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Tratto da : GIANCARLO NOVELLI, Compendio di diritto internazionale privato e processuale, Napoli, Simone, 2013. GIANLUCA NAVONE, Appunti di diritto internazionale privato in http://www.dirittoepiemonte.it/articoli/inernaz_privato_s tamp.htm . CAPITOLO 1. NOZIONE DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO. Il termine diritto internazionale privato indica il complesso delle norme giuridiche dello Stato che regolano quei rapporti privatistici che presentano elementi di estraneità rispetto ad esso ovvero di transnazionalità. es. matrimonio celebrato in Italia tra cittadini francesi oppure compravendita immobiliare stipulata in Italia ma avente ad oggetto beni siti in Spagna. In presenza di questo tipo di rapporti, si determina un potenziale conflitto tra le norme dei diversi ordinamenti giuridici. Le norme di d.i.p. (diritto internazionale privato), vengono definite come quelle con cui ciascuno Stato risolve il conflitto di norme tra Stati, stabilendo in quali casi il rapporto dovrà essere disciplinato dalle proprie norme e quali invece, dovranno essere applicate norme di un diritto straniero. 1

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Tratto da :

GIANCARLO NOVELLI, Compendio di diritto internazionale privato e

processuale, Napoli, Simone, 2013.

GIANLUCA NAVONE, Appunti di diritto internazionale privato in

http://www.dirittoepiemonte.it/articoli/inernaz_privato_stamp.htm.

CAPITOLO 1. NOZIONE DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO.

Il termine diritto internazionale privato indica il complesso delle norme giuridiche dello

Stato che regolano quei rapporti privatistici che presentano elementi di estraneità rispetto ad esso

ovvero di transnazionalità.

es. matrimonio celebrato in Italia tra cittadini francesi oppure compravendita

immobiliare stipulata in Italia ma avente ad oggetto beni siti in Spagna.

In presenza di questo tipo di rapporti, si determina un potenziale conflitto tra le norme dei diversi

ordinamenti giuridici.

Le norme di d.i.p. (diritto internazionale privato), vengono definite come quelle con cui ciascuno

Stato risolve il conflitto di norme tra Stati, stabilendo in quali casi il rapporto dovrà essere

disciplinato dalle proprie norme e quali invece, dovranno essere applicate norme di un diritto

straniero.

Per alcuni autori, sembra inesatta la locuzione Diritto Internazionale Privato, in quanto le

disposizioni che ne fanno parte, sono norme di diritto interno, al pari di tutte le altre che ciascuno

Stato emana in campo civile, penale , commerciale ecc..

Per questo, taluni autori, parlano di diritto interno in materia internazionale, per evidenziare che

tali norme, interne dal punto di vista della fonte di produzione e dell’ambito di applicazione,

sono destinate a regolare rapporti e fattispecie che sono collegati ad una pluralità di Stati.

Tra i giuristi che hanno dato un contributo decisivo allo sviluppo degli studi

internazionalprivatistici, spiccano i nomi di STORY – SAVIGNY – MANCINI.

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(o) Story :

- si deve a lui la denominazione di “diritto internazionale privato”

- ha individuato il fondamento dell’applicazione delle norme straniere nel rispetto reciproco degli

Stati dei propri ordinamenti giuridici.

(o) Savigny :

- sottolinea l’importanza di stabilire il criterio in funzione del quale i vari tipi di rapporto possono

essere ricondotti ad un sistema giuridico rispetto ad un altro.

(o) Mancini :Per questo autore, il problema fondamentale della disciplina, consiste nella ricerca di principi in

base ai quali si può decidere quale legislazione debba applicarsi a ciascuna specie di rapporti di

diritto

Mancini individua 3 criteri:

1) Criterio della Nazionalità per la disciplina dei rapporti di famiglia – persone e

successioni

2) Criterio di libertà in cui il legislatore riconosce di non avere interesse nell’introdurre

limitazioni all’esercizio della libertà lecita ed inoffensiva dello straniero

3) Criterio di sovranità che opera quando gli stranieri, vengono assoggettati ad es. alle leggi

penali.

LEGGE SUL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO.

Il sistema italiano di diritto internazionale privato, è stato costituito per lungo tempo, e fino

all’approvazione della legge del 31 maggio 1995 , n. 218, da un numero piuttosto esiguo di fonti

normative

Il nucleo fondamentale era rappresentato dagli artt. 17-31 dalle disposizioni sulla legge

in generale premesse al codice civile.

La l. 218/95 , consta di 74 articoli, e si pone come un vero e proprio codice, per la prima volta

raccolto in un unico testo di legge, del diritto internazionale privato e processuale italiano.

La struttura della legge fondamentale del diritto internazionale privato italiano si articola in 4

gruppi funzionali di norme :

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(1° gruppo). Titolo I : Artt. 1 e 2:

Stabilisce e delimita la sfera di operatività della legge.

Complementare a tale finalità , è l’art. 73, che prevede l’abrogazione di norme preesistenti sparse

tra le preleggi, il codice civile e il codice di procedura civile.

(2° gruppo). Titolo II: artt. 3-12:

Disciplinano lo svolgimento del processo civile quando lo stesso coinvolge persone , fatti, atti ,

beni o provvedimenti che presentano elementi di estraneità o punti in contatto con ordinamenti

giuridici diversi da quello in cui si svolge il processo.

(3° gruppo): Titolo III: artt. 13-63:

è costituito dalle norme di conflitto, le quali per le diverse tipologie di rapporti, stabiliscono a

quale ordinamento giuridico fare riferimento.

(4° gruppo): Titolo IV: artt. 64-71:

Regola le condizioni e procedure alle quali è subordinato il riconoscimento dell’efficacia nel

nostro paese di sentenze e di atti stranieri.

CAPITOLO 2. NOZIONE, OGGETTO, E FUNZIONE DEL DIRITTO

INTERNAZIONALE PRIVATO.

In tutti gli ordinamenti statali, esistono fatti e rapporti giuridici che non sono collegati

esclusivamente con lo Stato, ma presentano elementi di estraneità rispetto ad esso.

es. nel caso di un matrimonio celebrato in Portogallo tra cittadini italiani.

Possiamo distinguere :

- elementi di collegamento la cittadinanza dei nubendi

- elementi di estraneità luogo di celebrazione del matrimonio.

Oggetto delle norme di diritto internazionale privato è la regolamentazione dei fatti che

presentano, rispetto allo Stato, elementi di estraneità.

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In base alla maggiore o minore rilevanza dell’elemento di estraneità , l’ordinamento di uno Stato

può atteggiarsi in maniera diversa:

1) L’ordinamento interno , considera l’elemento di estraneità così rilevante da disinteressarsi

completamente della regolamentazione giuridica

2) L’ordinamento interno, non considera rilevante l’elemento di estraneità quindi il

rapporto viene disciplinato interamente dall’ordinamento, come se l’elemento di estraneità

non esistesse.

3) Può accadere, che l’elemento di estraneità agisca nel senso di determinare l’ordinamento ad

assegnare al fatto una disciplina giuridica particolare.

IL RICHIAMO O IL RINVIO.

Quando sorge la necessità di applicare alla fattispecie che presenta l’elemento di estraneità, una

disciplina giuridica specifica, il legislatore può scegliere tra 2 strumenti giuridici diversi :

(1) Può predisporre direttamente la disciplina materiale del fatto, applicando gli

adeguamenti resi necessari da gli elementi di internazionalità del rapporto

a. Caso delle norme 8-9-10 del codice penale che regolano direttamente la materia dei

delitti commessi all’estero.

(2) l’ordinamento può (anziché dettare l’esatta regolamentazione della fattispecie con elementi

di estraneità) disporre l’applicazione delle norme che per quel determinato rapporto,

hanno vigore nell’ordinamento dello Stato estero con il quale la fattispecie è collegata

Il problema della disciplina giuridica di questi rapporti con elementi di estraneità, viene risolto con

un richiamo o rinvio a norme di altri ordinamenti statali.

Quindi :

Il meccanismo del richiamo o del rinvio, indica il modo più tipico di funzionamento della norma

di diritto internazionale privato, che di fronte ad una fattispecie con elementi di estraneità, richiama

per la sua regolamentazione giuridiche, norme di un ordinamento straniero.

FONTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO.

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- Fonti interne l. 218/95

- fonti internazionali numerosi trattati internazionali cui l’Italia ha aderito, che dettano

regole uniformi di diritto internazionale privato

- fonti comunitarie rappresentate dai regolamenti con i quali l’Unione Europea, sta

dettando norme uniformi di diritto internazionale privato e processuale.

- Fonti consuetudinarie discusso il ruolo della lex mercatoria , cioè quel sistema di

norme e regole nate spontaneamente per regolare alcuni settori commerciali.

Gerarchia delle fonti:

nella stessa legge 218/95 è prevista la prevalenza delle norme contenute nelle Convenzioni

internazionali in vigore per l’Italia.

CAPITOLO 3. STRUTTURA DELLA NORMA DI D.I.P..

La struttura della norma di dip si articola in due elementi :

1° elemento la norma descrive in maniera astratta , i fatti che intende disciplinare. cioè per

categorie

2° elemento il secondo elemento caratteristico della struttura della norma di diritto internazionale

privato è il criterio di collegamento ovvero quell’aspetto del rapporto che conferisce allo stesso

carattere di estraneità rispetto all’ordinamento interno e che il legislatore prende in

considerazione ai fini della individuazione dell’ordinamento straniero da richiamare

(ad esempio, cittadinanza, luogo in cui le cose si trovano, il luogo in cui deve essere eseguita

la prestazione, la volontà manifestata dalle parti).

a) Indicazione per categorie.

L’indicazione per categorie dei rapporti che si intendono disciplinare con quella norma, pone il

problema che rappresenta una delle più tradizionali problematiche internazional-privatistiche, e cioè

il problema delle qualificazioni.

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Ci si domanda se il significato di tali categorie debba essere interpretato alla luce

dell’ordinamento interno, cui appartengono le norme di diritto internazionale privato o alla stregua

degli ordinamenti stranieri cui si fa rinvio.

Il problema delle qualificazioni è risolto in dottrina in modo diverso:

-secondo un primo orientamento, sicuramente maggioritario (VITTA; MORELLI;

BALLARINO), le espressioni tecnico-giuridiche utilizzate dalle norme di diritto internazionale

privato vanno interpretate alla stregua della lex fori, ovvero dell’ordinamento cui appartengono le

stesse norme di diritto internazionale privato

(trattandosi di norme italiane, deve determinarsi in base alle regole della lex fori il luogo

dove si è verificato l’evento da cui ha avuto origine l’obbligazione);

- di diverso avviso sono coloro per i quali tali espressioni vanno interpretate alla stregua della lex

causa, ovvero dell’ordinamento straniero al quale la norma di diritto internazionale privato

rinvia.

si è osservato che le norme interne di diritto internazionale privato sono pur sempre norme interne

dello Stato!

La teoria della lex fori è oggi, anche in giurisprudenza, prevalente.

Essa, tuttavia, tende ad essere applicata con alcuni correttivi.

In particolare, secondo la teoria della doppia qualificazione, una volta individuata alla stregua

della lex fori, la norma di diritto internazionale privato cui fare riferimento, le successive

interpretazioni ed applicazioni (cd. seconda qualificazione) andranno svolte alla luce della lex

causae.

La teoria della doppia qualificazione sembra trovare fondamento positivo nell’art. 15 della legge

218/1995, in base al quale: “la legge straniera è applicata secondo i propri criteri di

interpretazione e di applicazione nel tempo ”.

b) Il criterio di collegamento.

Il criterio di collegamento indica quella circostanza di un rapporto che è utilizzata dal diritto

internazionale per porre in collegamento la vicenda con uno o più stati esteri.

Nel nostro sistema, il criterio di collegamento fondamentale è quello della cittadinanza.

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vengono infatti, regolate in conformità a tale criterio le questioni che si riferiscono :

- allo stato e capacità delle persone

- i rapporti di filiazione

- le successioni mortis causa

- le donazioni

- tutela delle persone incapaci.

In alcune materie però, sono stati preferiti anche criteri di collegamento diversi come :

- quello del luogo in cui è avvenuto il fatto in tema di obbligazioni extra contrattuali

- quello del luogo in cui il bene si trova, in tema di diritti reali

- quello del luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione

- quello della volontà manifestata dalle parti

Si parla di concorso di criteri di collegamento quando la norma di dip, indica più criteri di

collegamento:

- si ha concorso successivo , quando vi è un rapporto sussidiario dei criteri enucleati. Se

manca il primo, opera il secondo.

o Caso art. 26. 218/95 la promessa di matrimonio e le conseguenze della sua

violazione sono regolate dalla legge nazionale comune di nubendi o in mancanza

dalla legge italiana.

- si ha concorso alternativo di criteri di collegamento quando la norma di dip, non

stabilisce un rigoroso ordine di preferenza, ma si può scegliere il criterio che risulti più

pratico

o caso art. 35 218/95 a proposito del riconoscimento del figlio naturale, impone la

ricerca della legge più favorevole alla effettuabilità del riconoscimento

- si ha un concorso cumulativo di criteri di collegamento quando il criterio di

collegamento indicato, richiama di fatto due o più ordinamenti diversi.

CAPITOLO 4. FUNZIONAMENTO DELLA NORMA DI D.I.P..

IL RINVIO (OLTRE-INDIETRO).

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In linea di principio, quando la norma di diritto internazionale privato rinvia ad un ordinamento

straniero:

questo deve intendersi richiamato nel suo complesso in virtù del principio della

globalità o integrità del richiamo.

Ci si chiede, però, se questo principio debba valere anche in riferimento alle norme di diritto

internazionale privato dell’ordinamento richiamato.

In applicazione dell’art. 46 della legge 218/1995, ad esempio, la successione mortis causa del

cittadino boliviano deceduto in Italia, deve essere regolata dalla legge nazionale del de

cuius anche se i beni dall’asse ereditario si trovano in Italia;

supponiamo, però, che l’ordinamento boliviano contenga una norma di diritto internazionale

privato che, in materia di successione, adotti il criterio di collegamento del luogo di situazione

della cosa.

In questo caso, i beni dell’asse ereditario si trovano nel territorio italiano e si avrà pertanto

un’ipotesi di rinvio indietro o di primo grado della lex fori;

se, invece, i beni dell’asse ereditario fossero ex ipotesi situati in un paese terzo (come ad. es. in

Francia), ci troveremmo di fronte ad un caso di rinvio oltre o di secondo grado.

Un argomento frequentemente apposto all’accettazione del rinvio era che esso conduce ad un 

pellegrinaggio senza fine.

In realtà, questo argomento cadeva una volta che l’ordinamento avesse elaborato una

propria norma di concretizzazione idonea a porre fine a questo eterno moto pendolare.

Nel sistema vigente anteriormente al 1995 la soluzione “anti-rinviistica” veniva accolta dall’art.

30 delle preleggi (oggi abrogato) che sanciva un vero e proprio divieto di rinvio.

La prospettiva è radicalmente cambiata in seguito alla riforma del diritto internazionale privato.

L’art. 13 della legge 218/1995:

a) ha ammesso il rinvio indietro alla lex fori;b) ha ammesso il rinvio oltre solo se definitivo, cioè se non porta ad un ulteriore rinvio da parte

dell’ordinamento rinviato.

Ciò avviene quando il diritto dello stato rinviato accetta il rinvio.

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ACCERTAMENTO DEL DIRITTO STRANIERO E L’EVENTUALE

MANCATA INDIVIDUAZIONE DELLO STESSO.

L’art. 14 della legge 218/1995 ha affermato che anche per le norme di diritto internazionale

privato vale il principio iura novit curia, nel senso che spetta al giudice, come dovere d’ufficio

conoscere o procurarsi la conoscenza del diritto straniero.

Nell’adempiere tale dovere è previsto che il giudice possa avvalersi di esperti o di istituzioni

specializzate;

se, nonostante ciò il contenuto del diritto straniero non può essere accertato (art. 14, II°comma),

questi potrà applicare quello eventualmente richiamato da altri criteri di collegamento previsti

dalle norme di diritto internazionale privato;

e se infine, neppure questo è possibile, allora si potrà fare riferimento alla lex fori ovvero si

applicherà il diritto italiano.

 

 LIMITI ALL’APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO RICHIAMATO

DALLE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO. 

Norme di applicazione necessaria. 

Un primo limite al normale funzionamento delle norme di diritto internazionale privato è

rappresentato dalla presenza di norme cosiddette ad applicazione necessaria.

ossia di norme che, perseguendo scopi particolarmente importanti per lo Stato che le ha

emanate, trovano applicazione anche quando, in base alle norme di diritto internazionale

privato , si doveva applicare il diritto straniero. .

Un esempio “classico” può essere utile a chiarire i termini della questione.

L’art. 27 della L. 218/95 stabilisce che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre

matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio.

L’art. 116, 2° co. cod. civ., tuttavia, dispone che una serie di impedimenti matrimoniali italiani

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(quali quelli previsti dall’art. 86 come la libertà di stato) sono necessariamente applicabili quando

uno straniero intende sposarsi in Italia (anche, quindi, se la legge nazionale dello straniero

consente la poligamia).

Per effetto della riforma del 1995 la categoria delle norme ad applicazione necessaria, di origine

puramente dottrinale, ha trovato un solido fondamento normativo.

L’art. 17 della L. 218/95 dispone in proposito: “è fatta salva la prevalenza sulle disposizioni di

diritto internazionale privato, delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del

loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera”.

La giurisprudenza ha qualificato come norme ad applicazione necessaria ad es.,:

le norme della legislazione antitrust che vietano certi accordi restrittivi della concorrenza;

le norme che subordinano l’esercizio di un’attività professionale all’iscrizione all’albo;

le norme che regolano imperativamente certi aspetti del contratto di lavoro (es. diritto alla

tredicesima) etc.

 

L’ordine pubblico. 

L’ordine pubblico costituisce un limite tradizionale all’applicazione della legge richiamata dalle

norme di diritto internazionale privato.

Esso ha lo scopo di evitare l’inserimento nel diritto interno di leggi straniere contrastanti con i

principi fondamentali del nostro ordinamento.

Si è detto che il rinvio al diritto straniero operato dalle norme di diritto internazionale privato

costituisce un “salto nel buio”; mentre l’ordine pubblico costituisce, per così dire, “il paracadute” o

la “rete di sicurezza”.

La nozione di ordine pubblico e l’individuazione dei principi che lo costituiscono hanno sempre

rappresentato un problema per la teoria del diritto internazionale privato.

La sua relatività storica, unitamente all’assenza di una qualsiasi, seppure implicita, definizione

normativa, rende la norma in esame tra le più inquisite sotto il profilo della determinatezza.

Con l’avvento dell’era repubblicana, in particolare, si è fatta progressivamente strada l’idea che

bisogna fare capo essenzialmente alla Costituzione per trovare i valori e i principi fondamentali

dell’ordinamento giuridico.

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In quest’ottica, l’ideale di uguaglianza, solidarietà, la stessa tutela della persona umana e

l’affermazione delle libertà civili, politiche e religiose emergono come elementi di fondo

caratterizzanti l’intero sistema.

A titolo di esemplificazione casistica si può ricordare che sono state ritenute contrarie all’ordine

pubblico internazionale italiano:

a) lo scioglimento del matrimonio per divorzio (fino al 1970);

b) l’esistenza di diritti di credito non prescrittibili;

c) il ripudio unilaterale della moglie;

d) il divieto del matrimonio tra cittadini di razza o religione diversa.

L’ordine pubblico di cui all’art. 16 della L. 218/95 è quello che si suole tradizionalmente definire

come ordine pubblico“internazionale” per distinguerlo dall’ordine pubblico “interno”. La

distinzione tra l’uno e l’altro è posta, in primo luogo, con riferimento alla funzione:

- L’ordine pubblico internazionale ha carattere eccezionale; esso costituisce una eccezione

al normale funzionamento delle norme di diritto internazionale privato.

- L’ordine pubblico interno, invece, non ha nulla di eccezionale, costituendo (insieme al

buon costume ed alle norme imperative ex art. 1343 cod. civ.) un limite normale alla

libertà negoziale, ovvero alla facoltà dei privati di autoregolamentare i propri interessi.

E’ osservazione comune, inoltre, che l’ordine pubblico internazionale ha un contenuto più

ristretto dell’ordine pubblico interno.

Si pensi a due cerchi concentrici: quello più largo racchiude i principi dell’ordine pubblico

interno, quello dal raggio più corto racchiude i principi dell’ordine pubblico internazionale.

 

La costituzionalità della norma straniera. 

Un ulteriore limite all’applicazione della legge straniera richiamata dalle norme di diritto

internazionale privato, può derivare dal contrasto con norme di rango costituzionale.

A questo proposito ci si chiede:

a) se sia consentito al giudice italiano di rilevare il contrasto tra la norma straniera e la

Costituzione italiana;

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 b) se sia consentito al giudice italiano di rilevare il contrasto tra la norma straniera ed i principi

costituzionali di provenienza.

Quanto alla questione sub a), il potere del giudice italiano di non applicare norme straniere

contrastanti con la Costituzione italiana trova fondamento normativo nella disposizione dell’art. 16

L. 218/1995 che esclude l’applicazione di norme straniere i cui effetti si rivelino contrari

all’ordine pubblico.

Quest’ultimo, infatti, deve senz’altro ritenersi comprensivo dei principi fondamentali sanciti

dalla Carta costituzionale.

Più problematica si presenta la questione sub b), ovvero se sia consentito al giudice italiano

esercitare il controllo di costituzionalità della norma straniera secondo i principi costituzionali

dell’ordinamento di provenienza.

Per quanto controverso, tale possibilità è generalmente ammessa se nell’ordinamento straniero è

previsto un controllo di legittimità costituzionale diffuso (cioè rimesso ai vari organi del

potere giudiziario e con effetti limitati inter partes);

invece, se il controllo è accentrato (cioè affidato ad un giudice ad hoc, qual è in Italia la

Corte Costituzionale), si ritiene preclusa al giudice italiano la possibilità di esercitare un potere

non previsto nell’ordinamento straniero richiamato

(solo che in questo caso il giudice italiano non potrà neppure sollevare la questione di

legittimità dinanzi al giudice delle leggi straniero in qualità di giudice a quo) (Quadri, De

Nova).

Merita osservare, tuttavia, che non mancano voci autorevoli (Ballarino) che negano in ogni caso

la possibilità del giudice italiano di sindacare la legittimità costituzionale del diritto straniero

secondo i principi costituzionali dell’ordinamento di provenienza.

 

Condizione di reciprocità. 

Ulteriore limite all’applicazione del diritto straniero richiamato dalle norme di diritto internazionale

privato è rappresentato dalla cosiddetta condizione di reciprocità, ovvero quel meccanismo con il

quale l’efficacia del richiamo al diritto straniero viene subordinata alla verifica della reciprocità

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e cioè del fatto che in analoghe circostanze, l’ordinamento straniero avrebbe fatto rinvio, nel nostro

caso, all’ordinamento italiano.

L’unico caso di reciprocità, nel sistema italiano è quello previsto dall’art. 5, 2° co., del codice

della navigazione.

Tale norma subordina alla condizione di reciprocità l’operatività del criterio di collegamento

della legge nazionale della nave o dell’aeromobile (legge di bandiera) per la disciplina degli

atti o fatti compiuti nel territorio sottoposto alla sovranità italiana.

E’ stato invece abrogato il discusso art. 16 delle preleggi: “Lo straniero è ammesso a godere dei

diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità”.

Art. 13 , l. 218/95 Rinvio.

Comma 1: Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto

del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato:

a) se il diritto di tale Stato accetta il rinvio;

b) se si tratta di rinvio alla legge italiana.

Comma 2 L'applicazione del comma 1 è tuttavia esclusa:

- della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate

- riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti;

La cittadinanza.

Nel nostro paese, come nella maggior parte degli ordinamenti giuridici continentali, la

cittadinanza resta il criterio di collegamento per eccellenza (nei paesi anglosassoni prevale,

invece, il domicilio), valido per l’individuazione delle norme da applicare agli aspetti

fondamentali delle persone (capacità e diritti delle persone fisiche).

Ne consegue che le norme sulla cittadinanza, pur non essendo norme di diritto internazionale

privato in senso tecnico, sono ad esse strettamente correlate.

Oggi in Italia la cittadinanza è disciplinata è disciplinata dalla L. 5 febbraio 1992, n. 91, che ha

sostituito l’obsoleta disciplina del 1912.

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Alla stregua della disciplina vigente la cittadinanza si acquista:

1) per ius sanguinis, ovvero per nascita da madre o padre italiani anche in caso di nascita

avvenuta all’estero.

2) per ius soli (di carattere residuale), il figlio di genitori apolidi o ignoti nati nel territorio della

Repubblica.

3) per iuris communicatio, lo straniero o l’apolide che contrae matrimonio con un cittadino o

una cittadina italiano/a acquista, a sua volta, la cittadinanza se residente da almeno 6 mesi in Italia

ovvero se il matrimonio continua, senza scioglimento, annullamento o separazione personale, per

almeno tre anni. Si è inteso, in tal modo, evitare la celebrazione di matrimoni di comodo (vd.

simulazione del matrimonio ex art. 123 cod. civ.).

4) per naturalizzazione, può essere concessa con D.P.R. allo straniero che risiede in Italia da un

certo numero di anni (3 anni se cittadino comunitario; 10 se extracomunitario).

STATO E CAPACITA’ DELLE PERSONE.

Per stato di una persona , si intende , la posizione giuridica che questa occupa in una società

organizzata ad ordinamento giuridico con conseguente titolarità di diritti ed obblighi.

Si è già detto che la cittadinanza è il criterio di collegamento per eccellenza per tutto ciò che

attiene alla capacità (giuridica e d’agire) ed ai diritti delle persone fisiche.

Capacità giuridica delle persone fisiche.

astratta idoneità del soggetto ad essere titolare di diritti e di doveri

è regolata  dalla legge nazionale della persona .

Per quanto riguarda il momento dell’acquisto della capacità giuridica esso coincide, nella

stragrande maggioranza delle legislazioni nazionali, con il momento della nascita.

Vi sono però delle eccezioni: ad es., secondo il diritto spagnolo (art. 30 Còdigo Civil) il

neonato acquista la capacità soltanto dopo essere vissuto 24 ore distaccato dalla madre (se

muore medio tempore questi non riceve la disposizione testamentaria fatta a suo favore).

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Capacità d’agire delle persone fisiche.

  attitudine del soggetto a disporre della propria sfera giuridica con atti di volontà

è anch’essa regolata dalla legge nazionale della persona   (art. 23 L. 218/95).

Tuttavia, in ossequio al principio di conservazione degli effetti degli atti giuridici ed a quello della

tutela dell’affidamento dei terzi, è previsto che se lo straniero contrae in Italia, e

dall’ordinamento italiano è considerato capace di agire, l’incapacità (e la conseguente invalidità

dell’atto) derivante dall’applicazione del diritto nazionale può essere fatta valere solo se l’altra

parte conosceva o avrebbe dovuto conoscerla adoperando l’ordinaria diligenza.

Scomparsa, assenza e morte presunta, sono regolati dall’ultima legge nazionale della

persona (art. 22 L. 218/95).

Sussiste la giurisdizione italiana solo :

- se l’ultima legge nazionale della persona era quella italiana

- se l’ultima residenza della persona era in Italia

- se l’accertamento della scomparsa, dell’assenza o della morte presunta può produrre

effetti giuridici nell’ordinamento italiano.

ex art. 21 l.218/95, quando occorre stabilire la sopravvivenza di una persona ad un'altra e non

consta quale di esse sia morta prima, il momento della morte si accerta in base alla legge regolatrice

del rapporto rispetto al quale l'accertamento rileva.

Interdizione e inabilitazione. 

Gli istituti di tutela degli incapaci maggiori di età restano, anche con al riforma del 1995 ,

disciplinati dalla legge nazionale dell’incapace.

Completamente modificata è, invece, la regolamentazione internazional-privatistica degli istituti di

protezione dei minori non sottoposti alla potestà dei genitori.

L’art. 42 L. 218/95, rinviando alla convenzione dell’Aja del 1961, ha sostituito il criterio della

nazionalità del minore con quello del luogo di residenza del minore.

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La legge nazionale del soggetto, regola anche l’esistenza ed il contenuto dei diritti della

personalità (art. 24 L. 218/95), ovvero quelli che hanno ad oggetto gli attributi essenziali della

persona (diritto all’integrità fisica, al nome, all’immagine etc.).

- Tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge

applicabile a tale rapporto.

- Le conseguenze della violazione di tali diritti, sono regolate dalla legge applicabile alla

responsabilità per fatti illeciti.

Le persone giuridiche.

L’art. 25 L. 218/95 pone una norma di conflitto ad hoc per i soggetti di diritto diversi dalle

persone fisiche, quale che sia la loro natura ed il loro fine, ivi compresi gli enti non riconosciuti

come persone giuridiche

(ex art. 25: “ Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente ...”).

Il criterio di collegamento prescelto è rappresentato dal luogo di costituzione (per cui gli enti sono

disciplinati dalla legge del luogo in cui si è perfezionato il procedimento di costituzione).

Tuttavia, si applica la legge italiana:

a) se la sede amministrativa è situata in Italia;

b) se in Italia vi è l’oggetto principale dell’attività.

Forma degli atti.Non esiste una disposizione di carattere generale.

- Specifiche norme sono dettate per alcune categorie di atti.

es. per il testamento o per il matrimonio.

Pubblicità dell’atto.

- L’art. 55 della l.218/95 , stabilisce che la pubblicità degli atti di costituzione ,

trasferimento ed estinzione dei diritti reali è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene

si trova al momento dell’atto.

Per quanto riguarda le forme di pubblicità relative ad atti diversi dai diritti reali, sembra

preferibile la tesi dell’applicazione della legge del luogo in cui è radicato l’interesse a conoscere

dell’atto stesso.

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RAPPORTI DI FAMIGLIA.

Il matrimonio. La legge di riforma del sistema di diritto internazionale privato, dedica ampio

spazio alla materia. Il che appare ampiamente giustificato in considerazione del numero sempre

crescente di matrimoni celebrati tra cittadini di diversa nazionalità.

La promessa di matrimonio. 

Suscita qualche sorpresa la previsione, nella legge di riforma, di una disposizione ad hoc per

l’istituto alquanto anacronistico della promessa di matrimonio. 

Ex art. 26: “la promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla

legge comune dei nubendi o, in mancanza, dalla legge italiana”,

Capacità e condizioni per contrarre matrimonio.

In generale, ex art. 27 L. 218/95, la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre

matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascuno dei nubendi.

Pertanto, se i nubendi hanno nazionalità diversa, le condizioni per contrarre matrimonio (ad es.

limite minimo di età, impedimenti, autorizzazioni etc.), devono essere verificate per ciascun

soggetto alla luce delle rispettive leggi nazionali (è questo un caso di applicazione disgiunta delle

leggi nazionali).

La regola della legge nazionale dei coniugi soffre, nel sistema italiano, di una significativa

eccezione.

L’art. 116 cod. civ., stabilisce infatti che anche il cittadino straniero che intende contrarre

matrimonio in Italia, deve in ogni caso rispettare le condizioni poste da alcune norme italiane.

Si tratta degli artt. 85 (divieto di matrimonio per l’interdetto), 86 (libertà di stato), 87

(impedimenti derivanti da parentela ed affinità).

Si è già detto che l’art. 116 cod. civ. è una tipica norma ad applicazione necessaria, giacche essa

esprime principi irrinunciabili del diritto matrimoniale italiano.

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In applicazione del sistema descritto, lo straniero che contrae matrimonio in Italia deve presentare

un duplice ordine di requisiti:

in primis, quelli fissati dalla propria legge nazionale; di poi, quelli inderogabilmente richiesti

dall’art. 116 cod. civ . .

La celebrazione del matrimonio. 

Secondo l’art. 28 L. 218/95:

“il matrimonio è valido, quanto alla forma (della celebrazione),

- se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione (lex loci celebrationis),

- o della legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione  

- o dalla legge dello stato di comune residenza in tale momento ”.

Il  favor validitatis che ispira la disposizione in esame si spinge fino a consentire anche la

celebrazione in conformità alla legge dello stato di comune residenza.

L’utilizzazione di quest’ultimo criterio di collegamento costituisce un’assoluta novità per il

diritto internazionale privato.

I rapporti tra coniugi (personali e patrimoniali), il divorzio e la separazione. 

I medesimi criteri di collegamento valgono per i rapporti personali tra coniugi (art. 29), per quelli

patrimoniali (art. 30), per la separazione ed il divorzio (art. 31).

Più precisamente, si applica anzitutto la legge nazionale se comune ai coniugi (anche in questa

materia il criterio della cittadinanza mantiene la sua centralità e si conferma come criterio di

collegamento per eccellenza).

Se il criterio della legge nazionale non può operare (perché i coniugi non hanno la stessa

cittadinanza), si applica l a legge del luogo in cui la vita matrimoniale è prevalentemente

localizzata (è questo un criterio di collegamento originale che lascia al giudice ampia

discrezionalità).

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Non vi è traccia, invece, del discriminatorio criterio di collegamento che attribuiva prevalenza alla

legge nazionale del marito.

FILIAZIONE ED ADOZIONE.

La filiazione. 

Il principale criterio di collegamento è rappresentato dalla legge nazionale del figlio (art. 33).

Per tal motivo, viene mantenuto fermo il principio “manciniano” della nazionalità, ma reso

coerente con i valori costituzionali sotto un duplice profilo:

1) viene ad essere rispettato il principio di uguaglianza tra genitori

a. [non è stato riproposto il discriminatorio criterio della nazionalità del padre già

dichiarato costituzionalmente illegittimo con riferimento all’art. 20 delle

preleggi (abrogato)].

2) centralità dell’interesse del figlio che è prevalente rispetto a quello degli altri membri

della famiglia.

Al principio della prevalenza dell’interesse del figlio, si ispira palesemente la norma che

consente di derogare al criterio della legge nazionale del figlio quando, applicando la legge

nazionale di uno dei genitori, possa comunque derivare un vantaggio al figlio.

- Così, per es. la legge nazionale di uno dei genitori risulta applicabile ogniqualvolta essa

disciplini la prova del concepimento in circostanza di matrimonio in termini più favorevoli

rispetto alla legge nazionale del figlio (prevedendo a tal fine delle presunzioni più

favorevoli).

Ex art. 33, lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della

nascita.

È legittimo, il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino al

momento della nascita del figlio.

Riconoscimento di figlio naturale.

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Le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del

figlio al momento della nascita, o se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il

riconoscimento nel momento in cui questo avviene.

La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale.

La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso è fatto o da quella che

ne disciplina la sostanza.

Rapporti tra genitori e figli.I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati

dalla legge nazionale del figlio.

L’adozione. 

La legge di riforma del diritto internazionale privato dedica all’adozione l’intero capo V che consta

di 4 articoli.

La particolare attenzione dedicata alla materia è ben comprensibile ove si volga lo sguardo

all’evoluzione dell’istituto nel corso degli ultimi 50 anni: il fenomeno, che ha dimensioni mondiali,

è oggi disciplinato dalla L. 184/1983 e successive modificazioni (l’ultima delle quali è stata

apportata dalla L. 28 marzo 2001, n. 149), che si applica ai minori che si trovano in condizioni di

abbandono morale e materiale, da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, non

dovute a situazioni di forza maggiore di carattere transitorio.

L’art. 38 della L. 218/95 prevede il concorso successivo dei seguenti criteri di accertamento:

1) l’adozione è regolata dal diritto nazionale dell’adottante o degli adottanti se comune ;

2) in mancanza, dalla legge dello Stato in cui gli adottanti hanno entrambi la residenza ;

3)  in fundo, dalla legge del luogo in cui la legge matrimoniale è prevalentemente localizzata .

Se però è chiesta al giudice italiano l’adozione di un minore idonea ad attribuirgli lo status di

figlio legittimo (cosiddetta adozione legittimante), trova comunque applicazione la normativa

italiana.

La L. 184/1983 rientra quindi nel novero delle norme ad applicazione necessaria.

SUCCESSIONI E DONAZIONI.

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Le successioni mortis causa (artt. 46-50 L. 218/95). 

La legge di riforma ha sostanzialmente confermato , in materia di successioni, il regime di

conflitto che ha caratterizzato il sistema di diritto internazionale privato sin dal 1865.

Il criterio di collegamento individuato dall’art. 46 è rappresentato dalla legge nazionale del   de

cuius   al tempo della morte , indipendentemente dal luogo in cui si trovano i beni dell’asse

ereditario.

In questo modo viene assicurata la realizzazione del principio di unità della successione la quale

viene regolata da un’unica legge.

- (se si seguisse, come in Francia, in Inghilterra e negli U.S.A., il sistema della lex locus rei

sitae, e il de cuius lasciasse beni in tre Paesi diversi, tre diverse discipline dovrebbero

trovare applicazione con tutti i problemi che ne conseguirebbero).

A tale criterio fondamentale, può sostituirsi la scelta del de cuius di sottoporre la successione alla

legge dello Stato in cui risiede (cosiddetta professio iuris).

La professio iuris è stata circondata da particolari limitazioni e cautele.

In particolare:

1) la scelta deve essere espressa in forma di testamento;

2) la scelta può cadere solo sulla legge dello Stato di residenza del de cuius al momento della

redazione del testamento;

3) essa è inefficace se al momento della morte il testatore non risiedeva più in tale Stato.

4) inoltre, nell’ipotesi di successione di un cittadino italiano, la scelta non può pregiudicare i

diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte

del de cuius.

La norma ha lo scopo di evitare la diseredazione attraverso l’acquisto di una residenza

all’estero.

La stessa appare tanto più opportuna in considerazione della facilità con cui è possibile ottenere la

residenza all’estero.

E’ opportuno sottolineare, inoltre, che il limite in esame è posto a vantaggio dei soli legittimari

residenti in Italia (i quali potrebbero anche non essere cittadini italiani).

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L’art. 49 della legge di riforma risolve in maniera molto pragmatica la successione dello Stato:

- qualora in base alla legge applicabile alla successione non siano stati trovati dei soggetti

successibili, i beni ereditari esistenti in Italia sono devoluti allo Stato italiano.

Il testamento (art. 48). 

Per la forma del testamento l’art. 48 prevede il concorso alternativo di tre criteri di

collegamento nell’ambito dei quali, la scelta cadrà su quello che richiama la legge che consentirà di

considerate l’atto di ultima volontà valido;

ergo la scelta avverrà in funzione dei risultati pratici cui essa conduce:

a) legge del luogo nel quale il testatore ha disposto;

b) legge nazionale del de cuius;

c) legge del luogo del domicilio o residenza.

Questa disciplina “liberale” è espressione massima del generale principio di conservazione degli

effetti degli atti giuridici

(esigenza particolarmente sentita per l’atto di ultima volontà il quale, per dirla con

un’espressione cara ai processualisti, non è un “atto ripetibile”).

L’Italia ha inoltre aderito alla convenzione di Washington sull’adozione di norme uniformi in

materia testamentaria, che delinea i requisiti di forma del testamento internazionale, la cui

validità ed efficacia è assicurata, indipendentemente dal luogo in cui è stato fatto, dalla

situazione dei beni, dalla nazionalità, dalla residenza e dal domicilio.

Patti successori.La legge italiana non contiene alcuna norma espressamente rivolta a dettare la disciplina

internazionalprivatistica dei patti successori.

Tale omissione è collegata alla circostanza che , nel nostro sistema giuridico, tali patti sono

espressamente vietati dalla legge.

Ad ogni modo, si ritiene preferibile il criterio di collegamento fissato per la materia successoria in

genere, e cioè quello alla legge nazionale del de cuius all’atto della morte.

Donazioni ( art. 56). 

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Le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante.

Il donante può, però, con espressa dichiarazione (professio iuris), sottoporre la donazione alla

legge dello Stato in cui risiede.

Inoltre, quanto alla forma, la donazione può essere regolata, se ciò ne garantisce validità ed

efficacia, oltre che dalla legge nazionale del donante anche da quella del luogo in cui l’atto è

compiuto.

I diritti reali. 

L’art. 51 della legge di riforma individuando nella lex rei sitae (l egge del luogo in cui la   res   è

situata) il criterio di collegamento per tutto quanto concerne il possesso, la proprietà e gli altri

diritti reali, ha mantenuto fermo il regime di conflitto che ha caratterizzato il sistema di diritto

internazionale privato sin dal 1865.

Il criterio di collegamento della lex rei sitae, inoltre, largamente accolta anche nei sistemi di diritto

internazionale privato stranieri.

Il criterio adottato ha il pregio di tutelare l’affidamento dei terzi i quali devono essere messi nelle

condizioni di accertare la titolarità e le prerogative del titolare sulla base di una legge facilmente

individuabile.

Tale è sicuramente la lex locus rei sitae (altrettanto, invece, non si potrebbe dire per la legge

nazionale del proprietario).

Per quanto concerne i diritti sui beni immateriali (proprietà artistica, letteraria e

industriale) si applica la legge dello stato per il quale si richiede la protezione del bene

immateriale (art. 54).

 

Le obbligazioni.

Le obbligazioni contrattuali. 

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La L. 218/1995 dedica il solo art. 57 alle obbligazioni contrattuali il quale, a sua volta, opera un

rinvio alla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni

contrattuali .

La Convenzione di Roma prevede, nei suoi 33 articoli, una disciplina rinnovata ed organica del

diritto internazionale privato, in materia contrattuale.

Il primo e principale criterio di collegamento è rappresentato dalla volontà delle parti.

Ne deriva, per i contraenti, la possibilità di designare la legge applicabile al contratto che

concludono.

Giova osservare che la designazione negoziale della legge applicabile è consentita anche per un

contratto puramente interno, che sia cioè privo di elementi di internazionalità.

In tale ipotesi, tuttavia, la scelta non può avere l’effetto di eludere l’applicazione delle norme

cogenti del paese con cui il contratto è collegato in via esclusiva.

La ratio della norma è palese: evitare che le parti di un contratto privo di elementi di

estraneità possano sfuggire all’applicazione delle norme imperative attraverso la

designazione di una legge straniera.

In mancanza di una designazione negoziale la legge applicabile al contratto deve essere

determinata con criteri obbiettivi.

Il principio generale è stabilito dall’art. 4 della Convenzione, a norma del quale il contratto è

regolato dalla legge del paese col quale presenta il COLLEGAMENTO PIU’ STRETTO  .

Tale criterio di collegamento, in virtù della sua genericità, ha il pregio di essere elastico e, quindi,

di consentire la ricerca della soluzione più rispondente alle esigenze del caso concreto.

Per ovviare a quest’ultimo difetto la Convenzione contiene delle presunzioni volte ad agevolare

l’applicazione del criterio del collegamento più stretto.

Così, ad esempio, si presume il collegamento più stretto col paese in cui la parte che deve

fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la

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propria residenza abituale o la propria sede (se si tratta di una società o di un altro tipo di

ente), cosiddetto criterio della residenza o sede del debitore.

Il riferimento alla “prestazione caratteristica”, poi, induce ad escludere che nei contratti

sinallagmatici possa venire in rilievo la residenza o la sede di chi deve eseguire una

prestazione pecuniaria che è neutra per sua stessa natura;

Nei contratti aventi ad oggetto beni immobili, il collegamento più stretto si presume con il

paese in cui il bene è situato.

Una disciplina differenziata viene riservata ai contratti conclusi dai consumatori ed ai contratti

individuali di lavoro.

In entrambi i casi, nella logica di protezione del contraente debole, viene limitata l’efficacia

del criterio della libertà di scelta che, in nessun caso, può privare il consumatore o il

lavoratore della tutela assicuratagli da norme imperative dell’ordinamento interno.

Titoli di credito.Ex Art. 59. la cambiale, il vaglia cambiario e l'assegno sono in ogni caso regolati dalle

disposizioni contenute nelle Convenzioni di Ginevra del 7 giugno 1930.

- I conflitti di legge in materia di cambiale e di vaglia cambiario sono regolati dal regio

decreto-legge 25 agosto 1932, n. 1130, convertito dalla legge 22 dicembre 1932, n. 1946, e

del 19 marzo 1931,

- I conflitti di legge in materia di assegni bancari sono regolati dal regio decreto-legge 24

agosto 1933, n. 1077, convertito dalla legge 4 gennaio 1934, n. 61.

Tali disposizioni si applicano anche alle obbligazioni assunte fuori dei territori degli Stati

contraenti e allorchè esse designino la legge di uno Stato non contraente.

Gli altri titoli di credito sono regolati dalla legge dello Stato in cui il titolo è stato emesso. Tuttavia

le obbligazioni diverse da quella principale sono regolate dalla legge dello Stato in cui ciascuna è

stata assunta.

Negozi unilaterali (ad es. promessa al pubblico). 

Le obbligazioni derivanti da promesse unilaterali, ai sensi dell’art. 58 L.218/95, sono disciplinate

dalla legge del luogo in cui la promessa viene manifestata.

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Rappresentanza volontaria.

La rappresentanza volontaria è regolata dalla legge dello Stato in cui il rappresentante ha la

propria sede d'affari sempre che egli agisca a titolo professionale e che tale sede sia conosciuta o

conoscibile dal terzo.

- In assenza di tali condizioni si applica la legge dello Stato in cui il rappresentante esercita

in via principale i suoi poteri nel caso concreto.

L'atto di conferimento dei poteri di rappresentanza è valido, quanto alla forma, se considerato tale

dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato in cui è posto in essere.

Obbligazioni ex lege. 

La gestione di affari altrui, l’arricchimento senza causa, il pagamento dell’indebito e le altre

obbligazioni legali, sono sottoposti alla legge dello Stato in cui si è verificato il fatto da cui

deriva l’obbligazione (art. 61 L. 218/95).

Così, ad esempio, l’obbligo di restituire un pagamento non voluto sarà disciplinato dalla

legge del luogo in cui è stato ricevuto l’indebito.

 

Le obbligazioni da fatto illecito (art. 62 L. 218/95). 

Nel previgente sistema le obbligazioni da fatto illecito erano disciplinate dalla “legge del luogo in

cui è avvenuto il fatto” (art. 25, 2° co., preleggi).

Al che ci si chiedeva se “il luogo del fatto” fosse quello della condotta (azione o omissione) o

quello in cui si verifica l’evento dannoso.

Il che, evidentemente, assumeva un rilievo pratico in tutti i casi di dissociazione territoriale tra

luogo dell’azione e luogo dell’evento (es. pacco bomba viene spedito dall’Italia verso la Francia).

Questo problema interpretativo deve ritenersi definitivamente superato a seguito dell’entrata in

vigore dell’art. 62 a norma del quale la legge applicabile, in linea di principio è quella del luogo in

cui si è verificato l’evento. questa soluzione ha lo scopo di favorire il danneggiato che, di regola,

potrà fare affidamento sulla propria legge nazionale.

La seconda parte dell’art. 62, riconosce al danneggiato una facoltà di opzione:

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questi, qualora lo ritenga più conveniente, può optare per l’applicazione della legge del luogo in

cui si è svolta la condotta.

Tuttavia, se danneggiante e danneggiato sono cittadini del medesimo stato e sono in esso

residenti, si applica la legge di tale stato.

Responsabilità extracontrattuale per danno da prodotto.

La responsabilità per danno da prodotto è regolata, a scelta del danneggiato,

1) dalla legge dello Stato in cui si trova il domicilio o l'amministrazione del produttore,

2) oppure da quella dello Stato in cui il prodotto è stato acquistato, a meno che il produttore

provi che il prodotto vi è stato immesso in commercio senza il suo consenso.

Cenni di diritto internazionale processuale. 

In linea generale lo svolgimento del processo, anche quando questo presenta elementi di estraneità

o di collegamento con altri ordinamenti, resta disciplinato dalla lex fori, dalla legge dello Stato in

cui il processo si svolge.

Tale principio è specificatamente confermato dall’art. 12 L. 218/95, che stabilisce che il processo

civile che si svolge in Italia è regolato (a prescindere dalle norme sostanziali che vengono

applicate) dalla legge italiana.

La giurisdizione. 

Il criterio fondamentale alla stregua del quale veniva risolto, nel previgente sistema di diritto

internazionale privato, il problema della sussistenza o meno del giudice italiano, nel caso di

controversie caratterizzate da elementi di estraneità, era quello della cittadinanza del convenuto.

La cosiddetta giurisdizione internazionale del giudice italiano sussisteva sempre quando il

convenuto era un cittadino italiano.

Nel sistema attuale, la cittadinanza del convenuto è scomparsa come criterio generale di

giurisdizione internazionale (sopravvive, però, come criterio speciale in alcune particolari materie

quali, ad es., la filiazione, l’adozione).

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Ai sensi dell’art. 3 della L. 218/95 che individua tre criteri alternativi, la giurisdizione italiana

sussiste quando:

a) il convenuto è domiciliato in Italia;

b) il convenuto è residente in Italia;

c) Il convenuto ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio (es. institore,

procuratore generale) ai sensi dell’art. 77 cod. proc. civ. e negli altri casi previsti dalla legge.

Ex art. 4 della legge di riforma, quando non vi sia giurisdizione in base all’art. 3, essa nondimeno

sussiste se le parti l’abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per

iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione. 

Ex art. 5 la giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni

immobili situati all’estero.

A questi criteri di carattere generale se ne affiancano molti altri previsti dalle norme sulla

giurisdizione della Convenzione di Bruxelles del 1968 (così, ad esempio, per i fatti illeciti è

competente il giudice del luogo in cui è avvenuto l’evento dannoso).

 

Il riconoscimento delle sentenze civili straniere. 

Con l’entrata in vigore della L. 649/1996, è diventata definitivamente operante la nuova disciplina

sul riconoscimento delle sentenze straniere contenuta  negli artt. 64 e ss. della L. 218/1995.

Il nuovo sistema, in particolare, prevede l’automatico riconoscimento delle sentenze civili

straniere, senza che occorra (come era in passato) il preventivo giudizio di delibazione da parte

della Corte di Appello purché ricorrano i requisiti analiticamente fissati dall’art. 64.

Tali sono:

a) che si tratti di una sentenza passata in giudicato;

b) che l’Autorità Giudiziaria straniera, nel pronunciare la sentenza, abbia

garantito il rispetto di alcune fondamentali garanzie processuali (ad

esempio, la corretta instaurazione del contraddittorio, non siano stati

violati i principi fondamentali della difesa);

c) che la sentenza straniera non contrasti con una sentenza

pronunciata in Italia e già passata in giudicato;

d) che gli effetti della sentenza non contrastino con l’ordine pubblico.

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A differenza del sistema previgente, l’intervento dell’A. G. (Corte di Appello del luogo in cui la

sentenza deve essere eseguita) non ha carattere preventivo ma solo eventuale e successivo in due

casi:

1) quando chiunque vi abbia interesse (generalmente il soccombente), contesti il possesso dei

requisiti di cui all’art 64.

2) quando il soccombente non esegua spontaneamente la sentenza e si renda necessario

procedere ad esecuzione forzata .

Nel sistema attuale si parla di giudizio di accertamento della Corte di Appello.

Mentre, in quello previgente, l’intervento della Corte prendeva il nome di giudizio di delibazione.

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