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I SOGGETTI DELLA CONTABILITA’ PUBBLICA FERMO RESTANDO CHE LO Stato è il soggetto primario dell’attività finanziaria ed opera attraverso il MEF, sono soggetti alla contabilità pubblica gli organismi che fanno parte di una pubblica amministrazione che è preposta al raggiungimento di interessi collettivi. L’art. 1 comma 2 del dlgs 165/2001 prevede : Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale Inoltre alcune figure soggettive di diritto privato possono esser destinatarie di queste stesse regole che andremo ad esaminare a breve.. Tra gli organi di rilievo costituzionale , previsti dalla Carta Costituzionale, ma non disciplinati da questa, vi è la Corte dei Conti che tra le sue funzioni esercita proprio il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo e quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa inoltre al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria A norma dell’art. 100 e 103 Cost la CC è un organo autonomo e indipendente da altri poteri dello Stato e risulta attributaria di 2 funzioni di garanzia : la funzione di controllo e la funzione giurisdizione GESTIONE PATRIMONIALE Per realizzare i fini istituzionali, lo Stato e gli altri enti pubblici si avvalgono di risorse non solo finanziarie ., quindi anche di mezzi che possono esser mobili o immobili sia privati che pubblici. Si parla di gestione patrimoniale, i cui risultati confluiscono nel conto del patrimonio incluso nel rendiconto dello Stato, con riferimento alla gestione dei beni mobili o immobili , con esclusione dei beni mobili costituiti da denaro e altri valori finanziari, la cui gestione riguarda il servizio di tesoreria ed è quindi compresa nella gestione finanziaria del bilancio.

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I SOGGETTI DELLA CONTABILITA’ PUBBLICA

FERMO RESTANDO CHE LO Stato è il soggetto primario dell’attività finanziaria ed opera attraverso il MEF, sono soggetti alla contabilità pubblica gli organismi che fanno parte di una pubblica amministrazione che è preposta al raggiungimento di interessi collettivi. L’art. 1 comma 2 del dlgs 165/2001 prevede :

Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale

Inoltre alcune figure soggettive di diritto privato possono esser destinatarie di queste stesse regole che andremo ad esaminare a breve..

Tra gli organi di rilievo costituzionale , previsti dalla Carta Costituzionale, ma non disciplinati da questa, vi è la Corte dei Conti che tra le sue funzioni esercita proprio il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo e quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa inoltre al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria

A norma dell’art. 100 e 103 Cost la CC è un organo autonomo e indipendente da altri poteri dello Stato e risulta attributaria di 2 funzioni di garanzia : la funzione di controllo e la funzione giurisdizione

GESTIONE PATRIMONIALE

Per realizzare i fini istituzionali, lo Stato e gli altri enti pubblici si avvalgono di risorse non solo finanziarie ., quindi anche di mezzi che possono esser mobili o immobili sia privati che pubblici. Si parla di gestione patrimoniale, i cui risultati confluiscono nel conto del patrimonio incluso nel rendiconto dello Stato, con riferimento alla gestione dei beni mobili o immobili , con esclusione dei beni mobili costituiti da denaro e altri valori finanziari, la cui gestione riguarda il servizio di tesoreria ed è quindi compresa nella gestione finanziaria del bilancio.

I beni possono esser acquistati dagli enti pubblici attraverso i normali canali di acquisizione ( contratto, eredità, legati, donazioni)oppure attraverso provvedimenti autoritativi come l’espropriazione o la requisizione

Una prima distinzione fondamentale è quella tra beni di proprietà pubblica (beni demaniali), e beni in proprietà a titolo privato ( beni patrimoniali indisponibili e disponibili)

Il demanio è l’insieme di tutti i beni che essendo al servizio del soddisfacimento di bisogni collettivi, possono appartenere esclusivamente a enti territoriali e quindi allo Stato, regioni, province, comuni. Possono esser oggetto di proprietà demaniale i beni immobili, le universalità di beni mobili ma non i singoli beni mobili. L’art 823 cc dispone che i beni che fanno parte del demanio pubblico sono :

Inalienabili(eventuale atto traslativo è nullo), no espropriazione, no usocapione Non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi stabiliti dalle

legge che li riguarda La tutela di questi beni spetta all’autorità amministrativa la quale può procedere in

via amministrativa sia mediante i mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal cc.

Il trasferimento dei beni è possibile solo con la sdemanializzazione che permette il passaggio del bene al patrimonio secondo le modalità ex art 829 cc.

Art 822 Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.--> DEMANIO NECESSARIO

Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.--> DEMANIO EVENTUALE

Fanno anche parte del demanio necessario , detto anche demanio esclusivo in quanto i beni possono appartenere solo allo Stato: demanio marittimo che comprende il lido del mare, spiaggia, porti, lagune, rade ecc e le pertinenze del demanio marittimo; demanio idrico che comprende tutte le acque superficiali e sotterranee ancorchè non estratte dal sottosuolo; demanio militare in cui sono compresi i beni necessari alla difesa nazionale dello Stato

Fanno parte del demanio eventuale detto anche accidentale: demanio stradale e autostradale; demanio ferroviario;demanio aereoportuale; demanio storico –artistico; I beni del demanio eventuale possono appartenere a soggetti diversi dall’ente territoriale, ma rientrano nel demanio quanto degli stessi risulta titolare un ente territoriale.

I beni demaniali sono destinati a finalità di interesse pubblico mediante uso diretto dello stesso bene, un uso generale da parte della collettività o un uso particolare solo per soggetti determinati.

I beni appartenenti agli enti territoriali che non sono beni demaniali costituiscono il patrimonio dello Stato o rispettivamente delle province o dei comuni. I beni patrimoniali sono quindi i beni posseduti dallo stato e da enti pubblici a titolo di proprietà privata, e sono soggetti quindi alle norme di diritto privato. i beni patrimoniali si suddividono in due categorie: — beni patrimoniali indisponibili; — beni patrimoniali disponibili. I beni patrimoniali indisponibili sono beni pubblici che, non essendo rivolti a fini di pubblico interesse, non sono soggetti al regime speciale dei beni demaniali. Essi possono appartenere a qualsiasi ente pubblico e non solo ad enti territoriali e possono consistere sia in beni mobili che immobili. La caratteristica dell'indisponibilità dipende dall'impossibilità di destinare tali beni a fini diversi da quelli ai quali sono stati vincolati, se non nei modi stabiliti dalla legge che li riguarda. Tali beni sono alienabili purché non vengano sottratti alla loro destinazione. 

I beni patrimoniali disponibili non sono beni pubblici (nel senso giuridico del termine), ma solo beni di proprietà di un ente pubblico e come tali soggetti alle stesse norme riguardanti quelli di proprietà privata.

L’amministrazione dei beni pubblici consiste in una serie di attività che comprendono la costruzione, manutenzione, tutela, conservazione, tutte quelle attività dirette a garantirne l’integrità fisica e assicurarne il permanere della loro idoneità a soddisfare un interesse pubblico.

Il debito pubblico è l’insieme delle somme che le amministrazioni pubbliche devono a soggetti terzi e generalmente si forma quando l’ammontare delle entrate è inferiore a quello delle uscite. In alcuni periodi storici i beni pubblici sono stati utilizzati come strumento di carattere finanziario per risanare il debito pubblico, e per evitare ulteriori finanziamenti da soggetti terzi che generano sempre e comunque interessi che aggravano ancora di più il deficit pubblico.

Tre sono le modalità operative per privatizzare beni pubblici:

Sottoscrizione di fondi immobiliari il MEF può accedere a fondi di investimento con apporto di beni immobili e diritti reali su immobili appartenenti allo stato

Dismissione patrimoniale con conseguente alienazione Cartolarizzazioneè una tecnica finanziaria che prevede la cessione pro soluto di

attività patrimoniali capaci di generare flussi di cassa, quali ad esempio crediti o immobili, ad una società appositamente costituita (societa’ veicolo0) . La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili. Per ogni operazione di cartolarizzazione sono individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, i beni immobili destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti. Tali beni e ogni altro diritto acquisito nell’ambito dell’operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società veicolo e da quello delle altre operazioni. Delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli, dei soggetti concedenti i finanziamenti e di ogni altro creditore, risponde esclusivamente il patrimonio separato (c.d. principio della “segregazione”). La società veicolo gestisce gli immobili e li rivende sul mercato. I flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso del debito e degli interessi e oneri accessori, delle commissioni ai soggetti terzi e degli altri costi. L'eventuale residuo costituisce il cosiddetto prezzo "differito" da retrocedere all'originario titolare del diritto di proprietà

FEDERALISMO FISCALE

Il punto di partenza del nostro studio è l’art 119 Cost.  

Il termine "federalismo fiscale" non designa un sistema specifico di finanziamento degli enti territoriali ma indica, negli ordinamenti articolati su più livelli di governo, un

assetto dei rapporti finanziari tra Stato ed enti locali, improntato a due principi essenziali:

§      l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome per gli enti territoriali, mediante l’applicazione di tributi e di entrate propri. Sotto tale profilo, il federalismo fiscale postula il definitivo superamento del sistema della "finanza derivata", in base al quale gran parte dei tributi viene riscossa dallo Stato, che provvede poi a ridistribuirne il gettito agli enti locali;

§      la fissazione di principi e strumenti di coordinamento della finanza e del sistema tributario dello Stato e degli enti territoriali. 

La nuova formulazione dell’articolo 119 della Costituzione riconosce ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome (primo comma). I medesimi enti stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio (secondo comma).

La disposizione deve essere letta in combinato con l’articolo 117, terzo comma, il quale ricomprende tra le materie di legislazione concorrente, il “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.

Dal combinato disposto degli articoli 117 e 119 della Costituzione emerge, in primo luogo, la potestà per ogni regione di istituire tributi nel rispetto dei principi della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, nonché dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario fissati dalla legislazione statale.

Anche ai comuni, alle province e alle città metropolitane è riconosciuta autonomia di entrata e la facoltà di stabilire ed applicare tributi propri. Tuttavia, sebbene l'articolo 119 ponga formalmente sullo stesso piano Regioni ed enti locali ai fini dell'autonomia tributaria, la riserva di legge di cui all’articolo 23 della Costituzione – che sancisce che nessuna potestà patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge – preclude a questi enti l’esercizio di una potestà impositiva diretta analoga a quella delle regioni.

Il nuovo sistema costituzionale relativo all’autonomia di entrata degli enti territoriali resta al momento inattuato: secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, infatti, l’emanazione di discipline autonome da parte degli enti territoriali relative all’istituzione di nuovi tributi richiede il preventivo intervento del legislatore statale per la determinazione dei relativi principi fondamentali

L’articolo 119 prevede inoltre l’istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante, il quale opera senza vincoli di destinazione (terzo comma).

In base al quarto comma, attraverso le predette risorse (entrate proprie, compartecipazione al gettito dei tributi erariali, trasferimenti dal fondo perequativo) gli enti territoriali devono provvedere al finanziamento integrale delle funzioni pubbliche loro attribuite. Lo Stato può destinare risorse aggiuntive o effettuare interventi speciali solo in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per

provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.

Per ciò che attiene al trasferimento di risorse dal bilancio dello Stato agli enti territoriali, il nuovo sistema del titolo V è stato ritenuto dalla Corte costituzionale immediatamente applicabile. Ne deriva che trasferimenti finanziari dello Stato in favore degli enti territoriali, o anche di soggetti privati, vincolati nella destinazione sono ammessi solo nelle materie di competenza esclusiva statale.

Possono configurarsi interventi di carattere speciale solo se aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni e riferibili alle finalità di perequazione e garanzia enunciate dall’articolo 119 della Costituzione e solo se indirizzati a determinati enti territoriali o categorie di enti territoriali. In questo caso, se i finanziamenti riguardano ambiti di competenza, anche concorrente, delle Regioni, queste devono essere chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di ripartizione dei fondi all’interno del proprio territorio 

L’articolo 119 riconosce che i Comuni, le Province, le Città metropolitane hanno un proprio patrimonio, secondo i principi generali stabiliti con legge statale (sesto comma, primo periodo).

Esso ammette infine (sesto comma, secondo e terzo periodo) il ricorso all’indebitamento da parte degli enti territoriali solo per finanziare spese di investimento, escludendo ogni garanzia dello Stato sui prestiti contratti

Le risorse ordinarie delle regioni sono di diversa origine:

Tributi ed entrate propriefonti di finanziamento autonome derivanti o dall’esercizio del potere impositivo proprio o da latre forme di autofinanziamento come i corrispettivi per i servizi pubblici offerti alla collettività

Compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al loro territorio consistenti in quote di gettito

Entrate derivanti da fondo perequativo ai fini di garantire una distribuzione di risorse finanizariw a vantaggio di terriotri che hanno una capacità fiscale pro capite più bassa. Queste risorse vanno trasferite senza vincolo di destinazione lasciando la libertà di impiego in qualsiasi settore.

Queste forme di finanziamento devono permettere la copertura delle spese derivanti dall’esercizio delle funzioni assegnate a ciascun ente territoriale. (principio di congruità tra le funzioni e risorse finanziarie)

Sono inoltre previsti trasferimenti ulteriori dalla Stato a favore di determianti enti regionali o locali per specifiche attività anche con vincolo di destinazione.

L’idea di fondo del federalismo è che ogni ente goda di entrate sufficienti a finanziare l’esercizio delle funzioni vedendosi garantire quel che manca dallo Stato, limitatamente ai livelli essenziali delle prestazioni

PRINCIPI FONDAMENTALI SULL’ARMONIZZAZIONE SISTEMI CONTABILI

A SECONDA DEL MOMENTO A CUI SONO RIFERITE LE PREVISIONI SI POSSONO AVERE DUE TIPI DI BILANCIO: DI CASSA E DI COMPETENZA

I criteri di imputazione delle entrate e uscite ad un esercizio finanziario sono determinati in ragione della data in cui si verifica:

Competenza finanziariaentrate e uscite sono imputate all’esercizio in cui si manifestano la fase dell’accertamento e impegno

Movimentazione di cassa entrate e uscite sono imputate all’esercizio in cui si manifestano la fase della riscossione e del pagamento

Di solito il bilancio preventivo annuale è redatto in termine di competenza, mentre il rendiconto di gestione accoglie anche la cassa e la movimentazione dei residui attivi e passivi, infatti nel bilancio di cassa sono indicate le entrate effettivamente riscosse e le spese effettivamente pagate nel periodo considerato.il bilancio di competenza invece viene impostato sulla base delle entrate che arriveranno alla fase dell’accertamento e su quella delle spese che giungeranno alla fase dell’impegno.la competenza finanziaria può determinare la formazione di residui attivi (somme accertate e non riscosse a fine esercizio), e passivi ( spese impegnate e non pagate a fine esercizio)

La contabilità finanziaria è un sistema contabile tipico per fini autorizzatori perché rileva le obbligazioni , attive passive, gli incassi e pagamenti riguardanti tutte le transazioni poste in essere da un’amministrazione pubblica anche se non determinano flussi di cassa effettivi.

Con l’armonizzazione dei sistemi contabili,si parla di contabilità finanziaria potenziata secondo cui le obbligazioni attive e passive giuridicamente perfezionate sono registrate nelle scritture contabili con imputazione all’esercizio in cui vengono a scadenza (nel senso che il relativo debito diventa liquido ed esigibile), e nel caso di attività di investimento che comportano impegni che hanno scadenze in più esercizi finanziari si deve prevedere la copertura finanziaria per l’effettuazione di tale spesa.questo principio permette:

conoscere i debiti effettivi delle PA evitare accertamenti di entrate future o impegni inesistenti rafforzare la programmazione del bilancio predisporre la collocazione dei debiti secondo gli effettivi bisogni avvicinare la competenza finanziaria a quella economica avvicinando il momento della competenza contabile alla uscita di cassa, tenendo

conto della scadenza della obbligazione abbiamo una maggior attenzione ai dati inseriti soprattutto della spesa in quanto si evitano impegni inesistenti. (si potranno considerare impegnate solo le spese esigibili in quell’esercizio)

il principio di competenza potenziata obbliga di eliminare tutti qugli impegni e quindi anche i residui che a fine esercizio non costituiscono un debito esigibile (salvo alcune eccezioni).

L’accertamento si imputa contabilmente all’esercizio finanziario in cui il diritto di credito viene a scadenza.

Per far fronte alle obbligazioni assunte viene costituito il fondo pluriennale vincolato, il quale garantisce la copertura finanziaria alle spese re-imputate agli esercizi successivi per effetto dell’applicazione del nuov principio. Questo fondo serve a garantore copertura finanziaria ad attività gestionali in corso ed investimenti in fase di realizzazione e a manetenere il vincolo nei successivi bilanci. E’ un conto bilanciato iscritto sia nella parte entrata che nella parte spesache garantisce la copertura a spese imputate negli esercizi successivi

La riforma ovviamente comporta che non si potrà più spendere più di quanto si realizza. E la nuova contabilità non prevederà più blocchi di spesa collegati con il

relativo finanziamento indipendentemente dall’accertabilità dell’una o dell’altra, ma dovrà esser assicurato il rispetto del principio di accertamento e di impegno anche se ricadono in esercizi finanziari diversi; questo bilanciamento sarà possibile grazie alla presenta di fondi tra cui il FPV.

La fase dell’impegno si scinde in due operazioni: 1 allibramento dell’obbligo giuridico e imputazione contabile della spesa nel momento in cui diventa esigibile.

Il ciclo di bilancio tra Parlamento, Governo e istituzioni europee può essere descritto dal seguente calendario, non prima però di aver sintetizzato la tipologia e il contenuto degli atti che costituiscono la manovra di bilancio.

a) Documento di economia e finanza (D.e.f.): analizza l’andamento dell’economia e dei conti pubblici, con le relative previsioni tendenziali, e contiene il programma di stabilità e il programma nazionale di riforma. Questi ultimi, a loro volta, indicano gli obiettivi programmatici per il triennio, con particolare riferimento alla riduzione del debito pubblico, alla ripartizione degli obiettivi per livelli di governo e alle ipotesi di riforma strutturale.

b) Rendiconto generale dello Stato: non è che il bilancio consuntivo relativo all’anno precedente.

c) Legge di assestamento: è la legge con la quale eventualmente si riportano i conti in linea con gli obiettivi per l’anno in corso.

d) Nota di aggiornamento del D.e.f.: aggiorna le previsioni macroeconomiche e indica i nuovi obiettivi da raggiungere anche su indicazione dell’Unione europea.

e) Legge di bilancio: è la legge con la quale ogni anno le Camere approvano il bilancio preventivo dello Stato, redatto dal Governo.

f) Legge di stabilità: è l’erede della vecchia legge finanziaria, e serve a realizzare gli obiettivi stabiliti nel D.e.f. Nella legge di stabilità deve essere specificato: il saldo netto da finanziare, ovvero il disavanzo pubblico tra spese e entrate finali; il saldo del ricorso al mercato, ossia il deficit complessivo da coprire mediante prestiti; l’importo dei fondi speciali di bilancio; l’importo massimo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego; gli stanziamenti per il rifinanziamento di spese in conto capitale previste da leggi in vigore; le previsioni di spesa a lungo termine, connesse alle risorse finanziarie disponibili in ogni anno.

g) Documento programmatico di bilancio: è l’atto con il quale il Governo illustra alle istituzioni europee i disegni di legge di bilancio e di stabilità.

h) Leggi collegate alla manovra: recano le vere e proprie riforme strutturali volte a realizzare gli obiettivi programmati. 31 gennaio e 31 marzo La Commissione europea presenta l’analisi annuale sulla crescita e formula proposte strategiche. In seguito, il Consiglio U.e. fissa le linee guida recanti i principali obiettivi di politica economica. 10 aprile Il Governo presenta alle Camere di D.e.f. 30 aprile Il Governo presenta alle istituzioni comunitarie il programma di stabilità e il programma nazionale di riforma. 30 giugno Il Governo presenta in Parlamento il disegno di legge di approvazione del rendiconto generale e, contemporaneamente, il disegno di legge di assestamento. 31 luglio La Commissione e il Consiglio U.e. valutano il programma di stabilità e il programma nazionale di riforma, formulando eventuali pareri. 20 settembre Il Governo presenta alle Camere la nota di aggiornamento del D.e.f. 15 ottobre Il Governo presenta in Parlamento il disegno di legge di approvazione del bilancio di previsione e il disegno di legge di stabilità. 30 novembre La Commissione europea adotta un parere sul documento programmatico di bilancio. 31 dicembre Termine ultimo per l’approvazione del bilancio annuale. Altrimenti, scatta l’esercizio provvisorio per un periodo non superiore a quattro mesi. 31 gennaio dell’anno succ. Il Governo presenta alle Camere i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica.

Art 81 Cost.

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale.

 in base all’art. 81 Cost., le Camere approvano i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. Si tratta di una legge a iniziativa riservata al Governo, attraverso la quale il Parlamento partecipa in via diretta e immediata alla predisposizione dei mezzi finanziari necessari a sostenere l’azione pubblica. È, dunque, una legge di indirizzo politico .

Il bilancio è un documento contabile contenente l’indicazione delle entrate e delle spese dello Stato, relative a un periodo di tempo determinato, detto anno finanziario(coincidente con l’anno solare). In questo spazio di tempo si realizza un ciclo completo di gestione finanziaria, cui si dà il nome di esercizio finanziario. Il bilancio dello Stato è composto dallo stato di previsione dell’entrata e dagli stati di previsione della spesa di ciascun Ministero, con le allegate appendici dei bilanci delle Aziende ed Amministrazioni autonome; esso svolge, dunque, un’importante funzione conoscitiva, in quanto fornisce informazioni sulle risorse pubbliche disponibili e sulla loro destinazione. A norma della legge 196/2009 (la legge di contabilità e finanza pubblica che ha abrogato la 468/1978), lo Stato deve approvare un bilancio preventivo annuale ed un bilancio pluriennale (con riferimento ad un periodo di tre anni).

 Nel caso in cui il bilancio non sia approvato entro il 31 dicembre , il Parlamento può concedere per non oltre 4 mesi l’esercizio provvisorio con il quale si autorizza il governo a impegnare risorse mese per mese in misura non superiore a un dodicesimo di quelle previste nel bilancio precedente

La crisi economica che ha travolto l’economia mondiale a partire dal 2008 ha portato a un ripensamento dei meccanismi di governo della finanza pubblica. Così, al fine di offrire maggiori garanzie al sistema dei bilanci pubblici e del debito di ciascuno Stato soprattutto nell’ambito dei mercati finanziari, l’Unione europea ha imposto l’inserimento nelle Carte

costituzionali degli Stati membri del vincolo del pareggio di bilancio. L’Italia, quindi, al pari di altri Stati quali la Germania, la Grecia e la Spagna, ha provveduto a tale indicazione procedendo alla modifica dell’art. 81 della Costituzione mediante L. cost. 20-4-2012, n. 1.

Più specificamente, in base al nuovo articolo 81, comma 1, lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi, avverse o favorevoli, del ciclo economico. Si prevede tuttavia un’eventuale deroga alla regola generale del pareggio, stabilendo che possa consentirsi il ricorso all’indebitamento «solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali». Tali eventi eccezionali possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie, gravi calamità naturali.

La L. cost. 1/2012 conferma, poi, le disposizioni già presenti nella precedente versione del’articolo 81 concernenti il principio della copertura finanziaria delle leggi — in base al quale ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri finanziari deve provvedere ai mezzi per farvi fronte — e quelle che stabiliscono la competenza delle Camere ad approvare ogni anno con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo e prevedono l’autorizzazione con legge, per periodi non superiori a quattro mesi, all’esercizio provvisorio del bilancio, nel caso in cui questo non risulti approvato entro la fine dell’esercizio finanziario.

Di rilievo la disposizione contenuta nel comma 6 del nuovo articolo 81, secondo cui: «Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale».

A dare attuazione al principio del pareggio di bilancio, su delega dello stesso art. 81 comma 6 e dell’art. 5 della L. cost. 1/2012, ha provveduto la L. 24 dicembre 2012, n. 243. Per ciò che concerne specificamente l’equilibrio del bilancio dello Stato, l’art. 14 di detta legge stabilisce che esso corrisponde ad un valore del saldo netto da finanziare o da impiegare (è risultato differenziale tra le entrate tributarie, extra-tributarie, da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e da riscossione di crediti e le spese correnti e in conto capitale) coerente con gli obiettivi programmatici stabiliti dai documenti di programmazione finanziaria e di bilancio.

La nuova normativa UE ha dato vita ad un ciclo di bilancio coordinato UE-Italia che prende avvio sulla base delle linee guida di politica economica e di bilancio formulate nel primo trimestre dell’anno dall’UE. Il Governo entro il 10 aprile sottopone alle camere il documento di economia e finanza che fa il punto della situazione economico-finanziaria del paese contiene il programma di stabilità (indica gli obiettivi di finanza pubblica per i successivi 3 anni)e il programma nazionale di riforma ( con indicazione delle riforme strutturali da realizzare per promuovere la crescita e l’occupazione. Acquisite le deliberazioni parlamentari il governo invia il documento a Bruxelles entro aprile. Successivamente il governo predispone il rendiconto generale dello Stato che viene presentato entro giugno insieme all’eventuale disegno di legge di assestamento per i riportare i conti in caso di scostamenti in linea con le previsioni. Entro luglio il Consiglio UE, su proposta della Commissione, si pronuncia sul programma di stabilità e sul

programma nazionale di riforma con l’adozioni di raccomandazioni eventualmente suggerendo modifiche e correzioni specifiche per far sì che i programmi siano in linea con gli obiettivi fissati dall’unione.

Il Governo entro il 27 settembre presenta la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza che fissa i nuovi obiettivi programmatici e recepisce le raccomandazioni approvate in sede europea. Entro il 20 ottobre, presenta il disegno di legge di bilancio che reca la manovra di finanza pubblica ( che si compone di un unico testo nel quale sono confluite la legge di stabilità e la legge di bilancio di previsione). La manovra di bilancio viene sintetizzata e illustrata nel documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione europea (che dovrà esprimere un parere entro novembre). Da fine ottobre a fine dicembre, ciascuna camera dovrà discutere e votare la legge di bilancio (sessione di bilancio)

La legge di bilancio si compone a sua volta da due sezioni:

1 riprende i contenuti della legge di stabilità (che determina il livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare (cioè la differenza tra entrate e uscite), dispone l’eventuale aumento o diminuzione del carico fiscale, i fondi destinati al rinnovo dei contrati pubblici, le misure correttive a varie leggi.

2 riprende i contenuti della legge di bilancio di previsione, attraverso una fotografia delle entrate e spese come previste dalla prima sezione, autorizzando l’amministrazione a riscuotere e pagare

L’art. 81, co. 3, Cost. prevede che la legge di approvazione del bilancio non possa stabilire nuovi tributi e nuove spese: essa costituisce, quindi, un caso di legge meramente formale.

Per questo motivo, già la legge 468/1978 introdusse un nuovo strumento, la legge finanziaria, con lo scopo di modificare le entrate e le spese indicate nel bilancio a legislazione vigente per adeguarle agli obiettivi di politica del bilancio che si intende perseguire.

La legge finanziaria dal 1° gennaio 2010 è stata sostituita dalla legge di stabilità ad opera della L. 196/2009.

Alla legge di stabilità è demandata (art. 11 co. 2 della L. 196/2009) la definizione annuale del quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel bilancio pluriennale; essa per il medesimo periodo è lo strumento attraverso il quale sono regolate annualmente le grandezze previste dalla legislazione vigente per adeguare gli effetti finanziari agli obiettivi.

Tuttavia a partire dal 1° gennaio 2016, secondo quanto stabilito dall’articolo 21, comma 2, della L. 243/2012 i richiami alla legge di stabilità e alla legge finanziaria contenuti in disposizioni di legge o di atti aventi forza di legge vigenti, devono intendersi riferiti alla legge di bilancio, regolata dall’articolo 15 della stessa L. 243/2012 e da successivi provvedimenti attuativi.

. A partire dalla legge di bilancio per il triennio 2017-2019, è stata modificata dalla l.163 2016 eliminando la legge di stabilità, dando natura sostanziale alla legge di bilancio e dividendo quest’ultima in due sezioni distinte: la Sezione I, dedicata alle innovazioni legislative, e la Sezione II, contenente il bilancio a legislazione vigente e le variazioni non

determinate da innovazioni normative: rimodulazioni compensative verticali (nello stesso esercizio, tra capitoli di spesa) e orizzontali (tra vari esercizi, su uno stesso capitolo di spesa), di cui al nuovo articolo 23, comma 3, lettera a), nonché rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazioni di spese disposte da norme preesistenti, di cui alla successiva lettera b) del nuovo testo normativo.

Dal momento che la Sezione I della nuova legge di bilancio è riservata esclusivamente alle innovazioni legislative, la manovra di finanza pubblica (ovvero, l’insieme degli interventi volti a modificare la legislazione vigente) non si esaurisce in essa, ma include anche le modifiche della legislazione vigente di cui all’articolo 23, comma 3, effettuate direttamente con la Sezione II. Quest’ultima, inoltre, deve esporre gli stanziamenti complessivi ottenuti dall’integrazione delle due sezioni, dando separata evidenza agli effetti finanziari imputabili alle innovazioni normative contenute nella Sezione I, nonché agli altri interventi di modifica della legislazione vigente previsti.

Il nuovo disegno di legge di bilancio viene presentato al Parlamento entro il 20 ottobre di ogni anno, dando avvio all’iter normativo che porterà, entro il 31 dicembre, all’approvazione del testo definitivo. Le modifiche apportate al bilancio nel corso della discussione parlamentare formano oggetto di apposita nota di variazioni.

È composto da uno stato di previsione per le entrate e tanti stati di previsione di spesa quanti sono i ministeri con portafoglio.

Le entrate sono ripartite in quattro titoli: entrate tributarie, entrate extra-tributarie, alienazioni ed ammortamento di beni e riscossione di crediti, accensione di prestiti. Ogni titolo (che può avere entrate di natura ricorrente e non ricorrente) è diviso in tipologie e queste ultime rappresentano l’aggregato su cui il Parlamento esprime il proprio voto (unità di voto parlamentare). Ciascuna tipologia è poi ulteriormente suddivisa in categorie e capitoli.

Gli stati di previsione della spesa sono organizzati per missioni e programmi. Le missioni descrivono le finalità generali perseguite attraverso la spesa dello Stato, mentre i programmi – unità di voto parlamentare per quanto attiene alle spese – rappresentano le ripartizioni delle missioni in aree di attività omogenee per il raggiungimento delle finalità di ciascuna missione. A partire dal disegno di legge di bilancio per il triennio 2017-2019, in attuazione della delega di cui all’art. 40 lett. e), i programmi sono a loro volta articolati in azioni, le quali descrivono nel dettaglio l’assegnazione delle risorse destinate al programma tra le diverse attività che lo compongono. Principalmente per ragioni gestionali, le azioni sono ulteriormente suddivise in capitoli e questi ultimi in piani gestionali. Dal punto di vista economico e funzionale i capitoli di spesa vengono qualificati sulla base di classificazioni che si conformano ai criteri adottati in contabilità nazionale.

Ogni stato di previsione si apre con una nota integrativa. Essa indica i contenuti e gli obiettivi delle diverse voci di bilancio e fornisce i criteri con cui sono state formulate le previsioni. Per ciò che riguarda le entrate viene specificata la quota ricorrente e quella non ricorrente di ciascun titolo. Per gli stati di previsione della spesa le Amministrazioni individuano gli obiettivi perseguiti con i programmi di spesa e i relativi indicatori che quantificano i risultati attesi in coerenza con le risorse a disposizione dei programmi stessi.

Segue, per ogni stato di previsione delle uscite, una scheda illustrativa per ciascun programma, in cui, oltre agli stanziamenti ad esso destinati nei tre anni, si indicano le norme autorizzatorie che lo finanziano.

Oltre al bilancio finanziario, ogni stato di previsione della spesa reca, infine, il budget dei costi della relativa Amministrazione. Il budget è redatto in base al principio della competenza economica (accrual) e misura i costi sostenuti dalle amministrazioni, intesi come valore monetario delle risorse umane e strumentali (beni e servizi) effettivamente utilizzate in un certo periodo, indipendentemente dai flussi monetari in entrata o in uscita da esse generati (criterio della cassa). Le previsioni del budget sono esposte per programma e centro di costo. Viene inoltre elaborato il prospetto di riconciliazione tra le previsioni finanziarie e quelle di costo.

Formazione Il disegno di legge di bilancio viene presentato dal Governo al Parlamento entro il 20 ottobre di ciascun anno

In sede di formulazione degli schemi degli stati di previsione, tenuto conto delle istruzioni fornite annualmente con apposita circolare dal Ministero dell'economia e delle finanze, i Ministri indicano, anche sulla base delle proposte dei responsabili della gestione dei programmi, gli obiettivi di ciascun Dicastero e quantificano le risorse necessarie per il loro raggiungimento anche mediante proposte di rimodulazione delle stesse risorse tra programmi appartenenti alla medesima missione di spesa. Le proposte sono formulate sulla base della legislazione vigente, con divieto di previsioni basate sul mero calcolo della spesa storica incrementale.

Il Ministro dell'economia e delle finanze valuta successivamente la congruità e la coerenza tra gli obiettivi perseguiti da ciascun Ministero e le risorse richieste per la loro realizzazione, tenendo anche conto dello stato di attuazione dei programmi in corso e dei risultati conseguiti negli anni precedenti in termini di efficacia e di efficienza della spesa

Con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze, possono essere rimodulate in via compensativa all'interno di un programma o tra programmi di ciascuna missione le dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica. Resta precluso l'utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti. In apposito allegato allo stato di previsione della spesa sono indicate le autorizzazioni legislative di cui si propone la modifica e il corrispondente importo.Gli schemi degli stati di previsione di entrata e di spesa, formano il disegno di legge del bilancio a legislazione vigente predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze.

Il disegno di legge di approvazione del bilancio a legislazione vigente viene predisposto dal Ministero Economia e Finanze.

Il disegno di legge espone per l’entrata e e per la spesa, per ciascun Ministero, le unità di voto parlamentare. Per la spesa le unità di voto sono rappresentate dai programmi quali aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi definiti nell’ambito delle missioni

Le entrate dello Stato sono costituite da tutti i redditi, i proventi e crediti, di qualsiasi natura, che lo Stato ha diritto di riscuotere in virtù di leggi, decreti, regolamenti o altri titoli.

Tutte le entrate dello Stato, in generale, sono iscritte nel bilancio di previsione e, con riferimento a quelle che in esso non sono state previste, rimane impregiudicato il diritto-dovere dello Stato a riscuoterle. In questo caso, è dovere delle amministrazioni competenti e dei funzionari e agenti contabili incaricati di curarne l'accertamento e la riscossione.

La Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi della normativa vigente, si occupa, in materia di entrate, di rilevare e gestire le scritture contabili finalizzate al controllo degli agenti contabili e dei debitori diretti dello Stato, laddove assumono la qualità di agenti contabili (concessionari) coloro ai quali il Servizio centrale di riscossione dei tributi, affida la riscossione in concessione amministrativa a soggetti mentre si dice debitore diretto quel debitore dello Stato che effettua i versamenti delle somme dovute direttamente nelle casse della Tesoreria; può corrispondere a soggetti facenti parte dell'amministrazione centrale o

locale dello stato, Enti pubblici, persone fisiche debitrici in virtù dell'utilizzo dei beni di proprietà dello Stato e ad ogni altra tipologia per la quale nasce l'esigenza di una gestione a livello analitico della contabilità.

Concretamente, si tratta di un compito di controllo che le Ragionerie Provinciali dello Stato e gli Uffici centrali di bilancio svolgono per assicurare la regolarità della gestione contabile delle entrate (riscontro contabile e validazione dati contabili) per la corretta redazione del rendiconto consuntivo entrate.

A tale riguardo, la Ragioneria Generale dello Stato pubblica annualmente un "Quadro di classificazione delle entrate". Questo documento è indirizzato alle amministrazioni periferiche (Ragionerie provinciali, Uffici centrali di Bilancio e Sezioni di tesoreria della Banca d'Italia) ed è da considerarsi uno strumento di lavoro e consultazione per questi uffici. Esso illustra la classificazione di tutte le entrate dello Stato previste nel bilancio, elencate in funzione dei relativi capitoli e del loro numero progressivo, e l'attribuzione di esse alla competenza delle diverse amministrazioni centrali che, sotto la propria responsabilità, debbono curarne l'accertamento e la riscossione.

In particolare, le operazioni "canoniche" che contabilmente devono essere registrate e che contraddistinguono le fasi amministrative delle entrate sono le seguenti:

· Accertamento - individuazione del soggetto debitore e dell'oggetto dell'entrata, che si concretizza nell'iscrizione dell'ammontare del credito dello Stato nella competenza dell'esercizio finanziario. E' la fase "giuridica" in cui sorge per lo Stato il diritto a riscuotere determinate somme di denaro e rappresenta il principio della "competenza" nella gestione finanziaria dello Stato ovvero la rilevazione amministrativa del "credito" che necessariamente avviene in un determinato anno finanziario. Ai sensi del Regolamento di contabilità dello Stato infatti, l'accertamento avviene nel momento in cui l'Amministrazione competente appura la "ragione del credito" dello Stato, la persona fisica o giuridica che ne è debitrice ed iscrive di conseguenza l'ammontare del credito come competenza dell'anno finanziario in corso.

· Riscossione - pagamento da parte del debitore della somma dovuta agli agenti di riscossione o alle sezioni di tesoreria. E' la fase in cui il debitore paga la somma dovuta allo Stato. Generalmente avviene per il tramite di agenti designati da leggi o regolamenti nelle forme e nei modi da essi disciplinati e raramente in modo diretto presso le sezioni provinciali di tesoreria della Banca d'Italia. Gli intermediari sono denominati agenti della riscossione e fanno parte della più generale categoria degli agenti contabili. Attualmente i debitori dello Stato possono effettuare versamenti presso: 1) I Concessionari della riscossione; 2) Le Poste Italiane S.p.A.; 3) Gli Istituti di credito. La principale incombenza degli agenti della riscossione (come per tutti gli agenti contabili), oltre agli adempimenti relativi alla tenuta e consegna delle diverse contabilità periodiche agli uffici di Ragioneria -RPS e UCB-, è la resa del conto giudiziale alla Corte dei Conti per il relativo giudizio di regolarità nonchè all'Ufficio di Ragioneria competente ai fini del controllo successivo di regolarità amministrativo contabile. Il Conto Giudiziale è un documento contabile che contiene il resoconto della gestione delle somme riscosse e versate all'erario con allegata la documentazione giustificativa. Esso è redatto con riferimento al conto di diritto ed al conto di cassa ed in particolare evidenzia il carico, lo scarico, i resti da esigere, gli introiti, l'esito e la rimanenza.

· Versamento - versamento presso le Tesorerie dello Stato (Banca d'Italia). E' la fase conclusiva del ciclo delle entrate, effettuato dagli agenti della riscossione, nei termini previsti dalle disposizioni vigenti, presso le sezioni di tesoreria provinciale della Banca d'Italia che svolgono il servizio di tesoreria per conto dello Stato. Il versamento è accompagnato da una distinta di versamento indicante oltre i dati del debitore, i valori versati e l'imputazione contabile al quale si riferisce. Le tesorerie rilasciano per ogni versamento regolare quietanza mod. 121T che riporta l'importo versato con il relativo

capitolo/articolo in competenza o residui, numero progressivo, codice della Tesoreria, data emissione, data valuta, eventuale codice versante, anagrafica del versante e causale.

Fasi della spesa i quattro stadi della spesa sono:

- impegno;

- liquidazione;

- ordinazione;

- pagamento.

Nella fase dell’impegno si manifesta la volontà di effettuare la spesa e si assume l’obbligo di eseguirla. In particolare, essa rappresenta la fase giuridica in cui nasce l’obbligo da parte dell’ente di pagare una determinata somma. L’atto di impegno è privo di esistenza autonoma se non è seguito da un provvedimento che ne specifica il contenuto ed i presupposti, di conseguenza, esso assume rilevanza solo a seguito del perfezionamento dell’obbligazione assunta. Altro elemento distintivo della fase dell’impegno è il tempo, vale a dire il termine entro il quale deve essere assunto un determinato impegno. Gli impegni di spesa si caratterizzano, inoltre, considerando la natura degli atti da cui derivano, a tal proposito possiamo distinguere: - impegni legislativi, derivanti direttamente da provvedimenti legislativi; - impegni contrattuali, che hanno origine dai contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione; - impegni amministrativi, che sono costituiti da atti dell’Amministrazione non connessi all’attività contrattuale; - impegni giudiziali, che derivano da sentenze passate in giudicato.

La seconda fase del procedimento di spesa è rappresentata dalla liquidazione. Consiste nella determinazione dell’esatto ammontare della spesa o del debito con contestuale individuazione dell’esatto creditore, la somma deve essere contenuta entro i limiti della spesa impegnata. La liquidazione va corredata dai documenti comprovanti il diritto di credito di terzi redatti nelle modalità stabilite dalla legge di contabilità generale. La liquidazione spetta agli Uffici amministrativi, a cui è affidata la trattazione degli affari.

La fase dell’ordinazione consiste nell’emissione, da parte dell’amministrazione, dell’ordine al tesoriere di pagare al creditore la somma liquidata. Tale ordine prende il nome di “titolo di spesa”, ha valenza interna ed assume forma scritta. I titoli di spesa possono essere: - mandati diretti: sono emessi dalle Amministrazioni centrali e da alcune Amministrazioni periferiche sulla Tesoreria centrale o sulle Sezioni di tesoreria provinciale, a favore dei creditori dello Stato; - ordini di accreditamento: sono una forma di pagamento sussidiaria ed eccezionale, consistente nel mettere dei fondi a disposizione di funzionari delegati per provvedere a determinate spese; - ruoli di spese fisse: sono autorizzazioni continuative per il pagamento di spese che hanno natura determinata, scadenza ricorrente e un medesimo creditore; - forme speciali di pagamento: sono quelle relative, principalmente, a spese di giustizia, vincite a lotto, debito pubblico e spese all’estero.

L’ultima fase del procedimento di spesa è rappresentata dal pagamento. Con il pagamento si ha l’estinzione dell’obbligazione, è in questa fase che si realizza il pagamento materiale al creditore della somma di denaro dovuta. I soggetti che si occupano dei pagamenti sono i tesorieri.

Le spese possono prevedere molte classificazioni tra le quali ricordiamo la seguenti:

1. spese correnti (riferite al funzionamento dei pubblici servizi e spese in conto capitale (riferite ad investimenti

2. spese fisse [derivanti da leggi organiche o impegni permanenti] e spese variabili (senza fissa scadenza);

3. spese obbligatorie (indicate nell'elenco allegato allo stato di previsione del MEF) in quanto semplicemente previste da norme positive, e perciò sottratte a qualsiasi potere discrezionale dell'esecutivo;

4. spese d'ordine (relative all'accertamento e allariscossione delle entrate, ad es. l'aggio esattoriale, la cui copertura è assicurata automaticamente in quanto si tratta di spese direttamente connesse all'andamento delle entrate);

5. spese ripartite (da eseguirsi frazionatamente in più esercizi successivi, e riferite ad opere la cui realizzazione è frazionata nel tempo);

6. spese a pagamento differito (limiti di impegno per l'edilizia economica e popolare, contributi per l'edilizia scolastica e per opere di competenza degli enti locali) e limiti d'impegno (oneri pluriennali statali per la realizzazione attuale di opere pubbliche o private);

7. spese impreviste (necessarie e imprevedibili, cui si provvede attraverso il prelievo da un fondo speciale, non essendo iscritte in bilancio proprio perché imprevedibili).

Fondi di riservaNello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze è

istituito, nella parte corrente, un «fondo di riserva per le spese obbligatorie» la cui dotazione è determinata, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio. Con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da registrare alla Corte dei conti, sono trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento delle dotazioni sia di competenza sia di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie per aumentare gli stanziamenti di spesa aventi carattere obbligatorio.

Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze sono istituiti, nella parte corrente e nella parte in conto capitale, rispettivamente, un «fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa di parte corrente eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa » e un « fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa in conto capitale eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa » , le cui dotazioni sono determinate, con apposito articolo, dalla legge del bilancio.

(Perenzione amministrativaconsiste nell’eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi, decorsi due esercizi da quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento per le spese correnti, tre per acquisto di beni e servizi, 5 per le spese in conto capitale. Le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi, qualora il creditore ne richieda il pagamento (purché non sia trascorso il periodo di «prescrizione» giuridica del suo diritto), con prelevamento dagli appositi “fondo speciale per la riassegnazione dei residui perenti delle spese di parte corrente” e “fondo speciale per la riassegnazione dei residui perenti delle spese in conto capitale”, entrambi istituiti nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito, nella parte corrente, un «fondo di riserva per le spese impreviste» per provvedere alle eventuali deficienze delle assegnazioni di bilancio, che non riguardino le spese di cui all'articolo 26 e che, comunque, non impegnino i bilanci futuri con carattere di continuità.

Il trasferimento di somme dal fondo e la loro corrispondente iscrizione ai capitoli di bilancio hanno luogo mediante decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da

registrare alla Corte dei conti, e riguardano sia le dotazioni di competenza sia quelle di cassa dei capitoli interessati.

Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un «fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di cassa» il cui stanziamento è annualmente determinato, con apposito articolo, dalla legge del bilancio.

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, da comunicare alla Corte dei conti, sono trasferite dal fondo ed iscritte in aumento delle autorizzazioni di cassa dei capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni statali le somme necessarie a provvedere ad eventuali deficienze delle dotazioni dei capitoli medesimi, ritenute compatibili con gli obiettivi di finanza pubblica

RESIDUI

I residui derivano dalla formazione del bilancio secondo il principio della competenza finanziaria, in virtù del quale al 31 dicembre - termine dell' esercizio finanziario - alcune entrate accertate possono non essere state ancora riscosse ed alcune spese impegnate non ancora pagate.

Nell'ambito del bilancio di cassa, che invece si riferisce a previsioni concernenti effettive entrate ed effettive uscite finanziarie, appare più appropriato parlare di minori entrate e di minori spese piuttosto che di residui attivi e passivi.

I residui attivi sono l'espressione di entrate accertate ma non ancora riscosse nonché di entrate riscosse ma non ancora versate; rappresentano crediti dell'azienda statale nei confronti di terzi.

In particolare, con riferimento al loro grado di esigibilità, i residui attivi si distinguono in:

residui la cui riscossione può considerarsi certa; residui connessi a dilazioni di pagamento concesse ai debitori (residui dilazionati); residui incerti perché giudizialmente controversi; residui riconosciuti di dubbia e difficile esazione; residui riconosciuti assolutamente inesigibili.

I residui passivi sono l'espressione di spese già impegnate e non ancora ordinate ovvero ordinate ma non ancora pagate e, pertanto, rappresentano debiti dell'azienda statale nei confronti di terzi. Peraltro i residui passivi comprendono anche somme che non corrispondono a debiti giuridicamente sorti nei confronti dei terzi: è il caso dei residui di stanziamento.

I residui di stanziamento corrispondono a spese previste in bilancio per le quali non si è ancora avuto l’impegno. Si tratta, quindi, di spese già stanziate ma per le quali non è stata ancora delineata la figura del creditore. Attualmente, la formazione di questo tipo di residui è prevista solo per i capitoli di spesa in conto capitale e per alcune particolari tipologie di spese correnti oggetto di norme specifiche. In particolare l'art. 36 del regio decreto 2440/1923 (e successive modificazioni e integrazioni), il quale disciplina l’amministrazione del patrimonio e della contabilità generale dello Stato, stabilisce che i residui per spese in conto capitale non ancora impegnate – c.d.residui di lettera f) – possono essere mantenuti in bilancio non oltre l'esercizio successivo a quello di stanziamento, a meno che non siano iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio precedente; in tal caso il tempo di iscrizione dei residui, è protratto di un anno. I residui di stanziamento diventano economie alla chiusura dell’esercizio successivo

al loro stanziamento qualora non vengano impegnati. Stessa disciplina si applica ai residui di stanziamento di parte corrente per i casi previsti dalla normativa vigente.

Per i residui, negli anni successivi a quelli in cui si sono formati, si verificheranno le fasi della riscossione e del versamento (residui attivi) o della liquidazione, dell'ordinazione e del pagamento (residui passivi).

I residui vengono accertati al momento della chiusura dell'anno finanziario ed iscritti nel rendiconto generale.

Essi sono riportati nella contabilità dell'esercizio successivo, ma tenuti distinti dalle somme relative alla competenza del nuovo esercizio finanziario. Si hanno cioè, due distinte gestioni finanziarie:

una relativa alle somme previste per l'anno finanziario in corso (gestione di competenza);

una concernente esclusivamente l'esazione ed il pagamento dei residui (gestione dei residui).

Tuttavia, il tempo di mantenimento dei residui in bilancio è limitato e varia a seconda della natura degli stessi.

Per quanto concerne i residui attivi, essi vengono mantenuti in bilancio fino a quando non vengono riconosciuti di   dubbia   o   difficile   esazione   ovvero   assolutamente inesigibili . Bisogna distinguere:

nel primo caso passano al patrimonio dello Stato e vengono iscritti nei registri contabili del demanio, che provvederà agli ultimi tentativi di riscossione (vedi anche l'art. 264 del regio decreto 827/1924 recante il regolamento per l’amministrazione del patrimonio e la contabilità generale dello Stato);

nel secondo caso vengono eliminati dalle scritture contabili con decreto ministeriale, al termine di apposito procedimento amministrativo. Tali decreti sono registrati dalla Corte dei Conti (art. 265 del citato regio decreto 827/1924) .

L'ammontare dei residui passivi, per ogni capitolo di bilancio, è determinato con decreto ministeriale registrato dalla Corte dei Conti. L'accertamento contabile dei residui passivi è operato dagli uffici centrali di bilancio (art. 53 del regio decreto 2440/1923).

I residui passivi di parte corrente vengono mantenuti in bilancio per due esercizi finanziari successivi a quello in cui è intervenuto il relativo impegno, quindi vengono considerati perenti ed eliminati dalle scritture relative al bilancio dello Stato.

La perenzione amministrativa è un istituto caratteristico della contabilità pubblica, secondo il quale i residui passivi che non vengono pagati entro un certo tempo a partire dall'esercizio a cui si riferiscono vengono eliminati dal bilancio dello Stato e iscritti nel Conto del Patrimonio dello Stato tra le passività. In particolare l'art. 36 del regio decreto 2440/1923 (e successive modificazioni e integrazioni) stabilisce che i residui delle spese correnti (ad es. di funzionamento) e delle spese in conto capitale(ad es. di investimento) non pagati entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento – c.d. residui di lettera c) – si intendono perenti agli effetti amministrativi. Le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi, qualora il creditore ne richieda il pagamento (purché non sia trascorso il periodo di «prescrizione» giuridica del suo diritto), con prelevamento dagli appositi “fondo speciale per la riassegnazione dei residui perenti delle spese di parte

corrente” e “fondo speciale per la riassegnazione dei residui perenti delle spese in conto capitale”, entrambi istituiti nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Quello della perenzione è un istituto amministrativo che non arreca alcun danno al creditore che, anche qualora sia avvenuta la cancellazione dal bilancio dell'importo dovutogli, conserva il diritto ad avanzare richiesta di pagamento: essa determinerà (compatibilmente con la disponibilità di risorse nei fondi speciali per la riassegnazione) la reiscrizione in bilancio del suo credito.

In generale lo scopo di queste disposizioni in materia di residui passivi è quello di evitare che le amministrazioni statali abbiano a disposizione nei propri bilanci considerevoli stanziamenti di risorse da impegnare e spendere in esercizi ormai lontani da quello in cui la spesa in questione è stata autorizzata con l’approvazione del bilancio. In caso contrario, la funzione di controllo parlamentare sulla gestione delle risorse pubbliche risulterebbe indebolita e, in ciascun esercizio, il fabbisogno finanziario dello Stato potrebbe dipendere in maniera preponderante dall’accumulazione dei residui, rendendo particolarmente difficoltosa la gestione di cassa.

La perenzione amministrativa non va confusa, nella sua natura e nei suoi effetti, con la prescrizione estintiva. Quest'ultima, infatti, comporta, in base alle norme del Codice Civile, la perdita del diritto a percepire la somma non riscossa entro un dato termine (ad esempio, gli interessi – compresi quelli relativi al debito pubblico – si prescrivono in cinque anni).

L'introduzione del bilancio di cassa accanto a quello di competenza non ha significativamente ridotto la formazione di residui, non avendo posto rimedio alle cause che sono alla base di tale fenomeno, sostanzialmente individuabili nella:

dissociazione tra decisioni legislative in materia di spesa e possibilità concrete dell'Amministrazione;

tardività dei provvedimenti legislativi di variazione del bilancio; ritardata iscrizione in bilancio delle spese di carattere pluriennale; lentezza dell'attività dei centri di spesa; complessità e lungaggini connesse alle varie procedure; esecuzione di opere con pagamento differito.

Variazioni al bilanciodurante l’esercizio finanziario viene data esecuzione al bilancio di esercizio e può accadere che si verifichino nuove o maggiori entrate rispetto a quelle previste dal bilancio oppure si manifestino nuovi o maggiori spese. Al fine di adeguar ela nuova situazione finanziaria rispetto a quella preventivata esistono le variazioni al bilancio che devono esser apportate obbligatoriamente nei termini e modalità previste dalla legge.

Per le nuove entrate di competenza dell’esercizio in corso, che si verificano dopo lì approvazione del bilancio, si rilevano in un nuovo capitolo, istituito con decreto del MEF su proposta del Ragioniere generale.

Per le maggiori entrate dell’esercizio in corso rispetto alla previsione, rimane impregiudicato il diritto di riscuotere dello Stato

Per quanto riguarda le variazioni della spesa occorre distinguere tra:

variazioni legislative che sono disposte con disegno di legge di assestamento ( la legge prevede che si possono disporre variazioni di spesa mediante atti amministrativi senza ricorrere al provvedimento legislativoin questo caso il Ministro del MEF con proprio decreto, su proposta dei ministri competenti, ha la possibilità di adottare variazioni compensative tra dotazioni finanziarie interne a ciascun programma, relativamente alle spese per adeguamento al fabbisogno e nell’ambito delle spese rimodulabili; ovviamente non possono esser impiegati stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti.

variazioni amministrative che sono disposte con decreti presidenziali o ministeriali, derogando al principio che il bilancio può esser modificato solo da un altro atto avente la stessa forza ed efficacia sulle fonti del diritto.

Lo strumento destinato ad aggiornare il bilancio alle nuove situazioni è l’ Assestamento del bilancio Entro il mese di giugno di ciascun anno il Ministro dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento un apposito disegno di legge, ai fini dell'assestamento degli stanziamenti di bilancio, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertata in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto il 31 dicembre precedente, secondo quanto stabilito dall'art. 17, comma 1, della legge 468/78.

Il bilancio di assestamento è, dunque, lo strumento giuridico-contabile destinato ad aggiornare il bilancio di previsione annuale alle vicende economiche e finanziarie sopravvenute ed alle nuove situazioni verificatesi dopo la sua approvazione, siano esse correzioni di errori di previsione, adeguamenti degli stanziamenti di bilancio ai residui accertati o eventuali nuove esigenze di spesa. In ogni caso, al fine di evitare alterazioni dell'equilibrio di bilancio ipotizzato al momento dell'approvazione del documento di previsione annuale, l'ordinamento contabile prevede che si ricorra ad una legge sostanziale apposita.

La legge di assestamento delle previsioni di bilancio nell'esplicare la sua principale funzione di aggiustamento delle previsioni, nel corso della gestione, si pone come strumento di manovra di bilancio, pur nella sua attuale configurazione di provvedimento di natura meramente formale. Esso costituisce necessario punto di riferimento per le azioni che saranno stabilite nel Documento di programmazione economico-finanziaria e per la costruzione del bilancio a legislazione vigente.

Gestioni fuori bilancio Riguardano acquisizioni di entrate e/o effettuazioni di spese svolte dall'Amministrazione dello Stato, ma al di fuori del bilancio e quindi non soggette alle normali procedure giuridico-amministrative di esecuzione dello stesso. La loro disciplina organica è prevista dalla legge n. 1041 del 1971 e dal relativo regolamento approvato con D.P.R. n. 689 del 1977 e ciascuna di esse è autorizzata con apposita norma legislativa. La legge n. 559 del 1993 ha disciplinato la loro soppressione, riconducendo alcune di esse in bilancio e adottando norme di controllo più incisive per quelle escluse dalla soppressione. (artt. 23 e 24). Esse hanno l'obbligo della rendicontazione e sono sottoposte al controllo della competente Ragioneria Centrale e della Corte dei conti. Il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica ha facoltà di disporre accertamenti nel corso della gestione.

Si tratta di contabilità gestite fuori dalle ordinarie procedure di approvazione del bilancio di previsione che sono giusitificate da ragioni di estrema urgenza o situazioni che hanno un trattamento differenziato previsto dalla legge (esempio spese per interventi urgenti di protezione civile derivanti da calamità naturali). La legge prevde infatti un obbligo di rendicontazione annuale delle risorse acquisite delle spese effettuate secondo schemi armonizzati di classificazione, con una chiara rendicontazione .

TESORERIA DI STATO La Tesoreria è il cassiere dello Stato e, come tale, provvede agli incassi e ai pagamenti relativi alla gestione del Bilancio dello Stato e, con l'introduzione

della tesoreria unica, svolge anche le funzioni di banchiere degli Enti tenuti a depositare le loro disponibilità su conti di tesoreria.

Questo delicato servizio è affidato dalla legge alla Banca d'Italia, ed i rapporti con il MEF sono regolati da una convenzione che è stata rinnovata tacitamente fino al 2030.

La Banca d'Italia opera attraverso la tesoreria centrale e le sezioni di tesoreria provinciale, nel rispetto delle norme dettate dal Regolamento di Contabilità Generale dello Stato e di altre norme, anche di rango minore, e di direttive emanate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, e, in particolare, dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, da cui dipende il servizio che intrattiene i rapporti con la Banca d'Italia e che coordina il servizio di tesoreria statale.

In estrema sintesi l'attività della tesoreria può raggrupparsi in diverse macro-aree: quella normativa, quella operativa, quella di modernizzazione e quella di monitoraggio:

· l'aspetto normativo è curato dalla Ragioneria Generale dello Stato e riguarda la verifica della corretta applicazione delle norme di tesoreria, le modifiche necessarie per adeguare la normativa al mutato quadro di riferimento o alle più evolute esigenze informatiche;

· l'area operativa è svolta prevalentemente dalla Banca d'Italia che, attraverso le proprie sezioni di tesoreria, cura gli incassi e i pagamenti del bilancio dello Stato, l'apertura/chiusura/variazione e gestione dei conti di tesoreria unica intestati ad enti locali, regioni, etc., delle contabilità speciali degli organi periferici delle Amministrazioni dello Stato, delle contabilità speciali accese a funzionari delegati per emergenze o particolari progetti, e dei conti correnti di tesoreria centrale.

In particolare, a livello centrale, la tesoreria centrale finalizza i pagamenti disposti dalle Amministrazioni Centrali dello Stato, dopo che il servizio di tesoreria della Ragioneria Generale dello Stato ne ha disposto l'ammissione a pagamento, gestisce i conti correnti di tesoreria centrale e finalizza tutti i pagamenti a favore di Enti o Società titolari di tali conti.

Nell'area operativa rientra tutta l'attività che il servizio di tesoreria della RGS svolge per dare istruzioni alla Banca d'Italia per l'apertura/chiusura/variazione dei conti di tesoreria con l'invio, in via telematica, degli ordini di prelevamento fondi dai conti correnti di tesoreria centrale.

· modernizzazione: a partire dal 1999 è iniziato il graduale processo di ammodernamento della tesoreria con l'introduzione del mandato informatico (1999), con la dematerializzazione degli ordini di prelevamento fondi dai conti correnti di tesoreria centrale (novembre 2003), con la dematerializzazione degli ordini di accreditamento e delle quietanze di tesoreria (giugno 2004) e con la rendicontazione giornaliera telematica dei movimenti dei conti di tesoreria (maggio 2006).

La dematerializzazione ha consentito l'eliminazione dei flussi cartacei, per cui le disposizioni di pagamento, siano esse mandati informatici o ordini di prelevamento fondi da conti correnti di tesoreria centrale, sono trasmessi dalle Amministrazioni centrali dello Stato o dal servizio di tesoreria della RGS in via telematica alla Banca d'Italia, che provvede a finalizzare i pagamenti.

Qualora la disposizione preveda l'accreditamento a favore di conti correnti bancari o postali dei beneficiari, la Banca d'Italia provvede a trasmettere la disposizione di bonifico sulla rete nazionale interbancaria, mettendo, quindi, in collegamento la tesoreria statale, anche se in modo indiretto, con la rete nazionale interbancaria.

Tutte le innovazioni telematiche sono disciplinate da protocolli d'intesa tra la Ragioneria Generale dello Stato e Banca d'Italia, corredati dalle relative regole di colloquio.

Il processo di ammodernamento è proseguito con l'introduzione di strumenti più moderni, quali il bonifico, per effettuare versamenti al Bilancio dello Stato o su altri conti di tesoreria ed è allo studio un progetto per rendere telematico il colloquio con Banca d'Italia per l'apertura e chiusura dei conti di tesoreria ed eliminare la corrispondenza cartacea.

L'obiettivo è quello di rendere completamente telematica la tesoreria statale e metterla in grado di colloquiare in modo sempre più pieno con i sistemi informatici ad essa esterni.

Tutte queste innovazioni hanno consentito di acquisire la rendicontazione giornaliera telematica dei movimenti dei conti di tesoreria, che riproduce tutte le informazioni contenute nei titoli originari, compreso quello riguardante il beneficiario finale, molto utili per il monitoraggio dei flussi finanziari;

· monitoraggio: le movimentazioni di tutti i conti di tesoreria vengono giornalmente rendicontate e trasmesse dalla Banca d'Italia alla Ragioneria Generale dello Stato e vanno ad incrementare la base dati dei sistemi Gestione Flussi di Tesoreria e Gestione Conti di Tesoreria, che costituiscono gli strumenti basilari per acquisire le informazioni necessarie per la determinazione del fabbisogno del settore statale, per la redazione del conto riassuntivo del tesoro, per il monitoraggio dei flussi di cassa e per la predisposizione dei documenti di finanza pubblica.

 Il bilancio pluriennale di previsione è elaborato dal Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con gli obiettivi indicati nel DEF, e copre un periodo di tre anni. Esso non comporta autorizzazione a riscuotere le entrate e ad eseguire le spese ivi contemplate ed è aggiornato annualmente.

Per il primo anno le previsioni coincidono con quelle del bilancio di previsione annuale, questo comporta ovviamente che il bilancio di previsione pluriennale sia aggiornato annualmente, e permette di proiettare gli effetti delle decisioni annuali su un orizzonte temporale più ampio ( 3 anni). Ai sensi dell’art 22 della legge 196/2009 il bilancio pluriennale viene redatto in due versioni: a legislazione vigente (mostra l’andamento delle entrate e delle spese in base a quadro normativo vigente per il periodo di riferimentoe incorpora gli effetti della legge di stabilità) e programmatico (mostra l’evoluzione delle entrate e spese quantificando gli obiettivi di medio termine, formulato sulla base degli interventi programmati nel DEF). In base alla legislazione vigente è redatto in termini di competenza e di cassa ed è strutturato per missioni e programmi.

Il bilancio di pluriennale ha un significato conoscitivo e previsionale perchè non comporta autorizzazione a riscuotere entrate e eseguire spese (questo principio vale ovviamente per il 2 e 3 anno di previsione in quanto il 1 anno corrisponde al bilancio annuale e quindi incontrera’ la funzione autorizzato ria).

DEF (Documento di Economia e Finanza)  Rappresenta il principale strumento della programmazione economico-finanziaria in Italia. Proposto dal governo e approvato dal Parlamento, esso indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine (medium term budgetary framework). Introdotto con la riforma della legge di contabilità del

1988 (l. 362/1988) con il nome di Documento di Programmazione Economico-Finanziaria (DPEF), la sua denominazione è stata modificata in Decisione di Finanza Pubblica (DFP) con la l. 196/2009. L’attuale denominazione deriva dalla l. 39/2011, che ha adeguato la tempistica e i contenuti delle procedure di programmazione al nuovo modello di governance economica dell’Unione Europea e in particolare al cosiddetto semestre europeo, il quale comporta l’anticipo alla prima metà dell’anno della definizione delle strategie di bilancio dei singoli Stati membri e un più stretto coordinamento delle stesse mediante il coinvolgimento delle diverse istituzioni europee . Con il DEF vengono aggiornate le previsioni relative al quadro macroeconomico e al quadro di finanza pubblica a politiche invariate e a legislazione vigente e sono definiti gli obiettivi programmatici macroeconomici e di finanza pubblica, nonché l’articolazione degli interventi necessari per aggiustare gli andamenti tendenziali allo scenario programmatico.

Definisce la manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale. Va presentato dal Governo al Parlamento entro il 10 aprile di ogni anno. È una legge, anche se vincola politicamente le decisioni del Governo.

Nel DEF si delineano gli scopi che il bilancio pluriennale intende perseguire e si delimita l'ambito entro cui costruire il bilancio annuale. Scopo del DEF è quello di permettere al Parlamento di conoscere con anticipo le linee di politica economica e finanziaria del Governo; quest'ultimo è politicamente impegnato a redigere il successivo bilancio annuale secondo i criteri scaturenti dal dibattito parlamentare.

Il periodo di programmazione copre almeno un triennio e gli obiettivi di bilancio stabiliti

acquisiscono una precisa valenza procedurale per quanto riguarda le future decisioni in

materia. Il saldo programmatico della pubblica amministrazione, indicato nel documento

per ciascuno degli anni compresi nel periodo di riferimento, rappresenta infatti un valore

invalicabile nell’ambito della successiva decisione di bilancio, in quanto le procedure di

bilancio in Italia sono caratterizzate, a partire dal 1988, dalla fissazione ex antedi un saldo

prestabilito. Il vincolo giuridico associato a tale limite quantitativo ai fini della costruzione

della manovra di finanza pubblica deriva dall’approvazione parlamentare (con una

specifica risoluzione) del documento in questione. Le successive riforme della legge di

contabilità hanno progressivamente arricchito il contenuto informativo del documento.. In

base alla l. 39/2011 il DEF si compone di 3 sezioni: la prima recepisce l’aggiornamento del

Programma di stabilità, ovvero il documento programmatico in materia di finanza pubblica

che i singoli Stati membri della UE devono sottoporre annualmente alle autorità europee in

base alle regole del Patto di stabilità e crescita (➔). Analogamente la terza sezione del

documento recepisce il contenuto di un altro documento programmatico previsto dalle

regole europee, il Programma nazionale di riforme, con cui ciascuno Stato membro

delinea le riforme economiche necessarie al raggiungimento degli obiettivi della strategia

di Lisbona (➔ Lisbona, strategia di). La seconda sezione contiene informazioni relative agli

andamenti macroeconomici e di finanza pubblica nel periodo di riferimento del documento

e rappresenta la parte ‘italiana’ dello stesso, ovvero non prevista dalla normativa europea.

La scelta operata con la citata l. 39/2011 è stata dunque quella di accorpare in un unico

atto il documento programmatico già previsto dalla cornice interna di contabilità e finanza

pubblica e quelli da presentare in sede europea.

l recepimento all’interno del DEF dell’aggiornamento del Programma di stabilità, la cui

presentazione da parte degli Stati membri è stata anticipata al 30 aprile nell’ambito del

semestre europeo, ha comportato la necessità di anticipare il termine di presentazione del

documento al 10 aprile

RENDICONTO GENERALE DELLO STATO

I risultati della gestione del bilancio dello Stato nell’esercizio finanziario chiuso al 31 dicembre sono esposti nel Rendiconto Generale dello Stato. Tale documento consente di verificare le modalità e la misura in cui ciascuna Amministrazione ha dato attuazione alle previsioni del bilancio.Si tratta di un conto consuntivo disciplinato dalla legge di contabilità e finanza pubblica del 31 dicembre 2009, n.196, che prevede sia formato da due distinte parti: il conto del bilancio ed il conto generale del patrimonio.

Il relativo disegno di legge è corredato di apposita nota preliminare generale.

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha l’obbligo di legge di presentare alle Camere il Rendiconto Generale dello Stato entro il 30 giugno di ogni anno, par far sì che il Parlamento possa esaminarlo e approvarlo in forma di legge nelle settimane successive, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione. Prima di essere presentato al Parlamento, la regolarità del documento deve essere valutata dalla Corte dei Conti, cui il Rendiconto deve essere trasmesso dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, per cura del Ragioniere Generale dello Stato, entro la fine del mese di maggio per il giudizio di parificazione, che si basa sul raffronto delle risultanze del Rendiconto con le scritture tenute dalla Corte in sede di controllo sugli atti di gestione.

A partire dall’esercizio finanziario 2013, in ossequio a quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale , il Rendiconto generale dello Stato viene prodotto esclusivamente in formato digitale, mediante l’utilizzo di un apposito applicativo informatico sviluppato dalla Ragioneria Generale dello Stato, di intesa con la Corte dei Conti.

Ai sensi dell’art. 36 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Rendiconto generale dello Stato si compone di due parti distinte:

Il conto del bilancio, che illustra i risultati della gestione finanziaria rispetto alle previsioni, dando evidenza della gestione di competenza e di cassa, nonché della nuova formazione e dello smaltimento dei residui. Le tabelle riassuntive consentono di evidenziare i principali esiti della gestione stessa (a partire dai saldi rilevanti) e di raffrontarli con i corrispondenti valori del bilancio di previsione. Il conto del bilancio è strutturato in maniera analoga al bilancio di previsione, essendo diviso in stati di previsione (uno per le entrate, uno per ciascun ministero per le spese) e ripetendo la ripartizione funzionale delle voci di spesa in missioni e programmi. All’interno di

ciascun programma si hanno le ulteriori ripartizioni per macroaggregati, capitoli e piani gestionali

Il conto generale del patrimonio, in cui sono descritte le variazioni intervenute nel patrimonio dello Stato e la situazione patrimoniale finale, raccordandole alla gestione del bilanci ai fi.ni di individuare determinati scostamenti Il conto del patrimonio è corredato del conto del dare e avere relativo al servizio di tesoreria

Al Conto del bilancio, per ciascuno stato di previsione, è allegata una nota integrativa che espone i risultati raggiunti, il grado di realizzazione degli obiettivi di ogni programma e le risorse utilizzate, motivando gli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni.

In maniera speculare rispetto alle previsioni, vengono allegate al Conto del bilancio le risultanze economiche di ogni amministrazione, riconciliate con i dati

Conto del Bilancio

Illustra i risultati della gestione finanziaria rispetto alle previsioni, dando evidenza della gestione di competenza e di cassa, nonché della nuova formazione e dello smaltimento dei residui. È composto di uno stato di previsione per le entrate e uno stato di previsione per ogni Ministero per le spese. Al pari del bilancio, è strutturato per Missioni e Programmi

Conto del Patrimonio

Nel conto del patrimonio si evidenziano le attività e passività finanziarie e patrimoniali e i punti di concordanza con il conto di bilancio.

Tra le passività finanizrie si evidenzia il debito pubblico che rappresenta il parametro principale della situazione di indebitamentoda esporre nei documenti finanziari. Vengono infatti definiti i debiti a breve termine (debito fluttuante,BOT, conti correnti), e a medio e lngo termine (BTP, CCT CTZ, BTP indicizzati all’inflazione europea)Il debito fluttuante non compare nel bilancio finanziario ma confluisce nelle operazione di tesoreria.

Il conto patrimoniale si articola in 4 sezioni:

1 si individuano i conti accesi nelle componenti attive e passive del patrimonio dello Stato suddivisi in 4 macroaggregati: attività finanziarie, attività non finanziarie prodotte, attività non finanziarie non prodotte,passività finanziarie.

2 e 3 illustrano i vari punti di concordanza tra la contabilità di bilancio e quella patrimoniale e il conto delle rendite e delle spese che si presenta come un conto economico

4 sono indicati i prospetti riassuntivi delle attività e delle passività.

Descrive le variazioni intervenute nel patrimonio dello Stato e la situazione patrimoniale finale, raccordandole alla gestione del bilancio. È corredato del conto del dare e avere relativo al servizio di tesoreria

In apposito allegato il conto del patrimonio espone il bilancio ambientale (eco bilancio)che illustra le spese in materia ambientale

Prima di esser sottoposto all’approvazione parlamentare il rendiconto deve esser trasmesso entro il mese di maggio alla Corte dei conti per la prescritta parificazione .

La Corte verifica il rendiconto generale dello Stato e ne confronta i risultati tanto per le entrate, quanto per le spese ponendoli a riscontro con le leggi del bilancio.

A tale effetto verifica se le entrate riscosse e versate ed i resti da riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto, siano conformi ai datti esposti nei conti periodici e nei riassunti generali trasmessi alla Corte dai singoli Ministeri; se le spese ordinate e pagate durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o controllate dalla Corte ed accerta i residui passivi in base alle dimostrazioni allegate ai decreti ministeriali di impegno ed alle proprie scritture.

La Corte delibera sul rendiconto generale dello Stato a Sezioni riunite e con le formalita' della sua giurisdizione contenziosa. La corte dei Conti quindi è il garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario e della corretta gestione delle pubbliche risorse.

La parificazione ha quindi una funzione di certificazione che serve di base per il referto a contenuto finanziario in termini di regolarità e affidabilità della gestione di bilancio. Lo stesso giudizio di parificazione lo si fa sui rendiconti delle Regioni a Statuto Speciale.

I rendiconto delle Regioni sono costituiti dal conto di bilancio e dal conto generale del patrimonio (legge 76/2000) e sono oggetto di parificazione delel Sezioni regionali della CC.

CONTABILITA’ ANALITICA

Ai fini di adeguare il sistema di contabilità alla nuova organizzazione amministrativa che prevede la netta separazione dei poteri tra organi di governo e organi di gestione amministrativa e ai fini di monitorare i costi di gestione, è stata introdotta la contabilità economica analitica che consente di responsabilizzare la gestione delle risorse pubbliche valutando l’efficacia, economicità e l’efficienza del loro impiego.

Tale sistema si basa su rilevazioni analitiche di centri di costo e collega le risorse umane,finanziarie e strumentali con i risultati che si sono raggiunti al fine di monitorare i costi, rendimenti e risultati. I risultati della contabilità economico analitica saranno poi inviati alle strutture centrali di bilancio di ogni amministrazione e utilizzati per i nuovi progetti di bilancio

I centri di costo rappresentano le unità organizzative alle quali imputare i costi delle strutture amministrative che impiegano risorse strumentali, umane e finanziarie.

Qui si prende in considerazione non la spesa di un’attività, ma il costo cioè il valore delle risorse utilizzate. Le componenti del sistema di contabilità economica sono:

Piano dei conti Centri di costo Servizi erogati

Il sistema viene definito analitico perché è collegato alla struttura organizzativa e alla destinazione della finalità (ovvero le missioni) per la quale le risorse sono impiegate .

Il sistema di rilevazione si sviluppa attraverso tre momenti fondamentali:

Programmazione si definiscono gli obiettivi e si programmano le risorse per raggiungere gli obiettivi e i termini per realizzarli (budget)

Gestione del budgetsi rilevano gli eventi che si verificano Controllosi verifica il raggiungimento degli obiettivi con le risorse a disposizione

A queste 3 fasi si aggiunge la fase della consuntivizzazione in cui si dà conto delle risultanza definitive della gestione e si evidenziano attraverso la fase della riconciliazione le differenza tra contabilità economica (costi) e contabilità finanziaria (spese). Nel sistema contabile degli enti pubblici quindi la contabilità analitica è concepita come un sistema informativo aziendale che mira ad orientare le decisioni secondo criteri di convenienza economica in modo da impiegare le risorse in modo efficace, efficiente e ed economico . il sistema di contabilità pubblica che prima era basato esclusivamente sul bilancio finanziario viene ad oggi integrato da un bilancio contabile di tipo economico che evidenzia i costi di gestione al fine di consentire di misurar l’attività attraverso indicatori ispirati a modelli privatistici.

Una volta approvato il bilancio le risorse sono assegnate ai responsabili della gestione, e nel sistema di contabilità economica analitica le risorse costituiscono il budget di ogni centro di responsabilità.

La nuova legge di contabilità prevede che la nota preliminare al bilancio di previsione deve contenere, il budget dei costi di ciascuna amministrazione che espone la previsioni formulate dai centri di costo e include il prospetto di riconciliazione al fine di collegare le previsioni economiche alle previsioni finanziarie di bilancio

BILANCIO ECONOMICO NAZIONALE

Il bilancio economico nazionale pone in evidenza i valori del reddito nazionale come insieme delle diverse categorie prodotte e come somma dei redditi afferenti ai vari fattori della produzione sia dello Stato che degli altri produttori pubblici e privati operanti nel nostro territorio.

Si tratta di un documento in cui la vicenda economica del Paese riferita all’anno trascorso viene scomposta in ogni dettaglio, così da risultare quasi una radiografia del sistema economico. Esso rappresenta una sorta di bilancio consuntivo che prende in considerazione fenomeni accaduti e che si preoccupa di disaggregare i dati dell’economia in modo da facilitarne la comprensione. La produzione nazionale viene suddivisa, ad esempio, per settori e tenuta distinta dai beni importanti; i consumi vengono suddivisi tra quelli privati e quelli pubblici.

Gli investimenti, oltre che distinti tra beni strumentali e scorte, vengono classificati a seconda che effettuarli siano state le imprese oppure lo Stato,: infine, una voce importante degli impieghi è dedicata alle esportazioni verso i Paesi stranieri. Questo strumento fondamentale della politica economica utilizza i dati annualmente presentai dal Governo al Parlamento nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese. Il bilancio è strutturato in due parti contrapposte.

Nella parte delle Entrate vengono registrati i valori del PIL e dei beni e servizi importati da pesi stranieri; tale aggregato costituisce l’insieme delle risorse disponibili e rappresenta l’offerta globale o aggregata.

Nella parte Uscite sono invece riportati i dati relativi agli impieghi del reddito nazionale, opportunamente suddivisi in consumi, investimenti privati e pubblici e in esportazioni; tale valore aggregato costituisce la domanda globale o aggregata del Paese nel periodo considerato.E

E ’ una forma semplificata di bilancio. Deve essere necessariamente in pareggio, stante il suo carattere consuntivo. Mostra i legami tra i principali aggregati economici: ad esempio un aumento ei consumi e degli investimenti, se non trova un’adeguata risposta in un incremento del PIL, finisce per provocare la crescita delle importazioni e quindi un indebitamento del paese

Crescita economica:

Espansione del prodotto interno lordo, vale a dire della ricchezza che il sistema ha prodotto. Nell’ottica del lungo periodo la crescita economica si verifica quando la potenzialità produttiva del sistema risulta accresciuta

Sviluppo economico:

comprende sia aspetti quantitativi, prettamente materiali, relativi alla crescita delle grandezze economiche reali (per esempio la produzione nazionale, il reddito etc.), sia aspetti qualitativi, inerenti al miglioramento della qualità della vita della popolazione, imputabile a fattori di vario genere

PATTO DI STABILITA’ E CRESCITA EUROPEO

Il patto di stabilità e di crescita (PSC) rientra nel contesto della terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM). Tale patto si prefigge di garantire che la disciplina di bilancio dei paesi dell'Unione europea (UE) continui dopo l'introduzione della moneta unica.

Formalmente, il patto di stabilità e di crescita è costituito da una risoluzione del Consiglio europeo (adottata nel 1997) e da due regolamenti del Consiglio del 7 luglio 1997 che ne precisano gli aspetti tecnici (controllo della situazione di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche; applicazione della procedura d'intervento in caso di deficit eccessivi).

In esito a varie discussioni sull'applicazione del PSC, i regolamenti sono stati modificati nel giugno del 2005. L'applicazione, tuttavia, è stata debole, con conseguenti gravi squilibri di bilancio in alcuni paesi dell'UE, esposti quando la crisi economica e finanziaria ha colpito nel 2008.

Dalla crisi, le regole di governance economica dell'Unione europea sono state rafforzate per mezzo di otto regolamenti comunitari e un trattato internazionale:

il «six pack» (che ha introdotto un sistema per monitorare le politiche economiche in maniera più estesa, in modo da rilevare problemi come le bolle immobiliari o la perdita della competitività a uno stadio precoce);

il «two pack» (un nuovo ciclo di monitoraggio per l'area dell'euro, che prevede la presentazione di documenti programmatici di bilancio alla Commissione europea ogni autunno da parte dei paesi dell'area euro, tranne quelli con i programmi di aggiustamento macroeconomico);

il trattato del 2012 sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (Fiscal Compact) che introduce disposizioni fiscali più severe del PSC.

Questo insieme di misure è ormai parte integrante del semestre europeo, il meccanismo di coordinamento delle politiche economiche dell'Unione europea.

Nel gennaio 2015, a seguito di un riesame, la Commissione europea ha pubblicato una guida dettagliata su come andrà a applicare le regole del patto esistenti per rafforzare il legame tra riforme strutturali, investimenti (in particolare in vista del recente Fondo europeo per gli investimenti strategici) e responsabilità fiscale a sostegno della crescita e dell'occupazione.

In virtù dell’articolo 121 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, i paesi dell’UE devono considerare le loro politiche economiche come una questione di interesse comune e coordinarle nell’ambito del Consiglio. Il Consiglio formula una raccomandazione non vincolante in merito ai grandi orientamenti per le politiche economiche dei paesi dell’UE (GOPE).

I GOPE riguardano le politiche macroeconomiche e strutturali, sia per l’Unione europea nel suo complesso che per i singoli paesi dell’UE. Sono soggetti a un meccanismo di sorveglianza multilaterale che mira a garantire che i paesi dell’UE siano conformi ad essi. Il Consiglio può formulare raccomandazioni pubbliche qualora le politiche economiche di un paese non siano coerenti con i GOPE.

I GOPE, insieme agli orientamenti per l’occupazione, facevano parte della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. I due gruppi di orientamenti sono stati riuniti sotto l’unica voce di orientamenti integrati e rivisti nel luglio 2010 nel contesto dell’adozione della strategia Europa 2020. I programmi di riforma nazionali sono adottati sulla base degli orientamenti integrati.

Tutti i paesi dell'UE sono parte dell'Unione economica e monetaria dell'Unione europea (UEM), un processo in 3 fasi.

Il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 140 e un protocollo allegato) contiene norme sul passaggio alla terza fase dell'UEM, che avviene quando un paese dell'UE adotta l'euro come moneta. Per adottare l'euro, un paese deve soddisfare 4 criteri principali (criteri di convergenza):

1. non deve essere oggetto di una decisione del Consiglio che abbia rilevato un disavanzo di bilancio eccessivo;

2. deve mostrare un alto grado di stabilità dei prezzi e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di 1 anno anteriormente all'esame, non superi di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre paesi dell'UE che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi;

3. deve avere un tasso d'interesse nominale medio a lungo termine che non abbia ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei 3 paesi dell'UE che hanno conseguito il migliore risultato in termini di stabilità dei prezzi;

4. deve rispettare i margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo dei tassi di cambio senza gravi tensioni per almeno gli ultimi 2 anni prima dell'esame.

La conformità è verificata in base alle relazioni della Commissione e della Banca centrale europea (BCE)

La Banca centrale europea (BCE) è la banca centrale della zona euro e un'istituzione dell'Unione europea con sede a Francoforte sul Meno, in Germania. Insieme alle banche centrali nazionali della zona euro forma l'Eurosistema, che guida la politica monetaria nella zona euro. Il suo obiettivo primario è il mantenimento della stabilità dei prezzi, ossia salvaguardare il valore dell'euro. Inoltre, insieme alle autorità di vigilanza nazionali, la BCE svolge funzioni di vigilanza bancaria nella zona euro e negli altri paesi partecipanti al meccanismo di vigilanza unico (MVU).

PATTO DI STABILITA’ INTERNO

Il Patto di Stabilità Interno (PSI) nasce dall'esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri della UE verso specifici parametri, comuni a tutti, e condivisi a livello europeo in seno al Patto di stabilità e crescita e specificamente nel trattato di Maastricht (Indebitamento netto della Pubblica Amministrazione/P.I.L. inferiore al 3% e rapporto Debito pubblico delle AA.PP./P.I.L. convergente verso il 60%).

L'indebitamento netto della Pubblica Amministrazione (P.A.) costituisce, quindi, il parametro principale da controllare, ai fini del rispetto dei criteri di convergenza e la causa di formazione dello stock di debito.L'indebitamento netto è definito come il saldo fra entrate e spese finali, al netto delle operazioni finanziarie (riscossione e concessioni crediti, partecipazioni e conferimenti, anticipazioni), desunte dal conto economico della P.A., preparato dall'ISTAT.

Un obiettivo primario delle regole fiscali che costituiscono il Patto di stabilità interno è proprio il controllo dell'indebitamento netto degli enti territoriali (regioni e enti locali).Il Patto di Stabilità e Crescita ha fissato dunque i confini in termini di programmazione, risultati e azioni di risanamento all'interno dei quali i Paesi membri possono muoversi autonomamente. Nel corso degli anni, ciascuno dei Paesi membri della UE ha implementato internamente il Patto di Stabilità e Crescita seguendo criteri e regole proprie, in accordo con la normativa interna inerente la gestione delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.

Dal 1999 ad oggi l'Italia ha formulato il proprio Patto di stabilità interno esprimendo gli obiettivi programmatici per gli enti territoriali ed i corrispondenti risultati ogni anno in modi differenti, alternando principalmente diverse configurazioni di saldi finanziari a misure sulla spesa per poi tornare agli stessi saldi.

La definizione delle regole del patto di stabilità interno avviene durante la predisposizione ed approvazione della manovra di finanza pubblica; momento in cui si analizzano le previsioni sull'andamento della finanza pubblica e si decide l'entità delle misure correttive da porre in atto per l'anno successivo e la tipologia delle stesse.

Dopo 17 anni di vigenza, dallo scorso 1 ° gennaio il patto di Stabilità  interno è¨ stato sostituito con il nuovo vincolo del pareggio di bilancio di competenza finale.

La novità   è  contenuta nei commi da 707 a 729 dell'articolo 1 della legge di Stabilità  ed applica parzialmente le novità  della legge 243/2012 sul pareggio di bilancio costituzionale. Il nuovo pareggio di bilancio di competenza si applica a tutti i Comuni (compresi i quasi 2mila con meno di mille abitanti, finora esclusi dal patto di Stabilità ), alle Province e città metropolitanee alle Regioni. Sono assoggettati al pareggio anchei Comuni istituitia seguito di fusione dopo il 2011; escluse le Unioni. Un saldo non negativo Il nuovo obbligo richiede di conseguire un saldo non negativo (anche paria zero) calcolato in termini di competenza fra le entrate finali (primi 5 titoli del bilancio armonizzato) e le spese finali (primi 3 titoli del nuovo bilancio). Tale saldo può essere eventualmente modificato dall'intervento della Regione. Solo per il 2016, nelle entrate e nelle spese finali è  considerato il fondo pluriennale vincolato, di entratae di spesa, al netto della quota proveniente dal ricorso all'indebitamento. Infine, non sono considerati nel saldo, gli stanziamenti di spesa del fondo crediti di dubbia esigibilità  e dei fondi relativi ad accantonamenti destinati a confluire nel risultato di amministrazione. Ai fini del calcolo del saldo del pareggio le esclusioni sono limitate ai contributi ricevuti a valere sul fondo Imu Tasi di 390 milioni (comma 20)e alle spese sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica (480 milioni di euro, comma 713). Per dimostrare la coerenza fra le previsioni del bilancio di previsione e il

saldo programmatico, gli enti sono obbligati ad allegare un prospetto contenente le previsioni di competenza triennali rilevanti in sede di rendiconto. Con riferimento all'esercizio 2016, il prospetto sarà  allegato al bilancio di previsione mediante delibera di variazione approvata dal Consiglio entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto, il cui contenuto sarà  definito da Arconet. Monitoraggio e certificazione finale Con decreto del Mef saranno definite le modalità  di monitoraggio e di certificazione finale. Restano confermati i meccanismi di flessibilità  regionale e la possibilitè  di scambio di spazi a livello nazionale. Le Regioni potranno autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il saldo di competenza per consentire esclusivamente un aumento di spese in conto capitale, purch è  sia garantito l'obiettivo complessivo a livello regionale mediante un contestuale miglioramento dei restanti enti locali della regione e della Regione stessa. Gli spazi finanziari ceduti dalla Regione sono assegnati tenendo conto prioritariamente delle richieste avanzate dai Comuni con meno di mille abitantie dai comuni istituiti per fusione dopo il 2011. Gli enti locali dovranno inviare le richieste all'Anci, all'Upi, alle Regioni e alle Province autonome, entro il 15 aprile ed entro il 15 settembre; le Regionie le Province autonome definiranno i saldi obiettivo rideterminati entro i termini perentori del 30 aprile e del 30 settembre. Le "code" dei vecchi patti Le "code" dei vecchi patti entreranno a far parte del prospetto del pareggio degli anni 2016 2018, con effetti di riduzione o o di aumento del saldo (in caso di spazi ricevuti o ceduti nei due anni precedenti). Per la quota di spazi finanziari non soddisfatta tramite l'aiuto regionale gli enti locali potranno contare sullo scambioa livello nazionale: per cui gli enti che prevedono di conseguire un differenziale negativo (o positivo) rispetto al saldo "zero" fra entrate e spese finali, avranno la possibilitè  di richiedere (o cedere), gli spazi necessari (o eccedenti) per impegni di spesa in conto capitale. I dati andranno comunicati alla Ragioneria generale dello stato entro il termine perentorio del 15 giugno; dopo di ch è  la Rgs, entro il 10 luglio, aggiorna gli obiettivi degli enti interessati dalla acquisizionee cessione di spazi finanziari per l'anno in corso e per il biennio successivo. L'acquisizione (o cessione) di spazi finanziari comporta il peggioramento (o miglioramento) dell'obiettivo dei due anni successivi per il 50% di quanto ricevuto (o ceduto). Il sistema sanzionatorio In caso di inadempimento alle regole sul pareggio di bilancio si rilevano alcune modifiche rispetto al sistema sanzionatorio vigente per il patto di Stabilità : l'ente non può impegnare spese correnti in misura superiore all'importo dell'anno precedente (e non del triennio precedente); la riduzione del 30% dei compensi degli amministratori è  operata in riferimento agli importi per indennitè  di funzione e gettoni di presenza al 30 giugno 2014 anzichè al 30 giugno 2010; scatta il blocco totale delle assunzioni del personale e il taglio dell'indennitè  di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori (queste ultime si applicano anche nel caso in cui la certificazione finale, pur attestando il conseguimento del saldo, risulta trasmessa dal commissario ad acta entro 60 giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto). Inoltre in caso di elusioni, la sanzione pecuniaria fino a tre mensilitè  del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali (oltre a quella che riguarda gli amministratori, pari fino ad un massimo di dieci volte l'indennitè  di carica percepita al momento di commissione dell'elusione) riguarda il responsabile amministrativo individuato dalla sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti (non più quindi solo il responsabile del servizio economicofinanziario). Le fattispecie elusive dal 1 ° gennaio 2016 saranno accertate rispetto alla corretta applicazione dei princè¬pi contabili di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Per i Comuni sotto i mille abitanti, non soggetti al patto di Stabilità , infine, il comma 762 ha risolto il coordinamento con le norme in materia di personale, confermando che restano ferme le norme riferite agli enti che nel 2015 non erano sottoposti alla disciplina del patto di Stabilità  (riferimento al 2008 come tetto di spesa e 100% turn over).

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possibilità

 

Cosa posso pagare con pagoPApagoPA ti permette di pagare tributi, tasse, utenze, rette, quote associative, bolli e qualsiasi altro tipo di pagamento verso le Pubbliche Amministrazioni centrali e locali, ma anche verso altri soggetti, come le aziende a partecipazione pubblica, le scuole, le università, le ASL. Chi può ricevere pagamenti tramite pagoPACon il sistema pagoPA si possono fare pagamenti verso tutti gli Enti della Pubblica Amministrazione, tutte le società a controllo pubblico e verso società private che forniscono servizi al cittadino purché aderiscano all’iniziativa.

 

Perché una Pubblica Amministrazione deve aderireLe Pubbliche Amministrazioni e le società a controllo pubblico aderiscono al sistema pagoPA perché previsto dalla legge. Il vantaggio è quello di poter fruire di un sistema di pagamento semplice, standardizzato, affidabile e non oneroso per la PA e più in linea con le esigenze dei cittadini

In campo IVA, la legge di Stabilità 2015 ha previsto l'estensione dell'applicazione del reverse charge nonché l'adozione del meccanismo dello split payment nelle forniture alla PA. La logica economica che motiva queste innovazioni è comune: si tratta di transazioni in cui è stata riscontrata, dall'analisi dei dati, una diffusa tendenza da parte dei fornitori a non dichiarare e/o versare l'IVA fatturata ai clienti. Data questa premessa, con il reverse charge e con lo split payment l'IVA viene trasferita, per così dire, "in mani più sicure" avendo preliminarmente verificato, sempre sulla base dell'analisi dei dati disponibili, che la propensione alla compliance da parte dei clienti è, in tutti i casi considerati, superiore a quella dei fornitori. Ed è proprio da questa asimmetria di comportamento che nascono le ipotesi di recupero di gettito associate a queste norme.

Tra i cambiamenti più rilevanti apportati dalla legge di Stabilità per il 2015 e relativi all'IVA vi sono l'estensione dell'applicazione del reverse charge nonché l'adozione del meccanismo dello split payment nelle forniture alla Pubblica Amministrazione.

Nel primo caso, si tratta dell'inversione dell'obbligo di contabilizzazione dell'IVA, normalmente a debito del fornitore della prestazione e che viene invece traslato sull'acquirente. Ciò comporta che le vendite effettuate non siano più operazioni imponibili e quindi che l'emissione della fatturaavvenga senza IVA, con obbligo, a carico dell'acquirente, di riportare l'operazione sia come imponibile (nell'apposito quadro della dichiarazione) sia come normale acquisto detraibile. In questo modo, la transazione rimane economicamente neutrale dal punto di vista degli operatori.

Il regime di reverse charge, già adottato in Italia per i subappalti in edilizia, per la cessione di rottami ferrosi e per altri casi di minore importanza viene esteso, con la legge di Stabilità, alle seguenti transazioni (articolo 1, comma 629, n. 2, legge n. 190/2014):

- servizi di pulizia;

-servizi di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici (c.d. servizi di edilizia specializzata);

- cessioni dei cosiddetti certificati energetici (art. 3, direttiva n. 2003/87/CE);

-cessioni di beni agli ipermercati, supermercati e discount alimentari.

Nel secondo caso, si intende per split payment il meccanismo attraverso il quale i fornitori di beni e servizi alle Pubbliche Amministrazioni non dovranno più includere l'IVA nelle loro fatture, in quanto quest'ultima sarà versata all'erario direttamente dalle stesse Pubbliche Amministrazioni acquirenti. Va infatti ricordato che, quando non svolgono attività commerciali, le Pubbliche Amministrazioni sono del tutto comparabili ai consumatori finali e quindi rimangono incise dall'imposta.

La logica economica che motiva queste innovazioni è comune: si tratta di transazioni in cui è stata riscontrata, dall'analisi dei dati, una diffusa tendenza da parte dei fornitori a non dichiarare e/o versare l'IVA fatturata ai clienti.

Data questa premessa, con il reverse charge e con lo split payment l'IVA viene trasferita, per così dire, "in mani più sicure" avendo preliminarmente verificato, sempre sulla base dell'analisi dei dati disponibili, che la propensione alla compliance da parte dei clienti è, in tutti i casi considerati, superiore a quella dei fornitori.

Ed è proprio da questa asimmetria di comportamento che nascono le ipotesi di recupero di gettito associate a queste norme.

Più precisamente, per quel che riguarda i servizi di pulizia e quelli di edilizia specializzata la stima di gettito è stata effettuata tenendo conto:

a) dell'impatto sull'IVA dichiarata dell'introduzione, nel 2007, del reverse charge a transazioni molto simili (subappalti in edilizia);

b) dei dati relativi alla diversa propensione al versamento dell'IVA dichiarata da parte di clienti e fornitori.

Si è così arrivati ad un'ipotesi di recupero di gettito di circa 650 milioni di euro annuali. Per quel che riguarda i certificati energetici, invece, la stima di recupero di gettito è molto inferiore, pari a 250 milioni di euro.

Nelle altre ipotesi, invece, le stime di recupero di gettito si basano sull'esperienza maturata dall'Agenzia delle Entrate nel corso di questi anni nella misurazione del tax gap settoriale. Ciò ha consentito di misurare la differenza tra la propensione all'evasione dell'IVA, sia dichiarata sia versata, tra fornitori ed acquirenti delle diverse tipologie di prestazioni di servizi e di cessioni di beni. In particolare, è emerso che, in linea generale, gli operatori della grande distribuzione sono tendenzialmente più affidabili dei loro fornitori e che i fornitori alla Pubblica Amministrazione (che non evade per definizione) evadono l'IVA per un ammontare di poco inferiore al miliardo di euro annuo.

Sebbene la logica economica sia comune a tutte queste ipotesi, dal punto di vista giuridico vi sono rilevanti differenze.

L'estensione del reverse charge ai servizi di pulizia ed edilizia generalizzata, nonché ai certificati energetici, è pienamente compatibile con la normativa europea, che include questo tipo di transazioni tra quelle alle quali è applicabile il regime di reverse charge senza richiesta di deroga.

Al contrario, l'introduzione e l'estensione dello stesso reverse charge agli acquisti della grande distribuzione dello split payment richiedono una deroga espressa da parte delle autorità comunitarie.

Le principali problematiche poste dallo split payment sono di due tipi.

In primo luogo, potrebbe originare problemi di liquidità per i fornitori della PA che divenissero creditori IVA in misura tale da non poter utilizzare la compensazione.

Questo pericolo, tuttavia, appare di portata limitata. Dall’analisi delle dichiarazioni dei fornitori della Pubblica Amministrazione risulta che le cessioni alla PA rappresentano solo il 7,2% del totale delle cessioni imponibili. Ciò vuol dire che, in media, il fenomeno dei fornitori esclusivi alla PA è molto limitato e, pertanto, la norma della scissione dei pagamenti non dovrebbe provocare crisi di liquidità generalizzate. In ogni caso, è previsto che i fornitori accedano al canale prioritario dei rimborsi sull’IVA, per il caso in cui si dovessero creare situazioni di credito strutturale.

D'altra parte, la natura non esclusiva dei fornitori richiederà agli stessi di adottare due sistemi di gestione della contabilità differenziati, uno per i normali clienti (cui l'IVA continuerà ad essere normalmente addebitata) ed un altro per la PA. Si tratta di maggiori costi di adempimento di cui è giusto tenere conto, ma che non sembrano essere di entità tale da mutare l'impatto sociale complessivamente positivo della norma.

Dal punto di vista dell'analisi dei costi e dei benefici, quindi, la norma sembra essere del tutto ragionevole. È vero che essa sembra rappresentare una novità assoluta in ambito IVA, in quanto non risulta che altri Paesi l'abbiano prevista, quantomeno con questa modalità generalizzata. Tuttavia, è auspicabile che, nella valutazione compiuta dall'Unione Europea, si tenga conto di questi dati e delle specificità della struttura economica italiana.

Per quanto riguarda, invece, l'adozione del reverse charge alla grande distribuzione, il principale problema che si pone è legato alla vicinanza degli operatori coinvolti al consumo finale, con il conseguente rischio di aumentare gli incentivi all'evasione dell'intero gettito, favorendo un accordo tra i venditori al consumo finale e gli stessi consumatori.

È questa la motivazione con cui, tradizionalmente, la Commissione europea ha negato la possibilità di applicare il reverse charge al settore del commercio.

Inoltre, diversamente dalle altre ipotesi, qui la norma prevede l'estensione del meccanismo a tutte le operazioni svolte da determinati soggetti (identificati, tra l'altro, con i codici ATECO), mentre, solitamente, per l'applicazione del reverse charge si procede con un criterio di tipo oggettivo e non esclusivamente soggettivo. Vi sono poi da valutare le conseguenze, in termini di liquidità, sia sui fornitori della grande distribuzione sia sugli stessi ipermercati e supermercati coinvolti.

Proprio a causa di queste difficoltà di implementazione, e pure tenendo conto della solidità della logica di fondo, questa estensione non faceva parte del disegno di legge originario e non rientrava nelle previsioni di gettito e di correzione dei saldi. Queste ultime, a loro volta, sono state formulate scontando una certa flessibilità nell'applicazione delle regole, e, in particolare, la possibilità di realizzare una correzione minima (di 0,1 punti di PIL) del disavanzo strutturale, in luogo di quella normalmente prevista (pari a 0,5 punti di PIL).

La precedente Commissione europea, tuttavia, ha ritenuto che tale correzione non fosse sufficiente, e ha richiesto una correzione di ulteriori 4,5 miliardi, di cui circa 800 milioni dovrebbero provenire dall'applicazione del reverse charge alla grande distribuzione, che la stessa Commissione dovrebbe autorizzare.

In sintesi, l'estensione del reverse charge alla grande distribuzione è nata nell'ambito del processo di "contrattazione" dell'ulteriore sforzo di correzione del saldo strutturale che si è svolto tra Italia e Commissione europea e la sua necessità e fattibilità concreta andrà valutata nell'ambito dell'evoluzione che tale processo, che ora coinvolge una nuova Commissione, avrà nel prossimo futuro.

SPLIT PAYMENTLo split payment è il nuovo meccanismo di liquidazione dell’IVA introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (Legge numero 190/2014), e poi fortemente riformato dal DL 50/2017.

Lo split payment viene applicato nei rapporti tra imprese private e Pubblica Amministrazione, secondo il classico meccanismo dei “pagamenti divisi” o “scissione dei pagamenti”. Come funzione quindi lo split payment? Occorre, innanzitutto, scindere l’operazione in due parti: nella prima, il soggetto privato (impresa) incassa l’ammontare dovuto dell’operazione al netto dell’IVA dall’ente della Pubblica Amministrazione considerato.

Successivamente, l’ente di P.A. si occuperà di versare l’IVA a debito dovuta sull’operazione considerata.

Dallo scorso 1° luglio 2017 lo split payment verrà esteso anche ai rapporti tra professionisti soggetti a ritenuta d’acconto e Pubblica Amministrazione. È stato abrogato, infatti, l’ultimo comma dell’articolo 17-ter del d.p.r. 633/1972 che ne prevedeva l’esclusione.

Con riferimento ai soggetti obbligati, lo Split payment IVA si applica ai fornitori dei seguenti enti pubblici ed alle società quotate e/o controllate così come previsto dal nuovo articolo 17-ter del d.p.r. 633/1972 aggiornato con dopo l’entrata in vigore del DL 50/2017:

le pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica secondo quanto previsto dall’articolo 1, commi da 209 a 214, della Legge 244/2007;

società controllate direttamente ovvero indirettamente (di diritto o di fatto) dallo Stato;

società controllate (di diritto) in modo diretto da enti pubblici territoriali; società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana.

Quanto poi all’ambito oggettivo di applicazione del meccanismo di split payment, lo stesso non si applica a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle P.A. e relativi ai seguenti casi:

operazioni assoggettate a regimi speciali che non comportano l’indicazione in fattura dell’IVA;

cessioni di beni e alle prestazioni di servizi per le quali i cessionari o committenti siano debitori d’imposta (reverse charge);

“piccole spese” ovvero operazioni certificate dal fornitore mediante rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, o dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e successive modificazioni (cfr. art. 12, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413), ovvero non fiscale per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica dei corrispettivi ai sensi dell’art. 1, commi 429 e ss. della legge 30 dicembre 2004, n. 311;

Operazioni esenti escluse e fuori campo IVA.

Di conseguenza, il legislatore fiscale ha fatto prevalere il meccanismo del reverse charge su quello dello split payment.

In altri termini, qualora ricorrano le condizioni previste per l’applicazione del meccanismo di inversione contabile o reverse charge IVA, questo dovrà essere applicato in luogo dello split payment.

I fornitori privati che hanno rapporti con la P.A. (e quindi applicano il meccanismo dello split payment) dovranno emettere fattura elettronica in applicazione a quanto previsto dall’articolo 21 del d.p.r. 633/1972 (e chiarito anche dall’articolo 2 del D.M. 23 gennaio 2015).

I soggetti passivi in questione saranno tenuti inoltre ai seguenti adempimenti:

annotare le fatture emesse nel registro IVA vendite o corrispettivi; indicare in fattura la dicitura “scissione dei pagamenti”; non computare l’IVA a debito sulle fatture emesse alla P.A..

Il meccanismo dello split payment comporta che i fornitori della P.A. accumuleranno credito IVA di carattere strutturale.

Ciò poiché l’IVA sugli acquisti relativi alle forniture che hanno consentito, loro volta, di effettuare le operazioni nei confronti della P.A., consentono comunque la detrazione dell’IVA.

Di conseguenza, la normativa sullo split payment ha previsto che le operazioni in oggetto rientrino nel calcolo di quelle che possono ottenere il rimborso IVA in via prioritaria ai sensi dell’articolo 38-bis del d.p.r. 633/1972.