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www.slidetube.it Traumi del Torace Il trauma è una lesione dovuta all’azione violenta di agenti esterni. Nei traumi maggiori, politrauma, si ha la lesione di due o più organi con compromissione attuale o potenziale delle funzioni vitali. Sono rare le lesioni del cuore e dei grossi vasi ma le lesioni cardiovascolari associate possono compromettere severamente la prognosi. TRAUMI DEL TORACE Le cause traumatiche sono responsabili di 100.000 morti/anno negli U.S.A e 15000 morti/anno in Italia. I traumi del torace sono circa il 10% di tutte le lesioni traumatiche. Il 25% delle lesioni traumatiche fatali sono direttamente imputabili a traumi del torace che, in base all’eziologia, sono suddivisi in traumi aperti, da ferita penetrante, e traumi chiusi. I traumi aperti (forza distribuita su piccola superficie cutanea) Compressione o Lacerazione (accelerazione o decelerazione). sono dovuti a punta, punta taglio o arma da fuoco e, in questi casi, l'agente traumatico mette in comunicazione l'ambiente esterno con il cavo pleurico (ferita soffiante). Circa il 30% dei traumi aperti, richiedono un intervento chirurgico d’emergenza o urgenza. I traumi chiusi (forza distribuita su ampia superficie cutanea) Sono la conseguenza d’impatti violenti del corpo contro un ostacolo fisso, oppure il risultato di una lesione inferta da un oggetto contundente smusso che causa la frattura delle coste senza ledere la cute: i monconi ossei possono ledere il parenchima polmonare con conseguente pneumotorace ed emotorace. Circa il 10% dei traumi chiusi richiedono un intervento chirurgico d’emergenza o urgenza. Il trauma toracico interessa, generalmente, più strutture anatomiche contemporaneamente, con conseguenze patologiche comuni a lesioni diverse. Le lesioni possono essere: - Lesioni di parete Contusioni Fratture costali semplici Fratture costali multiple (“a lembo mobile”) Fratture sternali Rotture diaframmatiche ed ernie

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Traumi del Torace

Il trauma è una lesione dovuta all’azione violenta di agenti esterni.

Nei traumi maggiori, politrauma, si ha la lesione di due o più organi con

compromissione attuale o potenziale delle funzioni vitali.

Sono rare le lesioni del cuore e dei grossi vasi ma le lesioni cardiovascolari associate

possono compromettere severamente la prognosi.

TRAUMI DEL TORACE

Le cause traumatiche sono responsabili di 100.000 morti/anno negli U.S.A e 15000

morti/anno in Italia. I traumi del torace sono circa il 10% di tutte le lesioni traumatiche.

Il 25% delle lesioni traumatiche fatali sono direttamente imputabili a traumi del torace che,

in base all’eziologia, sono suddivisi in traumi aperti, da ferita penetrante, e traumi chiusi.

I traumi aperti (forza distribuita su piccola superficie cutanea)

Compressione o Lacerazione (accelerazione o decelerazione).

sono dovuti a punta, punta taglio o arma da fuoco e, in questi casi, l'agente traumatico

mette in comunicazione l'ambiente esterno con il cavo pleurico (ferita soffiante).

Circa il 30% dei traumi aperti, richiedono un intervento chirurgico d’emergenza o urgenza.

I traumi chiusi (forza distribuita su ampia superficie cutanea)

Sono la conseguenza d’impatti violenti del corpo contro un ostacolo fisso, oppure il risultato

di una lesione inferta da un oggetto contundente smusso che causa la frattura delle coste

senza ledere la cute: i monconi ossei possono ledere il parenchima polmonare con

conseguente pneumotorace ed emotorace.

Circa il 10% dei traumi chiusi richiedono un intervento chirurgico d’emergenza o urgenza.

Il trauma toracico interessa, generalmente, più strutture anatomiche contemporaneamente,

con conseguenze patologiche comuni a lesioni diverse.

Le lesioni possono essere:

- Lesioni di parete

Contusioni

Fratture costali semplici

Fratture costali multiple (“a lembo mobile”)

Fratture sternali

Rotture diaframmatiche ed ernie

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- Lesioni delle vie aeree e del polmone

Rotture tracheo-bronchiali

Contusione polmonare

Pneumotorace (chiuso-aperto-iperteso)

Emotorace/Chilotorace

- Lesioni del cuore e dei grossi vasi

Il trauma toracico mette quindi in pericolo la vita del paziente attraverso tre

modalità fisiopatologiche:

1) INSUFFICIENZA RESPIRATORIA

• pneumotorace;

• pneumotorace aperto;

• pneumotorace iperteso;

• volet costale (lembo mobile);

• contusione polmonare;

• polmonite ab ingesti

2) SHOCK EMORRAGICO

• emotorace;

• emomediastino.

3) SHOCK CARDIOGENO

• tamponamento cardiaco;

• contusione cardiaca;

• pneumotorace iperteso;

ITER DIAGNOSTICO

a) Ispezione:

- OSSERVAZIONE (ferite penetranti a carico del torace; distensione delle vene del collo;

deviazione della trachea; alterazioni della simmetria toracica; movimenti paradossi.)

- PALPAZIONE (enfisema sottocutaneo; crepitio osseo).

- PERCUSSIONE (suono ipofonetico nell'emotorace; suono iperfonetico nel pneumotorace)

- ASCULTAZIONE (assenza di reperti in caso di collasso polmonare; toni cardiaci ottusi nel

tamponamento cardiaco).

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b) Toracentesi

Puntura della parete toracica per l'estrazione di liquido pleurico.

La toracentesi terapeutica è eseguita per alleviare l'insufficienza respiratoria causata da un

versamento pleurico massivo.

c) Radiografia (Rx) torace

Tecnica radiodiagnostica che consente di riprodurre fotograficamente parti interne del

corpo, impiegata per individuare fratture costali e dello sterno, corpi estranei,

modificazioni patologiche.

d) Tomografia Assiale Computerizzata (TC) e Angio TC

TC o TAC: tecnica radiografica in cui l’organo in esame viene esplorato trasversalmente a

varie profondità da un sottilissimo fascio di raggi X, da cui risulta una serie di immagini che

permettono l’identificazione di piccole lesioni non apprezzabili con la radiologia comune.

ANGIO TC: esame radiologico delle vene, delle arterie o dei vasi linfatici.

e) Toracoscopia diagnostica - terapeutica

Esame per via endoscopica dello spazio pleurico dopo induzione di pneumotorace.

TORACOSTOMIA CON TUBO DI DRENAGGIO: Inserimento di un tubo nella cavità pleurica

attraverso una piccola incisione. Per il pneumotorace, il tubo viene generalmente inserito

nel 2° o 3° spazio intercostale anteriore alla linea emiclaveare ed è diretto verso l'apice

del polmone. Nel caso di versamenti pleurici e altri liquidi nel torace, il tubo viene inserito

sulla linea ascellare media a livello del 5° o 6° spazio intercostale ed è diretto

posteriormente.

PNEUMOTORACE

In condizioni normali, la pressione nello spazio pleurico è minore di quell’atmosferica a

causa della retrazione elastica del polmone. Dopo un trauma l’aria può, a causa della

lesione, raggiungere la cavità pleurica determinando il collasso del polmone.

Il pneumotorace aperto si ha quando una ferita penetrante nel torace produce una

comunicazione continua tra l'esterno e la cavità pleurica che permette all'aria esterna di

entrare nello spazio pleurico, determinando il collasso del polmone.

Nel pneumotorace chiuso la parete del torace ritorna "a tenuta" dopo la penetrazione

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dell'aria (p. es., a causa di un ago da toracentesi, di un catetere venoso centrale percutaneo

attraverso le vene succlavie, di una costola fratturata o di un coltello), oppure l'aria può

continuare a entrare (p. es., quando questa penetra da un polmone leso da una costola

fratturata).

L'aria può anche infiltrarsi nel mediastino e di qui nello spazio pleurico in seguito alla

rottura di un bronco o alla perforazione dell'esofago.

Il paziente presenta:

• dolore toracico;

• difficoltà respiratoria;

• suono timpanico alla percussione del torace;

• all'ascultazione, soffio bronchiale tenue e silenzio respiratorio;

• alla palpazione, assenza del fremito vocale tattile.

TRATTAMENTO

Il paziente deve essere posto in una posizione confortevole semiseduta (SCONSIGLIATO IN

CASO DI LESIONI ALLA SPINA DORSALE).

Alte concentrazioni di ossigeno devono essere somministrate a pressione positiva, il

trasporto deve avvenire con molta cautela e sotto monitoraggio continuo.

Il trattamento definitivo consiste nel posizionamento di un drenaggio mediante toracotomia.

PNEUMOTORACE APERTO (ferita soffiante)

E' la conseguenza diretta di una ferita penetrante del torace, da arma da fuoco o da arma

bianca, che crea una comunicazione tra l'ambiente esterno e lo spazio pleurico; può essere

anche conseguente a grave incidente automobilistico, caduta accidentale, lesione da parte

di frammenti di vetro o metallici.

La severità del trauma è direttamente proporzionale al diametro della ferita e, quando il

diametro di questa lesione supera i 2/3 di quello della trachea l'aria, durante ciascun atto

respiratorio, passa preferenzialmente attraverso il difetto toracico seguendo la via di minor

resistenza.

Si assiste, quindi, al collasso completo del parenchima polmonare con conseguente

sbandieramento del mediastino verso il polmone controlaterale: la ventilazione è

compromessa con conseguente ipossia e grave pericolo per la vita del paziente.

Il riconoscimento di questo tipo di lesione avviene durante l'ispezione del torace quando è

possibile osservare una soluzione di continuo sulla parete del torace da cui fuoriesce sangue

frammisto a bolle d’aria (ferita gorgogliante). E’ inoltre presente cianosi, grave insufficienza

respiratoria e dolore toracico.

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TRATTAMENTO

Consiste nella chiusura immediata della ferita con una medicazione sterile fissata con del

cerotto solo su tre lati in modo da creare un effetto valvola.

Quando il paziente inspira, la medicazione collabisce sulla ferita impedendo l'ingresso di

aria, quando il paziente espira, il lato aperto della medicazione permette all'aria di

fuoriuscire.

La chiusura ermetica di tutti i lati della medicazione determina un accumulo d’aria nella

cavità toracica e, conseguentemente, la formazione di un pneumotorace iperteso.

Il trattamento definitivo consiste nella sutura con tecnica chirurgica con posizionamento di

un drenaggio mediante toracotomia.

PNEUMOTORACE IPERTESO

Le cause più frequenti sono rappresentate da un pneumotorace spontaneo o da un trauma

chiuso.

Si realizza quando si ha un continuo passaggio d’aria nello spazio pleurico attraverso una

lesione che funge da valvola unidirezionale.

L'aria che penetra nella cavità pleurica non ha possibilità di uscire, determinando il

completo collasso del polmone e la deviazione controlaterale del mediastino e della

trachea.

Inoltre, interferendo col ritorno venoso al cuore (aumento della pressione venosa centrale)

compromette la ventilazione dell'altro polmone.

Il paziente presenta:

- dispnea;

- tachipnea;

- ipotensione e turgore delle giugulari a causa dell'aumento della pressione venosa centrale;

- deviazione tracheale: segno tardivo di pneumotorace iperteso (nel collo la trachea è

fissata alla colonna cervicale quindi una sua deviazione indica una pressione intratoracica

severa);

- insufficienza respiratoria;

- all'ascultazione, assenza di murmure vescicolare;

- alla percussione, iperfonesi plessica.

TRATTAMENTO

La diagnosi clinica di PNX iperteso impone l'immediato posizionamento di un ago cannula di

grosso calibro (14-16 G), nel secondo spazio intercostale sulla linea emiclaveare

dell'emitorace affetto, per permettere la fuoriuscita dell'aria e quindi la decompressione

toracica.

Questa manovra converte lo PNX iperteso in uno PNX semplice con immediato miglioramento

delle condizioni cliniche del paziente.

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Il trattamento definitivo consiste nel posizionamento di un drenaggio mediante toracotomia.

FRATTURA COSTALE

Una singola frattura costale indica un trauma modesto, tuttavia la frattura delle prime tre

coste sta ad indicare un trauma violento (queste ossa sono più corte, robuste e meglio

protette)

La frattura di una, o di più coste, può determinare la presenza di monconi ossei allineati

oppure mobili che possono esser causa di perforazione polmonare, pneumotorace o

emotorace.

Il paziente presenta, generalmente, dolore che si accentua ad ogni atto respiratorio tanto

da poter compromettere la ventilazione polmonare e la capacità di espettorazione.

Le secrezioni bronchiali tendono a ristagnare nelle vie respiratorie e questo può essere

causa di atelettasia (Condizione di collasso e di mancata aerazione di parte o di tutto un

polmone).

TRATTAMENTO

Il trattamento di base consiste controllare il dolore mediante somministrazione di

analgesici, anche oppiacei e la fasciatura del torace, non sempre indicata se determina un

aggravamento della ventilazione. Infiltrazione. Trazione dello scheletro. Tracheostomia per

ridurre lo spazio morto.

VOLET COSTALE (LEMBO MOBILE)

Si verifica quando un segmento del torace perde la continuità con il resto della gabbia

toracica, generalmente ha causa di un trauma con fratture costali multiple o di una lesione

frontale a carico dello sterno.

La presenza del lembo mobile determina una netta diminuzione dell'efficienza respiratoria

con la comparsa di:

- ipossia.

- riduzione della compliance.

- aumento delle resistenze delle vie aeree e quindi del lavoro respiratorio.

- dolore toracico.

- movimenti paradossi a livello toracico.

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Il lembo toracico inizialmente può non essere evidente, a causa della scarsa escursione del

torace ma la palpazione di un crepitio derivante dalla frattura delle coste o della cartilagine

può aiutare nell'identificazione.

Durante l'inspirazione, il torace si espande e al suo interno si crea una pressione negativa, il

lembo toracico in questa fase rientra verso l'interno.

Durante l'espirazione, invece, il lembo toracico viene spinto all'esterno dalla pressione

positiva endopleurica, mentre la gabbia toracica rientra.

La presenza di un Volet costale posteriore è compatibile con una funzione respiratoria

buona, invece, in altra sede può comportare un'alterazione grave degli scambi respiratori

con necessità di intubazione endotracheale e somministrazione di ossigeno.

TRATTAMENTO

- adeguata ventilazione;

- somministrazione di ossigeno umidificato;

- attento controllo della somministrazione intravenosa di cristalloidi al fine di prevenire un

sovraccarico idrico o un’insufficiente idratazione del paziente;

- utilizzo di FANS o di oppiacei per combattere il dolore.

CONTUSIONE POLMONARE

E’ una lesione abbastanza frequente in corso di trauma toracico chiuso ma non si manifesta

con segni specifici. L’insufficienza respiratoria è il primo sintomo ed è direttamente

proporzionale all’entità dell’area contusa.

Il paziente presenta:

- dispnea,

- insufficienza respiratoria,

- dolore toracico,

- tosse (a volte).

La diagnosi si basa comunque sulla radiografia del torace che mette in evidenza un’area

omogeneamente radio-opaca corrispondente all’edema alveolare e all’emorragia.

TRATTAMENTO

Il trattamento si basa sulla somministrazione di ossigeno a pressioni positive e, in situazioni

gravi, è necessaria l’intubazione e la ventilazione meccanica.

Le contusioni polmonari tendono a risolversi spontaneamente, tuttavia se sono trascurate

possono essere causa di focolai broncopneumonici.

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EMOTORACE

Raccolta di sangue a livello dello spazio pleurico (anche oltre 1500 cc) comunemente dovuta

ad una ferita penetrante (anche da trauma chiuso) che lede i vasi della circolazione

sistemica o polmonare.

I vasi interessati sono quelli intercostali, l'arteria mammaria interna o i grossi vasi

intratoracici.

Spesso in un trauma penetrante al pneumotorace si associa un emotorace. Questa

condizione prende il nome di EMOPNEUMOTORACE.

A causa della raccolta ematica si manifesta instabilità emodinamica, anemia acuta ed

ipossia.

Le vene del collo possono essere collassate secondariamente alla severa ipovolemia o

distese a causa degli effetti meccanici della perdita di sangue a livello della cavità toracica.

I sintomi sono:

- dolore toracico;

- respiro superficiale;

- dispnea;

- all'ascultazione, un soffio bronchiale dolce;

• alla percussione, ipofonesi alla base del torace;

• se la raccolta ematica è molto abbondante il mediastino è spostato verso il lato sano.

La diagnosi certa può essere fatta solo mediante una semplice radiografia, (da effettuare

con paziente in posizione seduta).

TRATTAMENTO

Correzione delle alterazioni circolatorie e ventilatorie, con la somministrazione di ossigeno e

di liquidi.

Decompressione della cavità toracica mediante tubo toracostomico.

Una toracocentesi esplorativa può confermare il sospetto clinico ed essere indicazione per

un drenaggio toracostomico di urgenza.

TAMPONAMENTO CARDIACO

Il cuore è circondato da un sottile sacco anelastico, sacco pericardico, costituito da due

foglietti fibrosi separati fra di loro da uno spazio virtuale detto spazio pericardico, dove è

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presente una minima quota di liquido che permette ai due foglietti di scorrere liberamente

l'uno sopra l'altro.

A causa di lesioni penetranti (ferita da arma da fuoco) o a causa di un trauma chiuso, si può

determinare una raccolta di sangue intrapericardica derivante dal cuore o dai grossi vasi.

La conseguenza diretta del tamponamento cardiaco, da un punto di vista fisiologico, è

l'alterazione del riempimento diastolico ventricolare.

La compressione si fa sentire maggiormente a destra dove il ventricolo ha pareti più sottili e

questo determina due fatti importanti:

- impossibilità di completo riempimento ventricolare destro con conseguente stasi nell'atrio

destro e turgore delle giugulari;

- il ridotto riempimento ventricolare destro porta ad una riduzione della gittata cardiaca con

la comparsa di ipotensione arteriosa e collasso.

Il paziente presenta:

- tachicardia;

- aumento della Pressione Venosa (turgore delle giugulari);

- ipotensione;

- ottundimento dei toni cardiaci;

- polso paradosso (caduta inspiratoria della pressione sistolica >10mmHg);

- dolore toracico (che può anche non essere presente);

- se il tamponamento s'instaura in modo subacuto, sono presenti edemi periferici,

epatomegalia ed ascite.

- l'ECG mostra spesso basso voltaggio e slivellamento concavo verso l'alto del tratto ST,

riduzione di ampiezza dei complessi QRS e alternanza elettrica dell'onda.

TRATTAMENTO

La pericardiocentesi (manovra strumentale, che si attua a scopo esplorativo o per lo

svuotamento del cavo pericardico, mediante un apposito attrezzo detto “trequarti”), per via

sottoxifoidea, è indicata in quei pazienti che non rispondono alle usuali misure rianimatorie

per uno shock emorragico e che potenzialmente potrebbero essere portatori di

tamponamento cardiaco.

LESIONE DELLA TRACHEA O DEI GROSSI BRONCHI

Sono lesioni che hanno un’elevata mortalità, spesso provocate da ferite penetranti a livello

del collo o del torace superiore, sono frequentemente associate a lacerazione degli organi

vicini. Le fratture tracheali si osservano spesso in prossimità della carena.

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I pazienti presentano grave insufficienza respiratoria che impone l’intubazione orotracheale

o naso tracheale tuttavia, se la ferita è ampia, gran parte dell’aria non raggiunge le vie

aeree distali.

Nel caso non sia possibile stabilizzare il paziente con le manovre rianimatorie s’impone

l’intervento chirurgico d’urgenza.

Il trattamento comporta:

- il sostentamento delle funzioni vitali;

- il tamponamento della ferita;

- la somministrazione di ossigeno;

- l'intervento chirurgico di urgenza.

Carcinoma Polmonare

Il cancro del polmone rappresenta la più frequente causa di morte, nell’ambito della

patologia

neoplastica, per entrambi i sessi.

Diversi studi epidemiologici hanno confermato che il fumo di tabacco costituisce il più

importante fattore di rischio e si ritiene sia responsabile dell’85 % circa dei casi di

Carcinoma Polmonare osservati.

Il rischio di contrarre il carcinoma polmonare è in stretta correlazione con:

- Numero di sigarette fumate

- Età di insorgenza dell’abitudine al fumo

- Maggior contenuto di nicotina

- Assenza di filtro nelle sigarette

Esistono altri fattori genetici e ambientali ma sembra chiaro che il fumo di tabacco sia il

primo responsabile di questa patologia.

Le forme di tumore più frequenti sono 4, classificati istologicamente in 2 categorie:

- Carcinoma Anaplastico a Piccole Cellule o Microcitoma

- Carcinoma Polmonare Non a Piccole Cellule o Non Microcitoma (che comprende il

carcinoma

squamoso o epidermoide, l’adenocarcinoma e il carcinoma a grandi cellule).

La classificazione Microcitoma e Non Microcitoma può trovare una validità anche per l'iter

terapeutico del paziente:

- la terapia chirurgica costituisce il trattamento elettivo dei Non Microcitomi

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- la terapia medica, (pur essendovi casi di interesse chirurgico), è il trattamento preferibile

per Microcitoma, con la Chemioterapia e la Radioterapia.

MICROCITOMI

Il carcinoma polmonare Microcitoma è un tumore molto aggressivo e rapidamente evolutivo.

Quindi non è pensabile dominare la malattia con il solo trattamento (locale) chirurgico.

Anche dopo un intervento “radicale”, il tumore tende a riprendere sia localmente, sia a

distanza, per l'elevata probabilità di cellule tumorali preesistenti disseminate nei vari

organi.

NON MICROCITOMI

I carcinomi polmonari non microcitomi rappresentano circa l’80% dei tumori polmonari e

sono riconducibili a tre istotipi principali:

- Carcinoma squamoso (incidenza 25%)

- Carcinoma a grandi cellule (incidenza 10%)

- Adenocarcinoma (incidenza 50%)

Il trattamento del carcinoma polmonare comporta tre opzioni terapeutiche: chirurgia,

radioterapia e chemioterapia, usate singolarmente o in varie combinazioni temporali.

STADIAZIONE

La stadiazione del cancro al polmone permette di identificare gruppi di pazienti con

caratteristiche cliniche omogenee, che possono essere trattati con terapie assimilabili e che

hanno prognosi simile.

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Stadiazione clinica (C.F. Mountain, 1997)

FATTORE T

Elementi relativi alla neoplasia primitiva.

T1

Neoplasia con diametro massimo di 3 cm, circondata da polmone o pleura viscerale sani, senza evidenza

broncoscopica di invasione prossimale del bronco lobare.

T2

Neoplasia con diametro massimo di 3 cm che infiltra il bronco principale ad oltre 2 cm della carena; che

affiora alla pleura viscerale; associata ad atelettasia lobare o lobite ostruttiva.

T3

Neoplasia di qualsiasi dimensione che invade la parete toracica e/o diaframma, pleura parietale, tessuto

adiposo del mediastino, pericardio parietale; che infiltra il bronco principale a meno di due cm. dalla

carena (non coinvolta)

T4

Neoplasia di qualsiasi dimensione che invade organi o strutture mediastiniche (cuore, grossi vai, carena,

trachea, esofago, corpi vertebrali); che presenta versamento neoplastico pleurico o pericardico; che

presenta moduli satelliti nel lobo interessato dal tumore primitivo.

FATTORE N

Eventuale interessamento dei linfonodi loco regionale.

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NO assenza di metastasi linfonodali.

N1 metastasi a linfonodali peribronchiali e/o ilari omolaterali.

N2 metastasi a linfonodi mediastinici omolaterali e/o caranli.

N3 metastasi a linfonodi mediastinici e/o ilari controlaterali, sovraclaveari o scaleni

FATTORE M

Possibile metastasi a distanza.

MO assenza di metastasi a distanza.

M presenza di metastasi a distanza.

Un altro paramentro significativo è il grado di aggressività del tumore o grado di

differenzazione cellulare della neoplasia (G) che va da 1 a 4.

QUADRO CLINICO

Il tumore del polmone può essere asintomatico (6% dei casi), oppure presentarsi con:

- Sintomatologia generale.

Sintomi legati alla crescita del tumore.

Tosse, emottisi, dolori (toracico, nel tumore di Pancoast: alla spalla ed al braccio), sintomi da polmonite,

dispnea, versamento pleurico, sintomi da ascesso polmonare (tumore squamoso cavitario), sindrome di

Horner (miosi omolaterale, ptosi, anidrosi).

- Sintomatologia regionale.

Sintomi associati all’estensione del tumore primario ed all’invasione extracapsulare di

metastasi linfonodali.

Disfonia (paralisi del nervo laringeo), dispnea (paralisi del nervo frenico), disfagia (compressione,

invasione dell’esofago), sindrome della vena cava superiore (compressione o invasione della Vena Cava

Superiore), segni di tamponamento pericardico (polso paradosso, turgore delle giugulari, tachicardia,

sfregamento pericardio, toni parafonici).

- Sintomatologia sistemica.

Sintomi secondari alla presenza di metastasi ed al loro trattamento.

Ittero, dolore addominale, dolori ossei, fratture patologiche, deficit neurologici, calo ponderale, astenia,

anoressia.

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- Sindromi paraneoplastiche.

Cardiovascolari: tromboflebiti, endocardite trombotica non batterica. Neuromuscolari: degenerazione

cerebellare subacuta, demenza, encefalite libica, retimopatia, miopatia necrotica subacuta, neuropatia

vegetativa (associata in genere al carcinoma polmonare a piccole cellule), sindrome miastenia.

Gastrointestinali: sindrome da carcinoide (carcinoma a piccole cellule). Anoressia e cachessia.

Ematologiche: eritrocitosi, leucocitosi. Metaboliche: inappropriata secrezione di ADH (carcinoma a

piccole cellule), inappropriata secrezione di ACTH (carcinoma a piccole cellule), ipercalcemia (carcinoma

epidermide). Osteoartropatia polmonare ipertrofica Dermatologiche: acantosi nigricans, dermatomiosite.

DIFFUSIONE

Il carcinoma del polmone può diffondere per :

- Via diretta

Invasione della pleura viscerale e parietale, dei grossi vasi, del pericardio, del diaframma,

della parete toracica e della colonna vertebrale.

- Via linfatica

Metastatizzazione dei linfonodi prossimali alla sede di insorgenza (peribronchiali ed ilari) e,

successivamente, di quelli posti più distalmente (paratracheali, tracheobronchiali, della loggia di

Barety, subcarenali; tracheobronchiali, della finestra aortica e mediastinici anteriori).

- Via ematica

Metastatizzazione a distanza di qualsiasi organo.

DIAGNOSI

Per una corretta valutazione diagnostica sono fondamentali un’accurata anamnesi ed un

corretto esame obiettivo del paziente che va condotto sull’intero distretto corporeo.

E’ fondamentale valutare anche lo stato di validità (Performance status), lo stato

nutrizionale (presenza di perdita di peso, anoressia e cachessia) e lo stato mentale del

paziente (presenza di depressione).

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Diagnostica di laboratorio

Per valutare le condizioni generali e metaboliche del paziente:

- Esame emocromocitometrico (emoglobina e di globuli rossi).

- Esami di funzionalità epatica.

- Esami di funzionalità renale.

- Determinazione del calcio e del fosforo (secrezione di paratormone).

Per escludere la presenza di patologia cardiaca in atto:

- Esame elettrocardiografico.

Per confermare la diagnosi di malignità:

- Esame citologico dell'espettorato.

Diagnostica per immagini

- Radiografia del torace

Importante per localizzare e caratterizzare masse polmonari e per stabilire la presenza di

metastasi linfonodali ilari e mediastiniche.

Consente, inoltre, di valutare:

- atelectasia (mancata o imperfetta dilatazione degli alveoli) per ostruzione bronchiale.

- innalzamento del diaframma in caso di paralisi del nervo frenico.

- obliterazione del seno costofrenico in caso di versamento pleurico.

In genere la crescita rapida delle dimensioni di un nodulo, con assenza di calcificazione, in

soggetti fumatori di età superiore ai 40 anni depone per la natura maligna della lesione.

- Tomografia assiale computerizzata (TAC)

Indispensabile per:

- escludere la presenza di masse benigne.

- evidenziare e localizzare masse sospette

- valutare la presenza di linfonodi metastatici a carico del mediastino

- documentare il coinvolgimento del corpo vertebrale nei carcinomi del solco superiore.

Inoltre è opportuno praticare la TAC addominopelvica per valutare la presenza di metastasi

a carico del fegato, surrene, linfonodi sottodiaframmatici.

Infine la TAC dell’encefalo consente di evidenziare la presenza di malattia metastatica a

carico del Sistema Nervoso Centrale.

- Tac Pet

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Un unico macchinario che eseguire contemporaneamente la Tac, che utilizza i raggi X per

ricostruire l'interno del corpo in tre dimensioni, e la Pet, che legge l'attività metabolica

delle cellule, evidenziando quelle tumorali.

Efficace in particolare per la diagnosi del cancro del polmone e del colon-retto, dei linfomi

e dei melanomi.

- Risonanza Magnetica Nucleare

Utile per avere informazioni sovrapponibili a quelle otenibili con la TAC.

Maggiore specificità della TAC per ottenere informazioni della regione ilare polmonare e

dell’encefalo.

- Scintigrafia

Esame diagnostico di strutture e organi basato sulla somministrazione, per via endovenosa, di isotopi

radioattivi instabili, che disintegrandosi emettono radiazioni gamma, trasformate in segnali grafici da

appositi strumenti di rilevazione.

Scintigrafia polmonare

Identifica la presenza del microcitoma e di localizzazioni linfonodali metastatiche a carico di

linfonodi mediastinici ed ilari.

Scintigrafia ossea

Serve per valutare l’estensione di una malattia a carico delle ossa.

Diagnostica di tipo invasivo

- Broncoscopia a fibre ottiche

Esame endoscopico della trachea e dei grossi bronchi per la tipizzazione istologica della

lesione primitiva bronchiale, fatta eccezione per le lesioni periferiche.

Tale esame consente la diagnosi di malignità nel 90% delle lesioni visibili, nel 60% delle

lesioni peroferiche ed in meno del 30% dei casi quando la lesione ha dimensioni inferiori ai 2

cm.

- Toracoscopia

Esame per via endoscopica dello spazio pleurico dopo induzione di pneumotorace.

La toracoscopia stabilisce una diagnosi in quasi metà dei pazienti con versamenti maligni

non diagnosticati dall'esame citologico e dalla biopsia pleurica.

La procedura può essere usata anche per instillare talco o altri agenti sclerosanti o

chemioterapici nella cavità pleurica in modo diretto o diffuso.

- Agoaspirato toracico percutaneo

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Questa procedura è espletata per ottenere campioni citologici da lesioni polmonari e del

mediastino, specialmente da noduli periferici intraparenchimali e della cavità pleurica.

Una diagnosi di solito si ottiene in > 90% dei pazienti con tumori maligni e in > 85% con

patologie benigne.

- Agobiopsia con ago sottile per via transtoracica

Utile per le lesioni periferiche o addossate alla parete toracica, con negatività dell’esame

citologico dell’espettorarto.

Ha un’accuratezza superiore al 95% ma nel 20% dei casi può causare pneumotorace.

L’agobiopsia con ago sottile è inoltre indicata in presenza di lesioni palpabili come nel caso

del linfonodo prescalenico, allo scopo di documentare l’eventuale presenza di metastasi.

- Mediastinoscopia

Esame endoscopico del mediastino che permette la visualizzazione e la biopsia dei linfonodi:

paratracheali, tracheobronchiali e subcarenali anteriori.

- Mediastinotomia anteriore parasternale

Ingresso chirurgico nel mediastino attraverso un incisione fatta attraverso il 2° spazio

intercostale a sinistra adiacente allo sterno. Procedura indicata nei tumori del lobo

superiore di sinistra per eslcudere la presenza di linfonodi metastatici a carico del

mediastino di sinistra, dell’ilo e della finestra aortopolmonare (linfonodi subartici e laterali

aortici)

- Biopsia osteomidollare

Consigliata da molti nel carcinoma polmonare a piccole cellule, ma risulta positiva solo nel

10-15% dei casi, in assenza di sintomatologia clinica sospetta per localizzazione ossea.

TERAPIA CHIRURGICA DEL CARCINOMA POLMONARE

La terapia chirurgica rappresenta l’unico intervento terapeutico radicale per i pazienti con

carcinoma polmonare non a piccole cellule.

Indicazioni per l’effettuazione della terapia chirurgica sono:

- Pazienti con neoplasia in stadio 1. In questi casi si ottiene una percentuale di guarigione

del 60-80%dei casi trattati.

- Pazienti con malattia in stadio 3 A senza metastasi ai linfonodi mediastinici o

sottocarenali.

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In genere la terapia chirurgica viene effettuata in quei pazienti che hanno una riserva

polmonare sufficiente a compensare la perdita di parenchima conseguente alla resezione.

L’intervento chirurgico è condizionato da:

- Età del paziente

- Performance status

- Estensione del tumore primitivo

- Coinvolgimento di organi vicini (pericardio, trachea, diaframma, parete toracica).

Purtroppo solo nella metà dei pazienti dove si fa diagnosi, la chirurgia è praticabile. Esistono

infatti contro indicazioni legate alla neoplasia non risolvibili (infiltrazioni loco regionali di

strutture vitali) o legate al paziente (condizioni generali, cardiache e respiratorie) che non

permettono un exeresi (asportazione chirurgica, totale o parziale, di un organo) polmonare

o anche l’anestesia generale.

Criteri di inoperabilità:

- Metastasi a distanza

- Coinvolgimento della trachea o del bronco controlaterale

- Metastasi linfatico mediastinici

- Ostruzione vena cava superiore

- Versamento pleurico con presenza di cellule neoplastiche

- Paralisi ricorrenziale

- Microcitoma (tranne T1N0)

Fino agli anni 50 l’intervento di elezione è stato la pneumectomia.

Oggi l’entità della resezione è:

- Pneumonectomia di necessità

Quando il tumore è asportabile solo sacrificando tutto il polmone.

- Lobectomia

In tutte le altre resezioni.

Questa terapia viene effettuata quando la neoplasia interessa un solo lobo con margine sano

del bronco prossimale di almeno 1 cm ed in assenza di metastasi linfonodali a distanza.

Quando il lobo principale è interessato dal tumore, come succede per i tumori del lobo

superiore, viene effettuata la resezione segmentaria di un bronco principale con

ricostruzione della continuità tracheobronchiale.

- Resezioni limitate

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Solo quando precarie condizioni funzionali consigliano un risparmio di parenchima

polmonare.

La linfoadenectomia è sempre da eseguire per una finalità fondamentalmente prognostica:

Sapere quanto è più possibile con precisione il vero stadio della neoplasia che si è asportato.

La linfoadenectomia porta anche all’asportazione di tessuto neoplastico, la dove i linfonodi

siano interessati da metastasi e quindi le terapie successive di appoggio chemioterapico e

radioterapico avranno possibilità di maggior efficacia.

La resecabilità del carcinoma polmonare è più elevata nel carcinoma epidermoide (48%),

seguito dal carcinoma a grandi cellule (40%) e dall’adenocarcinoma (30%).

Controllo post-operatorio del paziente

Il paziente viene controllato con una visita clinica che determini il suo attuale performance

status e con i seguenti esami:

- radiografia del torace,

- TAC total-body,

- broncoscopia,

- scintigrafia ossea,

- esami ematochimici di routine comprensivi dei markers tumorali.

In caso di necessità si valuta la funzione respiratoria.

RADIOTERAPIA NEL CARCINOMA POLMONARE NON A PICCOLE CELLULE

La radioterapia è una terapia radiologica basata sull’uso di raggi alfa, beta, gamma e X nella

cura di alcune malattie. Nel carcinoma polmonare non a piccole cellule può essere utilizzata

come:

- Terapia con intento radicale

Negli stadi 1 e 2 in pazienti che rifiutano o che non possono sostenere l’intervento

chirurgico.

Oppure nello stadio 3 con metastasi linfonodali.

- Radioterapia preoperatoria

Viene eseguita in tumori non operabili con lo scopo di ridurne il volume e renderli operabili.

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- Radioterapia postoperatoria.

Iniziata a 2 settimane dall’intervento chirurgico per ridurre il rischio di recidive locali dopo

interventi apparentemente radicali, in assenza di interessamento linfonodale, o dopo

interventi non radicali con residuo postoperatorio.

- Radioterapia palliativa.

Impiegata nei casi di metastasi intratoraciche, intracraniche, scheletriche, cerebrali e nella

sindrome della vene cava superiore.

CHEMIOTERAPIA

- Chemioterapia neoadiuvante

Tale tipo di trattamento viene utilizzato negli stadi localmente avanzati (Stadio 3A N2),

associata o meno alla radioterapia, allo scopo di:

- Rendere asportabile la neoplasia.

- Ridurre il rischio di recidive.

- Garantire protezione contro le micrometastasi.

- Chemioterapia adiuvante

Viene utilizzata a causa dell’alta incidenza di recidiva, sia locale (20-40%) che a distanza

(60-80%), dopo chirurgia radicale.

- Chemioterapia per la malattia avanzata

Nel 35 % dei casi di carcinoma polmonare non a piccole cellule la diagnosi viene posta

quando la malattia è in fase avanzata, con una sopravvivenza a 5 anni.

Patologie del Colon retto

CENNI ANATOMICI

Il colon e il retto rappresentano il cosiddetto “grosso intestino”, parte terminale del tratto

gastro-intestinale; il colon misura oltre un metro, il retto, parte del grosso intestino che

termina nell’ano, è lungo circa 15 centimetri.

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Questo tratto di intestino va dalla valvola ileocecale alla giunzione retto-sigmoidea ed è

diviso in 8 regioni anatomiche:

- cieco,

- colon ascendente,

- flessura epatica,

- colon trasverso,

- flessura splenica,

- colon discendente,

- colon sigmoideo

Il cieco rappresenta la porzione a diametro maggiore ed è situato in corrispondenza della

fossa iliaca destra: alla sua estremità c’è l'appendice cecale.

La vascolarizzazione arteriosa del colon è fornita da 2 arterie principali, in comunicazione

attraverso un'arcata vascolare paracolica (di Riolano):

- Rami dell'arteria mesenterica superiore:

(colon destro fino al trasverso)

- arteria colica media.

- arteria colica destra.

- arteria ileocolica.

- Rami dell'arteria mesenterica inferiore:

(colon sinistro fino al sigma)

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- la colica sinistra

- le arterie sigmoidee (in numero di due o tre).

A livello della piccola pelvi, l'arteria mesenterica inferiore assume il nome di arteria

rettale o arteria emorroidaria superiore e da essa nascono le arterie rettosigmoidee.

PATOLOGIE DEL COLON-RETTO

Malattia diverticolare

Estrusioni sacciformi acquisite di mucosa attraverso lo strato muscolare del tratto Gastro

Interico che causano dei sintomi dovuti all'intrappolamento delle feci, alla comparsa di

infezione, al sanguinamento o alla perforazione.

Malattie infiammatorie croniche:

- Rettocolite ulcerosa

Patologia cronica infiammatoria della mucosa colica che riguarda nella maggioranza dei casi

il retto e la parte discendente del colon.

- Morbo di Crohn

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Patologia cronica infiammatoria dell'apparato digerente.

L’infiammazione coinvolge tutta la parete del tratto interessato e spesso si estende al vicino

mesentere e ai linfonodi. Frequentemente interessa il tratto terminale dell'ileo e il colon.

Neoplasie

- Benigne

polipi (tumore sotto forma di escrescenza carnosa sessile o peduncolata che sporge sulla

mucosa), adenoma (tumore epiteliale benigno)

- Maligne

carcinomi (tumore maligno dei tessuti epiteliali)

Vascolari

- angiodisplasie

(malformazioni congenite che possono coinvolgere il sistema arterioso, venoso e linfatico).

- infarto

(necrosi ischemica di un tessuto per interruzione o grave riduzione del flusso sanguigno

arterioso).

- emangioma

(tumore benigno dovuto ad anomalie di sviluppo dei vasi sanguigni).

PATOLOGIE DEL RETTO-ANO

Emorroidi

Dilatazione varicosa delle vene emorroidarie spesso complicate da infezione, trombosi e

sanguinamento.

Ragade anale

Ulcerazione singola o multipla che tende alla cronicizzazione e causa l’ipertonia dello

sfintere anale interno.

Fistole e Ascessi perianali

Una raccolta di pus localizzata che deriva dall'invasione batterica degli spazi pararettali, a

partenza da uno spazio intermuscolare (intersfinterico) in cui penetra una cripta anale.

Le fistole (Canale di forma tubulare che si apre da una parte nel canale anale e dall'altra,

solitamente, nella cute perianale), di solito, si formano spontaneamente o sono secondarie

al drenaggio di un ascesso perianale. Le cause predisponenti comprendono anche il morbo di

Crohn e la TBC.

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Rettocele

Protrusione o prolasso della parete posteriore della vagina sotto la spinta del retto,

attraverso tessuti perineali rilasciati o comunque lesi.

Neoplasie

NEOPLASIA DEL COLON RETTO

Fra le neoplasie del grosso intestino, il carcinoma (forma più comune), origina dalla mucosa

(la parte interna dell’intestino), spesso per trasformazione maligna di polipi benigni, e si

sviluppa infiltrando la parete dell’intestino.

Inoltre le cellule neoplastiche possono diffondersi attraverso i vasi linfatici o sanguigni ad

altri organi o tessuti vicini, quali i linfonodi, o le ghiandole linfatiche, il peritoneo, il fegato

o i polmoni.

importante sia per il trattamento che per la prognosi. In particolare

il trattamento dei carcinomi del retto comporta il rischio di una colostomia permanente,

soprattutto se situati molto vicini all’ano.

La malattia e localizzata al colon o al retto con una frequenza maggiore nelle aree:

- del colon discendente e del sigma (44%)

- del cieco e del colon ascendente (27%)

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Per quanto riguarda la prognosi i carcinomi del retto si distinguono da quelli localizzati al

colon per un maggior rischio di recidiva locale (pelvica).

Il cancro del colon e del retto si diffonde:

- per estensione diretta attraverso la parete intestinale,

- per via ematica con metastasi a distanza,

- per via linfatica con metastasi ai linfonodi,

- per diffusione perineurale,

- per via intraluminale.

Il tumore può essere di tipo:

- ULCERATO,

- POLIPOIDE o VEGETANTE,

- STENOSANTE,

- DIFFUSAMENTE INFILTRANTE.

Classificazione istologica

- Tumori epiteliali

le forme benigne sono rappresentate principalmente dal polipo adenomatoso e dalla poliposi

familiare; tra le forme maligne il più frequente è l'adenocarcinoma (circa l'85% di tutti i

tumori maligni del colon; il grado di malignità è legato al grado di differenziazione delle

cellule neoplastiche), quindi l'adenocarcinoma mucinoso, il carcinoma epidermoide e il

carcinoma indifferenziato.

- Tumori non epiteliali

le forme benigne sono essenzialmente il leiomioma (tumore benigno della muscolatura

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liscia), il lipoma (tumore benigno derivato dal tessuto adiposo) e l'angioma (neoplasia

benigna dovuta ad anomalie di sviluppo dei vasi sanguigni); il leiomiosarcoma rappresenta la

forma maligna del tumore della fibra muscolare liscia.

- Tumori carcinoidi (rari tumori a basso grado di malignità, derivati da cellule di derivazione

neuroendocrina situate nell’intestino).

- Linfomi primitivi.

- Lesioni pseudotumorali

amartomi (poliposi di Peutz-Jeghers: poliposi familiare, anche del tenue, associata a

pigmentazione a macchie melaniche del viso e della bocca); il polipo iperplastico ed il

polipo infiammatorio.

Epidemiologia ed eziologia

Il cancro colorettale è la più frequente causa di morte tra le neoplasie maligne viscerali per

entrambi i sessi (il carcinoma del retto per gli uomini e quello del colon per le donne).

La malattia, abbastanza rara prima dei 40 anni, è sempre più frequente a partire dai 60

anni, raggiunge il picco massimo verso gli 80 anni.

Nelle seguenti situazioni si riscontra un rischio aumentato di neoplasia del colon-retto:

- Polipi

l’asportazione precoce dei polipi benigni e importante per prevenire il carcinoma.

- Familiarita

i parenti di primo grado di una persona con carcinoma del colon-retto hanno un rischio

aumentato di sviluppare la malattia. Il rischio e ancora p eleva

stata diagnosticata la neoplasia (carcinoma familiare del colon).

- Poliposi familiare

malattia ereditaria in cui centinaia di polipi benigni si sviluppano nel colon e nel retto.

- Rettocolite ulcerosa

malattia infiammatoria cronica dell’intestino.

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- Dieta

un regime dietetico ricco in grassi e povero di vegetali e frutta sembra aumentare il rischio

di sviluppare la malattia.

- Eta

il rischio aumenta con l’avanzare dell’eta.

- Altri fattori di rischio sembrano essere il pH alcalino delle feci, la carenza di calcio.

Segni e sintomi

- Sangue nelle feci

- Tenesmo

(contrazione involontaria, a volte dolorosa, dello sfintere anale, associata al continuo

bisogno di espellere feci)

- Dolore locale

- Segni di ostruzione

- Massa palpabile alla esplorazione rettale

- Disturbi da infiltrazione

Diagnosi

Gli esami diagnostici hanno l’obiettivo di scoprire la presenza del tumore e di verificare lo

stadio della malattia e l’eventuale interessamento di altri organi.

La diagnosi viene formulata mediante:

- Esame clinico

Palpazione dell'addome alla ricerca di eventuali masse a livello dell'intestino, del fegato e

dei linfonodi, e nell'esplorazione rettale (circa il 70 per cento dei tumori del retto si sente

con le dita).

- Indagini strumentali

Permettono di diagnosticare il tumore e di eseguirne la stadiazione.

Colonscopia

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L'esame «gold standard» per la diagnosi delle neoplasie colo-rettali che grazie alla

possibilità di eseguire una biopsia, consente di fare subito l'analisi istologica, ovvero

l'esame del tessuto. In caso di impossibilità ad eseguire un esame completo può essere

eseguita una rettosigmoidoscopia facendo seguire un Rx clisma opaco a doppio mdc.

Clisma opaco a doppio contrasto e l'ecografia transrettale

Quando la lesione ha raggiunto una grandezza superiore a un centimetro. Utile anche per

definire, in fase preoperatoria, il grado di infiltrazione del tumore nella parete

dell'intestino. L'ecografia fornisce anche indicazioni sullo stato dei linfonodi più vicini.

TAC addome con mezzo di contrasto

Permette di valutare i rapporti con gli organi circostanti, lo stato dei linfonodi e le

eventuali metastasi presenti nell'addome.

Per identificare l'esistenza di metastasi a distanza:

- radiografia del torace (o una TAC torace, se indicata), - ecografia epatica, - scintigrafia

ossea e la biopsia di eventuali lesioni. - risonanza magnetica o la PET (tomografia a

emissione di positroni).

È anche possibile determinare con un prelievo di sangue i valori di CEA (antigene carcino-

embrionario): questo marcatore, di scarsa utilità nella diagnosi precoce e nello screening,

riveste invece un ruolo importante per valutare la gravità della malattia, in quanto la

concentrazione è direttamente collegata all'estensione del cancro. Il CEA è anche utile nel

monitoraggio della risposta al trattamento farmacologico (scende infatti se la chemioterapia

è efficace) o per la verifica della ripresa della malattia (risale in caso di ricadute). Oltre al

CEA viene utilizzato anche un altro marcatore, il CA 19.9 detto anche GIKA.

Stadio della malattia

E’ molto utile valutare lo stadio della malattia ai fini della terapia e della prognosi. La

valutazione si basa sia sugli accertamenti sopra-elencati che sulle risultanze dell’esame

istologico (esame sul pezzo asportato che viene fatto dopo l’intervento chirurgico).

Per il tumore del colon-retto esistono diverse forme di classificazione, sulle quali non

sempre i diversi medici concordano ma la più usata resta comunque quella che si riferisce al

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sistema TNM (dove T sta per la dimensione del tumore, N per il numero di linfonodi coinvolti

e M per le metastasi) e al sistema Astler e Coler.

STADIO I

Sistema TNM:

T1=Tumore che infiltra la sottomucosa

T2=Tumore che infiltra la muscolare propria

Sistema Astler e Coler:

A=Tumore che infiltra la parete fino alla sottomucosa - linfonodi indenni

B1=Tumore che infiltra la parete fino alla muscolare - linfonodi indenni

STADIO II

Sistema TNM:

T3=Tumore che infiltra la sottosierosa o il tessuto perirettale

T4=Tumore che infiltra direttamente altre strutture o organi e/o perfora il peritoneo

viscerale

Sistema Astler e Coler:

B2=Tumore che infiltra la parete fino alla sierosa - linfonodi indenni

B3=Tumore che infiltra altri organi o strutture - linfonodi indenni

STADIO III

Sistema TNM:

N1=Metastasi in 1-3 linfonodi loco-regionali

N2=Metastasi in + di 4 linfonodi loco-regionali

N3=Metastasi in qualsiasi linfonodo prelevato lungo il decorso di un tronco vascolare e/o in

un linfonodo apicale

Sistema Astler e Coler:

C1=Interessamento linfonodale prossimale indipendente dall’invasione tumorale

C2=Interessamento linfonodale distale indipendente dall’invasione tumorale

C3=Interessamento linfonodale apicale indipendente dall’invasione tumorale

STADIO IV

Sistema TNM:

M1=Presenza di metastasi a distanza

Sistema Astler e Coler:

D=Metastasi a distanza

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Terapia

Il trattamento dipende dalla:

- localizzazione della malattia (al retto o al colon)

- estensione della malattia (stadio),

- condizione generale e dall’eta del paziente

Chirurgia

Sulla base della posizione del tumore si procederà intervento parziale o, nei casi più gravi,

con la totale asportazione del tratto di colon interessato o del retto.

L'interventio comporta la rimozione del tumore intatto con margini di resezione esenti da

infiltrazione neoplastica. Per tumori infiltranti organi vicini, questi devono essere rimossi in

blocco con la neoplasia. La sezione deve distare almeno 2 cm dal tumore e la legatura dei

vasi deve avvenire all'origine.

Deve essere eseguita una adeguata dissezione linfonodale regionale con conferma della

radicalità dell'intervento derivante dal giudizio operatorio e dall'esame istologico.

Oggi, la chirurgia del carcinoma del retto si è fatta sempre più conservativa:

Solo nei pazienti molto anziani o ad alto rischio si procede alla creazione della cosiddetta

stomia (ovvero all'apertura dell'intestino sulla parete addominale con la creazione del

cosiddetto ano artificiale, ovvero un'apertura che consenta di raccogliere le feci con appositi

presidi).

In questo caso assume un ruolo fondamentale la riabilitazione sia fisica sia psicologica dei

pazienti portatori di stomia. La radioterapia preoperatoria può, in casi selezionati, ridurre il

volume e l'estensione tumorale, permettendo quindi interventi chirurgici che conservano

l'orifizio anale naturale.

Un altro intervento, attuato in casi selezionati, è la resezione di eventuali metastasi al

fegato. Quando si procede all'asportazione del retto è possibile, in alcuni casi, creare una

tasca con un altro tratto di intestino, in modo da consentire al paziente di eliminare le feci

per via naturale: ciò è fattibile solo se il cancro non ha coinvolto lo sfintere anale.

ASPORTAZIONE ENDOSCOPICA

L’asportazione endoscopica viene fatta durante la rettoscopia o la colonscopia.

E la procedura piu adeguata per l’asportazione di polipi benigni di piccole dimensioni. Puo

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essere considerata un trattamento adeguato anche per polipi che presentino una iniziale

trasformazione maligna superficiale. L’asportazione endoscopica e anche indicata nel

trattamento di neoplasie del retto in stadio I (alposto di un intervento chirurgico piu

complesso).

INTERVENTI DEL COLON

Emicolectomie (asportazione parziale del colon) - Resezioni multiviscerali o segmentarie

Il chirurgo in genere rimuove un tratto del grosso intestino (emicolectomia destra o sinistra,

resezione del sigma-retto) ricongiungendo le parti sane dell’intestino con una procedura che

si chiama anastom

indicazione all’asportazione dell’intero colon (colectomia totale). Unitamente al tratto di

in precisa

valutazione

dello stadio della malattia.

In situazioni particolari (esempio interventi d’urgenzaper occlusione o perforazione o

neoplasie del retto) il chirurg

essere:

- transitoria (eliminabile dopo poche settimane o mesi con un secondo piccolo intervento);

- permanente (nel caso di neoplasie localizzate nel retto a pochissimi centimetri dall’ano).

Intervento localizzato al:

- cieco, colon ascendente e fino alla flessura epatica

Emicolectomia destra con legatura dei vasi Ileocolica, colica dx e del ramo dx della colica

media all'origine; può essere allargata + al trasverso con legatura dei vv. colici medi.

- colon traverso:

Trasversectomia con legatura del ramo superiore della colica destra e di tutta la colica

media; in alternativa c'è un crescente consenso ad eseguire emicolectomie destre estese.

-flessura splenica ed al colon discendente

Emicolectomia sinistra con legatura all'origine dell'arteria colica sinistra e della vena

mesenterica inferiore.

- colon sigmoideo

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Colectomia sinistra con legatura all'origine dell'arteria e vena mesenterica inferiore. Tumori

colo-rettali sincroni possono imporre interventi più estesi sino alla colectomia (sub) totale.

Nelle donne in menopausa e nelle forme del discendente-sigma T3 si può eseguire

l'ovariectomia bilaterale profilattica.

INTERVENTI DEL RETTO

1) Interventi locali per via transanale:

-Chirurgica classica

-TEM (Transanal Endoscopic Microsurgery)

-Elettrocoagulazione

-Fotocoagulazione Laser

2) Interventi per via addominale o addomino-perineale

Resezione del retto per via anteriore (RAR)

Amputazione del retto per via Addomino – Perineale (AAP) secondo Miles

Amputazione del retto secondo Hartmann

Estensione dell’exeresi

a) sull’organo (vescica, utero, vagina,…)

b) sul mesoretto

c) linfoadenectomia

3) Interventi Allargati

Exenteratio pelvica anteriore, posteriore o totale, tipo I,II,III

4) Radioterapia

RT esterna, RT endocavitaria

Radio-Chemioterapia Adiuvante

Radio-Chemioterapia neoadiuvante

Gli interventi al retto differiscono in base alla posizione della neoplasia nel retto, il cui

limite prossimale è a 15 cm dal margine anale.

- Per neoplasie tra 15 e 10 cm dal margine anale

Proctectomia sub-totale con TME (Total Mesorectal Excision) e con anastomosi colo-rettale

(LAR – Low Anterior Resection) con legatura dei vasi mesenterici inferiori.

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- Per neoplasie tra 10 e 5 cm dal margine anale

Proctectomia sub-totale o totale con TME e legatura all'origine dei vasi mesenterici inferiori.

- Per neoplasie a meno di 5 cm dal margine anale

Proctectomia totale con anastomosi colo-anale (CAA, Colo-Anal Anastomosis) e con legatura

all'origine dei vasi mesenterici inferiori.

- Per neoplasie del canale anale

Amputazione addomino-perineale con confezionamento di colostomia definitiva (APR,

Abdomino-Perineal Resection).

Chemioterapia

Consiste nella somministrazione di farmaci aventi lo scopo di distruggere le cellule tumorali.

In genere i farmaci vengono somministrati in day hospital per iniezione endovena tramite

siringa (bolo), fleboclisi di durata variabile da 10-15’ alle 2-3 ore, o pompe per infusione

continua (dalle 22 ore fino a 7 giorni); meno frequentemente la chemioterapia viene

somministrata per via orale.

Nel caso

d’uso, puo esserle proposto il posizionamento di un

catetere venoso centrale (un sottile tubo collocato in una grossa vena) collegato ad un

piccolo serbatoio sottocutaneo nella regione pettorale (Port).

Questo intervento viene in genere effettuato dal chirurgo in day hospital, in anestesia

locale.

avere scopi diversi in base alla fase della malattia:

- In una fase precedente l’intervento chirurgico

Chemioterapia neoadiuvante

essere vantaggioso impiegare una chemioterapia prima

dell’intervento chirurgico radicale. E’ il caso del carcinoma del retto, in cui la

chemioterapia puo essere associata alla radioterapia o in casi particolari di metastasi

epatiche o polmonari.

- Dopo un intervento chirurgico radicale

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Chemioterapia adiuvante o precauzionale

Viene in genere proposta entro 4-8 settimane dall’intervento chirurgico radicale con lo

scopo di

eliminare eventuali cellule “sfuggite” dalla sede di origine prima o durante l’intervento

chirurgico. La sua durata è in genere di 6 mesi.

L’obiettivo della chemioterapia adiuvante e quello di ridurre il rischio di recidiva

neoplastica (locale o a distanza) dopo un intervento apparentemente radicale. Nel

carcinoma del colon-retto in stadio III la chemioterapia ad

di recidiva. Nello stadio II il consiglio ad effettuare una

chemioterapia adiuvante s

indicazione

a chemioterapia adiuvante).

- In una condizione di malattia avanzata

Chemioterapia palliativa per malattia avanzata.

In situazioni di malattia estesa, non suscettibile di un intervento chirurgico radicale, gli

obiettivi della chemioterapia sono i seguenti:

- Attenuare i sintomi della malattia, migliorando la qualità di vita

- Controllare la crescita della neoplasia

- Tentare di rendere operabili situazioni che inizialmente non lo sono

periodicamente valutata con

opportuni controlli clinici. A seconda della tolleranza e della risposta le possono essere

proposti schemi chemioterapici diversi.

Gli effetti collaterali della chemioterapia dipendono sia dagli specifici farmaci utilizzati e

dalla loro dose, che dalla “suscettibilita” di ogni singolo individuo. Possono risentire degli

effetti della chemioterapia le cellule prodotte dal midollo osseo (globuli rossi, globuli

bianchi e piastrine), le mucose della bocca e dell’intestino, i capelli e la cute.

Terapie locoregionali

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essere l’unica sede di malattia. Le terapie locoregionali hanno il

vantaggio di associare una maggiore efficacia nella sede della neoplasia (fegato) con una

ridotta tossicita a carico di altri organi.

Le terapie locoregionali danno prevalentemente effetti collaterali a carico dell’organo

interessato (in genere il fegato) o degli organi vicini.

I tipi di terapia locoregionale maggiormente in uso:

- Chemioterapia intrarteriosa

somministrazione di farmaci anti-tumorali direttamente nell’arteria che porta il sangue al

fegato, attraverso un catetere collegato ad un serbatoio sottocutaneo (Port).

La chemioterapia intrarteriosa epatica può dare danni tossici a carico del fegato o delle vie

biliari (ittero), dello stomaco (ulcere) o del pancreas (pancreatite).

- Termoablazione con radiofrequenza

noduli

tumorali nel fegato, mediante un generatore di radiofrequenza che viene collegato con

speciali “aghi” inseriti all’interno del nodulo da trattare sotto guida ecografica.

variabile

soltanto durante il trattamento.

- Chemioembolizzazione

procedura effettuata mediante angiografia (studio radiologico dei vasi sanguigni mediante

sottili cateteri inseriti in genere dall’arteria femorale) che ha il duplice scopo di

somministrare farmaci antitumorali nel fegato e nel contempo di causare un temporaneo

blocco della vascolarizzazione del tumore (ischemia).

La chemioembolizzazione può dare danni tossici a carico del fegato o delle vie biliari

(ittero), dello stomaco (ulcere) o del pancreas (pancreatite). Inoltre sono frequenti effetti

tossici acuti del trattamento, quali febbre, dolore e vomito.

Radioterapia

La radioterapia o terapia radiante, consiste nell’uso di radiazioni ad alta energia per

distruggere le cellule tumorali.

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E' una terapia locale, impiegata nel carcinoma del retto, in quanto situato in un’area ben

precisa (la pelvi).

frequentemente in fase

pre-operatoria o neoadiuvante, spesso in associazione alla chemioterapia, con il fine di

ridurre il volume della neoplasia favore dell’intervento e la

possibilita di salvaguardare lo sfintere anale (e ridurre pertanto il rischio di dover effettuare

una colostomia permanente).

- essere comunque praticata in

fase post-operatoria o in caso di recidiva pelvica di un carcinoma del retto.

avere un ruolo palliativo (sia

nel carcinoma del retto che del colon) e controllare i sintomi da compressione o infiltrazione

neoplastica (esempio il dolore da metastasi ossea).

La radioterapia, solitamente impiegata nel trattamento del carcinoma del retto, causa

comunemente disturbi transitori anche sui tessuti sani dell’area trattata (pelvi).

I disturbi piu comuni nel corso del trattamento radiante sono pertanto rappresentati da

diarrea, tenesmo (stimolo continuo alla defecazione), infiammazione e bruciore all’ano, ai

genitali e alla vescica (cistite).

Controlli di follow-up

I controlli che le verranno consigliati dopo un intervento per carcinoma del colon-retto

hanno lo scopo di poter diagnosticare precocemente eventuali recidive della malattia a

livello locale (colon o retto) o a distanza (addome, fegato, polmoni in particolare) o nuove

neoplasie intestinali (esempio polipi benigni).

Gli esami consigliati, in base allo stadio della malattia, ai sintomi clinici e al tempo di

intervallo dall’intervento, sono:

- esami del sangue (marcatori tumorali: CEA e CA19.9),

- colonscopia,

- ecografia epatica,

- Rx torace.

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Nel follow-up del carcinoma del retto sono utili anche TAC addomino-pelvica ed ecografia

trans-

rettale. Altri esami possono esserle consigliati per eventuali approfondimenti diagnostici.

Shock

Sindrome caratterizzata da un’insufficienza circolatoria periferica, che comporta riduzione

del flusso ematico e conseguente anossia tissutale.

Ha lo scopo di riportare a valori normali la pressione arteriosa, attraverso l'attivazione del

sistema simpatico-adrenergico.

Patogenesi

La causa principale è l'ipovolemia, la riduzione della massa ematica circolante.

L'ipovolemia può essere di tipo:

- assoluto, quando si ha una totale perdita di sangue intero.

- relativo, quando non si ha una perdita totale, ma è causa di un abnorme ampliamento del

letto circolatorio (data quasi sempre da una vasodilatazione, conseguenza di

un’insufficienza della pompa cardiaca. Es. infarto del miocardio, embolia polmonare).

Lo shock di tipo settico, invece, è determinato da tossine in corso di sepsi.

Fisiopatologia

Il quadro fisiopatologico è rappresentato da una sequenza di eventi che inizia con

l'ipotensione e che ha lo scopo di convogliare verso gli organi nobili, il flusso ematico

rimanente.

L'ipotensione viene avvertita dai barocettori carotidei e aortici, i quali stimolano al centro

cardio-respiratorio bulbare, istaurando un iper-tono simpatico.

L'ipertono simpatico è dovuto a:

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- stimolazione midollare del surrene

- scarico delle catecolamine

- aumento frequenza e contrattilità miocardica

- stimolazione degli effettori con liberazione di noradrenalina

- intensa vasocostrizione

- stasi della microcircolazione con riduzione dell'ipoperfusione tissutale

- richiamo di liquidi in circolo, con momentaneo aumento della pressione

- gli sfinteri costretti fermano i liquidi richiamati diminuendo il ritorno al cuore

- riduzione gittata cardiaca

Tutti questi passaggi sono fino ad ora di tipo reversibile, se non vengono fermati

tempestivamente si innescano dei meccanismi di tipo irreversibile:

- gli sfinteri arteriorali si aprono contro quelli venosi che rimangono chiusi

- il sangue refluisce lungo le arteriole ingorgando il sistema e trasudando dai capillari,

portando ad edema interstiziale

- danno tissutale con ischemia delle cellule

- si altera il ciclo di Krebs portano ad una glicolisi anaerobica

- formazione di acido lattico

- diminuzione di ossigeno e di attività della membrana cellulare

- acidosi metabolica

- le membrane dei lisosomi si aprono attivano le chinine vasoattive

- l’albumina lascia il circolo aumentando la perdita di liquidi

- la stasi ematica determina ristagno dei GR e piastrine con aumento della coagulazione con

conseguente CID.

Lo schok settico presenta un quadro fisiopatologico diverso.

Gli agenti patogeni che lo causano contengono endotossina, il cui effetto finale è

l'inattivazione cellulare dell'ossigeno, esso ha tre azioni:

-danno cellulare diretto

-reazione simpatico-adrenergica

-attivazione del complemento

-liberazione delle sostanze vasoattive

-vasodilatazione ed ipovolemia

Anche se il meccanismo patogenico è differente,l'effetto finale è lo stesso

In questo caso si manifesta una CID più grave in quanto ci sono in gioco più fattori:

-lesioni endoteliali e riversamento di enzimi

-diminuzione del flusso ematico

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-attivazione del complemento

-apertura degli shunt artero-venosi

Segni e Sintomi

- Ipotensione arteriosa

- Oliguria

- Tachicardia

- Pallore di cute e mucosa

- Sudorazione

Terapia

Reintegrazione della volemia, si utilizza il liquido più idoneo a seconda della perdita.

Correzione della volemia, ossigeno terapia e trattare la causa dello schok.

È importante porre il paziente in posizione anti-schok, coprirlo adeguatamente, rilevare i

parametri vitali, registrare i liquidi in entrata ed in uscita.

Addome Acuto

Sindrome caratterizzata da differenti condizione morbose aventi in comune l'acuzie delle

manifestazioni cliniche e la gravità della prognosi (il paziente può andare incontro a morte).

Comprende tutte le malattie acute e le complicanze delle patologie degli organi contenuti

nella cavità addominale e degli organi contigui ad essa.

Le condizione morbose di questa patologia sono varie:

- Occlusione intestinale

- Peritonoti

- Emorragie gastrointestinali

- Flogosi acute

- Traumi addominali

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OCCLUSIONE INTESTINALE (ileo)

Sindrome caratterizzata dall'arresto del transito e del contenuto intestinale solido, liquido e

gassoso.

Si può parlare anche di sub-occlusione intestinale se essa è caratterizzata da un blocco solo

dei liquidi e dei solidi.

Eziopatogenesi

La patogenesi si divide i due grandi branche:

1 - Ileo meccanico:

- da ostruzione: senza partecipazione vascolare

- da strozzamento: con partecipazione vascolare

2 - Ileo dinamico:

- paralitico: può essere di tipo infiammatorio, riflesso o metabolico

- spastico: principalmente di tipo neurologico

I fattori eziologici sono:

-di natura organica: per processi patologici dell'intestino (flogosi, neoplasie) o processi no

direttamente dell'intestino (compressioni, ernie).

-di natura fisiologica: in assenza di lesioni intestinale si altera il tono e la peristalsi della

muscolatura, per processi infiammatori, stimoli nervosi.

Da ostruzione

sono dovute da neoplasie intestinali o anche da compressioni (sarcoma del connettivo) corpi

estranei nel lume intestinale

Da strozzamento

date da invaginazione intestinale, un'ansa rientra nell'intestino fino a ridurre il lume ed

ostruirlo, torsione di 180° di un'ansa, strozzamento erniario è un buco dove entra l'ansa che

rimane intrappolata man mano si restringe il lume fino a strozzarla.

Fisiopatologia

L'arresto del transito intestinale determina un’accumulo a monte, il lume intestinale si

dilata, aumenta la pressione idrostatica comprimendo i vasi venosi con conseguente

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trasudazione dei liquidi nel lume.

A questo punto l'intestino disteso non è più in grado di riassorbire i liquidi in eccesso, inoltre

l'abbondante trasudazione determina una grossa perdita di liquidi con grave disidratazione

con possibile schok.

La distensione, ad un certo livello di gravità, può portare a perforazione della parete

intestinale con necrosi e peritonite.

La perdita di elettroliti, in particolare di potassio, altera la funzione della muscolatura.

I fenomeni tossici possono portare a sepsi.

Segni e Sintomi

- chiusura dell'alvo a feci e gas

- distensione dell'addome aspetto globoso di esso

- vomito

- oliguria

- lingua secca e disidratazione

- tachicardia, ipotensione

Anamnesi ed esame obiettivo tramite:

- ispezione: addome disteso e globoso

- palpazione: resistenza elastica

- percussione: timpanismo

- ascoltazione: timbri metallici

Analisi chimiche: conta dei leucociti, ipo-potassiemia ed ipo-sodiemia.

Esami: Rx diretta addome per verificare gli equilibri idro-aerei

Trattamento

Prima di tutto bisogna correggere l'ipovolemia e la disidratazione, ridurre la distensione

delle anse ed eliminare il vomito con un sondino nasogastrico.

Bisogna controllare la diuresi, somministrare antibiotici per eventuali sepsi e

succesivamente eliminare chirurgicamente la causa dell'ostruzione.

In questi pazienti bisogna controllare continuamente:

- i parametri vitali

- la pervietà del SNG e del CV.

- il bilancio di entrate de uscite ed eseguire i prelievi ematici.

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Peritonite

Processo infiammatorio della sierosa peritoneale, esso può essere diffuso o circoscritto.

Anatomia e fisiologia

Il peritoneo riveste la superficie interna della cavità addominale ed i suoi visceri.

Forma diverse pliche che saldano i visceri alla parete posteriore dell'addome o li collega tra

loro.

Facendo questo divide la cavità addominale in spazi e loggie:

-spazio sotto-diaframmatico

-doccia parieto-colica

-sfondato retto-vescicale (nell'uomo) e retto-uterino del duglas (nella donna)

Le sue principali funzioni sono:

- agevolare lo scivolamento dei visceri

- costituire strutture di sospensione e di ancoraggio dei visceri

- partecipare ai processi di difesa

Eziologia

È una patologia sempre di natura batterica.

L'agente patogeno può infettare il peritoneo in due modi:

Via indiretta

- Per via ematica, nel corso di patologie infettive di altri organi .

- Per via linfatica, da flogosi contigue.

Via diretta

- Provengono da visceri endo-peritoneali

- Provengono dall'esterno (ferite).

La sierosa diventa iperemica (accumulo di sangue) ed edematosa, si verifica l'essudazione

che può essere sierosa, siero-fibrosa o purulenta.

Nel cavo peritoneale si può trovare altro materiale come alimentare o fecaloide.

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Fisiopatologia

La peritonite và sempre incontro ad occlusione intestinale, la flogosi (infiammazione)

determina ipotonia (diminuzione del tono muscolare o dell’eccitabilità nervosa) ed arresto

della peristalsi, le anse si distendono e si riempiono di gas e liquidi ricchi di elettroliti

determinando disidratazione da ipovolemia.

Si ha stato settico e tossico, con shock ipovolemico.

Segni e sintomi

- alvo chiuso a feci e gas

- dolore addominale intenso

- aumento della frequenza del respiro

- disidratazione

- vomito

- oliguria

- febbre

Diagnosi

- ispezione

- palpazione

- ascoltazione

- esplorazione rettale

- Rx dell'addome

Evoluzione

- completa guarigione senza postumi

- guarigione con esiti aderenziali

- circoscrizione del processo infiammatorio

- aggravamento progressivo fino a shock, acidosi e morte.

Trattamento

Generalmente e quasi sempre di natura chirurgica e deve avere tre scopi:

1 - Eliminare la causa della peritonite.

2 - Rimuovere l'essudato.

3 - Drenare la cavità pleurica.

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In questi pazienti bisogna controllare e valutare:

- Parametri vitali,

- SNG,

- CV,

- Drenaggi,

- Bilancio idroelettrolitico,

- Terapia antibiotica.

Peritonite circoscritta

La sua circoscrizione è in genere completata da aderenze del grande omento nella zona

della flogosi e da essudazione fibrinosa che determina aderenze.

Può avere diverse evoluzioni:

- L'essudato sieroso va incontro a guarigione spontanea

- L'essudato purulento non va incontro a guarigione

Il trattamento consiste nel drenaggio TC guidato altrimenti l'intervento chirurgico.

Varici

Per varici si intende la dilatazione di una parete venosa con alterazione della sua struttura.

Si riscontrano soprattutto nelle vene superficiali degli arti inferiori (safene) ma anche nelle

vene:

- Esofagee,

- Ano-rettali,

- Del plesso pampiniforme (varicocele).

Anatomia e fisiologia

Negli arti inferiori esiste un doppio sistema venoso: superficiale e venoso.

Le vene superficiali decorrono nel sottocutaneo e mancano di un vero sostegno rispetto a

quelle profonde che sono circondate dai muscoli che gli danno sostegno.

Le vene sono dotate di valvole che gli permettono di avere un flusso unidirezionale.

Il sistema venoso superficiale è costituito dalla grande e dalla piccola safena, essa origina

dal collo del piede sale lungo la faccia mediale della gamba spostandosi anteriormente fino

a sboccare nella femorale.

La piccola safena coinvoglia il sangue nella vena poplitea.

Il sistema profondo coinvoglia nelle vene tibiali, nelle peroniere, nella poplitea, e nella

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femorale.

I due sistemi si anastomizzano tramite le vene perforanti.

Il ritorno venoso avviene per la contrazione muscolare e grazie alle valvole, il sangue viene

riversato dal circolo superficiale a quello profondo fino alla vena cava.

Eziopatogenesi

Le cause si dividono in due branche:

Varici idiopatiche

la cui patogenesi è ancora sconosciuta

Varici sintomatiche

che sono secondarie a tromboflebiti del circolo profondo o per azione compressiva sui vasi

profondi.

L'elemento eziologico determinante consiste in una debolezza congenita della parete

venosa, una ipoplasia diffusa della sua componente elastica.

Un'altra condizione determinante è l'insufficienza valvolare, è quasi sempre di natura

congenita ma si pensa che sia secondaria alla dilatazione delle vene.

Dopo la dilatazione, una quantità di sangue ristagna nell'albero venoso superficiale.

Di conseguenza si produce l'insufficienza valvolare che non mantengono l'unidirezzionalità; il

ciclo superficiale si dilata ulteriormente e si aggravano le varici, da qui la stasi del sangue fa

aumentare lo sfiancamento della safena che assume un decorso tortuoso.

Segni e sintomi

- Cordoni bluastri e dolorosi lungo il decorso della vena.

- La cute può apparire cianotica ed eczematosa (arrossata).

- L'arto appare appesantito e si possono verificare episodio di prurito

- Ulcera varicosa

- Tromboflebiti

- Lacerazione dei gavoccioli (dilatazione di vasi sanguigni, simile a un piccolo gomitolo,

vistosamente sporgente sulla superficie della pelle).

Diagnosi

- Flebografia

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Esame radiologico effettuato mediante somministrazione per via endovenosa di sostanze

radiopache, che permette di visualizzare il sistema venoso di una determinata parte del

corpo e di studiarne le affezioni.

- Ecodoppler

Metodica d’indagine degli organi interni che utilizza gli ultrasuoni per determinare

alterazioni più o meno compatte rispetto alle strutture circostanti.

Per questa diagnosi è il più usato e attendibile.

Trattamento

Le possibili terapie sono di tre tipi:

- terapia pagliativa: uso di calze elastiche.

- terapia chirurgica: asportazione della grande safena.

- terapia sclerosante: immissione diretta nella varice di soluzione sclerosante.

Flebotrombosi

Occlusione trombotica delle vene, ad evoluzione lenta si instaura indipendentemente da una

lesione infiammatoria del vaso.

La conseguenza più grave è la possibilità di un distacco di particelle di trombo che agiscono

in senso embolizzante.

Eziopatogenesi

I fattori che predispongono alla trombosi venosa profonda si possono sintetizzare nella

Triade di Virchow:

- IPERCOAGULABILITA' (incremento della viscosità del sangue)

- RIDUZONE DEL FLUSSO EMATICO (stasi)

- DANNO ENDOTELIALE (modificazione della parete vascolare)

Anatomia patologica

Il punto di partenza è a livello delle vene comunicanti della pianta del piede e del

polpaccio, sono costituiti da un fitto reticolo fibrinoso.

Il trombo aderisce con la sua base a livello di una vena comunicante, mentre la sua coda

oscilla nel flusso della vena profonda.

Da qui può bastare un movimento dell'arto o una brusca variazione del flusso perchè il

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trombo si stacchi e lungo la vena illiaca e la cava vada a tamponare l'arteria polmonare e

provochi un'embolia polmonare.

Segni e sintomi

- Dolore violento ad un polpaccio o ad un piede

- Viene risvegliato dalla pressione del polpaccio o dalla flessione del piede

- Modesto edema del piede e dei malleoli

Phlegmasia coerulea dolens

E' una forma di flebotrombosi con caratteristiche peculiari:

- colpisce l'arto inferiore.

- è dovuta all'occlusione massiva dell'asse venoso principale illiaco-femorale.

- 50 % dei casi evolve in gangrena (o cancrena: necrosi più o meno estesa di tessuti o di

organi).

La diffusa trombosi venosa determina abbondante trasudazione plasmatica con riduzione del

gradiente pressorio tra sangue arterioso ed interstizio con possibile ischemia.

Trattamento

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- Riposo a letto

- Antiaggreganti

- Anticoagulanti

- Trombectomia

- Stent ombrello cavali

Tromboflebiti

Occlusione delle vene, ad insorgenza improvvisa in seguito ad una lesione infiammatoria

della parete vasale.

Il trombo è quasi sempre composto da materiale settico.

Eziopatogenesi

La causa è sempre infettiva.

I germi circolanti possono giungere all’endoltelio dei vasi, possono provenire dalla vena

colpita o per contiguità.

Anatomia patologica

I vasi più colpiti sono quelli degli arti inferiori, sia quelli superficiali che quelli profondi.

Segni e sintomi

Possiamo avere quattro quadri clinici:

- Flebite varicosa

Interessa quasi sempre la grande safena. E' palpabile e dolente ma non provoca ne edemi,

ne emboli.

- Flebite settica

Può sorgere dopo malattie setticemiche, colpisce la vena femorale sinistra, causa ostruzione

dei vasi venosi profondi e si manifesta con edema ulcere e varici.

- Tromboflebite migrante

Presenta focolai segmentari superficiali e si manifesta con un cordone duro ed iperemico.

- Phlegmasia alba dolens

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Insorge dopo un parto o un aborto. Si manifesta con uno stato sub-febbrile e tachicardia,

parestesia e crampi dell'arto interessato.

Diagnosi

Per la vena profonda è più difficile perchè non si palpa al tatto i segni sono:

- Edema, cianosi, febbre e leucocitosi

Gli esami eletti sono: Ecodoppler e flebografia

Trattamento

- Terapia antibiodica

- Riposo

- Anticoagulanti

Embolia Polmonale

È una complicanza acuta della trombosi venosa profonda, determinata da un'ostruzione a

carico del distretto arterioso polmonare.

E' causata dal trombo, che distaccandosi dalla sua sede primitiva, risale l'albero venoso e

giunge al microcircolo polmonare.

Circa il 10% è mortale.

Eziologia

Possono essere unici o multipli e possono interessare un solo polmone o entrambi.

Possono essere di natura:

- ematica

- grassosa

- gassosa

- neoplastica

Patogenesi

Le trombosi hanno sede nei plessi venosi del piccolo bacino.

L'embolo viene trasportato dal flusso venoso al cuore destro e da qui prende il circolo

dell'arteria polmonare fermandosi nel tronco comune o in una delle due arterie polmonari o

in rami segmentari.

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I cambiamenti funzionali del polmone non dipendono solo dall'occlusione ma anche dalla

liberazione di sostanze come serotonina dall'embolo stesso.

Queste sostanze causano:

- broncocostrizione

- vasocostrizione

Anatomia patologica

Le embolie sono più frequenti nel polmone destro e nei lobi inferiori, solo nel 10% dei casi si

verifica una necrosi.

Segni e Sintomi

- dispnea

- dolore toracico intenso

- emottisi

- tachicardia

- febbre

- cianosi

Trattamento

-antiaggreganti ed anticoagulanti

-fibrinolitici

-dopamina

-ossigeno terapia

Assistenza

-posizione semiseduta

-ossigenoterapia

-bendaggio con fasce elastiche

-ginnastica respiratoria

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