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ALL’INTERNO rubriche, editoriali, letture e commenti Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un'opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre. Muhammad Ali GEN 2020 N.1 gruppo di terapia manuale e fisioterapia muscoloscheletrica

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ALL’INTERNO

rubriche,editoriali, letture

e commenti

Impossibile è solo una parola pronunciatada piccoli uomini che trovano più facilevivere nel mondo che gli è stato dato,piuttosto che cercare di cambiarlo.

Impossibile non è un dato di fatto,è un'opinione.

Impossibile non è una regola,è una sfida.

Impossibile non è uguale per tutti.

Impossibile non è per sempre.

Muhammad Ali

G E N2020N.1

gruppo diterapia manuale

e fisioterapiamuscoloscheletrica

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INDICE

3. L’editoriale | Dott. Filippo Maselli

5. Physiotherapist-delivered stress inoculation training integrated with exercise versus physiotherapy exercise alone for acute whiplash-associated disorder (StressModex): a randomised controlled trial of a combined psychological/ physical intervention. | Dott.ssa Chiara Testin

11. People with low back pain want clear, consistent and personalised information on prognosis, treatment options and self-management strategies: a systematic review. | Dott. Francesco Taddia

16. Overview delle scale di misura validate in lingua italiana: analisi COSMIN e creazione di un database sul sito della Società Italiana di Fisioterapia. Metodologia della ricerca | Dott.ssa Francesca Bonetti

24. Master IFOMPT: Raccontaci il tuo percorso | Tesi di Master Classificazione e valutazione del groin pain | Dott.ssa Nicole Schenato

30. To flex or not to flex? Is there a relationship between lumbar spine flexion during lifting and low back pain? A systematic review with meta-analysis. Dott. Marco Segat

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Responsabile Magazine Filippo Maselli

Responsabile Redazione Andrea Colombi

Comitato di Redazione Direttivo GTM

Elaborazione Grafica Luca Bonetti

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Accetta le sfide ed esse ti sosterranno, invece di contrastarti. | Kriyananda

L’EDITORIALE

Accetta le sfide ed esse ti sosterranno, invece di contrastarti. Kriyananda

a cura di Filippo Maselli

Le sfide sono ciò che tengono in vita la passione, nulla come una sfida può far emergere ciò che di meglio c’è in tutti Noi: le sfide sviluppano le nostre forze. E’ grazie alle sfide che affrontiamo e di fronte alle quali de-cidiamo di non arrenderci, che otterremo quindi i cambiamenti all’altezza della vastità dei traguardi che ci attendono. È grazie alle sfide superate che realizzeremo il nostro futuro.Per questo il direttivo neo eletto ha deciso di affrontare nuovamente le sfide che questo triennio porrà dinnanzi al Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscolo-scheletrica, senza lasciare nulla d’intentato.Intentata sarà la nostra voglia di metterci in gioco ancora una volta, e la nostra volontà di scoprire; affronteremo con ardore le difficoltà, provere-mo a fare qualcosa che non è mai stato fatto, daremo corpo e spessore ai nostri sogni e, se tutto questo non dovesse bastare, inizieremo nuova-mente a sognare…se ce ne sarà bisogno!Non smetteremo di dare seguito al nostro mandato nazionale e di svol-gere con dedizione le attività programmate. Non c’è nulla di più impor-tante che garantire il rispetto del valore di ogni singolo voto ottenuto da Voi tutti. Progettare il futuro non è una condizione singola ma un proces-so strutturato che, insieme, porteremo a termine.Le sfide saranno ardue, le aspettative saranno a tratti insostenibili, avre-mo mille compiti da svolgere e mille promesse da rispettare, ma la rap-presentatività che i soci, così responsabilmente hanno deciso di affidar-ci, dovremo sostenerla con forza, impegno, dedizione e coraggio…e alla fine, solo alla fine, si scalderanno nuovamente i cuori e si bagneranno i visi di lacrime di gioia per la soddisfazione che risiede, non nelle vittorie, ma nella consapevolezza che avremo dato il massimo…ancora una volta!

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GTM ha superato il primo processo di Monitoraggio

Internazionale IFOMPT, portando l’Italia, a tutti gli

effetti, tra le poche nazioni a possedere percorsi

internazionalmente accreditati.

NEWS 2020

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Physiotherapist-delivered stress inoculation training integrated with exercise versus physiotherapy exercise alone for acute whiplash-associated disorder (StressModex): a randomised controlled trial of a combined psychological/physical intervention.

Michele Sterling, Rob Smeets, Gerben Keijzers, Jacelle Warren, Justin Kenardy. Br J Sports Med. 2019 Oct;53(19):1240-1247. doi: 10.1136/bjsports-2018-100139. Epub 2019 Jan 19.

AbstractOBJECTIVEThere are few effective treatments for acute whiplash-associa-ted disorders (WAD). Early symptoms of postinjury stress pre-dict poor recovery. This randomised controlled trial (StressMo-dex) investigated whether physiotherapist-led stress inoculation training integrated with exercise is more effective than exercise alone for people with acute WAD.

METHODS108 participants (<4 weeks) at risk of poor recovery (moderate pain-related disability and hyperarousal symptoms) were ran-domly assigned by concealed allocation to either physiothera-pist-led stress inoculation training and guideline-based exercise (n=53) or guideline-based exercise alone (n=55). Both interven-tions comprised 10 sessions over 6 weeks. Participants were as-sessed at 6 weeks and at 6 and 12 months postrandomisation. Analysis was by intention to treat using linear mixed models.

RESULTSThe combined stress inoculation training and exercise inter-vention was more effective than exercise alone for the primary outcome of pain-related disability at all follow-up points. At 6 weeks, the treatment effect on the 0–100 Neck Disability Index was (mean difference) −10 (95% CI −15.5 to −9.0), at 6 months was −7.8 (95% CI −13.8 to −1.8) and at 12 months was −10.1 (95% CI −16.3 to −4.0). A significant benefit of the stress inoculation and exercise intervention over exercise alone was also found for

Dott.ssa CHIARA TESTIN

PT BSc, OMPT

Fisioterapista

Orthopaedic Ma-nipulative Physical Therapist

Master Riabilitazione dei Disordini Musco-lo-scheletrici

Università degli Studi di Genova, Campus di Savona

Libero Professionista

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some secondary outcomes.

Conclusion A physiotherapist-led intervention of stress inocu-lation training and exercise resulted in clinically relevant im-provements in disability compared with exercise alone—the most commonly recommended treatment for acute WAD. This contributes to the case for physiotherapists to deliver an early psychological intervention to patients with acute WAD who are otherwise at high risk of a poor outcome.

SINOSSII disordini associati a colpo di frusta (WAD) sono le problemati-che più diffuse a seguito di un incidente d’auto che non richie-dono ospedalizzazione1. Costituiscono un vasto problema di salute pubblica nei paesi occidentali, con costi sociali ed eco-nomici elevati.2

I disordini associati a colpo di frusta racchiudono quadri clinici eterogenei e i pazienti presentano, spesso, vari livelli di dolore, disabilità e distress psicologici; in particolare si distinguono 4 gradi di WAD3:

• grado 0: nessun dolore al collo e nessun segno clinico.

• grado 1: presenza di dolore al collo, sensazione di rigidità o tensione muscolare, ma non segni clinici.

• grado 2: presenza di dolore al collo, ridotto ROM articolare e punti di tensione muscolare (segni muscoloscheletrici).

• grado 3: dolore al collo accompagnato da segni neurologici come riflessi tendinei profondi diminuiti o assenti, debolezza e/o deficit sensoriali.

• grado 4: frattura o lussazione dei capi ossei.

In particolare, per il grado 2, sono presenti tre sotto-categorie (2A - 2B - 2C) nelle quali la presenza dei sintomi non si limi-ta all’aspetto muscoloscheletrico, ma i pazienti manifestano impairment sensoriali (2A), psicologici come elevato distress (Tampa Scale GHQ28) (2B), o una combinazione dei due, asso-ciati a reazione acuta da stress post-traumatico (2C)4.

Recenti revisioni sistematiche hanno dimostrato che circa il 50% dei pazienti continua a manifestare sintomi anche a distanza di mesi dall’incidente, e che sintomi acuti di stress post-traumati-co, predicono uno scarso recupero a lungo termine; è intuitivo quindi, come trattamenti erogati precocemente mirati a questi disturbi, potrebbero prevenire dolore cronico e disabilità nel lun-go periodo.3,5

Le attuali linee guida raccomandano esercizi attivi per il tratta-mento del WAD acuto6, ma diverse revisioni sistematiche hanno evidenziato come il trattamento basato solo su esercizio attivo abbia, in realtà, un effetto limitato7,8.

Nel trial in oggetto, quindi, gli autori hanno come obiettivo di identificare quei pazienti a rischio di scarso recupero per via del-la presenza di sintomi psicologici, e sottoporli a terapia, compa-rando il trattamento tradizionale che prevede il solo approccio

BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA

1. Connelly LB, Supan-gan R. The economic co-sts of road traffic crashes: Australia, states and ter-ritories. Accid Anal Prev. 2006;38(6):1087–93.

2. Dyer C. Ministers consider measures to reduce UK’s 1500 daily claims for whiplash. BMJ. 2012;344(May):3226.

3. Carroll LJ, Holm LW, Hogg-Johnson S, Côtè P, Cassidy JD, Haldeman S, et al. Course and Pro-gnostic Factors for Neck Pain in Whiplash-Asso-ciated Disorders (WAD). Results of the Bone and Joint Decade 2000-2010 Task Force on Neck Pain and Its Associated Di-sorders. J Manipulative Physiol Ther. 2009;32(2 SUPPL.):83–92.

4. Sterling M, Kenardy J. Physical and psycholo-gical aspects of whipla-sh: Important conside-rations for primary care assessment. Man Ther. 2008;13(2):93–102.

5. Sterling M, Hendrikz J, Kenardy J. Compen-sation claim lodgement and health outcome developmental trajecto-ries following whiplash injury: A prospective stu-dy. Pain. 2010;150(1):22–8.

6. SIRA. Guidelines for the management of acu-te whiplash-associated disorders for health pro-fessionals. Sidney; 2014. 16 p.

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basato su esercizi e ripresa delle attività, ad un trattamento che preveda l’affiancamento degli esercizi attivi ad un training co-gnitivo, erogato da fisioterapisti, che faciliti il problem solving e sviluppi strategie di gestione dell’ansia stress-correlata.

Gli autori hanno quindi esaminato i volontari e individuato i pa-zienti che rispettavano i criteri di inclusione quali:

• WAD di grado 2 o 3 acuto (meno di 4 settimane)

• Presenza di dolore e disabilità (NDI ≥ 32%)

• Sintomi di arousal aumentato (punteggio ≥ 3 nella sezione riguardante i sintomi di arousal aumentato della scala PDS)9,10

• 18 – 65 anni

• Nessun trattamento in corso per WAD

I pazienti risultati idonei sono stati randomizzati attraverso ran-domizzazione computerizzata, e sono stati divisi nei due gruppi. Per garantire che l’allocazione dei pazienti fosse segreta, i par-tecipanti sono stati assegnati ai due trattamenti attraverso l’uti-lizzo di buste opache, ordinate in successione numerica. Tutto lo staff di ricerca coinvolto nelle valutazioni alla baseline e ai follow up era all’oscuro del collocamento dei pazienti.

Entrambi i gruppi hanno seguito il programma di esercizi rac-comandato dalla linee guida australiane per il management del WAD acuto11, consistente in 6 settimane (10 sessioni) di esercizi sotto la supervisione del fisioterapista, con l’obiettivo di miglio-rare movimento, forza e resistenza della muscolatura di collo e cingolo scapolare, oltre alla coordinazione occhi/testa.

Il gruppo sperimentale, in aggiunta, ha eseguito 6 sessioni di training per la gestione dello stress, guidato da fisioterapisti adeguatamente formati in precedenza. Come outcome primario è stato utilizzato il Neck Disability Index12.

Come outcomes secondari sono state utilizzate la Posttrauma-tic Stress Diagnostic scale (PSD)13, la Depression, Anxiety and Stress Scale (DASS)14, la Pain Catastrophizing Scale15, la Pain Self-Efficacy Questionnaire (PSEQ)16, la Coping Strategies Que-stionnaire17, la percezione di miglioramento soggettiva del pa-ziente18, l’intensità del dolore attraverso la NRS e le sottoscale sulla salute fisica e mentale della Short Form 3619.

Sono stati fissati i follow up a 6 settimane, 6 mesi e 12 mesi.

I risultati hanno evidenziato come il gruppo sperimentale ab-bia ottenuto un miglioramento maggiore rispetto al gruppo di controllo. Il trattamento combinato di esercizi e training cogniti-vo ha prodotto benefici clinicamente rilevanti (riduzione di 7-10 punti percentuali all’NDI) sia ai follow up di breve e medio ter-mine, sia in quello di lungo termine. Effetti significativi sono stati rilevati anche per gli outcome secondari, inclusi quelli su dolore e salute mentale.

COMMENTO

7. Teasell RW, Ba JAM, Walton D, Ba JP, Ba KS, Ba MM, et al. A research synthesis of therapeu-tic intervervention for Wiplash Associated Di-sorders (WAD): Part 2 – interventions for acute WAD. Pain Res Manag. 2010;15(5):295–304.

8. Wiangkham T, Duda J, Haque S, Madi M, Ru-shton A. The effecti-veness of conservative management for acute Whiplash Associated Disorder (WAD) II: A systematic review and meta-analysis of rando-mised controlled trials. PLoS One. 2015;10(7):1–22.

9. Ritchie C, Hendrikz J, Kenardy J, Sterling M. Derivation of a clinical prediction rule to identi-fy both chronic modera-te/severe disability and full recovery following whiplash injury. Pain. 2013;154(10):2198–206.

10. Ritchie C, Hendrikz J, Jull G, Elliott J, Sterling M. External validation of a clinical prediction rule to predict full recovery and ongoing moderate/se-vere disability following acute whiplash injury. J Orthop Sports Phys Ther. 2015;45(4):242–50.

11. Foa EB, Dancu C V., Hembree EA, Jaycox LH, Meadows EA, Stre-et GP. A comparison of exposure therapy, stress inoculation training, and their combination for reducing posttrau-matic stress disorder in female assault victims. J Consult Clin Psychol. 1999;67(2):194–200.

12. Macdelilld JC, Wal-ton DM, Avery S, Blan-chard A, Etruw E, Mcalpi-ne C, et al. Measurement properties of the neck disability index: A sy-

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L’obiettivo dello studio è stato quello di mettere in luce come, portando attenzione all’aspetto psicologico dei pazienti con WAD acuto, e trattandolo attraverso strategie cognitive, si pos-sano raggiungere risultati migliori anche negli outcomes fisici di dolore e disabilità.

Il disegno di studio (RCT) e gli strumenti di misura utilizzati, per-tanto, sono adeguati; infatti, da una parte il trial randomizzato controllato permette di comparare due diversi trattamenti, dall’ altra la scelta di valutarne l’efficacia attraverso outcomes clinici rilevanti fa in modo di esaminare la variabile clinica più rilevante per il paziente, rispetto al problema di salute analizzato.

Punto di forza dello studio è stato quello di seguire un protocollo stilato prima dell’inizio del trial, così da scongiurare le differenze di intervento tra i due gruppi, e quella di avere un design che mi-nimizzasse il rischio di bias, includendo la cecità degli esamina-tori, la randomizzazione automatica e l’assegnazione nascosta ai ricercatori, e, infine l’analisi intention to treat.

Ovviamente, per il tipo di trattamento erogato, non è stato pos-sibile mantenere la cecità dei pazienti e dei terapisti riguardo alla loro assegnazione, per cui, nell’analisi dei risultati si dovrà tener conto di quanto possa aver influito l’aspettativa dei pa-zienti.

Rispetto a trials precedenti20,21, questo sembra aver portato a risultati migliori, e risultano essere due i fattori che fanno la dif-ferenza:

In primo luogo il gruppo di pazienti inclusi è estremamente omo-geneo. Vengono targettizzati in maniera particolare i pazienti a rischio di uno scarso recupero9,10, sulla base della presentazio-ne clinica (WAD grado 2 con disturbi stress-correlati), mentre non vengono inclusi altri pazienti che, per le loro caratteristiche (basso livello di dolore, disabilità e stress), non avrebbero biso-gno del trattamento cognitivo. Si rende, quindi, evidente come il poter stratificare i pazienti in base ai fattori di rischio che in-fluenzano il recupero, sia un’ottima strategia al fine di erogare trattamenti specifici per specifiche manifestazioni patologiche, evitando di somministrare trattamenti inutili a chi non li necessi-ta con conseguente perdita di tempo e costi elevati.

Il secondo fattore ad aver determinato il successo del trial risulta essere la formazione seguita dai fisioterapisti coinvolti, al fine di poter erogare adeguatamente il training cognitivo. Da una re-visione sistematica del 201522, è stato evidenziato come i fisio-terapisti manifestino difficoltà nell’identificare quali fattori psi-cologici concorrano al mantenimento della patologia, e ridotta dimestichezza nel management di tali problematiche, il più delle volte dovuto al fatto che non sono formati rispetto alla gestione di questo aspetto del trattamento.

L’aver quindi identificato uno specifico fattore di rischio e l’aver formato il personale per trattarlo al meglio, ha fatto sì che i risul-tati fossero positivi.

I risultati ottenuti dallo studio analizzato, sono concordi con la

stematic review. J Or-thop Sports Phys Ther. 2009;39(5):400–16.

13. Foa EB. Posttrauma-tic stress diagnostic sca-le: Manual. Minneapolis: NCS Pearson; 1995.

14. Lovibond P, Lovi-bond S. The structure of negative emotional states: comparison of the Deoression Anxiety Stress scal (DASS) with be Beck Depres-sion and Anxit Inven-tories. BehaP Res Ther. 1995;33(3):335–43.

15. Pedler A. The pain catastrophising scale. J Physiother. 2010;56(3):137.

16. Nicholas MK. The pain self-efficacy que-stionnaire: Taking pain into account. Eur J Pain. 2007;11(2):153–63.

17. Rosenstiel AK, Kee-fe FJ. The use of coping strategies in chronic low back pain patients: Relationship to patient characteristics and cur-rent adjustment. Pain. 1983;17(1):33–44.

18. Pengel LHM, Ref-shauge KM, Maher CG. Responsiveness of Pain, Disability, and Physical Impairment Outcomes in Patients with Low Back Pain. Spine (Phila Pa 1976). 2004;29(8):879–83.

19. Ware JE, Kosinski M, Dewey JE. How to score Version 2 of the SF-36 Health Survey (Standard and Acute forms). Lin-coln: Quality Metric Inc; 2000.

20. Skillgate E, Côté P, Cassidy JD, Boyle E, Car-roll L, Holm LW. Effect of Early Intensive Care on Recovery from Whipla-

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letteratura precedente.

In particolare nella revisione sistematica di Wiangkham et al.8, viene evidenziato come gli unici due trattamenti utili alla gestio-ne del WAD di grado 2, siano gli esercizi attivi e la terapia cogni-tiva focalizzata su obbiettivi precisi (evitare il comportamento da malattia, educazione del paziente alla problematica e alla sua gestione, disciplina nell’eseguire gli esercizi). In particolare, la terapia cognitiva ha effetto sulla riduzione del dolore a medio termine e sul miglioramento della mobilità nel breve-medio ter-mine.

In uno studio successivo23, sempre Wiangkham pone l’attenzio-ne su come il trattamento degli aspetti cognitivi sia importante nei pazienti con WAD di grado 2. In particolare, rispetto alla re-visione precedente, il focus è posto sul concetto di self-efficacy e di come i fisioterapisti dovrebbero agire per svilupparla il più possibile, in quanto risulta essere una variabile che influenza la qualità di vita, la percezione di stato di salute generale e la fun-zionalità sia sul piano fisico che su quello psicologico.

Nella revisione di Shearer et al.24 invece, si evidenzia come la te-rapia cognitiva abbia limitati benefici su pazienti con WAD. Nell’ articolo però è indicato che questi risultati potrebbero essere dovuti ad un sottodosaggio, oppure al fatto che la terapia cogni-tiva fosse erogata a pazienti con bassi valori di NDI alla baseline e quindi che non necessitavano di questo approccio.

Il vantaggio dell’avere fisioterapisti formati nel trattamento co-gnitivo consiste nel poter agire precocemente su quei fattori di rischio che altrimenti, se non considerati, concorrono alla croni-cità della patologia. In particolare pazienti che si trovano in una fase acuta di sintomi fisici, potrebbero non percepire l’importan-za di eseguire un trattamento con lo psicologo; i fisioterapisti, invece, sono le figure sanitarie che più comunemente visitano i pazienti nell’immediato post incidente e, se avessero la forma-zione adeguata, potrebbero erogare cure psicologiche precoci per migliorare la prognosi dei loro assistiti.

Focalizzandoci per un attimo sulla nostra realtà italiana, la pos-sibilità di erogare un trattamento bimodale di questo tipo, sem-bra essere difficoltoso. Se da una parte i fisioterapisti italiani si sentono abbastanza sicuri nell’erogare un trattamento basato su esercizi e su terapia manuale passiva, quando si tratta di prende-re in considerazione i fattori psicosociali e i fattori di contesto, la fiducia lascia spazio ad alcune insicurezze.

In un recente studio25, è stato messo in luce come i fisioterapisti italiani non si considerino adeguatamente preparati per poter valutare e trattare i fattori psicosociali, infatti i risultati suggeri-scono che i partecipanti hanno una certa conoscenza teorica del modello biopsicosociale e della sua importanza nel trattamento delle condizioni muscoloscheletriche, ma non sembravano aver acquisito le conoscenze e le competenze per applicare con si-curezza questo approccio con i loro pazienti. La maggior parte dei partecipanti, infatti, ha dimostrato un approccio informale e non strutturato alla valutazione psicosociale con l’uso di do-

sh-Associated Disorders: Results of a Popula-tion-Based Cohort Stu-dy. Arch Phys Med Reha-bil. 2016;97(5):739–46.

21. Jull G, Kenardy J, Hendrikz J, Cohen M, Sterling M. Management of acute whiplash: A ran-domized controlled trial of multidisciplinary stra-tified treatments. Pain. 2013;154(9):1798–806.

22. Synnott A, O’Keeffe M, Bunzli S, Dankaerts W, O’Sullivan P, O’Sullivan K. Physiotherapists may stigmatise or feel unpre-pared to treat people with low back pain and psychosocial factors that influence recovery: A sy-stematic review. J Phy-siother. 2015;61(2):68–76.

23. Wiangkham T, Duda J, Haque MS, Rushton A. Development of an active behavioural phy-siotherapy intervention (ABPI) for acute whipla-sh-associated disorder (WAD) II management: A modified Delphi study. BMJ Open. 2016;6(9):1–12.

24. Shearer HM, Carroll LJ, Wong JJ, Côté P, Va-ratharajan S, Southerst D, et al. Are psycholo-gical interventions ef-fective for the manage-ment of neck pain and whiplash-associated disorders? A systematic review by the Ontario Protocol for Traffic Injury Management (OPTIMa) Collaboration. Spine J. 2016;16(12):1566–81.

25. Zangoni G, Thom-son OP. ‘I need to do another course’ - Italian physiotherapists’ know-ledge and beliefs when assessing psychosocial factors in patients pre-senting with chronic low back pain. Musculoskelet Sci Pract. 2017;27:71–7.

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mande generali e senza un ordine specifico. Questo suggerisce la mancanza di standardizzazione in questo settore all’interno della fisioterapia italiana e mancanza di una formazione di base che sia orientata al modello biopsicosociale.

Anche quando si prende in esame la conoscenza dei fisiotera-pisti rispetto alla potenzialità dei fattori contestuali nel tratta-mento dei pazienti muscoloscheletrici26, si rende evidente come i fisioterapisti italiani ritengano che i fattori contestuali che inter-vengono nel trattamento, non siano un potente mezzo da poter usare nell’influenzare l’outcome, ma piuttosto un fattore “acci-dentale” che interviene nella terapia. Questa visione sembra es-sere correlata alla scarsa conoscenza dei meccanismi neurofi-siologici alla base degli effetti terapeutici capaci di influenzare i risultati clinici. Oltre alla scarsa conoscenza, influiscono su que-sta visione anche le barriere date dai contesti lavorativi: lavorare sui fattori contestuali e sui fattori psicosociali richiede tempo e setting adeguati, che spesso non si trovano nelle realtà italiane.

Portate alla luce queste criticità, si spera che negli anni a venire la formazione di base possa includere al suo interno nozioni di neurofisiologia del dolore e di management dei fattori psicoso-ciali che intervengono sulle problematiche muscoloscheletriche dei nostri pazienti.

26. Rossettini G, Palese A, Geri T, Fiorio M, Col-loca L, Testa M. Physical therapists’ perspectives on using contextual fac-tors in clinical practice: Findings from an Italian national survey. PLoS One. 2018;13(11):1–24.

contributo non condizionato

GOLD PARTNER

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People with low back pain want clear, consistent and personalised information on prognosis, treatment options and self-management strategies: a systematic review.

J Physiother. 2019 Jul;65(3):124-135. doi: 10.1016/j.jphys.2019.05.010. Epub 2019 Jun 18. Lim YZ, Chou L, Au RT, Seneviwickrama KMD, Cicuttini FM, Briggs AM, Sullivan K, Urquhart DM, Wluka AE.

AbstractQUESTIONWhat health information needs are perceived by people with low back pain?

DESIGNSystematic review of publications examining perceived health information needs related to low back pain identified through Medline, EMBASE, CINAHL and PsycINFO (1990 to 2018).

PARTICIPANTSAdults with low back pain of any duration.

DATA EXTRACTION AND ANALYSISTwo reviewers independently extracted descriptive data regar-ding study design and methodology, and assessed risk of bias. Aggregated findings of the perceived needs of people with low back pain regarding health information were meta-synthesised.

RESULTSForty-one studies (34 qualitative, four quantitative and three mixed-methods) were identified. Two major areas of perceived health information needs for low back pain emerged. The first major area was needs related to information content: general information related to low back pain, its cause and underlying pathology; strong desire for diagnosis and imaging; prognosis, future disability and effect on work capacity; precipitants and management of flares; general management approaches; sel-f-management strategies; prevention; and support services. The second major area of needs related to how the information was delivered. People with low back pain wanted clear, consistent

Dott. FRANCESCO TADDIA

PT BSc, OMPT

Fisioterapista

Orthopaedic Manipulative Physical Therapist

Collaboratore alla didattica Master in fisioterapia muscoloscheletrica di Bologna

Libero Professionista

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information delivered in suitable tone and understandable lan-guage.

CONCLUSIONAvailable data suggest that the information needs of people with low back pain are centred around their desire for a diagno-sis, potentially contributing to expectations for and overuse of imaging. People with low back pain expressed a strong desire for clear, consistent and personalised information on prognosis, treatment options and self-management strategies, related to healthcare and occupational issues. To correct unhelpful beliefs and optimise delivery of evidence-based therapy, patient and healthcare professional education (potentially by an integrated public health approach) may be warranted.

COMMENTARYIl LPB è una problematica muscoloscheletrica molto comune ed è considerata tra cause principali di disabilità ed assenza lavora-tiva a livello mondiale. Statisticamente una persona su dieci ne ha esperienza almeno una volta nella vita1.

Nel 90% dei casi non è possibile identificare con certezza una causa pato-anatomica. In queste condizioni il LBP viene definito aspecifico2.

Sebbene molte persone non ricorrano a cure mediche, il LBP rimane una delle più comuni cause di visita al medico di medici-na generale e al fisioterapista, con una prevalenza mondiale del 58%3,4.

Esistono in letteratura linee guida che forniscono indicazioni sul-la corretta gestione del LBP5. L’educazione del paziente è un elemento ricorrente, ma nonostante sia di comune accordo che rassicurare, consigliare di rimanere attivi e minimizzare l’utiliz-zo dell’imaging siano buone strategie di gestione, le linee guida non menzionano mai il punto di vista del paziente ed il relativo bisogno di informazioni, lasciando questa parte del processo educativo una libera interpretazione del clinico6–8.

Studi precedenti9–11 sulla gestione del LBP hanno evidenziato un divario tra le credenze del paziente e quelle del professionista sanitario sulle informazioni utili da sapere/dire. Nella pratica, questa incongruenza potrebbe impattare negativamente la re-lazione terapeutica9–11, portare insoddisfazione nel paziente che tenderà ad avere bassa compliance , ricorrere a più professioni-sti sanitari, con peggiori risultati12–15. Se consideriamo anche l’ef-fettiva difficoltà espressa dai clinici nel processo educativo con ottica bio-psico-sociale 16–19, la possibilità di outcomes scarsi si alza ulteriormente.

In questo scenario, risulta chiara l’importanza di indagare il pun-to di vista del paziente con LBP. Una migliore conoscenza dei suoi obiettivi, preferenze e aspettative comunicative potrebbe migliorane la soddisfazione, facilitare l’erogazione di un proces-so di cura personalizzato e potenzialmente migliorare gli outco-

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me15,20,21. Non da meno, uniformare le interpretazioni del clinico potrebbe rendere il processo educativo più consistente e raffor-zare i messaggi trasmessi.

Spinti da un’emergente necessità di riqualificazione del clinico , gli autori hanno strutturato una scoping review che indagasse la necessità di informazioni sanitarie percepita nei pazienti con low back pain con lo scopo di fornire le basi ad un nuovo approccio educativo, personalizzato e condiviso, che miri a massimizzare l’efficacia dell’intervento terapeutico.

La scelta del disegno di studio è stata appropriata. Difatti, le scoping review sono una tipologia di studio secondario relativa-mente nuovo, utilizzato per raggruppare e sintetizzare i risultati provenienti da un ampio spettro di studi22. Seguono anch’esse un processo di conduzione strutturato, ma differiscono dalle SR per gli obiettivi prefissati, che le rendono indicate per risponde-re ad un quesito di ricerca ampio e laddove la letteratura dispo-nibile si mostri complessa ed eterogenea23–25. Sono molto utili per esaminare l’evidenza emergente e vanno preferite quando non è chiaro quale altra domanda specifica, rispondibile con una SR, può essere posta26. Di recente è aumentata molto la loro diffusione al punto di rendere necessaria la redazione di uno sta-tement, una versione adattata della PRISMA, per incentivare il corretto reporting.27

L’articolo ha seguito le indicazioni fornite da questo statement per la stesura e le ha riportate interamente nell’appendice, tutta-via ha commesso un errore nel titolo, dove fa riferimento esplici-to ad una revisione sistematica quando, di fatto, non è cosi. Per capire che la revisione che stiamo esaminando è una scoping dobbiamo addentrarci nella lettura approfondita dei materiali e metodi.

Per quanto riguarda le strategie di ricerca, è stata costruita una stringa ampia e poco esclusiva, adeguata per indagare lo stato attuale delle conoscenze senza perdere lavori rilevanti; la messa in gioco di un team multidisciplinare costituito da un esperto di ricerca, un fisioterapista, due reumatologi ed un paziente rap-presentativo della popolazione ha consentito di ottimizzare il processo28 29 ed ha aggiunto validità di costrutto e significato clinico alla sintesi di risultati. La ricerca, condotta in quattro da-tabase (Medline, EMBASE, CINAHL, PsycINFO) ha sondato una buona parte di letteratura, tuttavia da recenti studi è emerso che la ricerca qualitativa in sanità dovrebbe indagare anche al-tri database, come Scopus e ProQuest Dissertations and Theses Global, per accertarsi di non aver perso articoli importanti.30

È stato effettuato un processo di selezione degli studi a tre step in base alla lettura di titolo abstract e full-text. Il quesito di ri-cerca è di background perciò sono state giustamente accettale tutte le tipologie di studio. Grazie a generosi criteri di inclusione gli autori hanno accettato ben 41 articoli che, come ipotizzabi-le, hanno mostrato caratteristiche eterogenee nella popolazione studiata (età, genere, sesso, caratteristiche e durata del LBP),

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setting, localizzazione geografica, disegno di studio, anno di pubblicazione e obiettivo dello studio. Studi eterogenei rendono difficile il processo di sintesi dei risultati, ma potrebbero aumen-tare la generalizzabilità. In questo caso, non essendo nell’ottica pura di valutare l’efficacia di un intervento, con generalizzabilità intendiamo la probabilità che il paziente singolo, nel contesto clinico, mostri le aspettative comunicative descritte in questo studio indipendentemente dal setting in cui lo ricevo, dallo sta-dio della sua patologia e dalle sue caratteristiche personali.

Dal punto di vista della validità interna è necessario richiamare l’attenzione su alcuni punti. Mediamente la qualità degli studi inclusi è stata giudicata moderata/bassa e verosimilmente affet-ta da bias nel reclutamento e nella raccolta dei dati. Di questi, pochi si proponevano di valutare direttamente le necessità di informazioni percepite del paziente con LBP, perciò è possibile che alcuni aspetti rilevanti non siano stati individuati in questa review. Poca chiarezza metodologica traspare anche nelle fasi di selezione degli studi ed estrazione-sintesi dei dati, che hanno visto diverse persone coinvolte, non sempre ben specificate.

Inoltre, anche studi quantitativi sono stati inclusi nella sintesi qualitativa31. Da questi è difficile capire come sono stati estratti i dati e dubbio rimane il peso che possiamo attribuirgli nel formu-lare un giudizio complessivo.

La registrazione di un protocollo di ricerca avrebbe consentito maggior trasparenza su alcuni passaggi e avrebbe consentito al lettore di far chiarezza sui punti dibattuti.

Dall’analisi dei risultati principali (riassunti nelle tabelle in ap-pendice) sono emerse due aree riguardo al bisogno di informa-zioni ritenute necessarie da parte dei pazienti con LBP, una sul contenuto e una sulle modalità di trasmissione.

Radunando i dati più consistenti possiamo affermare che il de-siderio di informazioni sanitarie è dettato principalmente dal-la necessità di giustificare la sintomatologia con una diagnosi specifica. La mancanza di una diagnosi è stata associata a fru-strazione e alcuni pazienti si sono dimostrati scettici verso una natura aspecifica del sintomo associandola ad un professionista poco competente. La necessità di individuare la causa del dolo-re potrebbe alimentare la credenza del falso mito che le bioim-magini siano indispensabili per confermare la diagnosi.

Legato alla forte necessità di rassicurazione, numerosi pazienti hanno ritenuto doveroso avere informazioni sulla prognosi, in particolare su una prognosi favorevole.

Infine, è stato evidenziato il desiderio del paziente di essere par-te integrante del percorso di cura e di ricevere fondamenti sul-la gestione del disturbo dal punto di vista farmacologico, degli esercizi da fare e delle attività utili a prevenire le ricadute. Un approccio personalizzato su età, obiettivi e stile di vita è stato preferito ad approcci preconfezionati e verosimilmente corre-lato a maggior compliance. Relazionare le prescrizioni al rag-

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giungimento degli obiettivi potrebbe essere una strategia utile a caricarle di significato e di conseguenza aumentarne l’aderenza.

In estrema sintesi possiamo dire che il paziente con LBP neces-sita di informazioni chiare, consistenti e personalizzate riguardo diagnosi, prognosi, opzioni di trattamento e strategie di auto-gestione.

Erogare un processo educativo che tenga conto delle aspettati-ve potrebbe aiutare il clinico, ad oggi sempre più in difficoltà 16–19 ad instaurare un buon rapporto con il paziente. Comunicare gli aspetti di contenuto con un tono adeguato e senza utilizzare il gergo medico potrebbe aiutare il paziente a sentirsi parte inte-grante del processo di cura.

Oltremodo, avere contenuti condivisi potrebbe uniformare le prescrizioni fornite da diversi professionisti sanitari, nei diversi contesti clinici, minimizzando sfiducia e frustrazione che deriva-no dal ricevere informazioni discordanti.

Il messaggio chiave è che ad oggi l’educazione, quale pilastro fondamentale per la gestione del LBP, dovrebbe essere bilancia-ta sulle aspettative del paziente al fine di aumentarne l’alleanza terapeutica ed ottenere risultati migliori. Il presente paper, che si propone come rampa di lancio per l’approfondimento di questi aspetti, ha generato un corpo di conoscenze importante per la pianificazione di nuovi studi. I risultati ottenuti sono interessanti e possono offrire uno spunto utile per la pratica clinica, ma visti i limiti metodologici necessitano di ulteriori ricerche che ne con-fermino la validità ed esplorino gli aspetti non emersi in questa review.

stematic scoping reviews. Int J Evid Based Healthc. 2015;13(3):141-146.

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La rubrica: Metodologia della ricerca LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI

Overview delle scale di misura validate in lingua italiana: analisi COSMIN e creazione di un database sul sito della Società Italiana di Fisioterapia.IntroduzioneLe scale di misura sono una modalità valida, affidabile e responsiva per misurare gli outcome del paziente.1 Gli studi di validazione cross-culturale e traduzione degli strumen-ti validati in lingue originali diverse da quella in cui li si desidera utilizzare hanno mostrato negli anni passati una elevata eterogeneità di metodi e strategie di analisi. Per standardizzare questi processi e rendere più efficienti e valide le versioni tradotte, nel 2010 è stata pubblicata la checklist COnsensus-based

Standards for the selection of health Measurement INstru-ments (COSMIN),2 frutto del lavoro di un gruppo di ricer-catori internazionale e multidisciplinare. I componenti era-no esperti nello sviluppo e valutazione degli strumenti di outcome, con conoscenze di epidemiologia, psicometria, medicina, ricerca qualitativa e assistenza sanitaria. Questi standands condivisi avevano lo scopo di impattare positi-vamente sulla selezione degli strumenti di misura sia nella ricerca che nella pratica clinica.

Ad oggi le scale e gli strumenti di misura di interesse del fisioterapista, pubblicati e tradotti in lingua italiana, sono diverse centinaia. Ciò rende estremamente difficile per il clinico orientare correttamente la propria scelta, che assu-me un peso rilevante soprattutto quando le possibili alter-native possiedono caratteristiche psicometriche differenti.

Per rendere più agevole il reperimento e la comparazione delle scale validate in lingua italiana, il Comitato Diretti-vo della Società Italiana di Fisioterapia (SIF; 2013-2019) ha dato mandato ad un gruppo di lavoro interno di avviare una overview per ampliare il database già esistente e ve-

Dott.ssa FRANCESCA BONETTI

PT BSc, MSc, OMPT

Fisioterapista

Orthopaedic Manipulative Physical Therapist

Docente di Terapia Manuale di Rachide Lombare e bacino e Metodologia della Ricerca

Docente Master in Terapia Manuale applicata alla Fisioterapia - Tor Vergata, Roma

Libero professionista.

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rificare se, successivamente alla pubblicazione della COSMIN, la qualità metodologica degli studi di validazione cross-culturale fosse migliorata. Il lavoro è stato svolto in assenza di finanzia-menti esterni ed in linea con gli obiettivi statutari, che includo-no quello di promuovere attività scientifiche e favorire la divul-gazione delle conoscenze e la pratica clinica basata sulle prove di efficacia nell’ambito della Fisioterapia. Il servizio sarà fruibile gratuitamente attraverso il sito www.sif-fisioterapia.it e la ricer-ca potrà essere effettuata attraverso parole chiave e filtri, che consentiranno di accedere alle schede descrittive compilate per ciascuna scala presente nel database. Questo permetterà di ri-cercare anche scale di misura per argomenti, segmenti corporei, o caratteristiche specifiche. Per molte delle scale catalogate sarà inoltre possibile richiedere il pdf originale con la versione in lin-gua italiana dello strumento.

ObiettiviQuesta overview ha come obiettivo primario la valutazione at-traverso la checklist COSMIN delle scale di misura tradotte in lin-gua italiana. Obiettivo secondario è quello di creare un database facilmente fruibile e navigabile che raccolga tutti gli strumenti pubblicati in ambito riabilitativo o comunque di interesse del fi-sioterapista.

Materiali e MetodiIn linea con la checklist PRISMA è stata identificata una raccol-ta degli studi riproducibile e trasparente, completa di flow-chart della ricerca (Flow chart PRISMA). Sono stati inclusi solo gli studi in ambito riabilitativo - coinvolgenti tutti i campi delle profes-sioni sanitarie riabilitative - in cui lo strumento abbia subìto un processo di adattamento trans-culturale e la cui validazione in lingua italiana sia stata pubblicata su una rivista indicizzata pe-er-review nell’arco temporale compreso tra il 1 gennaio 2010 e il 31 dicembre 2018. Sono stati considerati sia metodi di validazione con tecniche classiche che attraverso analisi item response the-ory (inclusa l’analisi di Rasch). Le lingue degli studi incluse sono state: inglese, francese, tedesco e spagnolo. Sono invece stati esclusi gli studi volti a validare scale prognostiche mediche, scale che identificano clinical prediction rules, surveys; abstract o po-ster congressuali; scale italiane originali di nuova pubblicazione.

Fonti di informazioneLa ricerca è stata effettuata nei seguenti database: PubMed, CI-NAHL, Embase, Web of Science, Scopus. La seguente stringa di ricerca è stata applicata in cieco da due ricercatori esperti:3

(“cross-cultural” OR translation OR version OR adaptation OR validation OR psychometric* OR “rasch analysis” OR question-naire OR scale) AND italian[title]). Opportuni adattamenti sono stati necessari per i database differenti da PubMed.

Selezione degli studiDopo aver effettuato il primo screening sono stati eliminati i dop-pioni. Il gruppo di lavoro composto da 8 fisioterapisti opportu-

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namente formati ha espresso in cieco il proprio parere sui criteri di inclusione. La congruenza al settore delle professioni sanitarie e quindi l’inclusione nel database è stata giudicata positiva in presenza di almeno 5 pareri favorevoli su 8. In casi di dubbia in-terpretazione o astensioni dal giudizio, la decisione finale è stata presa attraverso un confronto tra i due membri esperti del grup-po di lavoro (FB, SV).

Processo di raccolta datiAttraverso una prima griglia Excel sono stati identificati di ogni studio: il titolo, gli autori, la reference bibliografica, il Digital Object Identifier (DOI) o il Pubmed Identifier (PMID). Questa pri-ma griglia divisa per anno di pubblicazione è servita per lo scre-ening per titoli ed abstract.

Una volta identificati gli studi da escludere attraverso la votazio-ne indipendente e l’eliminazione dei doppioni si è costituita una seconda griglia in vista dell’analisi dei dati per il sito.

La seconda griglia è stata composta da diverse sezioni. La pri-ma sezione non visualizzabile dagli utenti comprendeva: ID pro-gressivo, nome dello strumento, acronimo, bibliografia completa, anno di validazione, riferimento dell’autore, indirizzo mail dell’au-tore, DOI-PMID, ricercatore incaricato si revisionare la scala. La seconda sezione riguardava i filtri da utilizzare sul sito per inter-rogare il database e comprendeva: tipo di valutazione, area di valutazione (la variabile indagata), popolazione, area corporea, costo, tempo di somministrazione, presenza del PDF, presenza di copyright sulla scala. La terza sezione raccoglieva la valutazione della checklist COSMIN sulle proprietà psicometriche più rilevanti di una scala di misura e sintetizzata in: sufficient, insufficient, o indeterminate. I criteri utilizzati per attribuire i giudizi sono de-scritti nel lavoro originale.2

Le proprietà psicometriche indagate sono:

a) la validità strutturale, ovvero il grado con il quale il punteggio della scala riflette adeguatamente le dimensioni del costrutto misurato;

b) la consistenza interna, cioè il grado di interrelazione tra gli item;

c) l’affidabilità, che riflette la proporzione del totale della varianza nelle misurazioni dovuta alla reale differenza tra i soggetti;

d) l’errore di misura, ovvero l’errore sistematico o casuale non attribuibile a veri cambiamenti nel costrutto misurato;

e) le ipotesi che testano la validità di costrutto, ovvero il grado con cui i punteggi della scala sono coerenti con le ipotesi avanzate dagli autori, basandosi sull’assunto che le misure sono valide per il costrutto misurato;

f) la misura dell’invarianza/validità cross-culturale, che riflette

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il grado con cui la performance degli items in una scala tradotta ed adattata riflettono la performance degli item della versione originale;

g) la validità di criterio, cioè il grado con il quale il punteggio della scala riflette adeguatamente il gold standard o strumenti simili;

h) la responsiveness, ovvero l’abilità della scala di identificare i cambiamenti nel tempo.

Analisi dei datiI dati sono stati sintetizzati mediante distribuzioni e frequenze per caratteristica psicometrica e per anno. La verifica della qua-lità metodologica generale degli studi di validazione cross-cultu-rale è stata eseguita prendendo in considerazione il punteggio COSMIN, che può andare da un minimo di 0 ad un massimo di 8. In linea con uno studio precedente,5 per essere ritenuta ac-cettabile è stato utilizzato un valore soglia superiore a 3 giudizi sufficient.

RisultatiI records estrapolati dai database sono stati in totale 11.570 (Fi-gura 1). Il primo processo di eliminazione ha interessato i dupli-cati, i titoli non attinenti, gli studi non conformi ai criteri di inclu-sione ed esclusione. Dei 413 studi rimasti sono stati letti i full text e sono stati estrapolati i dati utili per la valutazione COSMIN. In questa fase sono stati esclusi altri 24 articoli per motivi diversi (non attinenza, duplicati, abstract di congressi). I 389 articoli ri-manenti sono stati tutti valutati con i criteri COSMIN e le relative scale di misura sono state inserite nel database finale. Ciascuna scala è stata poi classificata con l’attribuzione di tags multipli riguardanti: il tipo di valutazione (6 item);

Figura 1. Flow-chart dello studio secondo il PRISMA Statement.

PubMed01-01-2010/12-31-2018

3153 Citation(s)

WoS01-01-2010/12-31-2018

2900 Citation(s)

Scopus01-01-2010/12-31-2018

2067 Citation(s)

651 Non-DuplicateCitations Screened

Inclusion/ExclusionCriteria Applied

Inclusion/ExclusionCriteria Applied

238 ArticlesExcluded

After Title/Abstract Screen

6 ArticlesExcludedAfter Full

Text Screen

18 ArticlesExcluded

During DataExtraction

413 ArticlesRetrieved

389 ArticlesIncluded

Embase01-01-2010/12-31-2018

2013 Citation(s)

CINAHL01-01-2010/12-31-2018

1374 Citation(s)

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l’area di valutazione indagata (43 item); la popolazione (23 item); l’area corporea (11 item); il costo (2 item); il tipo di somministra-zione (3 item); la presenza o meno del pdf (2 item); la presenza o meno di copyright (2 item).

Figura 2. Distribuzione dei punteggi attribuiti alle diverse proprietà psicometriche delle scale analizzate.

INDETERMINATE

?

INSUFFICIENT

-

SUFFICIENT

+

100 200 300 400

VALIDITÀ STRUTTURALE

CONSISTENZA INTERNA

AFFIDABILITÀ

ERRORE DI MISURA

IPOTESI CHE TESTANO LA VALIDITÀ COSTRUTTO

VALIDITÀ CROSS-CULTURALE / STABILITÀ DI MISURA

VALIDITÀ DI CRITERIO

RESPONSIVENESS

Valutazione COSMINLa Figura 2 sintetizza le distribuzioni generali dei punteggi per le proprietà psicometriche considerate attribuiti alle scale di misu-ra analizzate. In Figura 3 è invece rappresentata la distribuzione delle valutazioni COSMIN suddivise per anno.

Lo studio ha evidenziato come la verifica della validità strutturale sia scarsamente utilizzata dagli autori delle validazioni italiane (identificate come indeterminate), oppure non raggiunga i valori minimi considerati.3,4 Di contro, la consistenza interna e l’affida-bilità sono due caratteristiche quasi sempre presenti negli studi di validazione delle scale, anche talvolta la metodologia statistica non sia stata quella corretta.

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Per la consistenza interna ad esempio è stato presentato sola-mente il valore dell’alpha di Cronbach generale, e non quello per ciascuna delle sottoscale presenti come richiesto. Per l’affidabi-lità sono stati utilizzati metodi differenti da quelli indicati (ICC o Kappa modificato), oppure i valori soglia di riferimento erano nettamente più bassi di quelli proposti dal COSMIN, determi-nando un risultato opposto alle conclusioni degli autori. L’errore di misura, essendo correlato al Minimal Clinical Important Diffe-rence (MCID), non è quasi mai stato adeguatamente indagato. Pertanto, pur essendo presenti studi che analizzavano il Minimal Detectable Change (MDC), hanno ricevuto un giudizio indeter-minate perché privi del confronto con il MCID.

I criteri per l’attribuzione dei giudizi alla caratteristica ‘ipotesi che testano la validità di costrutto’ sono stati molto discussi in fase preliminare tra gli autori di questo studio. Le istruzioni COSMIN sottolineano come per essere soddisfatto deve essere dimostra-ta una concordanza dei risultati con le ipotesi attese per alme-no il 75% di esse. Ciò che non risulta chiaro ed evidente è quali ipotesi considerare, escludendo quelle non attinenti alla validità di costrutto. La validità cross-culturale e la stabilità di criterio include la presenza di un’analisi fattoriale che identifica la pre-senza o meno di differenze importanti (età, genere, lingua) tra i vari gruppi. Questa analisi, poco rappresentata, rende il giudizio prevalentemente indeterminate e scarsamente sufficient.

Di contro, la validità di criterio è considerata positiva anche quando, non esistendo per la scala un adeguato gold standard, è indagata la validità concorrente. E’ una caratteristica molto in-dagata negli studi considerati, con pochi casi di giudizi indeter-minate, ma al contempo un basso livello di correlazione che ha reso il giudizio prevalentemente insufficient. Per ultimo, ma non meno importante, si deve evidenziare la scarsissima verifica della responsiveness delle scale. Probabilmente ciò è imputabile al fat-to che tale pratica richiede una raccolta dati sia all’inizio che alla fine del trattamento su un campione sufficientemente rappre-sentativo, rendendo il lavoro organizzativamente più complesso.

In base ai criteri imposti per considerare accettabile la qualità metodologica degli studi analizzati, solo 130 su 389 hanno supe-rato il valore soglia, ovvero il 33% del totale.

DiscussioneLe scale di misura devono essere valide, affidabili e responsive, e prima di essere utilizzate in un contesto sociale e in una lin-gua differenti da quella originale devono seguire un adattamento cross-culturale. Questo processo passa attraverso la sommini-strazione della scala d una popolazione di riferimento per veri-ficare che le proprietà psicometriche originali siano confermate, in modo da consentire ai clinici di interpretare correttamente i punteggi ottenuti. Questo è il primo studio che abbia indagato le scale di misura in ambito riabilitativo validate in lingua italiana.

La scarsa presenza dell’analisi dell’errore di misura e del MCID è in linea con altre revisioni che hanno indagato la qualità metodo-

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logica di alcuni test e scale di misura in ambito internazionale.6 Anche la scarsa considerazione della responsiveness viene sot-tolineata in precedenti revisioni di scale di misura, sia in ambito muscolo-scheletrico,6 psico-sociale,7 che oncologico.8

Rispetto alle attese - alimentate dalla pubblicazione di adeguate checklist come la COSMIN - la qualità metodologica degli studi non si è modificata negli anni, con una frequenza costante nel tempo di lavori di accettabile qualità. Si potrebbe speculare che oltre al fatto che gli autori non seguono le indicazioni interna-zionali, anche le riviste ed i revisori continuino ad essere poco attenti alla qualità metodologica degli studi.

Avere degli strumenti validi, affidabili e responsivi è la premes-sa per poter valutare adeguatamente il paziente, considerare la progressione delle condizioni di salute e gli esiti. Molte scale di misura non possiedono queste caratteristiche: il loro utilizzo e la conseguente interpretazione dei risultati deve pertanto essere analizzata con cautela, soprattutto quando su di essi vengono fatte scelte in ambito socio-economico.

La creazione del database costituisce un passo importante verso una maggiore consapevolezza da parte dei clinici verso la dispo-nibilità e la qualità metodologica con cui sono state effettuate le validazioni cross-culturali degli strumenti adattati in lingua italia-na. Si tratta di uno strumento innovativo ed unico, che sarà pre-sto reso disponibile sul sito della Società Italiana di Fisioterapia.

I dati esposti sono tuttavia preliminari. È in atto un’analisi in cie-co sulla valutazione COSMIN del gruppo di lavoro. Un limite di questo studio è dato dell’arco temporale scelto, identificato nello specifico perché è stata presa in considerazione la data di pub-blicazione della checklist COSMIN.

Figura 3. Distribuzione dei giudizi COSMIN suddivisi anno per anno.

INDETERMINATE

?INSUFFICIENT

-SUFFICIENT

+

112,5

90,0

67,5

45,0

22,5

TOT 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

0

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ConclusioniLe scale di misura disponibili per valutare i pazienti di lingua ita-liana sono molto numerose, anche se la qualità metodologica degli studi di validazione cross-culturale non è migliorata dopo la pubblicazione della checklist COSMIN. E’ auspicabile che, in futuro, la considerazione di questi dati possa migliorare la qualità degli studi, soprattutto per quanto riguarda le proprietà psico-metriche clinicamente rilevanti come la responsiveness.

RingraziamentiNel corso del mandato 2016-19 all’interno del Comitato Direttivo della Società Italiana di Fisioterapia (SIF) ho avuto il piacere di collaborare al progetto del database sulle scale di misura condi-videndo il lavoro con i colleghi Stefano Vercelli (SV), Luca Ber-tazzoni, Elisa Ravizzotti, Silvia Cardinale, Leonardo Piano, Nicola Ferri e Claudio Cordani, ai quali vanno i miei ringraziamenti.

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Master IFOMPT: Raccontaci il tuo percorso TESI DI MASTER

CLASSIFICAZIONE E VALUTAZIONE DEL GROIN PAINCandidata: Dott.ssa Ft. Schenato NicoleRelatrice: Dott.sa Ft. OMT Alice Munari

Abstract

OBIETTIVOLo scopo principale di questa revisione è quello di indi-viduare, tra le varie proposte presenti in letteratura, i più affidabili criteri diagnostici clinici per individuare il groin pain, differenziandolo da patologie che non sono di com-petenza fisioterapica o da problematiche che necessitano di un trattamento specifico.

MATERIALI E METODIPer eseguire la revisione sistematica sono stati consultati da Ottobre a Dicembre 2018 i database di PubMed e Co-chrane. Sono stati inclusi solo articoli in lingua inglese e non sono state applicate restrizioni rispetto alla data di pubblicazione.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONINegli studi inclusi in questa revisione sono state riscon-trate caratteristiche che hanno permesso di suddividerli in due principali categorie sulla base del metodo di clas-sificazione utilizzato.Della prima categoria fanno parte quegli articoli che mira-no, attraverso l’esame obiettivo, ad individuare la struttu-ra responsabile del dolore, mentre alla seconda apparten-gono gli studi che utilizzano un metodo ‘per esclusione’ incentrato sull’anamnesi.Data l’assenza di test clinici specifici per l’individuazione del groin pain e l’assenza di protocolli differenziati per le diverse entità cliniche, proponiamo un modello di classifi-cazione basato sull’anamnesi che prevede la distinzione di 3 aree definite: red flags, specific ed aspecific groin pain.

BACKGROUNDIl groin pain è una problematica molto diffusa, soprattutto tra i giocatori di sesso maschile di sport che prevedono movimenti di torsione, rapide variazioni di velocità, cambi di direzione e calci. Questa condizione clinica costituisce

Dott.ssa NICOLE SCHENATO

PT BSc, OMPT

Fisioterapista

Orthopaedic Manipulative Physical Therapist

Master Riabilitazione dei Disordini Muscolo-scheletrici

Università degli Studi di Genova, Campus di Savona

Libero Professionista

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circa il 6-16% di tutte le problematiche che determinano assenze ad allenamenti e par-tite1,2 e comporta lunghi periodi di recupero che oscillano tra le 9 e le 18 settimane. Nono-stante rappresenti un grosso capitolo nella riabilitazione dello sportivo, vi è disaccordo in letteratura su terminologia, classificazio-ne, eziologia e trattamento. La mancanza di forti evidenze è attribuibile principalmente alla mancanza di una terminologia comune3: in letteratura vengono utilizzati 33 termini differenti per identificare la stessa condizio-ne clinica i cui criteri diagnostici rimangono incerti. Nel 2015 Weir e colleghi3 sconsiglia-no ufficialmente il termine sports hernia, concordi sul fatto che ci si trovi di fronte ad un dolore inguinale in assenza di una vera e propria ernia. Le classificazioni più recenti preferiscono utilizzare termini più generici che includono qualsiasi dolore insorga nella regione del basso addome. Nel termine groin pain rientrano quindi anche problematiche di competenza non fisiotera-pica, problematiche di anca, dolore riferito dalla colonna e problematiche muscolosche-letriche locali. Diventa così di facile intuizione constatare come in assenza di una terminologia comu-ne, di definizioni precise e di una classifica-zione condivisa, la ricerca in tale ambito è rallentata e soggetta a limitazioni.Alla luce di queste problematiche metodolo-giche lo scopo di questa tesi è quello di fare chiarezza e di proporre criteri diagnostici clinici per groin pain supportati da evidenze scientifiche.

MATERIALI, METODI E RISULTATIÈ stata effettuata una revisione della lettera-tura mediante una ricerca sulle banche dati di PubMed (NCBI) e Cochrane.Sono stati quindi esclusi gli articoli che non indagano criteri diagnostici del groin pain, i case report o case series, gli articoli riguar-danti l’imaging e quelli che non propongono criteri diagnostici clinici.La ricerca ha prodotto inizialmente 384 risul-tati e, dopo aver applicato i criteri di inclu-sione ed esclusione, sono stati ridotti a 6 ar-ticoli. È stato successivamente manualmente reperito 1 articolo dalla bibliografia, per un totale di 7 studi definitivamente inclusi nella revisione.

DISCUSSIONECRITERI DI CLASSIFICAZIONELa mancanza di criteri di classificazione spe-cifici per il dolore inguinale è in gran parte dovuta all’assenza di un consenso sulla ter-minologia e di un accordo sulle condizioni cliniche che rientrano nella definizione di groin pain.

INDIVIDUAZIONE DELLASTRUTTURA RESPONSABILE

HOLMICH 20071

Long-standing groin pain insportspeople falls into three primarypatterns, a “clinical entity” approach:

a propospective study of 207 patients.

FALVEY 20095

The groin triangle: a pato-anatomicalapproach to the diagnosis of chronic groin

pain in athletes.

SHEEN 20146

Treatment of the Sportsman’s groin:British Hernia Society’s 2014 positionstatement based on the Manchester

Consensus Conference.

1.

2.

3.

DIAGNOSI PERESCLUSIONE

HEDGEDUS 20137

A suggested model for physicalexamination and conservativetreatment of athletic pubalgia.

SHETTY 20158

Groin pain in athletes:a novel diagnostic approach

THORBORG 20189

Clinical examination, diagnosticimaging and testing of athletes with

Groin Pain: an evidence-basedapproach to e�ective management.

1.

2.

3.

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Negli studi inclusi in questa revisione sono stati riscontrati elementi che hanno permes-so di prendere in considerazione due modelli interpretativi per la diagnosi e classificazione di groin pain.Il primo contempla che il dolore inguinale sia dovuto ad una lesione o ad un danno di una struttura specifica ed il criterio di classifica-zione proposto è quindi volto ad individuar-ne la struttura responsabile.I criteri di classificazione proposti da questo gruppo di articoli portano ad una ipotesi dia-gnostica finale definita, tuttavia presentano numerosi punti critici. In primis passa in se-condo piano la centralità dell’anamnesi nel ragionamento clinico favorendo invece un approccio eccessivamente strutturale, basa-to sull’individuazione all’esame obiettivo del-la struttura responsabile. Infatti, è stato riportato in letteratura come l’anatomia dell’area da esaminare sia molto complessa e la sola palpazione, così come l’esecuzione di test resistiti e di allungamen-to, risultano quindi poco affidabili e sicura-mente non sufficienti per poter effettuare una diagnosi clinica4.Altri autori hanno proposto un modello al-ternativo di inquadramento diagnostico, preferendo l’utilizzo di un termine ombrello che comprenda tutte quelle problematiche riconducibili ad un dolore nell’area inguina-le ed escludere, attraverso il ragionamento clinico, problematiche di tipo non muscolo-scheletrico o riferite da altre strutture.In uno studio, Hegedus4 propone di conside-rare la ‘diagnosi per esclusione’ e suggerisce uno schematico ma esaustivo paradigma per la valutazione clinica. Quest’ultimo prevede come primo approccio un’anamnesi detta-gliata per determinare quali pazienti pos-sano essere presi in carico e quali debbano essere riferiti ad altro specialista. Solo dopo un’anamnesi approfondita vengo-no utilizzati osservazione, test attivi e passi-vi, palpazione e test speciali: il loro ruolo è quello di confutare o confermare le ipotesi diagnostiche formulate poiché, utilizzati da soli, non apportano informazioni rilevanti e affidabili per decisioni cliniche appropriate. Numerose informazioni vengono poi ricavate da scale di valutazione e test per la perfor-mance fisica.

Anche negli studi di Shetty5, Weir3 e Thor-borg6 l’anamnesi riveste un ruolo centrale, non solo per l’esclusione di possibili red flags ma anche per l’individuazione di sottogrup-pi in base alla sede e alle caratteristiche del dolore. Shetty5 suddivide il dolore inguinale in in-tra-articolare, extra-articolare e riferito da altra struttura. Lo studio riporta i principali segni e sintomi che caratterizzano le diverse condizioni cliniche, tuttavia non sono speci-ficati criteri o test clinici utili per individuarle. In caso di diagnosi incerta, per differenziare patologie intra-articolari da extra-articolari sono citati il blocco anestetico dell’anca, le bioimmagini e l’artroscopia, mentre gli studi di conduzione del nervo sono consigliati in caso di sospetto di intrappolamento nervo-so.Gli altri due autori3,6 invece, dopo aver esclu-so problematiche di pertinenza non fisiote-rapica, utilizzano l’anamnesi e l’esame fisi-co con lo scopo di differenziare 3 principali sottogruppi di dolore inguinale: hip related groin pain, entità cliniche definite e altre cau-se di dolore inguinale.Grazie all’utilizzo di palpazione e test resistiti vengono quindi individuate le 4 entità clini-che definite: adductor, iliopsoas, inguinal e pubic-related groin pain.La criticità rilevata in questi articoli consiste nel fatto che propongono criteri di classifi-cazione fini a sè stessi e non volti all’indivi-duazione di un sottogruppo che risponda in modo favorevole al trattamento conservati-vo.Inoltre, sebbene in letteratura vengano pro-poste più entità cliniche in termini di classifi-cazione, negli RCT vengono presi in conside-razione solo un generico long-standing groin pain oppure la sola categoria degli adduc-tor-related.Sono stati individuati altri studi a favore dell’ipotesi che l’individuazione di entità cli-niche definite non sia necessaria: lo studio retrospettivo di Gore7, volto a determinare come la stiffness influisca nell’atleta con do-lore inguinale, non individua alcuna relazione tra diagnosi clinica e movimento biomecca-nico e per questo motivo l’autore suggerisce di considerare il dolore inguinale come sin-gola entità clinica.

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In uno studio più recente, King8 propone in-vece una riabilitazione attiva basata su eser-cizi di controllo inter-segmentale che han-no dato buoni risultati indipendentemente dall’entità clinica d’appartenenza.

PROPOSTA DI CLASSIFICAZIONE EVALUTAZIONEAlla luce della letteratura di bassa qualità e dell’inadeguatezza di palpazione , test resi-stiti, di allungamento e delle stesse bioim-magini per l’individuazione della struttura responsabile di groin pain, viene proposta una modalità di classificazione che analoga-mente allo studio di Hegedus4, utilizza un ap-proccio ‘per esclusione’.Il sistema di classificazione proposto è mol-to simile a quello attualmente in uso anche per le problematiche di Low Back Pain e per quello recentemente proposto per il dolore di spalla9.

REDFLAGS

Dolore riferitoda altra

patologia

Fratture

Erniainguinale

Lesionemuscolare

acuta

Problematicadi anca

Problematicalombare o

dell’articolazionesacro-iliaca

Inguinaldisruption

Qualsiasidolore

inguinale chenon rientrinegli altri

sottogruppi

GROIN PAINSPECIFICO

GROIN PAINASPECIFICO

RED FLAGSDopo aver svolto un’accurata anamnesi è op-portuno inviare ad altro specialista tutti quei pazienti in cui vi è il sospetto che il dolore inguinale sia dovuto da una causa sistemica o comunque una causa che non rientri nel-le nostre competenze come tumore, spon-dilo-artropatie, dolore riferito da patologia viscerale ma anche fratture e fratture da stress3. Ci devono far riflettere la presenza in anamnesi di storia di trauma, febbre, inspie-gabile perdita di peso, storia di cancro, dolo-re notturno, bruciore alla minzione ed uso di

corticosteroidi.6

Per l’esame obiettivo abbiamo a disposizio-ne test sensibili, utili per il rule-out di frat-ture femorali ed in caso di test positivo è consigliato approfondire con bioimmagini.4 Il patellar pubic percussion test (SN: 96%; SP: 86%) viene utilizzato in caso di fratture vere e proprie mentre il fulcrum test (SN: 93%; SP: 75%) risulta più appropriato per i casi di frattura da stress; un ROM di anca normale, inoltre, ci permette di escludere la necrosi avascolare del femore.Dato che vi è accordo in letteratura rispetto all’esclusione dell’ernia inguinale vera e pro-pria dalla definizione di groin pain, i sogget-ti affetti da questa problematica rientrano all’interno del gruppo delle patologie non muscolo-scheletriche da escludere. I sogget-ti in questione si presentano tipicamente con dolore alla manovra di Valsalva ed una massa palpabile durante un colpo di tosse10.Se non vi è sospetto di patologia grave vie-ne sconsigliato l’utilizzo di bioimmagini per evitare di indurre effetti iatrogeni di nocebo, ipervigilanza riguardo la struttura potenzial-mente associata a lesione o indurre chinesio-fobia e fear-avoidance che potrebbero osta-colare il piano terapeutico6.

SPECIFIC GROIN PAIN Tra le varie tipologie di groin pain ve ne sono alcune che non sono di pertinenza fisiotera-pica e che richiedono il supporto di figure specialistiche. Tuttavia in letteratura non vi sono indicazioni particolari che possano aiu-tare il clinico nel processo decisionale.Pertanto, la diagnosi differenziale è in gran parte clinica; per escludere la presenza di lesioni muscolari acute è necessario indaga-re i meccanismi di insorgenza del sintomo, tenendo in considerazione che in soggetti adolescenti non è infrequente trovare avul-sioni ossee, data l’immaturità delle strutture. Esame fisico composto da palpazione, test resistiti e allungamento sono accurati per determinare lesioni dei muscoli adduttori e dei flessori di anca, tuttavia non è possibile distinguere una lesione all’ileopsoas da una al retto femorale basandosi sulla sola cli-nica. L’assenza di dolore alla palpazione è sufficiente per escludere una lesione acuta a carico di queste strutture, mentre per ac-certarne la presenza è necessario eseguire

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un’ecografia.6

Se il ROM di anca non risulta limitato in nes-sun piano l’ipotesi di artrosi d’anca può es-sere esclusa con un buon grado di sicurezza; inoltre se il movimento risulta limitato su un solo piano è poco probabile che sia l’artrosi a contribuire a tale limitazione.Per quanto riguarda problematiche di impin-gement e di lesione del labbro acetabolare, il FADDIR test risulta il migliore test di scre-ening (SN: 94%; SP: 8%), mentre per il dolo-re riferito dall’articolazione sacro-iliaca, si fa riferimento alla batteria di Laslett4,6. La po-sitività a 3 test su 5 del cluster (SN: 91%; SP: 78%) o la sola positività del Thigh Thrust Test e del Distraction Test suggeriscono la pre-senza di una problematica della sacro-iliaca.In merito al dolore riferito dalla colonna ci sono pareri contrastanti: sarà quindi neces-sario approfondire in anamnesi e con l’esame obiettivo l’eventuale correlazione tra sintomi e movimenti della zona lombare. Le problematiche di intrappolamento ner-voso sono facilmente riconoscibili per la presenza in anamnesi di sintomi neurologici quali alterazione della sensibilità e della forza delle strutture innervate confermate poi all’e-same obiettivo tramite esame neurologico.10

Meno frequenti, ma utile menzionarla, è la possibile presenza di inguinal disruption: con questo temine si intende la presenza di un’a-nomala tensione a livello del canale ingui-nale associata ad una debolezza del canale posteriore, dilatazione dell’anello inguinale esterno e lesione del legamento inguinale o del cosiddetto cojoint tendon. Per l’indivi-duazione di tale problematica è disponibile in letteratura la classificazione clinica propo-sta dalla British Hernia Society ed è inoltre possibile confermare tale ipotesi con l’osser-vazione di un bulging inguinale ad un’eco-grafia dinamica11.Al momento, tuttavia, non è stata trovata alcuna correlazione tra dolore inguinale e presenza di bulging all’ecografia dinamica e non è quindi possibile individuare un sotto-gruppo di soggetti con un dolore inguinale attribuibile ad un danno strutturale6.

ASPECIFIC GROIN PAINUna volta escluse red flags e problematiche muscoloscheletriche che necessitano di un

trattamento specifico, ci troviamo nel campo dell’aspecific groin pain.Proprio perché non sono proposti protocolli differenziati per le diverse entità cliniche e dato che non sono state riscontrate differen-ze nella biomeccanica del movimento tra i diversi gruppi7, questa proposta di classifica-zione considera l’aspecific groin pain come un’unica entità.La valutazione del dolore inguinale aspecifi-co prevede la misurazione di ROM e forza, palpazione, test speciali, test di performance fisica e scale di valutazione. Una limitazione in intrarotazione, extrarotazione ed abduzio-ne di anca sono spesso reperti correlati al dolore inguinale ma non è ancora chiaro se ne siano la causa o la conseguenza4.La palpazione per la riproduzione del dolo-re familiare viene consigliata da più studi e dimostra un buon accordo intra-esaminatore ma non è in grado da sola di individuare la struttura responsabile, se non in caso di le-sione acuta4,6.La maggioranza degli studi documenta un deficit di forza nei casi di groin pain ma, an-cora una volta, non è chiaro se questa ne sia la causa o la conseguenza4,6. Va comun-que valutata la forza muscolare dato che un importante squilibrio tra i principali gruppi sembra essere uno dei fattori di rischio in-trinseci per groin pain.Abbiamo a disposizione alcuni test utili per la riproduzione del sintomo: Il bilateral ad-ductor test risulta il migliore ma sono pre-senti anche il single adductor test e lo sque-eze test.Se il paziente non si trova in una fase trop-po reattiva è opportuno valutare le misure di performance fisica, ossia test volti a valutare se il paziente sia in grado di svolgere deter-minate attività in un modo standardizzato e ripetibile. È infatti frequente che, a causa del dolore, l’atleta con pubalgia metta in atto strategie di compenso che causano una di-minuzione della performance fisica.Sono citati in letteratura lo star Excursion Balance Test (r = 0.85 - 0.96) e l’Y Balance Test (r = 0.67 - 0.96) per valutare l’equilibrio dinamico ed il controllo motorio; la Hop Test Battery composta da Single Leg Hop for Di-stance Test, Vertical Hop, Timed Sided Hop e Triple Hop for Distance per valutare il con-

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trollo motorio nell’attività di salto e il Modified Agility T-Test per valutare il dolore inguinale nell’attività del cambio di direzione.Si tenga in considerazione che questi test di performance non sono validati per la popola-zione specifica del groin pain ma sono studiati per la valutazione di problematiche agli arti in-feriori come instabilità cronica di caviglia e ri-costruzione del legamento crociato anteriore.Per indagare invece la partecipazione e la qualità della vita vengono raccomandate la Copenhagen Hip and Groin Outcome Score (HAGOS) validata in italiano e la International Hip Outcome Tool (IHOT)6 validata solo in lin-gua inglese.

KEY POINT• La mancanza di una terminologia comune e di un quadro clinico definito è la principale causa della produzione di evidenze di scarsa qualità.• Per quanto riguarda la classificazione in letteratura possono essere distinti due sotto-gruppi: diagnosi per esclusione e individuazio-ne della struttura responsabile.• Vengono spesso proposta l’individuazione di entità cliniche definite in assenza di propo-ste differenziate di trattamento.• Nuova proposta: red flags, specific ed aspecific groin pain.

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To flex or not to flex? Is there a relationship between lumbar spine flexion during lifting and low back pain? A systematic review with meta-analysis.

J Orthop Sports Phys Ther. 2019 Nov 28:1-50. doi: 10.2519/jo-spt.2020.9218. [Epub ahead of print] Nic Saraceni, PT ; Peter Kent, PhD; Leo Ng, PhD ; Amity Campbell, PhD ; Leon Straker, PhD and Peter O’Sullivan, PhD

Study designPrognosis systematic review with meta-analysis.

OBJECTIVETo evaluate whether lumbar spine flexion during lifting is a risk factor for low back pain (LBP) onset/persistence, or a differen-tiator of people with and without LBP.

LITERATURE SEARCHDatabase search of Proquest, CINAHL, Medline and EMBASE un-til August 2018.

STUDY SELECTION CRITERIAWe included peer-reviewed articles, investigating lumbar spine position during lifting as a risk factor for LBP onset or persisten-ce, or as a differentiator of people with and without LBP.

DATA SYNTHESISLifting task comparison data were tabulated and summarised. For meta-analysis, we calculated an n-weighted pooled mean (SD) of the results for each of the LBP and no LBP groups. Whe-re a study contained multiple comparisons (i.e. different lifting tasks that used various weights or directions), only one result for each study was included in the meta-analysis.

RESULTSFour studies (one longitudinal study and three cross-sectio-nal studies) measured lumbar flexion with intra-lumbar an-gles and found no differences in peak lumbar spine flexion when lifting (longitudinal 1.5 degree (95%CI -0.7 to 3.7), p=0.19 and cross-sectional -0.9 (95%CI -2.5 to 0.7), p=0.29). Seven

Dott. MARCO SEGAT

PT BSc, OMPT

Fisioterapista

Orthopaedic Manipulative Physical Therapist

Docente Master in Scienza e Pratica in Fisioterapia Muscolo Scheletrica

Universit. degli Studi del Molise, Campobasso

Docente Corso di Laurea in Fisioterapia

Università degli studi di Padova, sede di Conegliano (TV)

Responsabile Ufficio Formazione AIFI Veneto

Libero Professionista

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cross-sectional studies measured lumbar flexion with thora-co-pelvic angles and found people with LBP lifted with 6.0 de-grees less lumbar flexion than people without LBP (95%CI -11.2 to -.89, p<0.01). Most (9 of 11) studies reported no between-group differences in lumbar flexion during lifting. The included studies were low quality.

CONCLUSIONThere was low quality evidence that greater lumbar spine flexion during lifting was not a risk factor for LBP onset/persistence, nor a differentiator of people with and without LBP.

RIFLESSIONE INTRODUTTIVAIl forte cambiamento di paradigma che sta coinvolgendo il mon-do della fisioterapia ha bisogno di essere declinato in tutti gli ambiti nei quali il fisioterapista viene impiegato con le sue com-petenze. Nelle competenze del fisioterapista, che in Italia sono dichiarate nel profilo professionale, c’è un esplicito passaggio nel quale si fa riferimento all’area della prevenzione (D.M. 741/94). In quest’ottica il fisioterapista può essere impiegato come docente nei corsi di assistenza alla movimentazione manuale dei carichi. La formazione in questo ambito è obbligatoria, a norma di leg-ge, per tutti i dipendenti esposti “alle attività lavorative di movi-mentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.” (D. Lgs 81/08 art. 167- 170).

Da molti anni si riflette su cosa sia utile inserire i questi corsi di formazione (1) per renderli efficaci nella prevenzione degli in-fortuni. Molti hanno cercato di verificare se fosse possibile mo-dificare il comportamento dei lavoratori e portarli ad applicare le linee di indirizzo proposte nei corsi di training alla corretta movimentazione, tuttavia nelle revisione sistematica di questi articoli2 si evince che, sebbene i dipendenti riferiscano com-prensione e consapevolezza a seguito della formazione, ciò non porta sempre al previsto cambiamento comportamentale dei la-voratori. Questa revisione suggerisce inoltre, che non è possibile dimostrare che una formazione alla movimentazione porterà a una riduzione dei disturbi muscoloscheletrici correlati al conte-sto lavorativo (WRMSD). Più recentemente una overview di revi-sioni sistematiche3 è giunta alle stesse conclusioni. Quest’ultimo elaborato ha riassunto e analizzato la letteratura sul tema della prevenzione del Low Back Pain (LBP) che si può condurre in ambiente lavorativo ed emerge come le modalità con compro-vata non-efficacia siano le proposte di formazione su suppor-to cartaceo, video o residenziali applicate come proposta a sé stante. Questa è una informazione sconfortante se si pensa che nella maggioranza dei casi queste strategie sono le più utilizza-te nel contesto lavorativo italiano. Ciò che pare efficace su basi scientifiche3 è l’attivazione di proposte di attività fisica rivolte ai lavoratori con un accento al training di forza, mobilità e resisten-za sia come proposta applicata singolarmente o in associazione ad un percorso di educazione e formazione. Dunque oltre agli obblighi di legge anche la letteratura supporta una diffusione di

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10. Caneiro JP, O’Sul-livan P, Lipp OV, et al. Evaluation of implicit associations betwe-en back posture and safety of bending and lifting in people without pain.Scand J

contenuti scientifici ed educativi purché non come strategia iso-lata. Ma quali informazioni vanno veicolate in questi corsi di for-mazione? Possono queste ore di formazione essere dedicate alla diffusione e contestualizzazione del modello biopsicosociale nel settore dei disturbi muscolo scheletrici correlati al contesto la-vorativo? La larga diffusione dei concetti di rischio correlato alla biomeccanica del gesto diffusi e consolidati con i celebri studi su cadavere di Nachmenson4 hanno da anni ricevuto inappella-bili contestazioni scientifiche, risulta quindi anacronistico man-tenere nella didattica contenuti, che si sono dimostrati inefficaci e scientificamente smentiti dalla ricerca recente. Sembra quindi giunto il momento di rinnovare le basi scientifiche su cui fondare questi percorsi formativi smontando alcuni miti come la peri-colosità di una movimentazione manuale dei carichi a rachide flesso.

SINOSSIC’è una forte convinzione che il sollevamento con una colonna lombare flessa abbia un ruolo causale nel LBP correlato al sol-levamento, e che quest’ultimo sia dovuto alla combinazione tra angoli e carichi applicati sulla colonna lombare. Sulla base di questa ipotesi è stato proposto il sollevamento con “rachide in posizione neutra” quale strategia di prevenzione e il principio risulta accettato in tutto il mondo. Criticamente, l’implementa-zione di consigli di sollevamento in ambito sanitario e negli altri luoghi di lavoro non sono stati accompagnati da una riduzio-ne LBP nei lavoratori. Ci sono inoltre già evidenze che il carico pressorio sui dischi a livello lombare sia simile sia con tecniche di sollevamento a rachide flesso che in posizione neutra. Alcu-ne prove raccolte in studi epidemiologici hanno dimostrato che l’alto carico meccanico sia un fattore di rischio per LBP, tuttavia quegli studi non hanno esaminato se la flessione lombare duran-te il sollevamento fosse un fattore di rischio correlato.

CRITERI DI INCLUSIONE E STUDI ANALIZZATISono stati selezionati per questa revisione sistematica studi pubblicati in inglese su riviste indicizzate con sistema di revisio-ne tra pari, che avessero come outcome la misurazione angola-re durante il sollevamento di carichi e che avessero come stru-mento di misura un sistema a minimo due punti di repere osseo (no goniometri a braccia). Gli studi dovevano essere indirizzati all’indagine della posizione del rachide durante il sollevamento come fattore di rischio per lo sviluppo o il mantenimento di LBP. Sono stati accettati anche studi che indagassero la flessione del rachide in manovre di movimentazione manuale di carichi come differenziatore tra partecipanti con e senza LBP.

Dopo la prima ricerca di articoli (2289 studi) il 98,5% sono stati esclusi per non pertinenza al tema trattato (lettura titolo e ab-stract) e successivamente i 34 studi rimasti sono stati analizzati e dalla verifica dei criteri di inclusione sopra citati, solo 13 sono inclusi nello studio. Tutti i 13 articoli selezionati poi sono stati valutati nella qualità metodologica con uno strumento di anali-si denominato MCACL (“Modified Critical Appraisal Checklist”)

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11. Caneiro JP, O’Sulli-van P, Smith A, Mose-ley GL, Lipp OV. Im-plicit evaluations and physiological threat responses in people with persistent low back pain and fear of bending. Scand J Pain. 2017;17:355-366. doi:10.1016/j.sjpain.2017.09.012.

12. Commissaris DA, Nilsson-Wikmar LB, Van Dieen JH, Hir-schfeld H. Joint co-ordination during whole-body lifting in women with low back pain after pregnancy. Arch Phys Med Reha-bil. 2002;83(9):1279-1289. doi:10.1053/apmr.2002.33641.

13. Dreischarf M, Rohl-mann A, Graichen F, Bergmann G, Sch-midt H. In vivo loads on a vertebral body replacement during different lifting tech-niques. J Biomech. 2016;49(6):890-895. doi: 10.1016/j.jbiome-ch.2015.09.034

14. Gombatto SP, D’Arpa N, Lan-derholm S, et al. Differences in kine-matics of the lum-bar spine and lower extremities between people with and wi-thout low back pain during the down pha-se of a pick up task, an observational stu-dy. Musculoskelet Sci Pract. 2017;28:25-31. doi: 10.1016/j.msk-sp.2016.12.017.

con l’intento di valutare le principali caratteristiche degli studi e stratificarli in base alla qualità metodologica. Successivamente con la GRADE (Grading of Raccomandation Assessment, Deve-lopment and Evaluation) è stato possibile giudicare il livello di affidabilità delle indicazioni risultanti dagli studi analizzati. Tutte le analisi sugli articoli sono state condotte da due revisori in cie-co con un terzo disponibile per risolvere le discrepanze.

Dall’analisi qualitativa (MCACL) degli studi emerge che ci sia ampia eterogeneità e l’affidabilità delle conclusioni (GRADE) è stata in generale giudicata come bassa a causa della tipologia degli studi (tutti studi osservazionali). In generale si sono rilevati alti rischi di bias, che spaziano dagli errori metodologici di misu-razione (accuratezza e affidabilità nell’individuazione dei reperi ossei) fino a bias più complessi e legati alla critica metodologica dei risultati che in 4 articoli (che analizzavano la correlazione tra flessione nella movimentazione e presenza di LBP) avevano nella metanalisi un distribuzione dell’intervallo di confidenza che attraversava lo zero, evidenziando quindi, inconsistenza nella ef-fetto delle conclusioni.

CONCLUSIONILe caratteristiche degli studi inclusi nella revisione hanno forti li-miti metodologici e scientifici sia quando indagano se la flessio-ne della colonna lombare durante il sollevamento è un fattore di rischio per insorgenza / persistenza di LBP sia quando si osserva se la flessione della colonna lombare durante il sollevamento è diversa nelle persone con e senza LBP. Solo in due articoli tra quelli selezionati hanno riportato una correlazione con il LBP e una aumentata flessione lombare durante il sollevamento, ma in un caso con limiti metodologici nella misurazione 12 e nell’al-tro con dati contrastanti nelle misurazioni tra rachide lombare superiore e inferiore (14). Negli altri studi che hanno indagato la correlazione tra LBP e flessione emerge che spesso nei grup-pi con con LBP vengono misurati gradi inferiori di flessione del rachide lombare durante il sollevamento ma questo potrebbe anche essere dovuto a comportamenti di evitamento oppure adattavi-protettivi condizionati dal sintomo dolore. Non ci sono quindi, prove credibili in vivo per supportare il dogma che la flessione della colonna lombare debba essere ridotta al minimo durante il sollevamento dei carichi per prevenire l’insorgenza, la persistenza o la ricorrenza di LBP. (10 11 16)

Va altresì detto che ci sono evidenze che la movimentazione di carichi sia in correlazione con l’insorgenza o la persistenza del LBP tuttavia in questi articoli non viene menzionata la flessione come fattore di rischio ma si fa riferimento solo alla movimen-tazione manuale. Questo ultimo dato inoltre, se correlato anche con i recenti studi in vivo, che hanno evidenziato come non vi si-ano differenze nella pressione intradiscale e delle forze di taglio tra un sollevamento di carichi in flessione o in posizione neu-tra, supporta ulteriormente la tesi della fragilità delle indicazioni classiche dell’ergonomia della movimentazione.13 15 17

LIMITI DELLO STUDIO E IMPLICAZIONI CLINICHE

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Per scelta metodologica, questa revisione contiene solo studi in inglese e quindi alcune pubblicazioni anche rilevanti potrebbero essere sfuggite, inoltre nessuno degli studi analizzati propone-va, durante le misurazioni, movimentazione di carichi superiori ai 12 kg e questo potrebbe rappresentare un limite di trasferi-bilità delle conclusioni da un setting di laboratorio al contesto lavorativo. Infine anche le misurazioni angolari strumentali fatte direttamente “sul campo” potrebbero differire da quelle fatte in laboratorio e in qualche misura dare risultati diversi.

Ciò che ha portato all’attuale prassi di educazione da parte de-gli operatori sanitari e “dall’industria della salute sul lavoro” sul rischio di sviluppare dolore e lesioni se si sollevano carichi con la schiena atteggiata in flessione, viene fornito in assenza di evi-denze scientifiche in vivo. Data la forte evidenza che LBP sia influenzato da vari,5,6,7,8,9 fattori biopsicosociali tra cui creden-ze negative su LBP e paura del movimento, non è giustificabile continuare a correlare ad aspetti puramente biomeccanici un fe-nomeno complesso nell’eziologia come il LBP.

RIFLESSIONI FINALI Credo che la diffusione di un messaggio completamente demo-litivo del modello precedente (rischio di movimentazione dei ca-richi in flessione) possa essere di difficile accettazione sia per i lavoratori che per l’industria della formazione nella sicurezza nel lavoro. Sono consapevole che ci siano sufficienti evidenze per procedere in questa direzione, seppur con alcune riserve emerse anche nei limiti di questo studio, ma la mia personale opinione è che sia più facilmente perseguibile una posizione più moderata all’interno dei corsi di formazione in questo ambito, puntando l’attenzione su:

• strategie di prevenzione che si sono dimostrate efficaci (training di forza, flessibilità e resistenza),

• l’effetto dei fattori di rischio modificabili correlati alla sfera psico-sociale del lavoratore

• educazione alla salute del lavoratore

A livello di modalità comunicativo, con una formazione incentra-ta su questi punti, potrebbe spontaneamente diminuire l’impor-tanza e il peso delle convinzioni su cui fino ad oggi la maggio-ranza dei lavoratori è stata spinta a credere. Credo sia possibile riconcettualizzare le più classiche indicazioni dell’ergonomia (es. piegare le ginocchia, usare gli affondi, frazionare i carichi ecc.) senza entrare in conflitto con le attuali evidenze trasferendo il focus verso giustificazioni legate ad una maggiore possibilità di sviluppare forza durante le movimentazioni sfruttando la spinta degli arti inferiori o distribuire i carichi in maniera più omogenea tra gruppi muscolari e strutture passive. Questa chiave di lettura potrebbe anche essere strategica per ridurre il rischio di diffon-dere messaggi che alimentino strategie maladattative al carico come kinesiofobia.

15. Kingma I, Fa-ber GS, van Die-en JH. How to lift a box that is too large to fit between the knees. Ergonomics. 2010;53(10) : 1228-1238. doi:10.1080/00140139.2010.512983.

16. Nolan D, O’Sulli-van K, Stephenson J, O’Sullivan P, Lu-cock M. What do physiotherapists and manual handling ad-visors consider the safest lifting posture, and do back beliefs influence their choi-ce? Musculoskelet Sci Pract.2018;33:35-40. doi: 10.1016/j.msk-sp.2017.10.010.

17. van Dieen JH, Ho-ozemans MJ, Tous-saint HM. Stoop or squat: a review of biomechanical stu-dies on lifting tech-nique. Clin Biomech (Bristol, Avon).

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www.terapiamanuale.pro

GTM ringraziaper questo primo numero

Dott.ssa Chiara Testin • Dott. Francesco TaddiaDott.ssa Francesca Bonetti • Dott.ssa Nicole Schenato

Dott. Marco Segat