evitando banali stereotipi.9. Includere nel percorso momenti destinati a una produzione creativa che valorizzi la personalità di ogni studente.10. Allenare gli allievi all'autovalutazione con l'uso del «portfolio»53.

2.5 Un IdR ricercatore che guida a dire Dio

Il docente di RC non è chiamato e non può impegnarsi nella ricerca di base di tipo universitario, produttrice di nuovo sapere, ma deve impegnarsi nella ricerca applicata o pratica che consiste nel prendere decisioni, manipolare concetti, riflettere sugli eventi. In un gruppo di lavoro, il singolo docente può contare sul sostegno del gruppo e può confrontarsi con esperienze diverse. Anche se non si hanno ben chiari i presupposto teorici si può ugualmente in questa maniera fare ricerca sulla prassi didattica in un processo di riflessione e di sperimentazione che generi innovazione didattica. Tale tipo di insegnante ricercatore dovrebbe appropriarsi di alcuni indispensabili strumenti sui piani: epistemologico, cognitivo, socioculturale. Sul piano epistemologico l’IdR dovrebbe porsi domande su: la natura dell’IRC, su ciò che caratterizza gli studiosi di quella disciplina, qual è il criterio di verità di quel sapere, cosa da senso alla disciplina, cosa rende legittime e pertinenti le azioni del suo ambito disciplinare. Sul piano cognitivo dovrebbe chiedersi: in quali modi si apprende nell’IRC, in quali modo si deve insegnare per far apprendere, quali modelli di apprendimento sono più indicati. Sul piano socioculturale dovrebbe aver chiaro: quali sono le finalità dell’IRC e in quale quadro globale si collocano le attività di apprendimento degli allievi, quali sono le regole del gioco costitutive del loro contesto socio culturale. In altri termini l’IdR deve disporre di un patrimonio di saperi che lo mettano in grado di oggettivare e comprendere le problematiche educative che si producono in classe e di elaborare risposte adeguate. Attraverso la ricerca applicata che sperimenta pratiche nuove e analizza - riflette sui risultati per riprogettare la sperimentazione l’IdR diviene un professionista del sapere religioso nella scuola54.

3. Verso un nuovo testo di Religione per dire Dio 55

53 Ibid. p.31154 Sulla ricerca - azione vedi: J.ELLIOTT, A. GIORDAN, C. SCURATI, La ricerca azione. Metodiche, strumenti, casi. Bollati Boringhieri, Torino 1993; C.SCURATI E G.ZANNIELLO (a cura), La ricerca azione. Contributi per lo sviluppo educativo, Tecnodid, Napoli 2002.55 Prendiamo queste considerazioni dall’intervento del Prof. Pier Cesare Rivoltella al Seminario di studio, del Servizio nazionale per l’IRC della CEI, su: “Irc e nuove tecnologie. I libri di testo multimediali”, pro manuscripto, Roma 2010 .

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La circolare ministeriale del 5/3/2010 sull’adozione del libri di testo56 ribadisce ancora una volta l’innovazione nell’editoria scolastica con il graduale passaggio dal formato cartaceo a quello on line. Non possiamo più ignorare che è cambiata la funzione del libro di Religione. Il testo di RC era un deposito di informazione, oggi l’informazione è dappertutto. Occorre domandarsi cosa fa sì che l’insegnante le informazioni non se le cerchi dove vuole? L’informazione nel web è free perché acquistare un libro?Nel nuovo contesto è cambiata la funzione dell’insegnante. L’insegnante era un espositore e controllore della conoscenza, adesso è diventato un “regista della conoscenza”. Ma la maggior parte degli insegnanti in circolazione non sono registi della conoscenza e rimarranno tali per molto tempo. Occorre dunque una mediazione e contemporaneamente una adeguata formazione in questo senso.È cambiato anche il consumo giovanile di conoscenza.Il consumo è diventato oggi tecnologico: multimediale, multicanale, multimodale. Stanno cambiando le Istituzioni educative.Fino al secondo dopoguerra, la scuola per i ragazzi era il futuro: lì si trovava ciò che non era disponibile nell’esperienza di vita comune. Oggi i ragazzi entrano a scuola e fanno un salto nel passato. Prima a scuola si imparava a leggere e interpretare il mondo. Oggi il mondo dei ragazzi è fatto anche di linguaggi multimediali, tecnologici e la scuola non dà le chiavi di lettura. La scuola è sempre meno un riferimento che aiuti a darsi risposte di senso. A nostro parere, alla provocazione in atto si può rispondere accogliendo una nuova logica pedagogico - didattica, non economico - strutturale, che proponga nuovi modelli fondati sulla sintesi di alcune costanti oggi imprescindibili: ermeneutica, esistenziale, costruttiva, collaborativa. Il nuovo testo di Religione per la secondaria di secondo grado che stiamo sperimentando vuole dare un contributo su questa strada.

Bibliografia

ELLIOTT J., GIORDAN A., SCURATI C., La ricerca azione. Metodiche, strumenti, casi. Bollati Boringhieri, Torino 1993;

SCURATI C. - G.ZANNIELLO (a cura), La ricerca azione. Contributi per lo sviluppo educativo, Tecnodid, Napoli 2002.

56 Cfr. http://www.rivistadireligione.it/default.aspx: Adozioni dei libri di testo per l'anno scolastico 2010-11, cadenza pluriennale di adozione, la non modificabilità delle scelte, il graduale passaggio dal formato cartaceo a quello on line, 05/ 03/ 2010

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