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DIZIONE E LETTURA ESPRESSIVA

LA VOCE

La voce, un fenomeno che viene da lontano, vecchio quanto il mondo.“ In principio era il Verbo” si legge nella Bibbia: il suono, all’origine stessa del processo creativo.

La voce è uno dei più potenti strumenti psicologici di comunicazione delproprio stato ed ha una importanza capitale nei rapporti interpersonali. È lo specchio fedele delle emozioni: è con essa, soprattutto, che si tenta di essere gradevoli, autoritari, convincenti, seducenti, amorevoli…“la voce umana” diceva Stanislavskij, “contiene un’intera orchestra.

È importante, quindi, imparare a conoscerla, averne cura e cercare di migliorarla.

Innanzitutto dobbiamo dire subito che l’uso corretto della voce deve essere necessariamente sostenuto da una respirazione adeguata.

La respirazione è una funzione fisiologica che esercitiamo benissimo senza averla mai imparata, eppure c’è chi respira bene e c’è chi respira male.

I medici dicono “ vive a lungo chi sa respirare” e noi avvedutamenteaggiungiamo: “parla bene chi sa respirare”.

LA RESPIRAZIONE

Compito primario della funzione respiratoria è quello di apportare l’ossigeno al sangue e di sbarazzarlo dall’anidride carbonica e dal vapor acqueo, residui delle combustioni che avvengono all’interno degli organi e dei tessuti.Ma, accanto a questo, l’apparato respiratorio ha anche il compito, fondamentale, di fornire l’aria necessaria alla produzione del suono.

Il meccanismo dell’atto respiratorio è così composto: 1 fase – entrata dell’aria…………………………………………………..inspirazione 2 fase – breve pausa…………………………………………………………pausa 3 fase—uscita dell’aria carica di anidride carbonica………….espirazione 4 fase—pausa lunga che precede un’altra inspirazione …...pausa

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Durante l’atto respiratorio, l’aria per giungere ai polmoni, passa attraverso una serie di cavità e di canali denominati “vie del respiro”.Essi sono: il naso, la faringe, la laringe, la trachea, i bronchi, i bronchioli.Esaminiamone alcuni.

NASO –

Organo destinato al passaggio dell’aria. Sede di filamenti olfattivi; le due fosse (coane) sboccano direttamente nella faringe.

È munito di peli (vibrisse) che hanno il compito di filtrare l’aria inspirata. Il pulviscolo trattenuto, si adagia nella parte più bassa, dove resta inchiodato nel muco, senza poter proseguire.

Nel condotto nasale profondo, le ossa sono ricoperte di tessuti irrorati di sangue; l’aria passando si riscalda, come se passasse su di un radiatore ( funzione di omotermizzazione) e proseguendo riscaldata non danneggia gli organi respiratorisuccessivi.

L’aria che inspiriamo deve essere anche umida e perciò, passando sulle mucose (ghiandole che secernono il muco) ne preleva l’umidità necessaria (processo igroscopico).Il naso svolge una continua lotta ai batteri, attraverso uno straordinario enzima detto “lisozima” che si trova nel muco e nella secrezione lacrimale ed è uno dei più potenti distruttori di batteri che si conoscano.

LA LARINGE

Costituita da cartilagini articolate tra loro. Si trova tra la faringe e la trachea.È l’organo principale della fonazione: è sede delle corde vocali. Ha uno strettissimo rapporto con gli organi sessuali. Con la castrazione si arresta nel suo sviluppo e di conseguenza la voce non muta.

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POLMONI:

Organi principali dell’apparato respiratorio. Si dilatano ad ogni inspirazione e si sgonfiano ad ogni espirazione

DIAFRAMMA:

Muscolo principale della respirazione; a forma di cupola separa la cavità toracica da quella addominale. Si abbassa quando inspiriamo aumentando il volume della cassa toracica.

Esercizio base di respirazione profonda

+ In piedi, gambe leggermente divaricate, rilassati, spalle basse, braccia inerti lungo i fianchi , testa abbassata con il mento che tocca quasi il torace. + Far uscire dai polmoni la maggior quantità d’aria possibile. + Inspirare lentamente attraverso il naso. + Mentre l’aria affluisce dolcemente, sollevare lentamente la testa fino a raggiungere la posizione eretta. + Appena si è saturi d’aria, stare in apnea per tre/quattro secondi, quindi far uscire l’aria attraverso la bocca, lentamente, con un soffio leggero, uguale, monotono, senza sbalzi, cercando di far durare l’esercizio il più a lungo possibile. Più il soffio sarà leggero e lento, più durerà la riserva d’aria.

NOTA BENE:

Eseguire l’esercizio preferibilmente al mattino, per cinque minuti, una volta al giorno. Se dovesse girare la testa per una eccessiva ossigenazione, sospendere l’esercizio, chiudere le narici con le dita, e non respirare per venti/trenta secondi.Non fumare prima o dopo l’esercizio di respirazione. Non eseguire l’esercizio dopo aver mangiato o quando si è stanchi.

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CORDE VOCALI:

Sono due pieghe della mucosa laringea, situate orizzontalmente nella laringe. Ne esistono due superiori che si dicono “false”(non intervengono nella formazione del suono), e due inferiori, le “vere”, che sono le protagoniste della fonazione. La fase di transito dell’aria attraverso le corde vocali è fondamentale per la formazione dei suoni che verranno poi trasformati in vere e proprie parole, una volta giunti nella bocca. Lo spazio tra le due corde vocali vere si chiama “glottide”.Essa rappresenta una sorta di transito obbligato per i suoni destinati a trasformarsi in voce.Quando parliamo, durante l’espirazione, le corde vocali tendono ad avvicinarsi tra di loro e vibrano producendo diversi suoni. Insieme alle corde, vibra anche l’aria che passa attraverso queste ultime, in modo che il suono non è formato solo dalle corde e dall’aria, ma dall’unione di questi due elementi. Questo suono viene chiamato suono fondamentale laringeo. Tale suono poi, si arricchisce di armonici ( suoni molto deboli, difficilmente percepibili ad orecchio nudo), la cui quantità e qualità sono diverse in ogni individuo.

Avviso ai naviganti: iniziando a parlare, o schiarendosi la voce perché si sente la presenza di un “rospetto” in gola, è da evitare il così detto “colpo di glottide”, e cioè il dare dei colpi secchi alle corde vocali con la violenza incontrollata dell’aria espirata. Ciò può provocare una sollecitazione funzionale esagerata e dannosa a tali delicati organi.

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TONO DELLA VOCE Come tutti i suoni, anche la voce è caratterizzata dall’altezza, dalla intensità e dal timbro.

Altezza: dipende dalla lunghezza delle corde vocali e dalla loro tensione; se la corda è tesa e sottile, il suono sarà acuto; se la corda è invece lunga, rilassata e grossa, il suono sarà grave.

Intensità: dipende dalla spinta dell’aria verso le corde vocali.

Timbro o colore: grazie a tale proprietà si può distinguere una persona dall’altra. Ogni individuo ha una voce diversa. Sono tre i toni generali: Grave, medio, acuto Tono grave: voce di basso maschile voce di contralto femminile Tono medio: voce di baritono maschile voce di mezzo soprano femminile

Tono acuto: voce di tenore maschile voce di soprano femminile

l passaggio da un tono all’altro si chiama “modulazione”. La voce senza modulazioni è una voce monotona: favorisce in chi ascolta noia… e sonno!

ll passaggio da una sfumatura di tono ad un’altra costituisce una “inflessione”

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LETTURA IN PUBBLICO

Scopo della lettura in pubblico è “ far vedere” ogni cosa che è stata scritta, con l’efficacia espressiva della voce. Leggere è mettere in evidenza il significato intimo di ogni parola, mediante le innumerevoli sfumature del linguaggio parlato. Il buon lettore deve sapersi nascondere dietro la pagina letta, e non può esimersi dal dare colore al testo scritto. Chi ascolta deve capire e gustare.

ARTICOLAZIONE

È la parte essenziale della pronuncia. Perché la parola sia nitida, occorre che sia ben articolata. Articolare, significa pronunciare chiaramente ogni sillaba che compone la parola, soprattutto l’ultima: questa, spesso, viene “mangiata”. La sonorità dell’ultima sillaba ha un’enorme importanza; essa costituisce come il marchio della parola, e deve, perciò, essere assolutamente rispettata.

Il seguente brano che è l’inizio di un racconto di Pirandello, “ mondo di carta”, può essere utile per un buon esercizio di “articolazione”.

“Un gridare, un accorrere di gente in capo a via nazionale, attorno a due che s’eran presi: un ragazzaccio sui quindici anni e un signore ispido, dalla faccia gialliccia, quasi tagliata in un popone, sulla quale luccicavano gli occhialacci da miope, grossi come due fondi di bottiglia. Sforzando la vocétta féssa, quest’ultimo voleva darsi ragione e agitava di continuo le mani che brandivano, l’una, un bastoncino d’ebano dal pomo d’avorio, l’altra, un libraccio di stampa antica. Il ragazzaccio strepitava, pestando i piedi sui cocci d’una volgarissima statuetta di terracotta, misti a quelli di gesso abbronzato della colonnina che lo sorreggeva. Tutti attorno, chi scoppiava in clamorose risate, chi faceva un viso lungo lungo e chi pietoso: i monelli, attaccati ai lampioni, chi abbaiava, chi fischiava, chi strombettava sul palmo della mano”.

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Per l’esercitazione fare la lettura secondo le seguenti modalità: 1 – leggere stringendo tra i denti una matita, sforzandosi di dire chiaramente tutte le sillabe 2 -- leggere senza aprire bocca: denti serrati – muovere solo labbra e lingua 3 -- leggere facendo breve pausa tra sillaba e sillaba: pronunciare forte le vocali 4 -- leggere pronunciando la vocale finale con maggior forza 5 -- leggere facendo breve pausa ogni dieci parole: ispirare, poi riprendere lettura 6 – leggere, senza tener conto del senso e della punteggiatura, il maggior numero di parole possibile, con una sola inspirazione 7 – leggere il brano in modo normale.

Anche gli scioglilingua possono aiutarci a migliorare l’articolazione:

Sopra la panca la capra campa Sotto la panca la capra crepa Tigri contro tigri Tre tigri contro tré tigri

Tre tozzi di pan secco In tre strette tasche stanno

Sassi per tutta Sassari Che in Sassonia sonsi fatte le sassate

Trentatre trentini scendevano giù da Trento E tutti e trentatre trottando

Pisa pésa e pésta il pépe al Papa Il Papa pésa e pésta il pépe a Pisa

RITMO

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È il modo con il quale viene regolata la successione delle sillabe che formano la parola. Il ritmo varia secondo il genere letterario del testo, ed è strettamente legato al suo contenuto. Nel susseguirsi dei periodi, ci deve essere una continuità di sentimento e di passione; il ritmo non può procedere a sbalzi, ma deve essere costante e dinamico. Per rendere bene il ritmo di una frase, è necessario aver stabilito in precedenza tutte le pause logiche e psicologiche.

LA PAUSA L’arte di pausare è un’arte preziosa. Saper pausare, è saper esprimere con il silenzio, quello che le parole non dicono, ma che l’autore sottintende. Il lettore deve partecipare profondamente a ciò che legge, se vuole che le sue pause risultino espressive, e non incomprensibili e fastidiose. Sono due le pause principali: la pausa logica e la pausa psicologica.

La pausa logica è una pausa subordinata alla struttura della frase. La pausa psicologica o espressiva è una pausa che è lasciata alla discrezione e alla sensibilità interpretativa del lettore. Ecco cosa ci dice il grande attore e regista russo Konstantin Stanislavskij: “ La pausa logica arresta meccanicamente le battute e le frasi per aiutare a capire il testo. La pausa psicologica, invece, dà vita al pensiero della battuta o della frase e cerca i comunicarne il sottotesto. Essa è “ Un silenzio eloquente” La pausa logica è passiva, formale, inattiva: essa è al servizio dell’intelligenza. La pausa psicologica è sempre attiva e ricca di contenuto interiore: essa è al servizio del sentimento.

Senza la pausa logica si parla scorrettamente Senza la pausa psicologica si parla senza vita”.

Alcune regolette semplici ma fondamentali

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1 – in principio di periodo o dopo una lunga pausa, nel riprendere la lettura è bene alzare leggermente il tono di voce. 2 – in un inciso ( fra virgole, fra parentesi, fra lineette), occorre abbassare Il tono della voce e accelerare moderatamente la dizione. 3 – prima di una virgola si alza il tono lasciandolo lievemente sospeso, specialmente quando si tratta di elencazione. 4 – nei casi di iterazione, sia che si tratti di nomi, di verbi, avverbi o esclamazioni, occorre dare tonalità diverse alle parole ripetute. 5 - quando si vuol mettere in evidenza una parola, è necessario fare prima di essa una breve pausa, anziché sottolinearla rinforzando il tono di voce. 6 –Una brevissima pausa si fa: di fronte ad uno iato ( allora / il lupo…) davanti a verbo soprattutto di azione ( egli / disse – Mario / fece ) davanti a una quantità espressa da un numero (erano/trecento) davanti a parole o espressioni di passaggio ( ora, dunque)

Per quanto detto sopra, si tratta sempre di una “fermata” brevissima che non deve mai rallentare e tanto meno spezzare il ritmo della frase.

PUNTEGGIATURA Punto fermo: chiude il periodo. La voce si abbassa dal tono iniziale ad una nota più bassa Virgola: esige una pausa breve ma non inflessione della voce né abbassamento del tono. Punto e virgola: il tono della voce deve far capire che il periodo non è chiuso e quanto segue lo deve completare. Due punti: il tono è sospeso in attesa della puntualizzazione esplicativa o illustrativa P.esclamativo: nella lettura occorre sottolineare con maggior forza di voce la parola che maggiormente esclama. P.interrogativo: nella lettura occorre mettere l’accento interrogativo sulla parola che maggiormente interroga, mantenendo il tono interrogativo su tutta la frase. Virtuale: è una punteggiatura più ricca e più frequente di quella grafica scritta dall’autore. Questa punteggiatura che chiameremo “virtuale”, suggerisce di delineare con le oscillazioni vocali, il significato profondo insito nella frase; in altri termini vuol dire: fare l’analisi logica del testo, mediante le espressioni della voce.

INTONAZIONE

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È l’espressione di una intenzione: nasce da una motivazione che sua volta è determinata da una emozione o da una sensazione. E’ costituita dall’altezza e dalla intensità del tono di voce e dalla Inflessione particolare con cui il discorso si colorisce. La giusta intonazione offre all’ascoltatore la possibilità di comprendere il significato delle parole e il sentimento che esprimono. Il bravo lettore deve prima percepire dentro di sé l’immagine acustica della parola e della frase, e riprodurla subito con la sua intonazione; trovato il tono adeguato, deve poter suscitare, mediante la propria voce, i vari sentimenti: amore, odio, freddezza, angoscia, ironia… Demostene diceva: “ se vuoi che il pubblico si commuova e pianga, devi prima commuoverti e piangere tu, dentro di te.

Perché la lettura e la dizione non si riducano ad un susseguirsi di frasi e periodi monotoni, né si cada nella cantilena, è necessario che ad ogni frase che esprimeun pensiero e un sentimento, corrisponda una intonazione adeguata.

Quintiliano, precettore dei figli di Domiziano, nelle sue celebri “istituzioni oratorie”, ha lasciato delle indicazioni che conservano ancora la loro validità. LA VOCE: quando l’argomento è gaio, deve essere piena, semplice, gioiosa; nella disputa spinge tutta la sua energia; nella collera è feroce, rude, incalzante, interrotta dalla respirazione frequente; nelle confidenze, nelle scuse, nelle preghiere, è dolce, poco elevata; nei consigli, negli ammonimenti, nelle promesse, è grave, profondamente sentita; nell’esprimere timore o vergogna, è depressa, stentata; nelle esortazioni deve essere autorevole, sicura; nelle discussioni si fa vivace, scoppiettante; se deve esprimere compassione, diviene pieghevole, flessibile, un po’ velata.

INTERPRETAZIONE

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Un testo prima di prendere forma davanti a un pubblico, deve prendere vita e colore nell’animo del lettore. Non è possibile fare una lettura espressiva, se prima non si studia e si cerca di capire bene ogni parola, ogni frase del testo. Il lettore deve analizzare attentamente il testo, predisporne il ritmo narrativo, sceglierne la durata e definire il volume di passione che dovrà dare all’intero racconto.

L’espressività dipende dalla nostra capacità di: aderire a quello che leggiamo o diciamo partecipare a quanto enunciamo credere in ciò che esprimiamo renderlo comprensibile a chi ci ascolta.

Il seguente brano di Pirandello è ricchissimo di sfumature: la voce deve esprimere nell’ordine:sorpresa, gioia, meraviglia, tenerezza.

“La signora Leuca, accoglie con molta tenerezza quella piccina, la quale guarda con tanto d’occhi, smarrita. Oh, guarda! Vieni, vieni qua. Come ti chiami? Sandrina? Brava! Sei la maggiore, è vero? La maggiore, brava… E vai a scuola? Oh, già alla quarta! E quanti anni hai? Già tanti! Nove e mezzo… Vuoi levarti il cappellino? Ecco, poniamolo qui…Siedi, siedi qua, vicino a me…”

Nota per i naviganti: regola fondamentale della meccanica dell’attenzione è captare l’interesse dell’uditorio fin dalle prime parole.

IL SOTTOTESTO11

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“Il sottotesto è la “vita spirituale” di una parte, scrive Stanislavskij,“è la vita che scorre ininterrotta sotto le parole del testo, ravvivandolo e giustificandolo per tutta la durata. Il sottotesto è ciò che ci costringe a dire le parole della parte. La linea conduttrice del testo si esterna anche attraverso il parlare, con la voce, con le parole. Le parole di una parte non valgono in se stesse, ma per il loro contenuto interiore, per il loro sottotesto l testo stampato rappresenta l’opera solo quando viene realizzata dagli attori, ravvivata dai loro vivi sentimenti umani; è come una partitura musicale che non diventa musica, finché non è suonata dall’orchestra..” Il significato dell’opera sta tutto nel sottotesto; senza il sottotesto le parole non avrebbero ragione di esistere in scena. Le parole appartengono al poeta, il sottotesto all’attore.

Scopo della ricerca del sottotesto è quello di appropriarsi del testo, arrivando a capire da una parte, quello che l’autore ha scelto di dire esplicitamente, e, dall’altra, quello che, invece, percepiamo come non detto o detto “fra le righe”. Ovviamente per leggere “tra le righe”, è necessario non dimenticare…”le righe”.

consiglio di Dario Fo: “Bisogna imparare a recitare le intenzioni che stanno in un discorso, e non le parole”.

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DIZIONE DELLE POESIE

Quanto è stato detto per la lettura della prosa, vale, sostanzialmente anche per la poesia.

Il poeta è una persona in grado di illuminare, attraverso immagini di bellezza, i più significativi momenti di essere dell’esistenza.

La poesia è un lievito nascosto nella realtà di ogni giorno che non sempre siamo in grado di cogliere. A volte è negli atti o nelle parole di chi ci sta parlando. È il palpito stesso della vita, il mistero della bellezza che continua ad affascinarci. La nostra interpretazione deve adeguarsi al modo di vedere e di raffigurare del poeta. È necessario mettersi nei suoi panni, per poter rivedere i fatti e le persone con i suoi occhi e per poter rivivere i sentimenti e le vicende descritte, attraverso la sua sensibilità. Nel recitare un testo poetico occorre abbandonare le proprie difese; occorre “lasciarsi andare” e vincere l’eventuale senso di imbarazzo, per poter essere in grado di esprimere una completa e realistica carica emotiva.

Nella dizione delle poesie è frequente la tentazione di voler potenziare la capacità espressiva della propria voce, con i gesti. È un grosso errore; quei gesti danneggiano la recitazione, la rendono enfatica anche quando non lo sarebbe, distraggono, confondono e irritano chi ascolta. Mentre recita il testo, il lettore cercherà di mettere tutto se stesso in ciò che dice, perché sia la parola, la vera protagonista. L’atteggiamento sarà composto, ma non impalato e immobile. Il ritmo, sia nei versi tradizionali ( in rima ), sia nei versi liberi, va sempre rispettato. Non far sentire i versi, distruggere il ritmo che il poeta ha scelto non a caso, vuol dire essere lontani dal capire che cosa è la poesia, e incapaci, perciò, di farla capire ad altri.

Pensierino di un poeta: “ la poesia serve per nutrire quel granello di pazzia che tutti portiamo dentro, e senza il quale è imprudente vivere”. (Garcia Lorca)

Ed infine…ecco alcuni suggerimenti:13

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a – non presumere di saper leggere correttamente a prima vista il testo da presentare in pubblico.

b – una preparazione remota non è facoltativa: è necessaria! Servirà: - a rendersi conto delle difficoltà interpretative del testo, - ad acquistare maggiore sicurezza nell’articolazione, - a stabilire i punti dove prendere il respiro in modo giusto - a vincere una eventuale tensione emotiva

c – nella fase preparatoria, è preferibile leggere il testo più volte, a voce alta, perché così sarà possibile cogliere tutte le cadenze della frase. d - La lettura muta non rispecchia fedelmente la nostra capacità interpretativa; ci sembra di avere le giuste intonazioni, di usare le modulazioni adeguate, di interpretare alla perfezione quel determinato ruolo…finché non si apre la bocca, e…cadono le illusioni!

e – una buona norma è quella di registrare il brano da leggere. Il registratore è un giudice attento, pignolo, incorruttibile: ci dirà sempre la verità.

L’ACCENTO

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È la posa della voce sulla vocale che, in una parola, va pronunciata con maggiore intensità delle altre.

Nella lingua italiana l’accento è di due tipi: tonico e fonico.

Accento tonico È quello che indica su quale vocale si deve posare la voce con maggiore intensità. È detto anche accento grafico. L’accento tonico dà vita, vigore ed espressione alla parola e mette in evidenza la sillaba. In virtù dell’accento tonico le vocali si distinguono in Toniche – quelle su cui cade l’accento Atone - quelle su cui non cade l’accento e precedono o seguono la vocale tonica.

Accento fonico È quello che segna il suono “aperto” o “chiuso” di una vocale. Graficamente è di due forme: acuto ( /) quando il suono è chiuso grave ( \) quando il suono è aperto

PRONUNCIA DELLE VOCALI In rapporto all’accento fonico le vocali non sono cinque, ma

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sette: a è é i ò o u - è con l’accento grave come in cèlla é con l’accento acuto come in féde ò con l’accento grave come in òrto o con l’accento acuto come in Roma

I veri problemi nascono nella pronuncia delle vocali “e” ed “o” Il suono ora aperto ora chiuso di queste due vocali è stato generato da leggi fonetiche che risalgono al latino, da cui deriva la nostra lingua. Per una buona dizione è necessario rispettare le regole che riguardano il suono di queste vocali

_ La è ha sempre suono chiuso: nei nomi in……………………écchio – sécchio, orécchio, parécchio éffice - oréfice, artéfice, pontéfice ése - arnése, mése, paése éssa - duchéssa, riméssa, contéssa étto - filétto, fogliétto étta - operétta, biciclétta ézza - bellézza, carézza, timidézza ménto- torménto, reggiménto, paviménto negli aggettivi in…………..éccio - mangeréccio, casaréccio, villeréccio

- ésco - manésco, furbésco, studentésco- évole - scorrévole, agévole, amichévole- Infinito verbi in…………….ére - vedére, bére, cadére, In tutti gli avverbi in…………….ménte- lentaménte, facilménte, dolceménte

nei monossilabi……………. é (congiunzione), mé, té, sé nel numero…………………. tré e suoi composti: ventitré, trentatré

La “e” quando si trova in fine di parola ed è accentata, ha suono chiuso: perché, fuorché, benché, giacché, finché ecc. la “e” atona ha sempre suono chiuso

La “e” ha sempre suono aperto: nei nomi in……………… èllo/a……. fratèllo, sorèlla, bèllo, zitèlla…

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èma………. problèma, teorèma, poèma… ènda…….. agènda, faccènda, vicènda… ènza……… prudènza. diligènza, violènza… èrio/a…… critèrio, desidèrio, misèria, artèria… èstre/o/a alpèstre, canèstro, palèstra… èzio/a… .. scrèzio, trapèzio, facèzia, inèzia… nei dittonghi…………….. iè…………… chièsa, dièci, ièri, mièle, vièni,cavalière… negli aggettivi in………. ènse………. forènse, dènso, immènso… ènte/o……… coerènte, cosciènte, contènto… èndo/a…….. orrèndo, stupènda, tremèndo… èvolo……….. benèvolo, malèvolo… negli infiniti in………….. èndere……..rèndere, accèndere, difèndere… nei numerali in………… èsimo……….dodicèsimo, ventèsimo, centèsimo… condizionali in………… èi/èbbe/…..vorrèi, andrèi, saprèbbe, finirèbbe…

Gli “omonimi” sono quei nomi che cambiano di significato a seconda che la “e” venga pronunciata aperta o chiusa.

Solo alcuni esempi: accétta (scure) accètta ( da accettare) affétto (affettare) affètto (sentimento) colléga (da collegare) collèga (compagno d’ufficio) ésca (cibo) èsca ( da uscire) ésse (pron. pers.plurale) èsse (lettera dell’alfabeto) légge (norma) lègge ( da leggere) pésca (pescare) pèsca (frutto) ré (sovrano) rè ( nota musicale) té (pronome) tè (bevanda) vénti (numerale) vènti (correnti d’aria)

La “O” ha sempre suono chiuso:

nelle parole che terminano in:

oce………….croce, veloce, foce, feroce, atroce, noce…17

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ogno/a…….bisogno, vergogna, cicogna, carogna… oio/a……….avvoltoio, vassoio, rasoio, feritoia, tettoia… ondo/a…… biondo, mondo, fionda, sponda, fecondo, gronda… one/a…….. bottone, cannone, abbandono, furbona, garzone… ore………….amore, aviatore, calore, dolore, tremore, terrore… oso/a………delizioso, fiducioso, astiosa, affettuoso, geloso…

La “O” ha sempre suono aperto nelle parole che terminano in: òccio……….bambòccio, cartòccio, figliòccio, carròccio… òide………..tiròide, mattòide, adenòide, antropoide òlo/a……… figliòlo, vaiòlo, stagnòla, barcaiòlo, aiuòla òrio/a……. uditòrio, dormitorio, baldòria, laboratorio òsso……….commòsso, promòsso, rimòsso, riscòsso òtto……….bassòtto, cappòtto, decotto, passerotto òzzo/a….. predicòzzo, carròzza, tinòzza, tavolòzza nel dittongo uo………… buòno, cuòre, duòmo, scuòla, suòno, suòra

La vocale O atona ha sempre suono chiuso

Alcuni omonimi con la vocale O botte (recipiente) bòtte (percosse) colto (sapiente) còlto (da cogliere) fosse ( da essere) fosse (buche) rosa (da rodere) ròsa (fiore) scopo ( da scopare) scòpo (intenzione) torre (edificio) tòrre (togliere poet.) torta (dolce) tòrta ( da torcere) volto (viso) vòlto (da volgere)

Consonante “S” La “S” si pronuncia sempre “sorda”, come in “sasso” nei seguenti casi:

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quando è doppia:.... rosso, assai, assessore. assassino… quando si trova in principio di parola seguita da vocale: sei, sopra, sono, sale… quando è preceduta da altra consonante: forse, polso, penso, morso… quando è seguita dalle consonanti: C- F – P – Q – T: scala, sfida, risposta, astio… quando è in fine di parola: caos, lapis, rebus…

La “S” si pronuncia sempre “sonora” come in “rosa” nei seguenti casi: davanti alla cons. B - sbadato, sbaglio, sbuffare, sberleffo… davanti alla cons. D - sdegno, sdentato, sdrucciolo,… davanti alla cons. G - sgabello, sguardo, sgusciato… davanti alla cons. L - slancio, slitta, sleale… davanti alla cons. M - asma, smaltire, smidollato, smagrire… davanti alla cons. N - snello, snaturato, snob, snocciolare… davanti alla cons. R - sradicare, sregolato, sragionare… davanti alla cons. V - sveglia, svenire, svogliato, svanito.. Nella maggioranza dei casi la “S” che si trova fra due vocali è sonora: asilo, asola, base, basilica, bisogno, brusio, caserma, caso, cesello, clausura, crisi, esame, esempio, marchese, miseria, muso, paese, paradiso, poesia, prosa, scusa, sposo, tesoro, viso, vaso…

CONSONANTE Z

Anche la consonante Z ha due suoni uno sordo e uno sonoro o dolce

La consonante Z è sempre “sorda” ( come in bellezza ) nei seguenti casi:19

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nelle parole che terminano in: azia/e…….grazia, disgrazia, grazie… azio………..sazio, spazio, topazio… ezio/a…….screzio, trapezio, facezia,inezia… izia/e/o… amicizia, delizia, calvizie, canizie, comizio, fittizio… ozio………. negozio, ozio, sacerdozio… uzia/e…….astuzia, arguzia, minuzia, balbuzie… ezza……….bellezza, bruttezza, debolezza… ozza……….carrozza, piccozza, tinozza… uzzo……….merluzzo, spruzzo, struzzo… La consonante Z è sempre “sonora” (come in bizzarro) nelle terminazioni seguenti: izzare……elettrizzare, sintetizzare, sonorizzare… izzire…….imbizzire, intirizzire… izzatore…vaporizzatore, sonorizzatore… Quando sta in fine di parola: Suez, selz, fez…

Consonanti doppie la differenza di pronuncia tra consonanti semplici e doppie è assai spiccata e può comportare anche differenza di significato, come si può vedere nei seguenti esempi: gala-galla / pala-palla / eco –ecco/ caro – carro/ casa – cassa/ fato – fatto / pena – penna / seno – senno / mola – molla / loto – lotto / moto – motto / copia – coppia/ ano – anno /tufo – tuffo / nono- nonno /cane – canne / capéllo – cappèllo /

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