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RETE NATURA 2000 REGIONE BASILICATA REPORT CONCLUSIVO AREA 10

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RETE NATURA 2000 REGIONE BASILICATA

REPORT CONCLUSIVO

AREA 10

Settembre 2010

SIC IT9220130 Foresta Gallipoli-Cognato

RETE NATURA 2000 REGIONE BASILICATASCHEDA DI SINTESI DEL RAPPORTO N° 1

Data : Ottobre 2010Area numero : 10Denominazione: SIC IT9220130 Foresta Gallipoli-CognatoCapo Area: Carmen GangaleGruppo di lavoro: Nome Siti RuoloCarmen Gangale IT9210105 – IT9220030 – IT9220130 Capo area - botanicoIrene Ierardi IT9210105 – IT9220030 – IT9220130 Forestale_botanicoFabiana Altamura IT9210105 – IT9220030 – IT9220130 Forestale_botanicoEgidio Fulco IT9210105 - IT9220030 - IT9220130 ZoologoSalvatore Dimatteo IT9210105 – IT9220030 – IT9220130 ZoologoMaria Teresa Cristi Sansone IT9210105 – IT9220030 – IT9220130 GeologoGiuseppe d’Angelo IT9210105 – IT9220030 – IT9220130 Agronomo

Angelo Nolè IT9210105 – IT9220030 – IT9220130 Forestale – esperto GIS

Valentina Borraccia IT9210105 - IT9220030 - IT9220130 Ingegnere/rilevatoreNicola Lasco IT9210105 - IT9220030 - IT9220130 Ingegnere/rilevatoreArianna Loffreno IT9210105 - IT9220030 - IT9220130 Ingegnere/rilevatore

Tematiche Uscite – Databotanica 6/3/10; 21/3/10; 8/5/10; 25/5/10; 2/6/10; 24/7/10; 11/9/10, ; 25/03/2011;

20/04/2011; 9/5/11; 10/06/2011botanico-forestale 10/5/2010, 15/7/2010, 19/7/2010, 20/03/2011; 10/04/2011; 05/05/2011;

25/07/2011; 31/07/2011;Zoologia 20/2/10; 6/3/10; 07/03/2010; 17/4/10; 3/5/10; 8/5/10; 18/5/10; 25/5/10;

2/6/10; 19/06/2010; 20/6/10; 30/6/10; 20/7/2010; 24/7/10; 28/7/2010; 7/8/10 ; 11/09/2010; 11/01/2011; 23/01/2011; 06/02/2011; 26/03/2011; 29/03/2011; 08/04/2011; 09/05/2011; 12/05/2011; 22/05/2011/ 03/06/2011

Impatti ambientali 6/3/10; 22/5/10; 24/6/10; 25/6/2010; 21/8/10; 11/9/10; 18/9/10; 26/9/10;9/10/2010;

Agronomica 08/05/10; 19/07/10; 24/08/10, 26/3/11, 21/04/2011, 28/5/11, 17/8/11, 16/9/11;

Geologia 10/01/2011, 15/01/2011, 16/01/2011, 09/07/2011

METODOLOGIA UTILIZZATA: L’intero periodo di rilevamento ha comportato attività preliminari quali lo studio e l’organizzazione del materiale fornito dalla Regione, lo studio delle schede Natura 2000 del Ministero ed una ricerca bibliografica degli studi già condotti sui Sic dell’area 10.

Flora, Vegetazione e Habitat. I sopralluoghi effettuati nel periodo primaverile ed estivo sono stati finalizzati al rilevamento della vegetazione sia per la verifica dei poligoni della mappa derivata dalla foto interpretazione, sia per una caratterizzazione floristica e vegetazionale delle tipologie di habitat presenti.Le informazioni quali-quantitative sulla vegetazione sono state raccolte attraverso rilievi fitosociologici secondo il metodo di Braun-Blanquet. Durante i sopralluoghi il materiale da identificare è stato raccolto, preparato e identificato. Ciò ha permesso di approfondire le conoscenze floristiche del sito, ad integrazione di quanto estrapolato dai dati provenienti dalla letteratura scientifica. Per le specie più rare e di valore conservazionistico sono stati raccolti i dati stazionali, e si è cercato di quantificare la dimensione delle popolazioni presenti nel sito.I dati raccolti ed archiviati insieme al materiale digitale (immagini, filmati ecc) hanno permesso di apportare aggiornamenti relativi alla presenza di habitat e specie importanti e d’interesse conservazionistico secondo le diverse convenzioni (Convenzioni internazionali, lista rossa nazionale e regionale ecc..).L’attribuzione delle tipologie vegetazionali rilevate agli habitat Natura 2000 è stata fatta tenendo conto delle indicazioni riportate nel Manuale d’Interpretazione degli Habitat (….) e soprattutto del nuovo Manuale Italiano di Interpretazione degli Habitat della Direttiva 92/43/CEE (http://vnr.unipg.it/habitat/). Nelle tabelle vengono riportati anche i dati di letteratura, specificando però che il dato non è stato confermato dalle osservazioni in campo. Nel caso di esclusione di specie o di habitat rispetto a quanto indicato nelle schede Natura 2000, viene data motivazione specifica.

Fauna. Sotto il profilo faunistico i sopralluoghi sono stati condotti facendo riferimento alle diverse unità ambientali ricavate dalla fotointerpretazione, utilizzando due criteri principali: transetti campionari e sopralluoghi ad hoc.L’utilizzo dei transetti campionari si è reso necessario al fine di ispezionare tutti gli ambienti presenti nell’area di studio, evitando così di tralasciare determinate aree per motivi legati ad es. alla minore accessibilità o alla poca rappresentatività dell’ambiente di riferimento. Durante i transetti campionari è stato preso nota di ogni indice di presenza (orme, depositi fecali, resti di pasto) attribuibile alle diverse specie di Mammiferi.In riferimento all’Avifauna sono stati percorsi Line-transects, annotando ogni individuo osservato o udito, distinguendo tra Canto, Allarme direzionale, Richiamo, ecc… E’ stata, inoltre prestata attenzione ad eventuali manifestazioni riproduttive (maschio in parata, accoppiamento, trasporto materiale per la costruzione del nido, trasporto imbeccata), al fine di verificare la nidificazione. E’ stata dunque compilata una check-list dettagliata e relativa alle diverse stagioni fenologiche fin ora indagate (nidificazione, migrazione preriproduttiva).Durante il periodo riproduttivo sono state censite le coppie nidificanti di alcune specie di Uccelli, la cui eco-etologia consente di ottenere dati numerici vicini alla situazione reale (Cicogna nera, Falconiformi); per quanto concerne i passeriformi si è ricorso a stime di densità in base ai dati raccolti con i transetti.

Ulteriori sopralluoghi ad hoc si sono resi necessari per verificare la presenza di specie poco contattabili e che facilmente sfuggono all’osservazione (soprattutto Rettili e Anfibi). Grazie al prezioso aiuto dell’Erpetologo Dott. Antonio Romano sono stati eseguiti rilievi con il metodo del “plottaggio”, ispezionando piccole superfici ritenute idonee alla presenza di Anfibi quali pozze, fontanili, abbeveratoi, ecotoni erbacei-arbustivi, al fine di individuare il maggior numero di specie di Anfibi e Rettili.Per quanto riguarda la parte forestale sono state individuate la tipologia e la superficie di copertura di ciascun tipo di bosco; sono state fatte una serie di considerazioni dendrometriche e di utilizzazione, con i relativi rischi associati (pascolo, incendi, frane, ecc..).Inoltre, a causa della problematica gestionale che ne deriva, si è provveduto ad acquisire informazioni specifiche sulla presenza del Cinghiale (Sus scrofa), utilizzando in base ai dati disponibili presso gli organi di gestione e controllo delle’Ente Parco. Tali informazioni sono state integrate e confrontate con i dati raccolti in campo durante la realizzazione dei transetti campionari.Le tecniche del faecal pellet count (metodo indiretto basato sulla conta delle feci della specie) e delle trappole fotografiche (utilizzo di macchine fotografiche dotate di sensori passivi di movimento) non sono state utilizzate per l’interferenza costituita dalla presenza cospicua di bovini al pascolo brado.Infine, l’accertamento e la stima della presenza del Lupo (Canis lupus) nell’area è stato condotto utilizzando metodi indiretti, in particolare attraverso la raccolta segni di presenza (feci) e la conta delle tracce, mentre il ricorso all’ululato indotto ed al foto-trappolaggio non sono stati impiegati per ragioni di opportunità tecnica. Il metodo delle ricerca dei segni di presenza è stato condotto utilizzando schede faunistiche sulle quali sono state annotati i dati riguardanti i segni di presenza del lupo (avvistamenti, fatte, impronte, tracce, peli, ecc.). Sono state altresì consultate le Autorità del Parco e gli Agenti del Corpo Forestale dello Stato per avere informazioni sui danni alla fauna e su eventuali danni al patrimonio zootecnico.

Agronomia Da un punto di vista agronomico è stata condotta una osservazione diretta dei luoghi ed una attenta indagine presso le Amministrazioni Provinciale, Regionale, dei Comuni ricadenti nell’area, le Organizzazioni di agricoltori e gli Organismi competenti in materia di certificazione biologica delle produzioni agricole, al fine di acquisire tutte le informazioni sulle tipologie e le tecniche agronomiche eventualmente condotte nell’Area SIC. L’assenza di insediamenti agricoli consistenti nell’Area no ha reso necessario approfondire tale ricerca oltre le prime evidenze.

Zootecnia Per la valutazione dell’impatto della zootecnia si è preceduto, mediante il coinvolgimento delle diverse professionalità presenti nel Gruppo di lavoro ATO 10, secondo la seguente sequenza metodologica:- acquisizione dati ed informazioni sulle tipologie di specie e razze allevate, sulla consistenza del

patrimonio zootecnico e sulla tecnica di allevamento praticata mediante sopralluoghi tecnici ed interviste agli allevatori;

- ricerca bibliografica ed analisi delle banche dati e delle fonti istituzionali (Registri regionali, AUSL, Uffici dei Comuni di Accettura, Calciano, Castelmezzano, Oliveto Lucano e Pietrapertosa) mediante consultazione e/o interrogazione diretta;

- osservazione diretta sul campo per rilevare: - stima e quantificazione indicativa degli effetti del pascolamento sulla vegetazione;- caratterizzazione vegetazionale e pastorale dell’area di studio considerando, all’interno

dell’intera area SIC, alcune aree campione, caratterizzate da diversi usi del suolo e da diverse situazioni ambientali quali esposizione, pendenza e altitudine;- analisi multitemporale dell’uso del suolo utilizzando materiale documentale risalente agli anni precedenti (relazioni e rapporti, eventuali foto, ecc.);- confronto e associazione delle informazioni derivanti dalla cartografia e dai rilievi in campo, per arrivare alla valutazione delle variazioni d’uso del suolo, anche attraverso l’ausilio di un software GIS.

CartografiaLe attività di monitoraggio e di rilievo agronomico, forestale, faunistico e floristico relative all’Area 10, sono state precedute da un attento studio cartografico e bibliografico. In particolare l’analisi cartografica dell’Area 1 è stata condotta attraverso l’implementazione delle risorse cartografiche all’interno di un SIT dedicato per ciascun sito. Il corredo cartografico messo a disposizione dalla Regione Basilicata (ufficio..) composto dalle orto-foto a colori del Ministero dell’Ambiente, e dagli shape files relativi ai limiti dei tre siti dell’Area 1, è stato integrato con le carte IGM (1:50000 e 1:25000), opportunamente georiferite nel sistema di coordinate UTM WGS84 33N.Sulla base dei SIT realizzati per ciascun sito, si è proceduto ad una prima fase di analisi del territorio attraverso l’integrazione di mappe tematiche relative all’uso del suolo come la CORINE Land Cover 2000 (1:100.000) e la Carta Forestale della Basilicata. Dall’analisi del materiale a disposizione dall’interprestazione delle orto-foto si è quindi passati ad una prima individuazione e delimitazione delle principali aree naturali corrispondenti agli habitat già segnalati nel precedente Formulario Standard Natura 2000 del Ministero dell’Ambiente (2003).

Detrattori ambientaliL’area è raggiungibile attraverso strade intercomunali, su cui il traffico veicolare non è intenso.Nel corso delle uscite sono stati rilevati gli impatti ed i detrattori ambientali insistenti sul SIC annotando su quaderni di campagna e su GPS personali le caratteristiche tipologiche degli elementi individuati e documentando gli stessi con fotografie digitali. Le informazioni rilevate in campo sono poi state restituite in forma di schede degli impatti e dei detrattori, impiegando allo scopo i fac-simile predisposti dalla Cabina di regia e creandone altri sulla falsa riga di questi. Oltre a ciò si è cercato di inquadrare lo stato dei luoghi ed il contesto per cercare di carpire anche potenziali fonti di impatto.

ASPETTI CRITICI: Ad alcuni membri del gruppo di lavoro l’incarico è stato formalizzato in ritardo, pur avendo collaborato attivamente durante la prima, importantissima fase del lavoro. La sottoscrizione tardiva del contratto da parte dell’incaricato agli aspetti cartografici, ha creato difficoltà nella restituzione cartografica dei dati raccolti.

RICHIESTE SPECIFICHE: Si ritiene opportuno formalizzare un rapporto di collaborazione tra il gruppo di lavoro, consulente del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, e l'Ente Parco Regionale di Gallipoli-Cognato e Piccole Dolomiti Lucane. Le informazioni in possesso dell'Ente Parco, infatti, potrebbero essere di estrema utilità soprattutto nella successiva fase che prevederà l'elaborazione delle Misure di Conservazione. Un dialogo costruttivo con il suddetto Ente consentirebbe di elaborare strategie di conservazione ad un maggiore livello di dettaglio, in modo da evitare il più possibile l'insorgere di eventuali conflittualità.

1. DESCRIZIONE DEL SITO

1.1. IL TERRITORIO

Il sito comprende gran parte della Foresta di Gallipoli Cognato, la più estesa delle foreste demaniali della Basilicata. Si estende a nord-ovest fino a comprendere un tratto del fiume Basento, mentre a sud-est il confine si spinge fino al torrente Salandrella. Il limite sud-occidentale segue il crinale di Costa La Rossa che digrada ripidamente nella Valle della Rossa. Il territorio comprende i rilievi di M.te La Croccia (1151 m s.l.m.), M.te Malerba (1093 m s.l.m.) e numerosi valloni che si sviluppano da nord-ovest a sud-est.

L’area inclusa nel sito ricade nei comuni di Accettura, Calciano e Oliveto Lucano occupando una superficie complessiva di 4.289 ettari; è inclusa interamente nel Parco Regionale di Gallipoli Cognato – Piccole Dolomiti Lucane.

Inquadramento geologicoI terreni affioranti nel SIC IT9220130 Foresta Gallipoli-Cognato dell’AREA 10 sono identificati come: Argille Varicolori Auct. databili dal Cretaceo - Miocene (Boenzi et al., 1971); Flysch Rosso (Pescatore & Tramutoli, 1980) del Cretaceo superiore -Miocene inferiore; Flysch Numidico (Ogniben, 1969) di età Aquitaniano - Burdigaliano; Flysch di Gorgoglione (Selli, 1962; Ciaranfi, 1972) datato al Langhiano medio-Tortoniano inferiore (Boenzi & Ciaranfi, 1970); Formazione di Serra Palazzo (Selli, 1962) di età Elveziano-Langhiano e i terreni Plio-pleistocenici (Boenzi et al., 1968; Caldara et al., 1993), in accordo con quanto riportato nella Carta Geologica D’Italia 1:100.000 Foglio 200 - Tricarico (Boenzi et al., 1971).Argille Varicolori Le Argille Varicolori sono costituite da argilliti grigie, marne di colore verde chiaro o grigie, calcari con liste di selce, calcilutiti, calcari marmosi grigi e calcareniti che presentano in alcuni affioramenti laminazione incrociata e ondulata. Si vuole mettere in evidenza che stratigraficamente le Argille Varicolori si trovano alla base del Flysch Rosso. In discordanza sulle Argille Varicolori poggiano i terreni del Flysch di Gorgoglione.Secondo l’interpretazione di Ogniben (1969) le Argille Varicolori sarebbero riferite al Complesso Sicilide la cui successione sarebbe data: dal Flysch di Nocara, Argille Varicolori, Tufiti di Tusa, Flysch di Gorgoglione. Nella media valle del Basento (Pescatore et al. 1988) riconoscono che le Unità Sicilidi hanno una successione differente rispetto a quella riportata da Ogniben (1969), mentre riconoscono un’Unità Lagonegrese di Campomaggiore (Pescatore & Tramutoli, 1980) dove il Flysch Rosso di età Cretaceo superiore-Miocene inferiore è alla base del Flysch Numidico. La diversa interpretazione degli autori citati in precedenza trova riscontro nelle variazioni mineralogiche e geochimiche osservate nelle suddette formazioni argillose (Cavalcante et al., 2003), Argille Varicolori (Ogniben, 1969) e Flysch Rosso (Pescatore & Tramutoli, 1980), le variazioni mineralogiche farebbero ritenere che i sedimenti argillosi potrebbero essersi depositati in due differenti bacini (Cavalcante et al., 2003). Le Argille Varicolori affiorano nella porzione a S del fosso Canneto nei pressi della zona di Ermoli, in località Manca Giliberti a W della V. del Salice, procedendo verso E affiorano nella porzione più orientale della località Capo Levata, procedendo lungo l’alveo del torrente Salandrella.

Flysch RossoIl Flysch Rosso è caratterizzato dalla presenza di argilliti di colore rosso intenso, a volte le argilliti presentano colore grigio - verde, intercalati alle argilliti rosse si rinvengono strati di calciruditi i cui granuli sono a spigoli vivi, tra i clasti si rinvengono frammenti di selce di colore bruno.In affioramento (Valle del Salice) sono presenti strati di calcareniti e calciruditi al cui interno sono inclusi fossili rimaneggiati dell’Eocene come: nummuliti, alveoline, discocicline ecc. Caratteristici sono alcuni strati di marne marrone scuro, che testimoniano una forte presenza di ossidi di ferro e manganese, ciò è il risultato di una scarsa sedimentazione. Il Flysch Rosso è notevolmente piegato, ciò si evince dalle diverse giaciture rilevate, alcuni strati si presentano all’affioramento rovesciati e questo dato indica ulteriormente l’assetto strutturale di questi terreni. Il Flysch Rosso ora descritto fa parte dell’Unità Lagonegrese di Campomaggiore, così come descritta da Pescatore et al. (1988); viene detto Flysch Rosso esterno, in quanto, si deposita al margine esterno del bacino di Lagonegro nella porzione adiacente alla piattaforma Apula, infatti l’apporto carbonatico che si rinviene in questi sedimenti proviene da tale piattaforma. E’ considerato il termine di transizione tra le Argille Varicolori e il Flysch Numidico (Pescatore et al., 1988). Il Flysch Rosso affiora al Bosco di Gallipoli e a Valle del Salice.

Flysch NumidicoIl Flysch Numidico precedentemente noto anche come Formazione di Stigliano (Selli, 1962) è rappresentato da quarzoareniti mature, i granuli di quarzo sono ben arrotondati, gli strati hanno lo spessore di alcuni metri e intercalati agli strati di quarzoareniti si rinvengono livelli di argilloscisti e marnoscisti di colore grigio; lo spessore di tali strati è decimetrico, 15 - 20 cm.L’arenaria presenta estesamente un colore giallo ocra dovuto all’alterazione, ma è possibile trovare in affioramento alcuni strati che preservano il colore originale grigio chiaro. L’arenaria non classata spesso è gradata, il minerale prevalente è il quarzo ma si possono trovare granuli di feldspati e altri minerali accessori, a volte si rinvengono clasti di diametro di 5-6 mm che rappresentano un microconglomerato, il cemento argilloso è scarso o assente. Il Flysch Numidico affiora lungo la dorsale di Costa la Rossa, a Cinto Paola, a Monte Malerba, e a Monte Croccia che sono le principali culminazioni di tali terreni. Da evidenziare il sito archeologico di Monte Croccia che può essere definito un geoarcheo sito in quanto i cblocchi formanti le mura sono di Flysch Numidico.

Flysch di GorgoglioneIl Flysch di Gorgoglione è costituito da un’alternanza di termini litologicamente ben distinguibili (Boenzi et al., 1968) e datato al Langhiano superiore-Tortoniano inferiore (Boenzi & Ciaranfi, 1970):1. un termine marnoso-siltoso-arenaceo;2. un termine arenaceo-pelitico;3. un termine arenaceo.Nella Foresta Gallipoli-Cognato affiorano i terreni di tipo arenaceo-pelitici e terreni arenacei (Boiano, 1997; Loiacono, 1993).Il termine arenaceo affiora estesamente lungo a N del torrente Salandrella, nella porzione orientale di Cinto Paola. Lo spessore degli strati nel membro arenaceo è variabile da 1 m fino ad alcuni metri. L’arenaria presenta un colore grigio intenso, i clasti sono a spigoli vivi, i minerali presenti sono: il quarzo, le miche, i feldspati; il cemento è di natura calcarea. Alcuni banconi presentano alla base dei granuli di alcuni mm e procedendo verso l’alto dello strato la granulometria diminuisce, quindi si riconosce una gradazione diretta. A volte si possono

riscontrare interi banchi costituiti da microconglomerato (Critelli & Loiacono, 1992), a luoghi alla base degli strati si trovano frammenti di argille inglobate nel sedimento. Intervallate ai grossi banchi arenacei si rinvengono strati di argilliti grigie dallo spessore di 15-20 cm. Il membro arenaceo-pelitico è rappresentato da una alternanza di siltiti e peliti di colore grigio in cui sono intercalati strati di arenarie sottili si possono riconoscere strutture sedimentarie come laminazioni ondulate e parallele, lo spessore degli strati pelitici è di 10-15 cm. Il Flysch di Gorgoglione affiora a N della Salandrella, nella porzione orientale di Cinto Paola e a NE del J.zo del Salice e in località Piazzola Manca Giliberti; tali osservazioni sono coerenti con dati bibliografici più recenti (Piedilato & Prosser, 2005; Bonini et al., 2010).

Formazione di Serra PalazzoLa denominazione di Formazione Serra Palazzo fu suggerita da Selli (1962) per individuare i terreni di un flysch arenaceo-calcareo-marnoso, che è prevalentemente arenaceo e solo a luoghi calcareo-marnoso. A seconda del litotipo prevalente è possibile riconoscere tre membri parzialmente eteropici (Boenzi et al., 1968), sono correlabili con il Flysch di S. Bartolomeo, il Flysch di Faeto e con le Marne di Toppo Capuana (Crostella & Vezzani, 1964) e affioranti nella Daunia.La Formazione di Serra Palazzo affiora lungo la strada che conduce a Monte Croccia, sono visibili strati di calcari di colore bianco di spessore decimetrico con intercalari livelli marnosi bianchi il cui spessore varia da pochi cm fino mentre a luoghi lo spessore può essere anche 40-50 cm, i livelli marnosi presentano pencil structures, in tale affioramento è possibile osservare una box fold, tali osservazioni sono in accordo con quanto riportato da Bonini et al. (2010), che riconoscono una scaglia tettonica costituita dalla Formazione Serra Palazzo nei pressi di Monte Croccia. Ulteriori affioramenti di tali terreni si ritrovano in Prossimità del Bosco di S. Domenica e sono interessati anche da deformazioni gravitative profonde di versante, i fenomeni franosi sono riconducibili a espandimenti laterali, a scorrimenti rototraslazionali multipli e a grandi colate (Polemio & Sdao, 1996).

Terreni Plio-pleistoceniciI terreni Plio-pleistocnici poggiano in discordanza sulle unità descritte in precedenza, appartengono al ciclo sedimentario della Fossa Bradanica (Boenzi et al., 1968). N questa serie si possono distinguere un termine:1. conglomeratici poligenico con elementi grossolani;2. sabbioni conchigliari a grana grossolana ben cementati e stratificati a luoghi con stratificazione incrociata. I sabbioni contengono livelli di conglomerati poligenici e il contenuto fossilifero p costituito da gusci di lamellibranchi (pettinidi, ostreidi, veneridi);3. Argille grigio azzurre talora gialle per alterazione etreropiche con i sabbioni.I terreni Plio-pleistocenici si rinvengono nei pressi del Bosco di Cognato a sud del fiume Basento, tali depositi sono denominai Sintema del Basento da Bonini et al. (2010) e sono costituiti prevalentemente da sabbie.

Caratteristiche dei SuoliI dati sui suoli sono stati ricavati dalla Carta Pedologica pubblicata dalla Regione Basilicata-Dipartimento Agricoltura, Sviluppo rurale, Economia Montana (DASREM, 2006). I suoli si sono sviluppati da rocce sedimentarie quali il Flysch Numidico (Suoli Macchia Fornella e Suoli la Giova) e la Formazione Serra Palazzo (Suoli S. Pietro) e hanno un profilo moderatamente evoluto per brunificazione e talora melanizzazione; talvolta sono poco evoluti e raramente lisciviati.

I suoli Macchia Fornella sono profondi o moderatamente profondi, sono limitati dalla roccia poco alterata, la tessitura è franco sabbiosa, franca o franco argillosa, lo scheletro varia da scarso a frequente. Il drenaggio è buono, la permeabilità è alta. Essi sono classificati come: Typic Haploxerepts loamy, mixed, superactive, mesic (USDA; 1998). I suoli La Giova sono evoluti, e hanno un profilo ben differenziato, è presente un epipedon mollico, con moderato contenuto di sostanza organica al di sopra di un orizzonte argillitico grigio. La tessitura è sabbiosa e franco sabbiosa in superficie, mente in profondità è franco sabbiosa argillosa; lo scheletro è assente o scarso, la permeabilità è bassa e il drenaggio è mediocre. Sono classificati come: Oxyaquic fine loamy, mixed, active, mesic (USDA; 1998). I suoli S. Pietro (Località Tempa Fica, Accettura) sono suoli profondi, la tessitura è franco sabbiosa o franco sabbiosa argillosa, lo scheletro è assente o scarso. Il drenaggio è buono e la permeabilità è bassa. Essi sono classificati come: Typic Haploxerepts fine loamy, mixed, active, mesic (USDA; 1998).

1.2. IL CLIMAIl territorio del sito è incluso nella Regione Biogeografica Mediterranea. Il clima è "mediterraneo di transizione" con periodo xerotermico da giugno a metà agosto. Dai diagrammi pluviometrici di Bagnouls & Gaussen (fig. 1) si può dedurre che il periodo arido dura circa due mesi e mezzo, da giugno ad agosto. Il quoziente pluviometrico di Emberger delle stazioni pluviometriche più prossime al sito è mediterraneo umido.

Fig.1 – Diagramma di Bagnouls & Gaussen della stazione di Accettura (da Bonin, 1978)

Fig.2 – Climogramma del quoziente pluviometrico di Emberger (da Zanotti et al., 1993)

1.3. LA COMPONENTE BIOTICA

Il bosco di Gallipoli-Cognato è un sito di rilevante interesse paesaggistico e naturalistico, quasi interamente ricoperto da foreste decidue. Si tratta in gran parte di querceti caducifogli dominati dal cerro (Quercus cerris), a cui si possono trovare associati il farnetto (Q. frainetto), la roverella (Q. pubescens s.l.), la rovere meridionale (Q. petraea ssp. austrotyrrhenica). Questi boschi sono in gran parte riferibili all’habitat 91M0 Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, in cui sono stati recentemente inquadrati i querceti decidui dell’Italia meridionali, simili per composizione floristica e caratteristiche ecologiche, a quelli della penisola balcanica. Dal punto di vista fitosociologico nell’ambito di queste formazioni forestali si possono ulteriormente distinguere diverse associazioni vegetali come il Physospermo verticillati-Quercetum cerridis, caratterizzata da specie quali Helleborus foetidus, Cornus mas, Vinca major e Vicia grandiflora che è la tipologia più rappresentata. Lungo le linee d’impluvio e su suoli più umidi si rinvengono aspetti di cerreta caratterizzati dalla presenza abbondante di Fraxinus oxycarpa, con un ricco strato erbaceo con un’abbondante fioritura di Ranunculus velutinus. Questi boschi sono già stati descritti da Aita et al. (1977) come una variante termo-igrofila dell’associazione tipica. In alcuni casi il frassino diviene dominante e questi aspetti sono stati riferiti all’habitat 91B0 Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia. Un’altra variante interessante della cerreta tipica è quella caratterizzata dalla presenza di Quercus frainetto, che in alcune stazioni tende a diventare codominante insieme al cerro. In condizioni più termofile e su superfici più drenate prevale il bosco sempreverde caratterizzato dalla dominanza del leccio (habitat 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia). Le leccete più estese ricadono ai margini del sic, in particolare lungo il versante sud-occidentale di Costa la Rossa. Sempre a bassa quota si rinvengono boschi a roverella (Q. pubescens) quasi sempre mista al cerro e/o al leccio, riconducibili al Centaureo-Quercetum pubescentis (Zanotti et al., 1993). Queste formazioni possono essere inquadrate nell’habitat 91AA* Boschi orientali di quercia bianca, a cui sono stati recentemente riferiti i boschi di roverella dell’Italia peninsulare secondo il manuale italiano d’interpretazione degli habitat d’interesse comunitario. Lungo i versanti più accidentati il querceto si arricchisce di elementi tipici delle forre umide come Tilia platyphyllos, Corylus avellana, Acer sp. pl., Ostrya carpinifolia.Si rinvengono lembi di bosco ripariale lungo il margine del sito che costeggia il Fiume Basento, si tratta di formazioni caratterizzate da specie igrofile quali Populus nigra, Alnus glutinosa, Salix sp. pl.Importante significato ecologico assumono le piccole pozze artificiali utilizzate per il bestiame, in alcuni casi le sponde si sono naturalizzate e sono colonizzate da specie acquatiche quali Potamogeton nodosus, Lemna minor, Callitriche stagnalis, Alisma plantago-aquatica, ecc. In primavera queste pozze d’acqua sono completamente ricoperte da vistose fioriture di ranuncoli acquatici e anfibi quali Ranunculus sardous, R. ophioglossifolius, R. aquatilis, R. tricophyllus.Sotto il profilo faunistico è opportuno sottolineare l’estrema eterogeneità delle comunità faunistiche rilevate, risultato della complessità ambientale ivi presente e dello stato di conservazione soddisfacente di molti settori dell’area di studio.Nelle estese foreste di Costa della Rossa o di Monte Croccia, ad esempio, risultano ben caratterizzate le comunità ornitiche tipiche di tali ecosistemi, rappresentate da alcune specie forestali aventi indubbio valore di bioindicazione (Dendrocopos medius, Ficedula albicollis), in tali contesti presenti con elevate densità.Le aree più termofile ospitano alcune specie tipicamente mediterranee (Sylvia melanocephala, Sylvia cantillans) mentre le ampie radure al margine del bosco offrono nicchi idonee alla nidificazione di alcune specie tipiche degli ambienti cacuminali e steppici (Lullula arborea, Lanius collurio, Lanius senator).Di particolare interesse conservazionistico è la popolazione nidificante di Nibbio reale Milvus milvus, ivi presente con almeno 10-12 coppie, a fronte di una popolazione regionale pari a 180-200

coppie nidificanti e ad una popolazioni nazionale che non supera le 400 coppie nidificanti (Allavena et alii, 2008).Le poche zone rupicole presenti, ad esempio a ridosso di “Costa La Rossa” oppure nell’area di “Carbotto”, offrono siti riproduttivo idonei al Falco pellegrino Falco peregrinus, rilevato con una coppia nidificante, e al Passero solitario Monticola solitarius.Più dettagliatamente il sito assume grande rilevanza per la conservazione delle seguenti specie inserite nell’All. I della dir. “Uccelli”:

Biancone (Circaetus gallicus). Almeno due coppie nidificano all'interno del SIC. Specie piuttosto rara e localizzata nel centro-Sud, con appena 15-18 coppie stimate per la Basilicata (Sigismondi et alii, 1995). I possibili fattori di rischio sono da individuare nel disturbo ai nidi, tagli indiscriminati in particolare lungo i versanti, abbattimenti illegali, impatto contro linee elettriche e cavi sospesi.

Nibbio reale (Milvus milvus). Specie diffusa in tutto il Sic, con almeno 10-12 coppie nidificanti nei settori forestali. Un ricerca condotta nel 2004 in un’area campione del Parco di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane, ha consentito di stabilire una densità di 0,32 cp/Km², con una preferenza nella selezione dei nidi per le aree forestali prossime a piccoli nuclei abitati e/o pascoli e coltivi (Mallia et alii, 2005). L’intero SIC svolge un ruolo centrale per la conservazione del Nibbio reale, la cui popolazione Italiana è concentrata per oltre il 60% in Basilicata (Allavena et alii, 2008).

Picchio rosso mezzano (Dendrocopos medius). Diffuso in gran parte del SIC con maggiori frequenze di rilevamento presso Mt. Croccia, Costa la Rossa e Mt. Malerba. Interessante la nidificazione accertata presso “Carbotto” a 450 m. slm., quota minima rilevata in Italia (Brichetti & Fracasso, 2007). Relitto glaciale, è distribuito con maggiore continuità in Europa centro-orientale e balcanica mentre in Italia risulta localizzato in Basilicata, Calabria, Foresta Umbra e con pochissime coppie anche nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Nonostante gli scarsi dati disponibili, sembra che la Basilicata ospiti oltre l’80% della popolazione nazionale (Brichetti & Fracasso, op. cit.), dunque la sua diffusione all’interno del SIC in esame rende il territorio di centrale importanza per la conservazione di questo raro piciforme. I possibili fattori di minaccia sono da ricercarsi in eventuali piani di taglio a danno delle formazioni forestali meglio diversificate, la rimozione dei tronchi morti o marcescenti e la “ripulitura” del suolo.

Balia dal collare (Ficedula albicollis). La specie è risultata diffusa nelle cerrete di Mt. Croccia e Costa La Rossa, dove condvidue l’habitat con il Picchio rosso mezzano. Utilizza tronchi morti o marcescenti ricchi di cavità dove costruire il nido e tende a preferire le formazioni forestali mature e disetanee, con uno sviluppo complesso dei piani vegetazionali, cacciando gli insetti sulla chioma e nidificando nel settore medio-basso del tronco (Brichetti & Fracasso, 2009; Sarrocco & Calvario, 2004). Specie molto esigente sotto il profilo ecologico, risulta in marcato declino in tutto il suo areale a causa delle modifiche al territorio imposte negli ultimi decenni. I possibili fattori di rischio, dunque, sono da individuare nei tagli boschivi, nella rimozione di tronchi morti o marcescenti, nell’impoverimento del sottobosco e nella ripulitura del suolo.

Rinvenuta una traccia ascrivibile al Lupo (Canis lupus), presenza peraltro ampiamente accertata in base alla documentazione disponibile presso l’Ente Parco di Gallipoli-Cognato e Piccole Dolomiti Lucane, inerente numerosi casi di aggressione al bestiame domestico e diversi casi di abbattimenti illegali.

1.4. I SEGNI DELL'UOMO:

ArcheologiaIl SIC include al suo interno la Riserva antropologica dello Stato di Monte Croccia istituita nel 1971 che tutela l’area archeologica di Croccia Cognato. La riserva, di 36 ettari, include i resti di un antico centro abitato fortificato, risalente al IV-VI secolo a.C. Si tratta di una lunga cinta muraria (costituita da 3 circuiti di mura, di cui quello meglio conservato difende l'acropoli dell'abitato) composta da blocchi perfettamente tagliati e la cui tecnica costruttiva fu certamente ereditata dalle colonie greche lungo la costa. La muratura che cinge l'acropoli si estende per una lunghezza totale di oltre 2.000 metri e racchiude un'area di circa 3 ettari; l'area archeologica invece, si estende per una superficie di circa 6 ettari.La porta monumentale dell’acropoli è costituita da una doppia apertura che delimita un vano a pianta rettangolare. Le fortificazioni risultano costruite secondo canoni tipicamente greci: blocchi di pietra viva regolari, di grandi dimensioni, sovrapposti gli uni agli altri, in poche file senza malta. I massi presentano a volte segni alfabetici, scolpiti con una serie di fori continui, che erano generalmente usati nelle cave per contrassegnare la quantità di lavoro eseguito. Nella cinta muraria alta si distinguono un paramento esterno, un paramento interno ed un emplècton, un riempimento costituito da pietrame e terra che, in alcuni tratti, con il suo peso, ha spostato i blocchi del paramento esterno che risultano inclinati. La posizione dominante di Monte Croccia consentiva, di tenere sotto controllo sia il Basento che la Salandrella, i due corsi d’acqua che scorrono nel fondovalle e che rappresentavano le vie di comunicazione in direzione dello Jonio, quindi le strade di penetrazione dei Greci verso l’interno (Malaspina, 2010). Alla stessa età sono da attribuire anche le tombe rinvenute in località Pietre della Mola dove i ripari in cavità sotto la roccia evidenziano una lunga utilizzazione da parte dell’uomo. Un gruppo di ricerca ha iniziato lo studio di quest’altro complesso megalitico rivelando che il complesso presenta allineamenti diretti alla posizione del Sole al mezzogiorno ed al tramonto del solstizio d’inverno ed altri che segnalano quella agli equinozi ed al solstizio d’estate. E’ quindi probabile che il megalite sia stato utilizzato dagli antichi abitanti del Monte Croccia come un “calendario di pietra” per segnalare date particolari dell’anno, a scopo rituale ed a fini pratici.

Zootecnia

I sistemi zootecnici hanno rappresentato per secoli esempi di sostenibilità grazie al mantenimento di un equilibrio ambientale tipico. L’allevamento di bestiame è praticato nell’area da lungo tempo e fino agli anni ’60 era diffuso capillarmente anche su tutto il territorio circostante. Negli ultimi decenni però tali sistemi hanno presentato una rapida evoluzione: parallelamente al progressivo spopolamento umano delle aree, il numero di capi allevati si è ridotto consistentemente e la consuetudine di spostare gli animali per periodi prolungati in altre aree (transumanza) è praticamente scomparsa. I segni più evidenti relativi alle attività di allevamento praticate nell’area sono riconducibili quindi ad un eccesso di utilizzo delle disponibilità trofiche, specialmente nelle aree a più facile accessibilità per il bestiame, ed a situazioni di compattazione del terreno, oltre che a danni alla componente arborea soprattutto per quanto riguarda lo stato della rinnovazione. La pratica dell’allevamento ha creato e mantenuto ambienti seminaturali aperti, caratterizzati da un’elevata diversità floristica e da specie di invertebrati e vertebrati ad essi legate. Le poche aziende rimaste praticano il pascolamento libero non controllato che causa un rapido declino della composizione floristica e della diversità specifica delle formazioni prative, il degrado del cotico erboso e, soprattutto, l’impossibilità di rinnovamento delle essenze forestali. Va tenuto comunque in considerazione il fatto che una completa cessazione del pascolo condurrebbe alla scomparsa

degli ambienti aperti a prevalenza di vegetazione erbacea, mettendo a rischio numerose emergenze sia floristiche che faunistiche ad essi associate (San Miguel, 2008; Calaciura e Spinelli, 2008).“

2. LISTA HABITAT RIPORTATI NEL FORMULARIO STANDARDDEL MINISTERO AMBIENTE (agg. 2003):

Nel formulario standard del Ministero Ambiente sono riportati i seguenti habitat:91B0 Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia6310 Dehesas con Quercus spp. sempreverde9280 Boschi di Quercus frainetto

In base ai risultati dei sopralluoghi e dell’analisi bibliografica l’elenco aggiornato degli habitat nel sito è il seguente:3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition 6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo

(Festuco-Brometalia)8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica9180* Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion91AA* Boschi orientali di quercia bianca91M0 Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere91B0 Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

Nota: L’habitat 9210* è da escludersi in quanto indica le faggete a Ilex e Taxus del sud Italia, non presenti nel sito in questione. L’habitat 6310 Dehesas con Quercus spp. sempreverde si ritiene escluderlo in quanto nell’area non sono

presenti pascoli alberati con querce sempreverdi, ma piuttosto boschi (querceti sempreverdi e decidui) sempre con elevate coperture dello strato arboreo in cui viene praticato il pascolo, con conseguente impoverimento dello strato arbustivo.

L’habitat 9280 Boschi di Quercus frainetto è, secondo il nuovo Manuale Italiano degli Habitat, da attribuire a faggete con presenza di Q. frainetto, tipologia piuttosto rara in Italia; mentre i boschi di farnetto dell’appennino meridionale sono da attribuire all’habitat 91M0, insieme alle cerrete con cui in genere formano consorzi misti.

2.1. LISTA HABITAT INDIVIDUATI NEL MONITORAGGIO SECONDO IL NUOVO MANUALE ITALIANO DI INTERPRETAZIONE DEGLI HABITAT (2009) DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE

Codice DenominazioneNOTE 1Grado di conservazione

NOTE 2Specie caratteristiche

NOTE 3Permanenze/cambiamenti

3150

Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition

C

Lemna minor, Potamogeton cfr. nodosus, Glyceria sp. e Alisma plantago-aquatica

Non indicato nella scheda Natura 2000 precedente.

6210 Formazioni erbose secche seminaturali e

C Bromus erectus, Anthyllis maura, Carex caryophyllea, Eryngium campestre,

facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)

Sanguisorba minor, Anacamptis pyramidalis, Salvia pratensis, Eryngium amethystinum, Phleum ambiguum, Festuca circummediterranea, Centaurea deusta

8210

Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica

B

Phagnalon saxatile, Teucrium flavum, Lomelosia crenata, Aurinia saxatilis, Dianthus gr. sylvestris, Centaurea deusta

Non indicato nella scheda Natura 2000 precedente.

9180*Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion

B

Acer campestre, A. obtusatum ssp. neapolitanum, Tilia platyphyllos, Corylus avellana, Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia, Carpinus betulus

Non indicato nella scheda Natura 2000 precedente.

91AA*Boschi orientali di quercia bianca B

Quercus virgiliana, Fraxinus ornus, Carpinus orientalis, Ostrya carpinifolia, Coronilla emerus, Asparagus acutifolius, Crataegus monogyna, Rubia peregrina, Smilax aspera

Non indicato nella scheda Natura 2000 precedente. Le boscaglie rupestri erano state attribuite all’habitat 9340. Per la prevalente componente di specie decidue si preferisce attribuire tali formazioni al nuovo habitat 91AA*

91M0

Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere B

Quercus cerris, Fraxinus ornus, Ligustrum vulgare, Festuca heterophylla, Poa nemoralis, Luzula forsteri, Geum urbanum, Genista tinctoria, Teucrium siculum, Digitalis micrantha, Lathyrus jordanii Buglossoides purpuro-coerulea, Heptaptera angustifolia

Non indicato nella scheda Natura 2000 precedente.

91B0Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia

B

Fraxinus angustifolia ssp. oxycarpa, Ulmus minor, Crataegus monogyna, Rubus spp., Rumex obtusifolius, Urtica dioica, Carex divulsa

Nella scheda Natura 2000 precedente all’habitat viene attribuito valore A per lo stato di conservazione. Tuttavia in alcuni contesti è stato rilevato un intenso pascolo, captazioni idriche e un’alterazione generale del sottobosco per cui si preferisce dare valore B.

92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba

B Populus alba, P. nigra, P. canescens, Rubus ulmifolius, Rubia peregrina, Sambucus nigra, Clematis vitalba, Hedera helix, Fraxinus oxycarpa, Rosa

Non indicato nella scheda Natura 2000 precedente. Con la nuova perimetrazione proposta viene incluso nel sic il tratto di fiume Basento

sempervirens, Ranunculus lanuginosus, Calystegia sepium, Brachypodium sylvaticum, Hypericum hircinum

che in origine ne rappresentava il confine, in questo modo al sito può essere riferito anche questo habitat, di importante rilevanza ecologica, soprattutto per alcune specie d’interesse comunitario come la lontra.

9340

Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia C

Quercus ilex, Fraxinus ornus; Quercus cerris, Smilax aspera, Cyclamen hederifolium,Acer monspessulanum

2.2. RELAZIONI ECOSISTEMICHE, DINAMICHE E CONTATTI

Codice Denominazione STRUTTURA E CONTATTI

della vegetazione

INDICATORE ECOLOGICO

FORMA BIOLOGICA

DOMINANTE

TIPO COROLOGICO DOMINANTE

3150

Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition

Vegetazione sommersa e natante. Si tratta di vegetazione azonale che entra in contatto catenale prevalentemente con l’habitat 6210 e più frequentemente con la cerreta (habitat 91M0)

Lemna minor, Potamogeton cfr. nodosus, Glyceria sp. e Alisma plantago-aquatica, Ranunculus aquatilis, Ranunculus tricophyllus, Callitriche stagnalis

Idrofita Eurasiatico e cosmopolita

6210

Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)

prato/pascolo a cotica continua. Entra in contatto con la vegetazione di orlo del bosco (91M0).

Nelle aree molto pascolate prevalgono Cirsum vallis-demoni, Asphodelus sp., Cynara cardunculus

emicriptofita Mediterraneo e oromediterraneo

8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica

Vegetazione rupicola camefitica. Si tratta di aspetti azonali che si sviluppano in modo discontinuo sui substrati rocciosi, possono entrare in contatto con boscaglie rupestri che si sviluppano nei piccoli

Phagnalon saxatile, Athamanta sicula, Teucrium flavum, Lomelosia crenata, Aurinia saxatilis, Dianthus gr. sylvestris, Centaurea deusta

Camefite Mediterraneo

avvallamenti tra le rupi.

9180*Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion

Bosco di forra. Questa tipologia è sempre in contatto con le formazioni forestali dominanti (91M0). Nei valloni umidi il graduale aumento della frequenza di specie a carattere più igrofilo (Tilia, Corylus, Acer) permette di distinguere questo habitat rispetto alla cerreta dominante (91M0)

Acer campestre, A. obtusatum ssp. neapolitanum, Tilia cordata, Corylus avellana, Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia, Carpinus betulus

fanerofita Europeo ed eurasiatico

91AA*Boschi orientali di quercia bianca

Boscaglia decidua. L’habitat si rileva alle quote più basse e sui versanti più soleggiati. Entra in contatto con il bosco di leccio (9340) e più spesso con la cerreta (91M0). Gli aspetti di degradazione sono rappresentati da arbusteti termofili a Sparium junceum, Paliurus spina-christi, ecc.

Paliurus spina-christi

Fanerofita Mediterraneo

91M0

Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

Bosco denso di caducifoglie. Rappresenta la vegetazione potenziale dominante nel sito ed entra in contatto dinamico o catenale con tutte le tipologie di habitat presenti

Significativa è la presenza di Paeonia mascula, Heptaptera angustifolia, Dianthus vulturius, Ruscus aculeatus, Ilex aquifolium, Orchis tridentata,Colchicum bivonae, Cyclamen hederifolium,

fanerofita Mediterraneo

91B0 Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia

Bosco denso di caducifoglie, tendenzialmente igrofilo. Si rileva in modo puntiforme su suoli con maggiore disponibilità idrica. Entra in contatto con la vegetazione forestale dominante (91M0) e con i boschi di forra (9180) dove spesso forma un mosaico di difficile interpretazione fitosociologica.

Rubus spp.,

fanerofita Mediterraneo

92A0

Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba

Bosco igrofilo ripariale. Si sviluppa lungo le sponde del Fiume Basento ed in forma più degradata lungo il Torrente Salandrella. Ento in contatto con aspetti di degradazione rappresentati da boscaglie igrofile e pascoli umidi. E’ in contatto catenale con le fitocenosi forestali dominanti (91M0, 91AA*).

Populus alba, P. nigra, P. canescens, Rubus ulmifolius, Rubia peregrina, Sambucus nigra, Clematis vitalba, Hedera helix, Fraxinus oxycarpa, Rosa sempervirens, Ranunculus lanuginosus, , Calystegia sepium, Brachypodium sylvaticum, Hypericum hircinum

fanerofita Maggiore presenza di specie ad ampia distribuzione (cosmopolite), ma prevalgono sempre le specie mmediterranee

9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

Bosco denso di sempreverdi o misto. Nel sito sostituisce la tipologia forestale dominante in situazioni di maggiore rocciosità e xericità, su superfici più acclivi. Entra in contatto con le formazioni a roverella (91AA*) con cui a volte forma consorzi

fanerofita Mediterraneo

misti e con aspetti di degradazione rappresentati da abusteti a Paliurus, Spartium, Phyllirea.

3. ASPETTI FLORO-FAUNISTICI

Le ricerche avviate nel sito hanno messo in evidenza le peculiarità floristiche e vegetazionali rispetto al contesto del territorio regionale e nazionale. Il sito ospita alcune specie ad areale ristretto e/o endemiche le cui popolazioni meritano di essere tutelate in modo rigoroso.

Nel sito non sono state rilevate specie vegetali d’interesse comunitario, ma sono presenti numerose entità endemiche, rare e di interesse conservazionistico. La cerreta, ed in particolare le piccole radure , ospitano diverse specie particolarmente rare nel resto del territorio, fra queste è stata rilevata Heptaptera angustifolia, endemismo esclusivo lucano noto in poche località della regione. Finora la specie è stata rinvenuta all’interno del sic in due sole località con pochi individui, ulteriori indagini saranno necessarie per quantificare meglio la consistenza nell’area ed il suo stato di conservazione. Altri endemismi di interesse conservazionistico sono Knautia lucana, endemismo esclusivo lucano, segnalata a Tempa Castello e Monte Malerba (da Fascetti & Navazio, 2007); Epipactis meridionalis, orchidea endemica dell’Italia meridionale e Quercus petraea ssp. austrotyrrhenica segnalata a Costa la Rossa e sul Monte Croccia (Fascetti & Navazio, 2007). Altra specie endemica di un certo interesse è rappresentato da Dianthus vulturius, entità appartenente ad un gruppo di difficile interpretazione sistematica.

Tra le specie d’interesse conservazionistico spicca Paeonia mascula, dalle appariscenti fioriture, specie considerata vulnerabile a livello regionale. E’ stata rinvenuta in una sola località, anche per questa specie saranno necessarie ulteriori indagini per quantificare meglio la consistenza nell’area ed il suo stato di conservazione.

Tra le specie arboree ed arbustive bisogna menzionare la presenza di Tilia cordata, Acer lobelii, Ilex aquifolium, Fraxinus oxycarpa, Ulmus glabra, tutte legate ad un microclima più oceanico o a condizioni edafiche più igrofile, che si localizzano lungo le linee d’impluvio e nei valloni.

Alla flora del sottobosco e delle radure appartiene un ricco contingente di orchidee fra le quali sono state rilevate Dactylorhiza romana, Orchis tridentata, Orchis mascula, Ophrys exaltata, oltre alla già citata Epipactis meridionalis. Altre orchidee rilevate finora al margine del SIC, sono presumibilmente presenti anche all’interno, tra queste sono state recentemente rilevate Himantoglossum hircinum, Ophrys lacaitae e Ophrys fuciflora s.l. Tra le bulbose a fioritura primaverile sono da citare Romulea bulbocodium, Crocus biflorus, Scilla bifolia. Colchicum bivonae e Cyclamen hederifolium caratterizzano invece il sottobosco nel periodo autunnale.

Aspetti faunisticiNel SIC sono state individuate 19 specie faunistiche di interesse comunitario; di queste, 12 specie di Uccelli risultano inserite nell’All. I della dir. 79/409 CEE, 2 specie di Mammiferi, 2 di Rettili e 3 di Anfibi sono inserite nell’All. II della Dir. 92/43 CEE mentre ulteriori 2 specie di Anfibi e 1 di Rettili risultano nell’All. IV della Dir. 92/43/CEE. A testimonianza della relativa integrità delle cerrete ivi presenti e della molteplicità di nicchie ecologiche rappresentate, si sottolinea la simpatria di 4 specie di Picidi: Picchio verde (Picus viridis), Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), Picchio rosso mezzano (Dendrocopos medius), Picchio rosso minore (Dendrocopos minor). Di particolare

interesse risultano le elevate densità con cui è stato rilevato il Picchio rosso mezzano, specie molto rara e localizzata in Italia, e in declino su scala europea.

La comunità ornitica si caratterizza per una notevole densità delle specie più spiccatamente forestali e legate alla presenza di cavità e crepe nei tronchi. Abbondanze elevate sono state infatti osservate, ad esempio, per il Picchio muratore (Sitta europaea) e per il Rampichino comune (Certhia brachydactyla), entrambi considerati dei buoni indicatori della complessità forestale (Gregory et alii, 2004). La nidificazione, inoltre, di specie localizzate sul territorio regionale, come il Codirosso comune (Phoenicurus phoenicurus), il Tordo bottaccio (Turdus philomelos) e il Frosone (Coccothraustes coccothraustes), avvalorano ulteriormente l’importanza di tale biotopo nel panorama ornitologico regionale.

Inoltre si sottolinea la nidificazione di diverse coppie di Nibbio reale (Milvus milvus) e di Nibbio bruno (Milvus migrans), entrambe presenti con elevate densità. DI notevole interesse anche la nidificazione dell’Astore (Accipiter gentilis), specie rara e localizzata in Italia meridionale (Brichetti & Fracasso, 2003).

La componente erpetologica è rappresentata da alcune specie inserite in direttiva “Habitat” nell’allegato IV, come il Tritone italiano (Lissotriton italicus), la Rana appenninica (Rana italica) e il Saettone occhirossi (Zamenis lineatus). Tuttavia, sono state rinvenute anche tre specie nell’All. II della Dir. Habitat, vale a dire Cervone (Elaphe quatuorlineata), Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) e Tritone crestato italiano (Triturus carnifex). E’ plausibile che queste ultime due specie siano più diffuse all’interno del SIC di quanto fin ora accertato, dunque si suggerisce l’opportunità di condurre indagini ad hoc, per stabilire l’esatta distribuzione delle specie sul territorio, al fine di meglio orientare i futuri piani di gestione.

Alcune specie precedentemente segnalate nel formulario non sono state osservate durante la presente campagna di rilevamento. Nel dettaglio si espongono di seguito le considerazioni specie-specifiche:

Gufo reale (Bubo bubo). Specie NON rilevata. Si ritiene la sua presenza altamente improbabile per la scarsa idoneità del SIC in esame. Il Gufo reale, infatti, nidifica quasi esclusivamente su pareti inaccessibili, dove costruisce il nido in nicchie o cenge (Brichetti & Fracaso, 2006). L’assenza di strutture rupicole adatte suggerisce l’ipotesi che la specie sia stata segnalata per errore all’epoca della predisposizione del formulario standard. Si propone di ESCLUDERE la specie dal formulario ufficiale.

Lutra lutra. Specie NON rilevata. Si ritiene altamente probabile la frequentazione del SIC da parte della specie, almeno lungo il Fiume Basento in località “Ponte della Vecchia”, dal momento che è la sua presenza nel bacino del Basento è ampiamente nota e definita come una delle popolazioni più importanti d’Italia (Panzacchi et alii, 2010; Prigioni, 1988). E’ possibile che la sua presenza sia sfuggita al rilevamento fin ora condotto. Si propone di INCLUDERE la specie nel formulario ufficiale con consistenza di popolazione ignota avvalendosi del codice generico di presenza (P).

Bombina pachypus. Specie NON rilevata. Si ritiene possibile la sua presenza, soprattutto in virtù dei diversi siti potenzialmente idonei rinvenuti (cibbie, fontanili, abbeveratoi). Sono state raccolte, inoltre, testimonianze ritenute attendibili circa osservazione della specie in anni passati. E’ possibile che l’Ululone sia sfuggito al rilevamento condotto fin ora, ci si riserva di confermarne la presenza nei prossimi mesi. Si propone di INCLUDERE la specie nel formulario ufficiale con consistenza di popolazione ignota avvalendosi del codice generico di presenza (P).

Emys orbicularis. Specie NON rilevata. Si ritiene possibile la sua presenza, soprattutto in virtù dei diversi siti potenzialmente idonei rinvenuti (pozze per l’abbeverata, acquitrini lungo il Basento). Sono state raccolte, inoltre, testimonianze ritenute attendibili circa osservazione della specie in anni passati. E’ possibile che la Testuggine palustre sia sfuggita al rilevamento condotto fin ora, ci si riserva di confermarne la presenza nei prossimi mesi. Si propone di INCLUDERE la specie nel formulario ufficiale con consistenza di popolazione ignota avvalendosi del codice generico di presenza (P).

3.2.a. Uccelli migratori abituali elencati nell'Allegato 1 della Direttiva79/409/CEE

CODICE NOME POPOLAZIONE VALUTAZIONE SITOSTANZ. MIGRATORIA Popolazione Conservazione Isolam. Globale Riprod. Svern. Stazion.

A 0 7 2 Pernis apivorus (Linnaeus, 1758) 1-2p C B B C

A 0 7 3 Milvus migrans (Boddaert, 1783) 5-6p C B C B

A 0 7 4 Milvus milvus (Linnaeus, 1758) >10p C B C A

A 0 8 0 Circaetus gallicus (J.F. Gmelin, 1770) 2-3p C B C B

A 0 8 5 Accipiter gentilis (Linnaeus, 1758) P C B C B

A 1 0 3 Falco peregrinus Tunstall, 1771 1-2p C B C C

A 2 2 4 Caprimulgus europaeus Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 3 8 Dendrocopos medius (Linnaeus, 1758) >20p C A B A

A 2 4 6 Lullula arborea (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 3 2 1 Ficedula albicollis (Temmink, 1815) P C B B A

A 3 3 8 Lanius collurio Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 2 9 Alcedo atthis (Linnaeus, 1758) P C B C C

3.2.b. Uccelli migratori abituali non elencati nell'Allegato Idella Direttiva 79/409/CEE

CODICE NOME POPOLAZIONE VALUTAZIONE SITOSTANZ. MIGRATORIA Popolazione Conservazione Isolam. Globale Riprod. Svern. Stazion.

A 0 8 6 Accipiter nisus (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 0 8 7 Buteo buteo (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 0 9 6 Falco tinnunculus Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 0 8 Columba palumbus

P C B C C

Linnaeus, 1758A 2 1 0 Streptopelia

turtur (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 2 1 2 Cuculus canorus Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 1 4 Otus scops (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 2 1 8 Athene noctua (Scopoli, 1769) P C B C C

A 2 1 9 Strix aluco Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 2 1 Asio otus (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 2 2 6 Apus apus (Linnaeus, 1758) P D

A 2 3 0 Merops apiaster Pallas, 1773 P D

A 2 3 2 Upupa epops Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 3 5 Picus viridis Linnaeus, 1758 P C A C C

A 2 3 7 Dendrocopos major (Linnaeus, 1758) P C A C C

A 2 4 0 Dendrocopos minor (Linnaeus, 1758) P C A C B

A 2 5 1 Hirundo rustica Linnaeus, 1758 P D

A 2 5 3 Delichon urbicum (Linnaeus, 1758) P D

A 2 6 1 Motacilla cinerea Tunstall, 1771 P C B C C

A 2 6 2 Motacilla alba Linnaeus, 1758 P D

A 2 6 9 Erithacus rubecula (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 2 7 1 Luscinia megarhynchos C.L. Brehm, 1831 P C B C C

A 2 7 4 Phoenicurus phoenicurus (Linnaeus,

P C B B C

1758)A 2 7 6 Saxicola

torquata (Linnaeus, 1766) P C B C C

A 2 8 1 Monticola solitarius (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 2 8 3 Turdus merula Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 8 5 Turdus philomelos C.L. Brehm, 1831 P C B B C

A 2 8 7 Turdus viscivorus Linnaeus, 1758 P C B C C

A 2 8 8 Cettia cetti (Temmink, 1820) P C C C C

A 2 8 9 Cisticola juncidis P C B C C

A 3 0 4 Sylvia cantillans (Pallas, 1764) P C B C C

A 3 0 5 Sylvia melanocephala (J.F.Gmelin, 1789) P C B C C

A 3 0 9 Sylvia communis Latham, 1787 P C B C C

A 3 1 1 Sylvia atricapilla (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 3 1 4 Phylloscopus sibilatrix (Bechstein, 1793) P C B B C

A 3 1 5 Phylloscopus collybita (Vieillot, 1817) P C B C C

A 3 1 8 Regulus ignicapilla (Temmink, 1820) P C B C C

A 3 1 9 Muscicapa striata (Pallas, 1764) P C B C C

A 3 2 4 Aegithalos caudatus (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 3 2 5 Parus palustris (Linnaeus, 1758) P C A C C

A 3 2 9 Parus caeruleus P C A C C

(Linnaeus, 1758)

A 3 3 0 Parus major Linnaeus, 1758 P C A C C

A 3 3 2 Sitta europaea Linnaeus, 1758 P C A C C

A 3 3 5 Certhia brachydactyla C.L. Brehm, 1829 P C A C C

A 3 3 7 Oriolus oriolus (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 3 4 1 Lanius senator Linnaeus, 1758 P C B C C

A 3 4 2 Garrulus glandarius (Linnaeus, 1758) P D

A 3 4 9 Corvus corone Linnaeus, 1758 P D

A 3 5 0 Corvus corax Linnaeus, 1758 3-4p C B C B

A 3 5 4 Passer italiae (Linnaeus, 1758) P D

A 3 5 9 Fringilla coelebs Linnaeus, 1758 P C A C C

A 3 6 1 Serinus serinus (Linnaeus, 1766) P C B C C

A 3 6 3 Carduelis chloris (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 3 6 4 Carduelis carduelis (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 3 6 6 Carduelis cannabina (Linnaeus, 1758) P C B C C

A 3 7 3 Coccothraustes coccothraustes (Linnaeus, 1758) P C A B C

A 3 7 7 Emberiza cirlus Linnaeus, 1766 P C B C C

A 3 8 3 Emberiza calandra Linnaeus, 1758 P C B C C

3.2.c. MAMMIFERI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE

CODICE NOME POPOLAZIONE VALUTAZIONE SITOSTANZ. MIGRATORIA Popolazione Conservazione Isolam. Globale Riprod. Svern. Stazion.

1 3 5 2 Canis lupus (Linnaeus, 1758) P C B C B

1 3 5 5 Lutra lutra (Linnaeus, 1758) P C B C B

3.2.d. ANFIBI E RETTILI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE

CODICE NOME POPOLAZIONE VALUTAZIONE SITOSTANZ. MIGRATORIA Popolazione Conservazione Isolam. Globale

Roprod. Svern. Stazion.

1 1 6 7 Triturus carnifex (Laurenti, 1768) P C B B C

1 1 7 5 Salamandrina terdigitata (Lacépède, 1789) P C B B B

1 2 7 9 Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) P C B C C

1 1 9 3 Bombina pachypus (Bonaparte, 1838) P C B C B

1 2 2 0 Elaphe quatuorlineata (Lacépède, 1789) P C B C B

3.2.e. PESCI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE

CODICE NOME POPOLAZIONE VALUTAZIONE SITO

STANZ. MIGRATORIA Popolazione ConservazioneIsolam. Globale

Riprod. Svern. Stazion.

Copiare la pagina se necessario

3.2.f. INVERTEBRATI elencati nell'Allegato II Direttiva 92/43/EEC

CODICE NOME POPOLAZIONE VALUTAZIONE SITO

STANZ. MIGRATORIA Popolazione ConservazioneIsolam. Globale

Riprod.

Svern. Stazion.

Copiare la pagina se necessario

3.2.g. PIANTE elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/EEC

CODICE NOME POPOLAZIONE VALUTAZIONE SITO

Popolazione ConservazioneIsolam. Globale

3.2. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA

CODICE NOME SCIENTIFICO POPOLAZIONE MOTIVAZIONEB M A R F I P A B C D

P Acer cappadocicum Gled. subsp. lobelii (Ten.) Murray R B

P Dactylorhiza romana Sebast. C CP Dianthus vulturius Guss. & Ten. R BP Epipactis meridionalis H. Baumann & R. Lorenz

1988 V B CP Fraxinus oxycarpa Bieb. C DP Heptaptera angustifolia (Bertol.) Tutin V BP Himantoglossum hircinum (L.) Spreng. V CP Ilex aquifolium L. C DP Knautia lucana (Lacaita) Szabo V BP Neotinea maculata (Desf.) Stearn R CP Ophrys exaltata Ten. R CP Ophrys lacaitae Lojac. V CP Orchis mascula L. C CP Orchis tridentata Scop. R C

P Paeonia mascula (L.) Mill. V DP Quercus petraea (Matt.) Liebl. ssp.

austrotyrrhenica Brullo, Guarino & Siracusa C BP Ranunculus tricophyllus Chaix R DP Ranunculus aquatilis L. R DP Ruscus aculeatus L. C C

Tilia cordataP Ulmus glabra Huds. V D

Viola aethnensis Parl. ssp. splendida (W. Becker) Merxm et Lippert

A Rana italica Dubois, 1987 C BA Lissotriton italicus (Peracca, 1898) C BA Rana sinklepton hispanica Bonaparte, 1839 C C

R Zamenis lineatus (Camerano, 1891) P BR Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789) P CR Lacerta bilineata Daudin, 1802 P CR Podarcis sicula (Rafinesque, 1810) P CR Podarcis muralis /Laurentu, 1768) P C

M Vulpes vulpes (Linnaeus, 1758) P CM Martes foina (Erxleben, 1777) P CM Meles meles (Linnaeus, 1758) P CM Sus scrofa (Linnaeus, 1755) P D

3.3. SPECIE CON VALORE DI BIOINDICAZIONE

SPECIE HABITAT COD VALORE DI BIOINDICAZIONEHeptaptera angustifolia Foreste Pannonico-Balcaniche di

cerro e rovere91M0 Endemismo lucano, noto per poche località

della Basilicata. VU a livello nazionale e LR in Basilicata (Conti et al., 1997). Rinvenuta una piccola popolazione di ca. 20 individui.

Ilex aquifolium Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

91M0 Specie caratteristica delle faggete meridionali a clima oceanico. Nel sito è in riduzione a causa del pascolo e delle pratiche di ripulitura del bosco.Specie a protezione limitata (art. 4 DPGR 55/2005)

Acer cappadocicum ssp. lobelii

Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion

9180* Specie endemica dell’Appennino campano, lucano, calabro e sannita. Nella regione è diffuso sui rilievi dal Vulture al Pollino, da 750 a ca. 1700 m s.l.m. A minor rischio (LR) nella Lista Rossa Regionale (Conti et al., 1997); specie a protezione limitata (art. 3 DPGR 55/2005).

Ruscus aculeatus

Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

91M0 Allegato V della Direttiva CEE n° 43/1992, tra le "Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione".

Paeonia mascula Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 Specie a protezione assoluta (D.G.R. n. 55 del 18/3/2005); VU a livello regionale. Durante i sopralluoghi è stata rinvenuta una sola

popolazione con pochissimi individui (3-4).

Knautia lucana

Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 Endemismo esclusivo lucano, presente con piccole popolazioni a Tempa Castello e Monte Malerba sono segnalate (da Fascetti & Navazio, 2007)

Dactylorhiza romanaForeste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 CITES *, Specie a protezione assoluta (D.G.R. n. 55 del 18/3/2005); comune nelle radure del bosco

Dianthus vulturius Guss. & Ten.

Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 Endemismo dell’Italia meridionale; sporadica nel boscoSpecie a protezione assoluta (D.G.R. n. 55 del 18/3/2005)

Orchis tridentataForeste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 CITES *, Specie a protezione assoluta (D.G.R. n. 55 del 18/3/2005); sporadica nel bosco

Orchis mascula Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 CITES *, Specie a protezione assoluta (D.G.R. n. 55 del 18/3/2005);comune nelle radure e nei prati

Ophrys exaltata Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 CITES *, Specie a protezione assoluta (D.G.R. n. 55 del 18/3/2005);frequente al margine del bosco

Epipactis meridionalis Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 Endemismo dell’Italia meridionale, CITES *, Specie a protezione assoluta (D.G.R. n. 55 del 18/3/2005);rara, rinvenuta in poche località

Ulmus glabra Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia

91B0 Rarissimo in Basilicata e particolarmente minacciato. Specie a protezione limitata (art. 3 DPGR 55/2005).

Fraxinus oxycarpa Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia

91B0 Vulnerabile nella regione, a rischio per le modificazioni della falda. Specie a protezione limitata (art. 3 DPGR 55/2005).

Quercus petraea ssp. austrotyrrhenica Foreste Pannonico-Balcaniche di

cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 La sottospecie è endemica dell’Italia meridionale, nota per la Sicilia, la Calabria e la Basilicata. Si rinviene a Costa la Rossa e sul Monte Croccia (Fascetti & Navazio, 2007).Specie a protezione limitata (art. 3 DPGR 55/2005)

SPECIE ALIENE

SPECIE HABITAT COD ENTITA’ DELLA POPOLAZIONE

GRADO DI PENETRAZIONE NELLE CENOSI NATURALI

Cupressus sempervirens L. Foreste Pannonico-

Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 Introdotta nella parte bassa del sito nell’ambito di interventi di rimboschimento. In regressione nei confronti della ripresa naturale del querceto

Non si rileva rinnovazione naturale

Pinus halepensis Mill.Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade

91M0 Introdotta nella parte bassa del sito nell’ambito di interventi di rimboschimento. In regressione nei confronti della ripresa naturale del querceto

Non si rileva rinnovazione naturale

Robinia pseudoacacia L. Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba

91M0;92A0

Ampiamente diffusa ai margini delle strade tende a penetrare facilmente nel bosco deciduo e nel bosco ripariale

La specie si rinnova vegetativamente con molta facilità, pur se per il momento non sembra penetrare nelle aree forestali più conservate. Più estesa è la sua proliferazione lungo il corso del Basento.

Ailanthus altissima (Mill. ) Swingle

Sono stati rilevati alcuni individui lungo la strada presso c.da Palazzo

INDICATORI DI DISTURBO

SPECIE HABITAT COD DISTURBO STRESS CATEGORIE GRIMEAsphodelus sp. Foreste

Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, nelle radure e ai margini delle strade, Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)

91M0,6210

Medio, presente nelle radure soggette a pascolo

basso Si tratta di specie favorita dal pascolo intenso e dalla conseguente nitrificazione del suolo

Cynara cardunculus L.

Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)

6210 Medio, localizzata nelle aree aperte a più bassa quota

basso Anche questa specie, insieme ad altre composite spinose, quando presente in modo dominante è indice di sovrapascolamento.

INDIVIDUI DI PREGIO

SPECIE NOTE RIF FOTOGRAFICORoverella(Quercus pubescens)

MONTE CROCCIA LOC.LAPAZZONE; diametro di circa 2m Foto in scheda forestale N° 12

Quercus sp. pl. Nel sito non sono segnalate piante monumentali (vedasi elenco degli alberi monumentali della Basilicata – Corpo Forestale dello Stato). Ma è auspicabile un censimento degli esemplari vetusti di Q. petraea, Q. cerris, Q. frainetto e Q. pubescens.

Ilex aquifolium Esemplari arborei di Agrifoglio si rinvengono sporadici in tutta l’area del sito. La tradizione del taglio di un esemplare arboreo di grandi dimensioni per il Maggio di

Accettura , ripetuta ogni anno, può rappresentare una minaccia per la conservazione degli esemplari vetusti nel sito. Gli esemplari di grandi dimensioni andrebbero censiti ed il taglio valutato tenendo conto dello stato di conservazione e della demografia della popolazione.

4. FENOMENI E ATTIVITÀ NEL SITO E NELL’AREA CIRCOSTANTE

L’area è caratterizzata in prevalenza da bosco maturo e stramaturo di cerro e farnetto e con aree a roverella sui crinali più soleggiati e a quote più basse. I prelievi legnosi sono marginali, con tagli di rapina sparsi nelle zone più impervie e difficili da osservare immediatamente, lontane dalla strada. La rinnovazione a plantule e la fase di novelleto sono presenti nelle aree più interne mentre le aree più aperte e vicine alla strada, anche in prossimità di aree picnic e sosta come quella di Monte Croccia, sono più ripulite e con scarsa rinnovazione. Nella Foresta di Gallipoli Cognato si risente molto la presenza del pascolo che crea non pochi problemi alla rinnovazione e allo sviluppo delle giovani plantule. Sono presenti anche fustaie mature di cerro intervallate da rimboschimento a conifere tra cui spicca il cipresso con sparsi individui di frassino maggiore.Un’altra minaccia è costituita dagli incendi per via del materiale morto sia in piedi che a terra presente nei boschi e per i fuochi dei campeggiatori la cui traccia ci viene fornita dai numerosi raggruppamenti circolari di pietre presenti nel sottobosco. Gli incendi sono spesso dovuti anche a gente locale.

4.1.FENOMENI E ATTIVITÀ GENERALI E PROPORZIONE DELLA SUPERFICIE DEL SITO INFLUENZATA

4.1.a. FENOMENI E ATTIVITÀ NEL SITO

CODICE INTENSITÀ % DEL SITO INFLUENZA CODICE INTENSITÀ % DEL SITO INFLUENZA1 4 0 B 7 0 - 5 0 1 C 3 0 -1 6 5 A 6 0 - 5 0 2 B 1 0 -4 0 3 C 2 0 7 2 0 C 5 04 2 3 B 5 - 7 4 0 C 5 -6 2 2 C 1 0 0 9 7 6 C 1 0 0 -6 2 9 C 3 0 -

FENOMENI E ATTIVITÁ NELL'AREA CIRCOSTANTE IL SITO:

CODICE INTENSITÀ INFLUENZA CODICE INTENSITÁ INFLUENZA1 4 0 B 01 0 0 C 02 3 0 B -4 0 0 C -4 9 0 B -

4.2. DETRATTORI- IMPATTI AMBIENTALI La Foresta di Gallipoli Cognato ricade nei territori comunali di Accettura, Calciano e Oliveto Lucano; si estende per una superficie complessiva di 4.159 ettari. Deriva dalla fusione di due distinte tenute boschive, rispettivamente il Bosco Gallipoli (1.117 ettari) e il Bosco Cognato (3357 ettari), ed è caratterizzata da una notevole variabilità altimetrica: infatti si passa da quote prossime ai 200 m, sui terreni confinanti con l’alveo del fiume Basento, ai 1.319 m del Monte ImpisoL’area di perimetrazione del sito non si presenta densamente popolata; né, al suo interno, sono presenti insediamenti urbani di entità rilevante, trattandosi per lo più di case sparse e aziende di tipo agricolo e zootecnico. I centri urbani più vicini sono i Comuni di Accettura, Calciano e Oliveto Lucano.Le attività prevalenti esercitate sul territorio sono per lo più legate al settore rurale dell'agricoltura, dell'allevamento di animali e della silvicoltura.Nel corso dei sopralluoghi sono state individuate alcune situazioni di rifiuti abbandonati (una relativa a materiali edili di risulta, una relativa ad elettrodomestici abbandonati, un’altra relativa ad abbandono di pneumatici lungo la strada che dalla sede del parco porta al comune di Oliveto) che, per la loro modesta intensità, non vanno a costituire un elemento di incisività.Altra annotazione riguarda un’area utilizzata come deposito di materiale inerte da costruzione, che però è ubicata poco fuori dal SIC, in territorio di Pietrapertosa e che, sentiti i tecnici del comune, risulta essere stata regolarmente autorizzata. Viene qui segnalata perché immediatamente aldilà del confine del SIC ma lungo la strada che porta da una parte alla Foresta di Gallipoli Cognato e dall’altra alle Dolomiti Lucane. Nel corso delle uscite si è inoltre provveduto a verificare le informazioni raccolte attraverso l’analisi della cartografia di riferimento, nonché quelle ottenute dagli enti locali, provinciali e regionali aventi un ruolo nella gestione delle infrastrutture ricadenti all’interno delle aree. Le infrastrutture al servizio del Parco di Gallipoli Cognato, la sua sede principale con gli uffici, le strutture ricettive annesse, le riserve, l’oasi etc. rappresentano sicuramente motivo di forte interesse ed attrattività, ma anche presidio permanente a difesa del territorio. E’ importante sottolineare come l’area sia ricca oltre che di bellezze naturalistiche anche di reperti archeologici unici. Tali testimonianze rappresentano senz’altro un patrimonio culturale da difendere e da salvaguardare da eventuali atti vandalici.La presenza umana nel territorio ha origini remotissime, come testimoniano i reperti rinvenuti nell’area di Monte Croccia (in particolare nella Grotta di Pietra della Mola) risalenti all’età neolitica (12.000 - 8.000 anni a.C.). È verosimile che anche in epoche successive ci siano state forme più o meno irregolari di insediamenti umani, così come testimoniato dai ritrovamenti a Tempa Cortaglia (nei pressi di Accettura) di urne cinerarie risalenti all’età del bronzo (4000 - 2000 anni a.C.).

Pertanto, i detrattori ambientali caratterizzanti il sito possono così sintetizzarsi: - presenza di attrattori turistici (codici 622), nei limiti della dimensione da gita fuori porta,

che potrebbero determinare abbandono incontrollato di rifiuti con formazione di microdiscariche (cod. 424) e possibili danni vandalici (cod. 740) o pericolo di calpestio eccessivo (cod.720);

- presenza di centri urbani (cod. 401) nelle aree limitrofe, di abitazioni disperse (cod. 403), di ruderi di campagna (cod. 403) che comportano la necessita di un controllo accurato dei fenomeni di urbanizzazione al fine di evitare fenomeni di abusivismo diffuso e sviluppo di strutture potenzialmente impattanti con le aree naturalistiche contigue; in tal senso gli

strumenti più idonei sono quelli di pianificazione urbanistica e settoriale, ai vari livelli amministrativi di competenza, ferma restando la presenza dell’Ente Parco e degli strumenti dei quali l’ente stesso si è dotato, che rappresentano una forma di garanzia per il rispetto dell’ambiente naturale e per l’incentivazione di interventi di ingegneria naturalistica;

- pur non ricadendo all’interno dell’area SIC, nelle aree limitrofe sono ubicati gli impianti di depurazione gestiti dall’Acquedotto Lucano, relativi al Comune di Accettura e di Oliveto Lucano. (I dati di dettaglio degli impianti sono riportati nelle schede allegate). I potenziali impatti (cod. 490) potrebbero derivare da una non corretta gestione dell’impianto, dell’acqua di processo, nonché dei fanghi di risulta;

- dall’esame dalla cartografia ufficiale dell’Autorità di Bacino all’interno dell’area SIC, risulta un’area aree a rischio di movimenti franosi, quali, in particolare, scivolamenti;

- i corsi d’acqua sono soprattutto a carattere torrentizio e sono indicativi di una propensione all’erosione della zona (cod. 900); mentre le sorgenti hanno carattere stagionale.

ATTIVITA’ AGROPASTORALE

PremessaI sistemi zootecnici hanno rappresentato per lunghi secoli esempi di sostenibilità grazie al mantenimento di un equilibrio ambientale tipico. Tutto il paesaggio rurale del bacino Mediterraneo è profondamente segnato dalle attività agrosilvopastorali, che hanno contribuito alla creazione di un mosaico di ecosistemi (Di Castri, 1981) ma, attualmente, la localizzazione in aree sempre più ristrette dei sistemi di allevamento a carattere anche estensivo è ritenuta responsabile di fenomeni di degrado ambientale. L’allevamento di bestiame è praticato nell’area SIC Foresta Gallipoli-Cognato da lungo tempo e fino agli anni ’60 era diffuso capillarmente, come anche su tutto il territorio circostante. Negli ultimi decenni però tali sistemi hanno presentato una rapida evoluzione: parallelamente al progressivo spopolamento umano delle aree, il numero di capi allevati si è ridotto consistentemente e la consuetudine di spostare gli animali per periodi prolungati in altre aree (transumanza) è praticamente scomparsa.

Specie e razze allevate e tecniche di allevamentoNell’area SIC Foresta Gallipoli-Cognato è praticato l’allevamento brado e semibrado principalmente di bovini di Razza Podolica, genotipo considerato in passato a triplice attitudine (carne, latte, lavoro), attualmente allevato per la produzione della carne (per la quale insieme a Chianina, Marchigiana, Romagnola e Maremmana è stato inserito nel novero delle cinque razze italiane da carne. Gli animali sono di solito destinati alla macellazione ad un’età variabile dai 12 e 24 mesi) e del latte (da cui si producono formaggi tipici, come il Caciocavallo Podolico), munto manualmente solitamente al mattino in presenza del vitello al quale viene concesso, in contemporanea alla mungitura, il latte di metà mammella. Il tipo di allevamento praticato nell’area è prevalentemente quello brado, caratterizzato dalla utilizzazione delle risorse pabulari del territorio e dall’assenza di strutture di ricovero o contenimento degli animali (ad esclusione eventualmente dei vitelli). Talvolta la tecnica di allevamento è di tipo semibrado, identica a quella di tipo brado ma con integrazione alimentare di fieno o paglia in stalla o talvolta in campo. La base aziendale è in questo caso limitata al solo ricovero o, a volte, non esiste alcun ricovero ma solo dei recinti. Dalle informazioni raccolte è emerso che solo pochi allevatori (tre o quattro!) praticano la transumanza, spostando gli animali durante il periodo invernale su pascoli di loro proprietà nei comuni di Stigliano, Pisticci, Pomarico e Garaguso. Il fenomeno è attualmente di dimensioni numeriche così modeste (poche decine di capi) da risultare ininfluente sugli equilibri e sulla condizione generale dell’area SIC.

In misura molto minore rispetto ai bovini, vengono allevati, sempre con sistema brado o semibrado, equini meticci a doppia attitudine (carne e lavoro), ovini meticcii merinizzati (Gentile di Puglia), per la produzione di carne (principalmente viene venduto l’agnello) e, in minor misura, di latte.L’allevamento dei suini allo stato brado rappresenta un’altra tipicità dell’area. Gli animali, appartenenti a genotipi meticci, sono liberi di muoversi liberamente nell’area, spesso interagendo con il cinghiale, con il quale sono frequenti gli accoppiamenti. Il numero di animali allevati e gli equivalenti in Unità Bovino Adulto (UBA), calcolati in ragione della specie e dell’età dei soggetti, è dettagliato nel paragrafo successivo.

Stima del carico di bestiameIl carico animale potenzialmente mantenibile in una data area è rappresentato dal numero di capi animali che può essere mantenuto su una certa superficie pastorale per un certo periodo di tempo evitando o limitando l’insorgere di fenomeni degradativi relativi alla qualità e alla produttività della risorsa. Per discriminare la capacità portante di un territorio si determina il carico animale potenziale, convenzionalmente espresso in numero di UBA (Unità di Bestiame Adulto, equivalenti ad un bovino di circa 500 kg) che insistono su una certa superficie per un determinato periodo di tempo (Bianchetto et al., 2009).L’area Sic, estesa su una superficie di circa 4330 ha, presenta ridottissime superfici aperte ed è costituita da formazioni forestali a prevalenza di specie quercine, per la gran parte cerrete. L’area è intensamente pascolata da bovini di razza Podolica, con differenze di intensità correlate all’altitudine del sito ed all’acclività del terreno. Se infatti la maggiore intensità di pascolamento si riscontra nella fascia altimetrica che va da 600 a 900 m s.l.m., oltre la quale la pressione di pascolo si riduce consistentemente, la acclività del terreno rappresenta ovunque un elemento decisivo che, consentendo o meno la praticabilità del sito da parte degli animali, ne favorisce o impedisce il pascolamento. Altro elemento particolarmente importante nella determinazione degli effetti detrattori è dato dalla facilità di accesso attraverso strade pavimentate o sterrate. In prossimità di esse, infatti, in ragione della facilità che gli allevatori hanno nel raggiungere il bestiame per controllarlo e foraggiarlo (quando le disponibilità naturali sono scarse) porta gli animali a concentrarsi nelle prossimità di esse. In base alle informazioni offerte dalle concessioni delle fide pascolo, fornite dal Comando del Corpo Forestale dello Stato di Accettura, sull’area gravano circa 1088 capi (dichiarati) di bovini di razza Podolica ed alcune diecine di capi di altre specie, assortiti come indicato nella Tabella 1. Il calcolo degli equivalenti in UBA, rielaborato in base ai coefficienti proposti dalla Cabina di regia nel documento denominato “Misure di Tutela e Conservazione”, è presentato nella tabella 2.

Tabella 1 – Capi di bestiame allevati nell’area SIC Foresta di Gallipoli Cognato (dati elaborati sulla base delle fide pascolo rilasciate dal Comando Corpo Forestale dello Stato di Accettura)

Specie n. capiBoviniBovini adulti (razza Podolica) 721Bovini 12-24 mesi 317Bovini 4-12 mesi 50Totale 1088

Equini adulti 14

Suini adulti 13

Ovini adulti 180

Tab. 2 – Equivalenti UBA insistenti sull’area SIC Foresta di Gallipoli Cognato (dati elaborati sulla base delle fide pascolo rilasciate dal Comando Corpo Forestale dello Stato di Accettura)

SpecieNumero

capiCoefficient

e UBA UBABovini (razza Podolica)

adulti 721 1 72112-24 mesi 317 1 317

4-12 mesi 50 0,25 12,5

Equini adulti 14 1 14

Suini adulti 13 0,3 3,9

Ovini adulti 180 0,15 27

Totale equivalenti UBA 1.095,4

Il carico di bestiame teorico, derivato dal rapporto tra la superficie dell’are (4.330 ha), il numero totale di equivalente UBA (1.095,4) e considerando la presenza circannuale continua (1 anno) degli animali al pascolo, risulta pari a 0,253 UBA/ha/anno. Ogni UBA utilizza quindi le risorse trofiche offerte da circa 4 ha.

Problematiche legate ai parametri vegetazionali, morfologici e produttiviLe considerazioni e gli indici prodotti nel paragrafo precedente sono da considerarsi del tutto teorici e meramente indicativi. Tali valori, seppure di poco superiori al limite massimo del range di normalità proposto per le Foreste di caducifogle (0,10-0,25 UBA/ha/anno), non possono essere considerati indicativi della realtà dell’area, poiché riferiti all’intera superficie dell’area SIC, considerata tutta disponibile al pascolo. Una valutazione prudenziale, al momento non realizzabile in modo corretto per insufficienza di dati tecnici, che considerasse impedito al pascolo (per acclività eccessiva, inaccessibilità morfologica, affioramenti rocciosi, ecc. ecc.) circa il 30% del territorio, eleverebbe il carico di bestiame teorico ad un valore di 0,361 UBA/ha/anno.Anche se si procede ad una rielaborazione del dato condotta solamente sulla base dei coefficienti di correzione che tengano conto dell’acclività del territorio emergono indici di carico sicuramente meno confortanti. Difatti l’area SIC presenta una distribuzione delle acclività del terreno marcatamente differenziata (Tabella 3).

Tab. 3 – Distribuzione percentuale media della acclività del territorio del SIC Foresta di Gallipoli Cognato

Superficie (ha)

Classi acclività (%) Totale Acclive %

<10 8840 353,6 8,2

11 - 30 55183 2207,32 51,5

31 - 40 20261 810,44 18,9

Tenendo conto di tale pregiudiziale è stata comunque condotta una rivalutazione degli indicatori, di seguito descritta. In base ai coefficienti di correzione del carico massimo di bestiame, proposti nella Tabella 4 ed a puro titolo di esercizio esemplificativo assumendo tutto il territorio come soggetto al pascolo, il valore di UBA/ha/anno risulta mediamente pari a 0,303, e dunque la sostenibilità del carico di bestiame non accettabile.

Tab. 4 - Acclività pascoli: coefficienti di correzione del carico massimo di bestiame

Pendenza, % Coefficiente<10 1,0011-30 0,9031-40 0,80>45 0,65

Inoltre, in considerazione della disponibilità dei dati relativi alla distribuzione percentuale della acclività rispetto alle fasce altitudinali <600 m, 600-900 m e > 900 m s.l.m. del territorio del SIC, proposti nella Tabella 5, sarebbe opportuno riferire il carico di bestiame alle singole fasce di altitudine per ottenere una indicazione più prossima alla realtà. Questo tipo di analisi risulta però impossibile da effettuarsi in ragione della mobilità continua e incontrollata del bestiame in tutto il territorio.

Tab. 5 – Distribuzione percentuale della acclività del territorio del SIC Foresta di Gallipoli Cognato in relazione alle fasce altitudinali

< 600 m 600 - 900 m > 900 m

Superficie (ha) Superficie (ha) Superficie (ha)

Classe acclività (%) Totale

Acclive % Totale

Acclive % Totale

Acclive %

<10 4388 175,52 14,12

3466 138,64 6,43986 39,44 4,43

11 - 30 17357

694,28 55,86

29020

1160,80

53,82 8806 352,24 39,59

31 - 40 5019 200,76 16,15

10552

422,08 19,57 4690 187,60 21,08

> 40 4306 172,24 13,86

10885

435,40 20,19 7763 310,52 34,90

Un ulteriore elemento di incertezza nella definizione del carico di bestiame sostenibile è dato dalla mancanza di informazioni sulla produttività reale del sottobosco, poiché appare evidente che l’assenza di dati sulla diversa produttività delle diverse tipologie di ambiente (bosco fitto, bosco rado, bosco aperto con radure, prati, ecc.) non consente di rapportare il numero di capi di bestiame alla disponibilità pabulare reale, convenzionalmente espressa in Unità Foraggere (UF).

Impatti diretti ed indirettiLe poche aziende zootecniche presenti nell’area praticano il pascolamento libero e non controllato degli animali ed il periodo di pascolamento è quasi sempre di 12 mesi poiché l’abitudine, consueta fino ad alcuni anni addietro, di ridurre il periodo di permanenza a 8-10 mesi è ormai scomparsa. Nell’area non viene praticata alcuna tecnica di pascolamento razionale e gli animali, privi di qualsiasi vincolo territoriale, sono liberi di pascolare ovunque.La mancanza di qualsiasi forma di governo dell’accesso al pascolo, condizione che si protrae ormai da molto tempo, ha generato e genera nell’area SIC Foresta di Gallipoli-Cognato una utilizzazione irrazionale della risorsa con il conseguente impoverimento qualitativo e quantitativo della flora e la progressiva perdita della fertilità del suolo. Il pascolo eccessivo causa infatti un rapido declino della composizione floristica e della diversità specifica delle formazioni prative, il degrado del cotico erboso e, soprattutto, l’impossibilità di rinnovamento delle essenze forestali.Oltre agli effetti diretti sulla componente floristica, il pascolo non regolamentato ed eccessivo (almeno nelle parti dell’area SIC poste a bassa quota e facilmente accessibili) produce effetti secondari sulle caratteristiche dei suoli, quali il costipamento con la conseguente variazione dell’acidità tipica (solitamente aumento del pH) e la riduzione della fauna invertebrata e della flora batterica. Tutto ciò genera effetti diversificati sull’utilizzo delle superfici. Si osservano infatti aree di sovrapascolo, caratterizzate da un eccesso di prelievo della fitomassa e dalla permanenza continua degli animali nell’area, ed aree di sottopascolo, caratterizzate da pascolo scarso o praticamente assente, quasi sempre coincidenti con zone di difficile raggiungibilità da parte degli animali in ragione della forte acclività o dell’elevata quota altimetrica. Nelle aree soggette al sovrapascolo l’eccessivo carico di bestiame causa effetti diretti quali il prelievo eccessivo di fitomassa, il calpestamento e la restituzione organica attraverso le deiezioni. Il prelievo eccessivo e selettivo di risorse trofiche determina la compromissione della possibilità di ricaccio delle specie più appetite e la diffusione delle piante spinose o tossiche con conseguente semplificazione del corteggio floristico. L’azione del calpestamento, che si verifica soprattutto nelle aree di permanenza prolungata degli animali (aree pianeggianti di sosta, lungo i percorsi preferenziali di spostamento e attorno agli abbeveratoi presenti nell’area di pascolamento), determina il costipamento e l’asfissia del suolo, alterandone così la capacità di assorbimento e di ritenzione idrica. La restituzione organica attraverso la deposizione di feci e urine determina l’arricchimento del suolo in nutrienti e la diffusione delle specie nitrofile (favorite dalle deiezioni azotate) che hanno la prevalenza su specie dotate di minore competitività, con conseguente alterazione e impoverimento floristico.Ulteriori detrattori ambientali legati al pascolo sono quelli generati dalla presenza di recinzioni e ricoveri più o meno improvvisati e con materiale di recupero, messi in piedi per accogliere e proteggere soprattutto i vitelli nei primi mesi di vita.La presenza di queste strutture rappresenta un evidente elemento di degrado paesaggistico e ambientale. Inoltre spesso esse sono circondate da recinzioni realizzate con reti a maglia quadrata o esagonale, invece che con del filo spinato, interrata nella parte basale per alcuni decimetri, a costituire una vera e propria barriera per gli spostamenti della fauna locale di dimensioni medio-grandi (tasso, cinghiale, volpe, lepre, capriolo e altri eventuali cervidi non possono superarla in nessun modo). Nelle altre località dell’area SIC poste a a quote altimetriche via via maggiori, come sulla strada che conduce a Costa la Rossa, la pressione del pascolo appare meno devastante. In queste areee si incontrano sovente distese di pascolo cespugliato in cui i segni del calpestio prodotto dagli animali è minore. Ugualmente i segni di strutture di contenimento e di ricovero degli animali sono praticamente assenti, fatta eccezione per quelle di abbeveraggio, spesso improvvisate. La presenza dell’uomo a queste quote si limita al passaggio di mezzi meccanici ma non vi è traccia di apporto di integrazioni alimentari.

ConclusioniIn conclusione, i segni più evidenti relativi alle attività di allevamento praticate nell’area sono dunque riconducibili ad un eccesso di utilizzo delle disponibilità trofiche, specialmente nelle aree a più facile accessibilità per il bestiame, ed a situazioni di compattazione del terreno, oltre che a danni alla componente arborea soprattutto per quanto riguarda lo stato della rinnovazione.Si ritiene pertanto indispensabile effettuare indagini scientifiche sul campo che portino alla conoscenza della produttività effettiva e potenziale nei vari periodi dell’anno e delle diverse aree, in relazione ad acclività ed altitudine, così da poter ottenere indicatori attendibili ed utili alla regolamentazione del pascolo. Difatti la considerazione puntuale degli aspetti vegetazionali, morfologici e produttivi dell’area necessita di acquisire i dati e le informazioni scientifiche del caso, sulla cui base sarà possibile prevedere misure gestionali efficaci. Similmente a quanto realizzato in un lavoro di ricerca da Bianchetto e collaboratori negli anni 2006-2007 (Bianchetto et al., 2009) nell’area SIC (in cui hanno sperimentato l’impiego di una metodologia volta ad individuare il livello di carico massimo mantenibile nelle sole formazioni forestali ed in seguito hanno identificato i fattori negativi di cui tenere conto per ridurre il carico massimo teorico individuato) si suggerisce di approfondire un tipo di approccio scientifico che contempli un piano operativo di ricerca, prevedendone l’inserimento nelle future Misure di Gestione dell’area, che determini la superficie effettivamente utilizzata dagli animali al pascolo. Se infatti si considera che nella stima del carico effettuata nei paragrafi precedenti, la ipotesi di concentrazione del pascolo nel 70% dell’area (si è prudenzialmente ipotizzata una inaccessibilità al pascolo solo per il 30% dell’Area SIC) genera un elevamento dell’indice di carico sino a livelli di assoluta insostenibilità. Si ritiene inoltre necessario prevedere, nel lavoro di indagine e ricerca scientifica di cui sopra, una indispensabile quantificazione “sul campo” del numero di animali al pascolo, dal momento che appare evidente una non perfetta aderenza tra i dati ufficialmente dichiarati e la osservazione diretta, soprattutto in relazione agli effetti generati dagli animali al pascolo sugli habitat.

Problematiche di gestione del CINGHIALETra le specie animali maggiormente adattabili, il cinghiale (Sus scrofa) rappresenta un problema gestionale di primaria importanza per l’area SIC (così come per l’intero Parco regionale in cui l’area ricade). L’esplosione demografica di cui la specie è stata protagonista negli ultimi anni ha portato alla nascita di squilibri ecologici e di conflitti sociali. Nell’area SIC la sua gestione è oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione dell’Ente Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane con svariate iniziative intraprese ed ancora in corso. Tra gli aspetti preoccupanti connessi alla massiccia presenza della specie, il primo da citare in ordine di gravità è indubbiamente quello relativo alla sicurezza del cittadino (incidenti stradali) ed ai danni provocati dal cinghiale alle colture agrarie. L’elevata densità della popolazione determina anche gravi conseguenze sull’ambiente e sull’ecosistema in generale, considerati i danni sovente causati alla flora spontanea e la frequente azione di disturbo esercitata da questa specie su altri selvatici, tra cui molte specie di uccelli e lagomorfi, a causa della predazione delle uova (Singer et al., 1984), delle nidiate e delle cucciolate. L’attuale diffusione del cinghiale è sicuramente correlabile ad alcune caratteristiche biologiche della specie, quali grande adattabilità e rusticità, alto potenziale riproduttivo, comportamento gregario, notevole mobilità, ampio spettro alimentare. Hanno indubbiamente avuto peso rilevante altri fattori di tipo ambientale, tra cui il progressivo abbandono del territorio da parte dell’uomo e il conseguente aumento degli incolti e delle zone occupate da arbusti e boscaglia, utilizzati dalla specie come rifugio. Un fattore che ha contribuito alla sua esplosione demografica è stato costituito dall’elevato interesse venatorio per la specie, in

ragione del quale si è assistito negli anni scorsi al diffondersi della pratica delle immissioni sul territorio, quasi sempre utilizzando cinghiali provenienti da allevamenti in cui non si è prestata alcuna attenzione alla tutela della purezza genetica della specie, utilizzando spesso individui provenienti dall’Europa centrale e orientale e ibridi con il maiale domestico, per altro con conseguente aumento della taglia e della prolificità.Questo insieme di fenomeni si è verificato su tutto il territorio regionale circostante il Parco regionale, generando effetti diretti anche all’interno dell’area SIC. L’Ente Parco sta fronteggiando il problema conducendo una campagna di contenimento organizzata in più fasi. La prima fase di avvio del piano di gestione è finalizzata a far fronte alle emergenze, a regolamentare le modalità di controllo e a predisporre i sistemi di raccolta e archiviazione dei dati per le successive fasi. I sistemi adottati sono le catture (tramite l’uso di corral e di chiusini – Foto 1 e 2), nonché l’abbattimento selettivo da punti di appostamento fissi, attraverso la “tecnica della girata”. Nei territori più vulnerabili al cinghiale, l’Ente Parco ha previsto la collocazione di sistemi di cattura fissi o mobili, con la collaborazione di proprietari e conduttori di fondi agricoli.Un ulteriore problema gestionale legato al cinghiale, di grande rilievo biologico ed ancora oggetto di dibattito nella comunità scientifica, riguarda la situazione critica rispetto all’introgressione di geni alloctoni e all’ibridazione con i maiali domestici. Il cinghiale è rappresentato in Italia, oltre che dalla specie europea (Sus scrofa), da due sottospecie di discusso valore sistematico: Sus scrofa meridionalis (cinghiale sardo) e S. scrofa majori (cinghiale maremmano). Quest’ultima sottospecie, perfettamente adattata alle caratteristiche degli habitat mediterranei, sarebbe quella storicamente presente anche sul territorio dell’area SIC. La maggior parte delle popolazioni attuali sono tuttavia il risultato di reintroduzioni o ripopolamenti che hanno determinato l’ibridazione tra forme sottospecifiche diverse e forme domestiche (Boitani et al, 2003). Gli animali utilizzati come riproduttori negli allevamenti da cui sono stati prelevati gli animali immessi sul territorio erano quasi sempre soggetti appartenenti al ceppo dei Carpazi (Sus scrofa scrofa), di taglia decisamente maggiore e caratterizzato da una prolificità superiore. L’inquinamento genetico che si è attuato sul territorio libero ha avuto e continua ad avere conseguenze oltre che sulla distruzione degli ecotipi autoctoni, anche e soprattutto sull’equilibrio ecologico degli habitat, in ragione della maggiore richiesta alimentare e della grande prolificità dei ceppi non autoctoni.

GESTIONE FORESTALEBosco Loc. Monte Croccia: all’interno dell’area di Monte Croccia è stata allestita un’area pic-nic nella quale vi è assenza o quasi di lettiera e materiale morto a terra e in piedi a causa della continua pulizia del sottobosco. Viene inoltre rilevata presenza di numerosi fuochi spenti. È molto forte la pressione del pascolo.Bosco Loc. Sorgente Carpentiere: L’area è caratterizzata da una fustaia giovane di cerro e roverella il cui diametro medio si aggira intorno ai 25-30 cm A causa del pascolo intensivo dovuto a vacche podoliche,cavalli e raramente anche muli la rinnovazione vegetativa risulta pressoché assente. Bosco Loc. Località Giliberti: L’area è caratterizzata da una fustaia giovane di roverella e cerro con pochi individui di dimensioni discrete il cui diametro supera i 25-30 cm che si interpone a zone aperte colonizzate in maniera massiccia da specie arbustive come la ginestra. Non è presente rinnovazione naturale.. Un rischio secondario è rappresentato dal pascolo sia bovino che caprino che in questa località risulta però non eccessivo.Bosco Loc. CUGNO DELLA TROCCOLA: L’area è caratterizzata da una fustaia matura monoplana di cerro con roverella con individui di diametro medio di 30cm ben distanziati tra loro:tra una pianta e l’altra ci sono 10m di distanza. E’ presente in maniera sparsa la rinnovazione di cerro sia nella fase di plantule che di perticaia e si osservano anche piante giovani di frassino di 1 cm di diametro.

Il sottobosco risulta essere fitto e di altezza di circa 1m:è ricco di specie arbustive.Bosco Loc. Pian di Giglio: l’area è caratterizzata da una fustaia matura di cerro con individui adulti aventi diametri di 60-70 cm con sviluppo a gruppi isolati di novelleto di cerro. Il bosco risulta essere costituito in minima parte anche da carpino bianco, acero campestre, Acer mospessulanum e melo selvativo disposti in maniera sparsa. E’ presente anche la rinnovazione sia nella fase di plantule che di perticaia e, in maniera sparsa, compaiono diverse ceppaie di diametri intorno al metro intervallate da zone a rocce affioranti. Il sottobosco è ricco di specie arbustive.Il principale rischio è rappresentato dal pascolo bovi-caprino ma un’altra minaccia è costituita dagli incendi che potrebbero svilupparsi dai fuochi dei campeggiatori la cui traccia ci viene fornita dai numerosi raggruppamenti circolari di pietre presenti nel sottobosco.Bosco Loc. Acqua delle Tortore: L’area è caratterizzata da una fustaia giovane di cerro pluristratificata di cerro con uno strato a fustaia matura con diametri di 60-70 cm e zone in cui è presente il novelleto a gruppi. E’ presente una scarsa rinnovazione di cerro nella fase di plantule sparse. Bosco Loc. Fosso Crapari: L’area è caratterizzata da una fustaia matura di cerro con rimboschimento conifere tra cui spicca il cipresso e sparsi individui di frassino maggiore. E’ presente anche una scarsa rinnovazione sia nella fase di plantule che di perticaia sia di cerro che di frassino maggiore. Il sottobosco è ricco di specie arbustive. I rischi sono il pascolo bovino e quello dovuto ad animali selvatici come i cinghial e gli incendi a causa dei rami secchi ammucchiati ai lati delle strade e non ripuliti.Bosco Loc. Chiappaia Canosa: L’area è caratterizzata da una fustaia monoplana matura a prevalenza di roverella e cerro con un piano inferiore fitto costituito essenzialmente da specie della macchia mediterranea come il corbezzolo, il leccio, l’olivo che raggiungono in media i 2m di altezza e in minima parte acero con foglia trilobata. E’ presente anche la rinnovazione sia nella fase di plantule che di perticaia sia di cerro che di roverella. Il sottobosco è ricco di specie arbustive. I principali fattori di minaccia sono rappresentati da incendi e pascolo.Bosco Loc. Lotto Fellonia: L’area è caratterizzata da una fustaia adulta di cerro con un’ampia zona a pascolo, intramezzata da rimboschimento a Pinus halepensis, che si sta ripopolando con giovani piante di pino, perastro, rosa canina e piantine di cerro alte anche 2m. Il bosco risulta inoltre costituito carpino prostrato a causa degli animali, abete bianco e gruppetti di Sorbus torminalis e acero a foglia trilobata, acero opalo e cerro. L’intera zona vede la presenza di roccia affiorante. Il sottobosco presenta una notevole quantità di materiale morto a terra come rami sia di cerro che di pino e specie arbustive. Tra i fattori di rischio ci sono incendi e pascolo bovino.Bosco Loc. Piano Cancello: L’area è caratterizzata da una fustaia giovane di cerro aventi un diametro tra i 12-14 cm e da un’unica grande area a pascolo.E’ presente anche la rinnovazione sia nella fase di plantule che di perticaia. In alcune zone sono evidenti piante sparse di acero opalo. Il sottobosco è ricco di specie arbustive. Il fattore di rischio è il pascolo bovino non controllato dannoso per crescita plantule.Bosco Loc. Cappella Cognato: L’area è caratterizzata da una fustaia matura di cerro con individui aventi diametro di 30-35 cm. nel piano inferiore presente un ceduo di 3-4polloni aventi un diametro di circa 12cm circa. E’presente anche rinnovazione di negundo e acero anche avente diametro di 10cm. Nella parte inferiore del sottobosco si osservano piantine di leccio e altre specie arbustive come il biancospino, perastro, pungitopo. I fattori di rischio sono il pascolo bovino ed equino e gli incendi per la presenza di rami secchi.Bosco Loc. Lapazzone: L’area è caratterizzata da una fustaia pluristratificata di cerro con uno strato a fustaia matura con diametri di 40-60 cm e zone in cui è presente il novelleto a gruppi con individui aventi diametro di 12-14cm circa..E’ presente anche luna notevole rinnovazione sia nella fase di plantule che di perticaia di cerro e in misura minore di acero. Il sottobosco è ricco di specie

arbustive.

5. INFORMAZIONI O APPROFONDIMENTI RELATIVI AD ALTRE COMPONENTI

5.1. Componente forestale

I soprassuoli forestali presenti nell’area SIC Foresta Gallipoli-Cognato sono ascrivibili prevalentemente a querceti misti caducifogli submontani a prevalenza di Quercus cerris. Tali formazioni presentano comunque al loro interno una certa variabilità, legata alle condizioni edafiche e climatico-altitudinali che caratterizzano il territorio del SIC, che si esplicita nella presenza di diversi popolamenti forestali tra cui diversi habitat previsti dalla Direttiva Comunitaria.In particolare sono presenti gli habitat identificati come:- “Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere” (91M0), - “Boschi orientali di quercia bianca” (91AA*), - “Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia” (9340), - “Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion” (9180*), - “Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia” (91B0).

Inoltre all’interno dei confini dell’area SIC sono presenti popolamenti forestali come i rimboschimenti di conifere che pur non rientrano tra gli habitat della Direttiva Comunitaria, rappresentano una componente diffusa su tutta l’area.Tra i diversi habitat presenti nel SIC, le “Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere” (91M0) rappresentano la formazione forestale maggiormente diffusa dalle quote più basse fino al limite altitudinale superiore del SIC, rappresentato dal Monte Costa La Rossa (1179 m s.l.m).Tale ampiezza altitudinale si riflette nella variabilità della composizione vegetazionale e strutturale dei popolamenti forestali. In generale si tratta di fustaie miste in cui al cerro si alternano diverse specie arboree in funzione delle diverse condizioni microclimatiche. Partendo dalle quote più basse (400 m s.l.m.) fino ai 600 m s.l.m., lungo i valloni e su terrazzi con ristagno di acqua, il cerro si trova misto al frassino meridionale (Fraxinus oxycarpa) che tende a formare piccoli nuclei monospecifici ascrivibili all’habitat dei “Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia” (91B0), principalmente distribuiti lungo il pendio disposto sulla destra idrografica del Vallone Scannacapra. Altre specie che caratterizzano i popolamenti forestali dell’habitat 91M0 in quest’area sono Quercus pubescens, Fraxinus ornus, Acer monspessulanum e Carpinus orientalis. Il sottobosco nella componente arbustiva si caratterizza per la presenza di corniolo (Cornus mas), biancospino (Crataegus monogyna), prugnolo (Prunus spinosa), pero selvatico (Pyrus pyraster) e fillirea (Phillyrea latifolia). La componente erbacea e rappresentata da Daphne laureola, Viola alba ssp, Silene italica ssp. Italica, Heptaptera angustifoliae e Tamus communis. Infine il sottobosco si caratterizza per la scarsa presenza di rinnovazione naturale a causa dell’elevato carico del pascolo. Salendo di quota l’habitat 91M0 si caratterizza per l’ingresso Quercus frainetto che gradualmente tende a sostituirsi alla roverella, formando popolamenti misti con cerro in particolare nell’area del Monte Croccia. Il sottobosco presenta specie come la Stellaria media, Asphodeline lutea e Galium ssp, che denotano la presenza di sovrapascolamento, testimoniato anche dalla scarsa rinnovazione naturale. Infine alle quote più elevate, oltre i 900 m s.l.m, il farnetto viene sostituito da specie mesofile come Acer obtusatum, Sorbus torminalis, Malus sylvestris, Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia. Infine oltre i 1000 metri è da sottolineare la presenza in consociazione con il cerro della Quercus petraea in particolare nelle località Monte Malerba, Monte Costa la Rossa.

All’interno del SIC Foresta Gallipoli-Cognato l’habitat dei “Boschi orientali di quercia bianca” (91AA*) si trova distribuito lungo la fascia altitudinale di circa 150-200 m partendo dalle sponde del fiume Basento. La strato dominante è generalmente composto da una fustaia monoplana di roverella con presenza di cerro, mentre lo strato arbustivo è composto da carpinella, biancospino, orniello, alaterno, acero minore e rosa canina. In alcune zone lo strato arbustivo presenta specie più termofile come fillirea latifoglia, lentisco, ginestra odorosa, erica scoparia e leccio. La copertura erbacea è prevalentemente composta da graminacee e leguminose, oltre che ranuncoli e ciclamini. Anche questo habitat si caratterizza generalmente per la scarsa presenza di novellame e rinnovazione naturale.

L’habitat delle “Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia” (9340) è presente all’interno del SIC in popolamenti di scarsa estensione, benchè il leccio sia ampiamente diffuso all’interno del SIC nella componente arbustiva dei soprassuoli forestali, specie nelle aree con affioramenti rocciosi. I popolamenti dell’habitat 9340, si presentano prevalentemente come leccete a portamento arbustivo in aree rupicole, con la partecipazione di Carpinus orientalis, Ostrya carpinifolia, Acer monspessulanum e Fraxinus ornus. Tra le specie erbacee va segnalata la presenza della Dianthus vulturius, endemica dell’Italia Meridionale e altre specie come Cynosurus echinatus, Dactylis glomerata e Festuca heterophylla.

L’habitat delle Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion (9180*), è rappresentato all’interno del SIC in aree di forra e lungo i versanti più umidi in particolari condizioni microclimatiche. In particolare si trova lungo i versanti del Torrente Chiaromonte, del torrente Mandria, del Vallone Cerchiara e del Vallone del Salice. Si tratta di popolamenti caratterizzati da specie prevalentemente sciafile come diverse specie di aceri quali Acer obtusatum, A. campestre, A. pseudoplatanus e A. lobelii endemico dell’Italia meridionale, e altre specie come Carpinus betulus, Tilia platyphyllos e Ostrya carpinifolia.

Infine la componente forestale del SIC Gallipoli-Cognato si caratterizza per la presenza diffusa di rimboschimenti di conifere. Si tratta di popolamenti artificiali realizzati in aree a dissesto idrogeologico caratterizzati dalla presenza di Pinus halepensis, Cupressus sempervirens, e alle quote più elevate Pinus nigra, e la presenza sporadica di altre conifere come Pseudotsuga menziesii e Cedrus ssp.Si tratta di popolamenti generalmente in condizioni vegetative precarie, caratterizzati da elevata densità dovuta alla mancanza di interventi colturali e con piante deperienti. Da segnalare in località Acqua delle tortore e Monte Malerba la presenza di nuclei artificiale di Abies alba caratterizzato da buone condizioni vegetative, testimoniate dalla presenza di piante di grandi dimensioni.

5.2. Componente agronomica e zootecnica:

L’area SIC mostra gli evidenti segni di un intenso pascolamento bovino e presenta ridotte superfici aperte. Da un punto di vista zootecnico, sulla base del lavoro condotto nell’area da Bianchetto e coll. (2007), si osserva che le specie animali presenti sono principalmente bovini di razza “Podolica”, ovini di razza “Gentile di Puglia”, equini ed infine suini. Il carico animale reale che insiste sul territorio, desunto da dai dati relativi alle “fide dei pascoli” forniti dall’INEA, è stato stimato pari di 1484 UBA, corrispondente (su una superficie totale di 4000 ha) a circa 0,36 UBA/ha. Sull’intero anno solare il periodo medio di pascolamento è pari a 10 mesi (alcune mandrie

di bovini, sebbene non più soggette ad una vera transumanza, sono spesso spostate in altre aree, soprattutto in corrispondenza dei rigori invernali e della copertura nevosa del suolo), pertanto il carico annuo risulta pari a 1090 UBA/anno (pari a 0,26 UBA/ha/anno), indicando una chiara situazione di sovraccarico rispetto al carico mantenibile, in particolare all’interno delle superfici boscate.

6. FOTOGRAFIE E VIDEO ALLEGATI

NUMERO LOCALIZZAZIONE SOGGETTO COPYRIGHT DATA

1 Monte Croccia Panoramica Carmen Gangale 11/9/20102 Costa della Rossa Costa della Rossa Egidio Fulco 3/5/20103 Costa della Rossa Cerreta invernale Egidio Fulco 22/2/20104 Mt. Croccia Orma di Canis lupus Egidio Fulco 22/2/2010

5 Chiappaia CanosaStagno nella cerreta, habitat 3150 Egidio Fulco 20/7/2010

6Presso Centro faunistico di Monte Croccia Colchicum bivonae Carmen Gangale 11/9/2010

7Sentiero per Cugno della Truccola Paeonia mascula Carmen Gangale 18/6/2010

8 Loc. ScannacapreBosco a Fraxinus oxycarpa. Habitat 91B0 Dimitar Uzunov 8/5/2010

9Sentiero per Fontana La Pila Epipactis meridionalis Dimitar Uzunov 24/6/2010

10 Costa della Rossa Orchis tridentata Dimitar Uzunov 08/5/201011 Heptaptera angustifolia I. Ierardi e F. Altamura 19/7/2010

12zona Palazzo - Foresta Gallipoli Cognato Podolica al pascolo

Salvatore Dimatteo20/6/2010

13zona Palazzo - Foresta Gallipoli Cognato

Effetto del pascolo sulla vegetazione del sottobosco

Salvatore Dimatteo13/9/2010

14Deposito materiale inerte da costruzione Nicola Lasco 3/10/2010

15Deposito materiale inerte da costruzione Nicola Lasco 3/10/2010

16Abbandono di pneumatici

Nicola Lasco 3/10/2010

17 Strutture ricettive. CEAM Nicola Lasco16/10/2010

18Strutture ricettive. Ingresso Oasi Faunistica Nicola Lasco

16/10/2010

19 Tabellonistica informativa Nicola Lasco16/10/2010

1. Veduta panoramica da Monte Croccia. Foto: C. Gangale

2. Costa della Rossa e sullo sfondo Mt. Croccia. Foto: E. Fulco

3. Cerreta a Costa della Rossa, con abbondante Ilex aquifolium. Foto: E. Fulco

4. Canis lupus, orma posteriore destra. Foto: E. Fulco

5. Acqua “Chiappaia Canosa”, sito di Lissotriton italicus e Triturus carnifex. Foto:E. Fulco

6. Colchicum bivonae. Foto : C. Gangale

7. Paeonia mascula. Foto C. Gangale

8. Bosco a Fraxinus oxycarpa. Habitat 91B0. Foto: D. Uzunov

9. Epipactis meridionalis. Foto: D. Uzunov

10. Orchis tridentata. Foto: D. Uzunov

11. Heptaptera angustifolia. Foto: I. Ierardi e F. Altamura

12. Bovino di razza Podolica al pascolo. Foto: S. Dimatteo

13. Effetto del pascolo sulla vegetazione del sottobosco. Foto: S. Dimatteo

14. Deposito materiale inerte da costruzione. Foto: N. Lasco

15. Deposito materiale inerte da costruzione. Foto: N. Lasco

16. Abbandono di pneumatici. Foto: N. Lasco

17. Strutture ricettive. CEAM. Foto: N. Lasco

18. Strutture ricettive. Ingresso Oasi Faunistica Foto: N. Lasco

19. Tabellonistica informativa. Foto: N. Lasco

7. AEROFOTOGRAMMETRIE E CARTE DI USO DEL SUOLO E DEGLI HABITAT

8. ALLEGATI

• COMPONENTE FORESTALEsic GALLIPOLI forestale 1.docsic GALLIPOLI forestale 1.docsic GALLIPOLI forestale 2.docsic GALLIPOLI forestale 3.docsic GALLIPOLI forestale 4.docsic GALLIPOLI forestale 5.docsic GALLIPOLI forestale 6.docsic GALLIPOLI forestale 7.docsic GALLIPOLI forestale 8.docsic GALLIPOLI forestale 9.docsic GALLIPOLI forestale 10.docsic GALLIPOLI forestale 11.docsic GALLIPOLI forestale 12.doc

• COMPONENTE AGRONOMICAagronomica 1 Gallipoli Cognato.docxagronomica 2 Gallipoli Cognato.docxagronomica 3 Gallipoli Cognato.docx

• IMPATTI AMBIENTALI1. SCHEDA DI RILIEVO_impianto di depurazione Accettura Localita' Lago.doc2. SCHEDA DI RILIEVO_impianto di depurazione Oliveto Localita' Dietro la Niviera .doc3. SCHEDA_DI_RILIEVO_altri detrattori.doc

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