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IL CENTRO BIOS DELLA CHIRURGIA E MEDICINA ESTETICA A ROMA

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bimestrale di informazione e aggiornamento scientifico n. 6 - 2011

Infezione neonatale da SGB: valutazione di un protocollo per la prevenzione

Trattare la sepsi: ruolo “critico” delle immunoglobuline IgG policlonali

Epidemiologia e prevenzione oncologica

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Direttore ResponsabileFernando Patrizi

Direzione ScientificaGiuseppe Luzi

Segreteria di RedazioneGloria Maimone

Coordinamento EditorialeLicia Marti

Comitato ScientificoArmando CalzolariCarla CandiaVincenzo Di LellaFrancesco LeoneGiuseppe LuziGilnardo NovellliGiovanni PeruzziAugusto VellucciAnneo Violante

Hanno collaborato a questo numero:Francesco Saverio Biagiarelli, Alessandro Ciammaichella, Danila D’Onofrio,Roberta Di Rosa, Giuseppe Luzi, Alberto Maione,Massimiliano Rocchietti March, Fabio Romeo,Claudia Rossi, Michele Stegagno, Giuditta Valorani.

La responsabilità delle affermazioni contenute negli articoli è dei singoli autori.

Direzione, Redazione, AmministrazioneBiOS S.p.A. Via D. Chelini, 3900197 Roma Tel. 06 [email protected]

Grafica e ImpaginazioneVinci&Partners srl

Impianti e StampaArtColorPrinting srl via Portuense, 1555 - 00148 Roma

Edizioni BIoS S.p.A.Autorizzazione del Tribunale di Roma:n. 186 del 22/04/1996

In merito ai diritti di riproduzione la BIOS S.p.A.si dichiara disponibile per regolare eventuali spettanze relative alle immagini delle quali non sia stato possibile reperire la fonte

Pubblicazione in distribuzione gratuita.

Finito di stampare nel mese di gennaio 2012

BIoS S.p.A.Struttura Sanitaria PolispecialisticaVia D. Chelini, 39 - 00197 RomaDir. Sanitario: Dott. Francesco LeoneCUP 06.809.641

Un punto di forza per la vostra salute

Gli utenti che, per chiarimenti o consulenza professionale, desiderano contattare gli autori degli articoli pubblicati sulla rivista DiagnosticaBios, possono telefonare direttamente alla sig.ra Pina Buccigrossi al numero telefonico 06 809641.

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L’editoriale 2Giuseppe Luzi

Autoimmunità in endocrinologia 3Massimiliano Rocchietti March

Mixing 6Alessandro Ciammaichella

Trattare la sepsi: ruolo “critico” delle immunoglobuline IgG policlonali 8Roberta Di Rosa, Giuseppe Luzi

2pro-PSA: nuovi passi per la diagnosi nel cancro prostatico 13Claudia Rossi

A tutto campo Aterosclerosi: la vecchiaia è protetta 14Alessandro Ciammaichella

Il Punto Epidemiologia e prevenzione oncologica 16Fabio Romeo

Imparare dalla clinica Infezione neonatale da SGB: valutazione di un protocollo per la prevenzione 21D. D’Onofrio, F.S. Biagiarelli, A. Maione, M. Stegagno

From bench to bedside 33Giuditta Valorani

Periodico della BIoS S.p.A. fondata da Maria Grazia Tambroni Patrizi

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EDIToRIALEGiuseppe Luzi

Direzione Scientifica di Diagnostica-BIOS

Con l’attribuzione del premio Nobel per lamedicina nel 2011 sono stati onorati i tre scien-ziati Bruce Beutler, Jules Hoffmann e RalphSteinman grazie ai loro studi su alcuni aspettiparticolarmente importanti della risposta immu-nitaria. La patogenesi delle malattie autoimmuni,come per esempio l’artrite reumatoide, è oggistudiata con maggiore cognizione di causa pro-prio grazie alle loro ricerche che con approcciooriginale e innovativo hanno permesso di inter-pretare alcuni passaggi critici nell’attivazionedella risposta immunitaria.

Per molto tempo (gran parte della secondametà del XX secolo) l’attenzione dei ricercatorisi è concentrata prevalentemente sulla rispostacosì detta specifica, o adattativa, risposta con laquale i linfociti regolano le infezioni, produco-no gli anticorpi e in parte sorvegliano la crescitaneoplastica. Ma i linfociti devono essere in qual-che modo attivati e un’altra area del nostro si-stema immunitario, quella della risposta innata,è estremamente importante per i segnali che in-via al patrimonio linfocitario in grado di attivar-si. Era necessario capire come fosse possibilequesto scambio di informazioni che sostanzial-mente lega il mondo esterno (batteri, virus, mo-lecole di varia natura) al nostro organismo e allasua capacità di reagire.

Nel nostro organismo esistono, semplifican-do un poco il quadro d’insieme, due linee di di-fesa. La prima linea di difesa è costituita dal-l’immunità innata, in grado di distruggere alcu-ni microrganismi invasori innescando il proces-so infiammatorio, la seconda è l’immunità adat-tativa che con i linfociti T, B e altre cellule killerriesce a completare l’azione anti-infettiva e per-mette il formarsi di una memoria immunitaria. Idue sistemi ovviamente non sono indipendentitra di loro e merito dei ricercatori premiati è con-sistito nel chiarire le modalità con le quali la ri-sposta innata innesca la risposta adattativa. Inquesto senso ha particolare rilievo la serie di in-dagini effettuate da Ralph Steinman, purtroppodeceduto proprio quando veniva comunicatal’assegnazione del Nobel. Questo autore, attor-

no alla metà degli anni Settanta del XX secolo,lavorando alla Rockefeller University di NewYork, identificò un tipo di cellule che, avendostruttura molto ramificata, chiamò dendritiche.Proprio queste cellule sono il collegamento frale due aree della risposta immunitaria: da un la-to catturano segnali propri della risposta innata edall’altro sono in grado di attivare i linfociti T(risposta adattativa, in grado di regolare la pro-duzione di citochine, anticorpi e di costruire lavera memoria immunitaria).

Come trasferiamo le conoscenze della ricercadi base nella pratica clinica? Proprio per non tra-scurare questo aspetto della realtà medica la nostrarivista ha una rubrica dedicata al problema delle“ricadute” applicative della ricerca scientifica sul-la medicina pratica: from bench to bedside (dalbancone di lavoro sul quale si programmano edeseguono gli esperimenti al letto del malato, dovesi verifica in concreto quanto emerso dalla ricer-ca in vitro o in vivo). Dobbiamo sempre tener pre-sente che gran parte delle analisi di laboratorio uti-lizzano ai nostri giorni metodiche derivate dal-l’Immunologia e aspetti essenziali nella diagno-stica, come per esempio la classificazione dei tu-mori, si avvalgono di biotecnologie basate sul-l’impiego di anticorpi monoclonali.

Esistono quindi consistenti “ritorni” da questilavori fondamentali e in genere i tempi di trasfe-rimento dal dato di laboratorio alla pratica medi-ca sono oggi discretamente ridotti rispetto al pas-sato. Grazie a questi progressi il monitoraggio im-munologico è oggi possibile a vari livelli di com-plessità e le implicazioni mediche che la patologiadel sistema immunitario può causare (deficit im-munitari primitivi e secondari, malattie autoim-muni, sindromi reumatiche a patogenesi immuni-taria, allergie) necessitano di strutture di laborato-rio e competenze adeguate per una gestione cor-retta non sempre agevole degli aspetti diagnosticie terapeutici, aspetti talora di difficile interpreta-zione in un settore nel quale le conoscenze siespandono a grandissima velocità e vanno gestitecon prudente cognizione di causa.

IMMUnoLoGIA: PREMI noBEL 2011 E MEDICInA CLInICA

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Le patologie autoimmuni sono state identifi-cate come un capitolo indipendente già nel 1957,anno in cui sono stati enunciati anche i criterifondamentali per la loro classificazione.

Tuttavia con il passare del tempo il numero dimalattie autoimmuni che sono state scoperte èandato via via crescendo fino ad arrivare a oltreottanta nel 2006 (1, 2).

Le malattie autoimmuni hanno usualmenteun decorso cronico e sono caratterizzate nellamaggior parte dei casi da un lungo periodo pro-dromico per lo più asintomatico. Infatti la lorostoria naturale è caratterizzata da tre fasi, rispet-tivamente:1. potenziale;2. subclinica;3. clinica.

Il minimo comune denominatore delle tre fasiè rappresentato dalla presenza di autoanticorpi. Inparticolare la fase potenziale è contraddistinta dal

riscontro degli autoanticorpi circolanti e da un’in-filtrazione linfomonocitaria minima o multifocaledell’organo bersaglio, senza alterazioni funziona-li. La fase subclinica è caratterizzata anche dallapresenza di autoanticorpi ma da un’infiltrazionelinfomonocitaria del tessuto bersaglio di maggio-re entità e da modificazioni della funzione (anco-ra a livello subclinico).

La fase clinica, invece, è contrassegnata dal-la presenza di autoanticorpi, da un intenso infil-trato a carico dell’organo bersaglio e dalla com-parsa dei segni e sintomi propri della malattia au-toimmune (1, 2).

Gli autoanticorpi rappresentano quindi utilimarkers in grado di evidenziare l’origine au-toimmune del processo, in presenza di una ma-lattia clinica o ancora subclinica. Essi possonoanche rappresentare in alcuni casi markers pa-togenetici e quindi sono in grado di monitorarele recidive e le remissioni della patologia au-

AUToIMMUnITà In EnDoCRInoLoGIAMassimiliano Rocchietti March

Endocrinologo - U.O.C Medicina Interna Azienda Ospedaliera Sant’Andrea

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toimmune. Nella maggior parte dei casi però es-si sono solo markers non patogenetici e il dan-no dipende soprattutto dall’azione dei linfociti T-citotossici infiltranti il tessuto bersaglio.

Infine gli autoanticorpi si possono riscontra-re anche in soggetti apparentemente sani, chenon possono ancora essere considerati affetti damalattia autoimmune, ma che potrebbero svilup-parla in futuro.

Per identificare tali soggetti “portatori sani”non è necessario fare degli screening allargati al-la popolazione, troppo costosi, bensì a categorieselezionate: ad es. familiari di pazienti con pato-logia autoimmune, bambini in età scolare, sog-getti con particolari aplotipi HLA, pazienti conuna patologia autoimmune, pazienti che intra-prendano una gravidanza.

La presenza di autoanticorpi consente in ognicaso di porre una diagnosi tempestiva, iniziandocosì una terapia sostitutiva il più precocementepossibile.

Un altro aspetto importante è che in corso diterapie o particolari fattori scatenanti (ad es. litio,iodio, IFN, estroprogestinici, esposizione al sole,infezioni) alcuni pazienti con autoanticorpi, main assenza di patologia, potrebbero evolvere ver-so la fase subclinica o clinica della malattia (2).

Le malattie autoimmuni presentano una pre-disposizione genetica. Tale predisposizione nonsi limita alla stessa malattia del probando maspesso anche ad altre patologie autoimmuni.

Una volta posta diagnosi di patologia au-toimmune in un paziente occorre:1. valutare mediante un’accurata anamnesi la

presenza della stessa o di altre patologie a ca-rattere autoimmune nei familiari di primogrado e, in caso negativo;

2. eseguire uno screening anticorpale in mododa mettere in evidenza i casi subclinici o po-tenziali.Infine un’altra caratteristica delle malattie au-

toimmuni è la loro tendenza ad aggregare in unostesso individuo. Quindi, una volta fatta la dia-gnosi, è necessario ricercare nello stesso pazien-te altre patologie autoimmuni cliniche, subclini-che o potenziali.

Nel 1980 Neufeld e Blizzard descrisserol’associazione di più patologie autoimmunicoinvolgenti varie ghiandole endocrine e le de-nominarono sindromi poliendocrine autoimmu-ni (3) (Tab. 1).

Le sindromi poliendocrine autoimmuni(APS) rappresentano un gruppo di patologie en-docrine nelle quali un processo a patogenesi au-toimmunitaria coinvolge diverse ghiandole en-docrine, determinando una sindrome clinica daipofunzione ghiandolare multipla. Ogni ghian-dola endocrina può essere il bersaglio di un’ag-gressione da parte del sistema immunitario nel-l’ambito di un’alterata risposta immunologica efrequentemente nello stesso individuo vengonocoinvolte diverse ghiandole. Spesso inoltre sono

Gruppo I Candidiasi, ipoparatiroidismo, sindrome di Addison (presenza di almeno 2 condizioni)

Gruppo II Addison + tireopatia autoimmune e/o diabete insulino-dipendente

Gruppo III

A) Tireopatia autoimmune + diabete insulino-dipendente

B) Tireopatia autoimmune + anemia perniciosa

C) Tireopatia autoimmune + vitiligine e/o alopecia e/o altre malattie autoimmuni organospecifiche

Gruppo IV Due o più malattie autoimmuni organospecifiche non comprese nelle categorie precedenti

Tab. 1

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presenti alterazioni a carico anche di tessuti nonendocrini e questo rivela un’eterogeneità clini-ca, immunologica e genetica.

Il ruolo primario esercitato dal sistema im-munitario è suggerito dalla presenza di autoanti-corpi, dalla remissione clinica di alcune patolo-gie con terapia immunosoppressiva e dall’infil-trazione linfocitaria a carico dei distretti colpiti.

La classificazione prevede 4 varianti di sin-dromi polighiandolari autoimmuni:• APS I: candidiasi cronica, ipoparatiroidismo

cronico e iposurrenalismo cronico di origineautoimmune;

• APS II: morbo di Addison associato a tireo-

patia autoimmune e/o diabete mellito tipo I; • APS III: associazione di una patologia tiroi-

dea autoimmune e almeno un’altra patologiaendocrina autoimmune (ad eccezione delmorbo di Addison e dell’ipoparatiroidismocronico);

• APS IV: associazioni di patologie autoim-muni non comprese negli altri tipi.Per quanto riguarda le APS, nel singolo indi-

viduo non è utile ricercarle a tappeto, ma è ne-cessario considerare la familiarità e il tipo di ma-lattia autoimmune riscontrata: in base a questidati è fondamentale indagare le associazione piùprobabili, sia cliniche sia subcliniche (1, 2).

1. Cremonini n., Ceroni L. Sindromi poliendocrine autoimmuni (APS).In: Manuale di Endocrinologia clinica. Atta-nasio R., Borretta G., Papini E., Toscano V.Eds. Edizioni Medico-Scientifiche; Torino,2010.

2. Betterle C., Laureti S. Autoimmunità: cosa deve sapere l’endocri-

nologo. Atti dell’XI Congresso NazionaleAME, Udine, 2011.

3. neufeld M., Blizzard R.M. Polyglandular autoimmune diseases. In:Symposium on Autoimmune Aspects of En-docrine Disorders (Pinchera A., Doniach D.,Fenzi G.F, Baschieri L. eds). AcademicPress, New York, 1980: pag. 357.

Bibliografia

Il prof. Stefano Gaudino, specialista in endocrinologia, già primario di

Medicina ed Endocrinologia dell’Ospedale San Giovanni Addolorata di

Roma è il responsabile del Servizio di Endocrinologia e M.O.C. della

BIOS S.p.A. di Roma,Via D. Chelini 39.

Info CUP 06 809641

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MIx

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PoLIPILLoLA

In un prossimo futuro un’unica compressa con-tenente uno o più antiipertensivi, una statina e unantiaggregante potrebbe aumentare la complian-ce di quei pazienti – quasi sempre anziani – co-stretti ad assumere parecchi farmaci per os.

PoLLo ALLA DIAVoLA?

Tra gli stili di vita utili per evitare il cancrodello stomaco figurano le regole dietetiche: inparticolare evitare l’affumicamento dei cibi.

PATEnTE DI GUIDA PER I DIABETICI

Per evitare i sinistri stradali per colpa del gui-datore diabetico la massima attenzione va postanel prevenire le crisi ipoglicemiche. Possibilicause concomitanti sono deficit di attenzione,iperattività, etilismo, apnea ostruttiva notturna.

ARTRoSI: ATTo PRIMo

Il primissimo tempo della degenerazione ar-trosica non interessa il tessuto cartilagineo ben-sì l’osso subcondrale, che si atrofizza riducen-dosi di volume. La cartilagine pertanto si trova apoggiare sul vuoto: è da lì che comincia ad alte-rarsi.

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SHoCK AnAFILATTICo DA MEDUSA

Primo caso mortale nel Mediterraneo: unadonna di 69 anni, nel mare di Sardegna, è dece-duta a seguito di ustione della coscia dovuta alcontatto con i tentacoli del mollusco.

REnE PRoDUTToRE DI GLUCoSIo

Dopo il fegato è il tessuto renale che sinte-tizza glucosio: nelle gravi nefropatie con severainsufficienza renale l’insulina facilita le crisiipoglicemiche.

GUARIGIonE DAL PARKInSon: Woj -TyLA SAnTo

La Commissione sanitaria della Congrega-zione per le cause dei Santi, presieduta dall’Ar-chiatra pontificio Dott. Patrizio Polisca, ha rite-nuto scientificamente inspiegabile la guarigio-ne della suora Marie Simon Pierre che aveva in-vocato Giovanni Paolo II.

GEnI E CARDIoPATIA ISCHEMICA

Alcune varianti genetiche del cromosoma 9aumentano il rischio non solo di una sindromecoronarica acuta, ma anche di recidiva infartua-le e di morte cardiaca.

IPERTEnSIonE nELL’AnZIAno

Due dati da rilevare: a) non rara inversionedel ritmo circadiano, con aumenti notturni; b) isartani, bloccanti i ricettori dell’Angiotensina II,riducono l’incidenza e la progressione del-l’Alzheimer e delle demenze in genere: l’ipoten-sione può favorire la demenza.

LDL nEL DIABETE

Il colesterolo LDL nel diabetico è ancora piùaterogeno rispetto al non diabetico: molto utilepertanto associare una statina.

CAnCRo MAMMARIo E oRMonI

La terapia combinata estrogeni-progeste-rone si associa a una maggiore incidenza di car-cinoma della mammella con metastasi linfono-dali.

VEnE CoMUnICAnTI o PERFoRAnTI?

Le vene anastomotiche che collegano la sa-fena interna con il circolo profondo (che contie-ne i 9/10 del sangue venoso refluo) è più esattodenominarle “perforanti” per ben evidenziareche esse perforano l’aponeurosi muscolare.

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a cura di A. Ciammaichella

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AnTICoRPI: MoLECoLE InTELLIGEnTI

L’impiego delle immunoglobuline per viaendovenosa (IVIgG)rappresenta un importantepresidio terapeutico in corso di a-ipogamma-globulinemia primitiva. Riportando la concen-trazione ematica delle IgG a valori adeguati siriduce la gravità e il numero delle infezioni.IVIgG sono state impiegate nel corso delle ul-time decadi anche in individui con ipogamma-globulinemia secondaria e in diverse condizio-ni cliniche (trapianti di midollo osseo, leucemialinfatica cronica, infezioni batteriche in bambi-ni con malattia da HIV). L’osservazione che leIVIgG abbiano un ruolo immunomodulante incorso di trombocitopenia ha aperto, circa 30 an-ni or sono, la strada al loro impiego in varie ma-lattie autoimmuni e in patologie infiammatoriesistemiche. Tra le applicazioni delle IVIgG inqueste malattie si ricordano alcune neuropatie,la dermatomiosite, la sindrome di Guillain-

Barrè, le piastrinopenie autoimmuni, la sindro-me di Kawasaki (1, 2).

Le migliorate conoscenze sulla struttura del-le immunoglobuline e la genetica della loro for-mazione in vivo hanno consentito di prospettareuna razionalizzazione nel loro impiego, sebbenele difficoltà di un’adeguata sperimentazione nonsempre abbiano consentito di trarre risultatiobiettivabili e statisticamente significativi.

L’anticorpo è stato definito come “molecolaintelligente”. Descrivendo la genesi della mole-cola e la peculiarità delle sue caratteristiche bio-chimiche abbiamo senza dubbio una strutturaricca di implicazioni “evoluzionistiche”, nellequali convergono aspetti funzionali diversi: ca-pacità di interagire con bersaglio selettivo, atti-vazione delle molecole del complemento, com-binazione con varie cellule effettrici. Gli studi(3) sull’interazione tra anticorpo e cellule im-munocompetenti hanno quindi dimostrato la ca-pacità di svolgere una funzione regolatoria nel-

TRATTARE LA SEPSI: RUoLo “CRITICo”DELLE IMMUnoGLoBULInE IgGPoLICLonALIRoberta Di Rosa

Specialista in Allergologia-Immunologia ClinicaGiuseppe Luzi

Specialista in Allergologia-Immunologia Clinica

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l’ambito della risposta immunitaria e non solodifensiva, nel controllo dei batteri e dei virus.

Un aspetto particolare nell’impiego delleIVIgG riguarda la sepsi (4, 5).

LA SEPSI

Con il termine sepsi (dal greco σήψις, “sē-psis”) si definisce una malattia sistemica causatadalla contemporanea presenza di una inflamma-

tory Response Syndrome (SIRS) e un’infezione,documentata o anche presunta. Per una precisionedescrittiva la sepsi, comunemente definita anchesetticemia, deve essere distinta dalla batteriemia(caratterizzata dal semplice rilievo, medianteemocoltura, della presenza di batteri nel sangue),dal quadro di sindrome da risposta infiammatoriasistemica e dallo shock settico. Nella definizionesi differenziano anche lo shock settico così dettorefrattario con stato di insufficienza cardiovasco-lare persistente oltre i 60 minuti nonostante gli in-terventi terapeutici mirati (apporto di liquidi e usodi farmaci vasoattivi) e la sindrome da insuffi-cienza multiorgano, quando il deficit funzionaleriguarda almeno due funzioni d’organo. Un qua-dro di sepsi si instaura con maggiore probabilità insoggetti defedati, nelle persone anziane e in statodi immunodepressione.

Negli USA si calcola che vengano diagnosti-cati circa 700-750.000 nuovi casi l’anno e conun’incidenza stimata in ascesa a causa del natu-rale invecchiamento della popolazione. Circa150.000 pazienti/anno con shock settico sono se-gnalati in Europa e in tutto il mondo si arriva acirca 1.400 morti al giorno. La sepsi, per la suanatura multifattoriale, costituisce una situazionecritica per il malato sin dal suo insorgere e vieneconsiderata la principale causa di morte nei cen-tri di terapia intensiva per cause non coronari-che. I tassi di letalità sono altissimi, fino a oltreil 60% se viene considerato il solo shock settico.

Per comprendere il quadro clinico e patoge-netico ci si basa sulla definizione di SIRS, con-dizione nella quale devono essere presenti alme-no due delle alterazioni di seguito descritte:• temperatura corporea < 36° o > 38 °C;

• frequenza cardiaca > 90 battiti al minuto; • frequenza respiratoria > 20 atti respiratori al

minuto (tachipnea) o PaCO2 < 32 mmHg al-l’EGA arterioso;

• leucociti < 4000 /mm³ o > 12000 / mm³ (<4x109 o > 12x109 unità/L) o > 10% di formeimmature.Se alla SIRS si associa una causa infettiva, non

necessariamente dimostrata ma anche solo pre-sunta, allora è corretto dare la definizione di se-psi. Il motivo è correlato al fatto che una SIRS puòessere secondaria ad altre cause non necessaria-mente infettive (per esempio traumatiche o tossi-che). Per i bambini entro il primo mese di vita ladefinizione non si usa, ma è sufficiente la presen-za di uno stato infettivo con vari segni e sintomi dinatura sistemica. In sostanza la sepsi è, in genera-le, una sindrome eterogenea che si manifesta conuna complessa interazione tra difese dell’ospite eagente patogeno. Gli aspetti funzionali della sepsidipendono da un’attivazione immunitaria che in-duce una risposta infiammatoria a carattere siste-mico con attivazione significativa delle vie coa-gulatorie e del processo infiammatorio. Nei repartidi terapia intensiva la situazione di un pazientesettico viene considerata tra le più difficili da ge-stire: bisogna impedire che si raggiunga il livellodello shock settico, che talora può manifestarsi an-che dopo una terapia ottimale, e dare luogo allatemibile sindrome da disfunzione multiorganoche, se non contenuta, porta a morte.

Tra i fattori di rischio si ricordano l’ospeda-lizzazione e la durata della degenza, la natura e lemodalità dell’ospedalizzazione (centri di terapiaintensiva), alcuni interventi chirurgici a particola-re rischio (in gergo “sporchi”), impiego di catete-ri vescicali per lungo tempo, uso di cateteri va-scolari, malattie associate a carattere cronico.

Uno dei problemi immediati da affrontare peruna gestione corretta del malato con sepsi è il ri-tardo nell’impostazione adeguata del trattamen-to efficace che fa seguito alla diagnosi. La tera-pia utilizza un approccio polivalente: antibioticia largo spettro, eliminazione e drenaggio chirur-gico delle raccolte di materiale infetto, sostegnofunzionale sistemico. Ovviamente si utilizzano

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tutti i presidi necessari al singolo caso: dialisi,ventilazione meccanica, nutrizione parenteraleanche per lungo tempo.

Malgrado i progressi ottenuti nel controllodello stato settico e l’introduzione di nuovi anti-biotici, il problema del controllo della sepsi è an-cora di difficile gestione. Poiché la patogenesidella sepsi è determinata dall’intersecarsi tra cau-se “esogene” e reazione infiammatoria, diversistudi si sono basati sul controllo della rispostadell’organismo. Tuttavia gran parte delle terapieche miravano direttamente al processo infiam-matorio hanno fallito nel migliorare l’esito. L’u-so della proteina C attivata, che sembrava poterdiminuire la letalità, non è stato confermato daidati più recenti della sperimentazione. L’Agenziaeuropea per i medicinali (EMA) è stata informa-ta proprio nel novembre 2011 dalla Eli Lilly delritiro volontario dal mercato mondiale del medi-cinale contenente la molecola a seguito dei ri-sultati di mortalità a 28 giorni dello studioPROWESS-SHOCK. La Eli Lilly ha anche de-ciso di sospendere tutti gli studi in corso. Il prin-cipio attivo drotrecogin alfa (activato), era statooriginalmente autorizzato nel 2002 nell’UnioneEuropea in circostanze eccezionali per il tratta-mento della sepsi severa in pazienti adulti coninsufficienza multi-organo, in aggiunta alla mi-gliore terapia standard.

Per la gestione della sepsi è stato introdottoun sistema denominato EGTD (Early Goal Di-rected Therapy), che ha la scopo di di ottimizza-re la risposta emodinamica al fine di ridurre ildeficit di ossigeno nelle prime sei ore nei casi disepsi grave o nello shock settico. Con EGTD larisposta è stata incoraggiante con una riduzionedel 16% di decessi a 28 giorni. In sostanza in unquadro settico l’assistenza deve “giocare d’anti-cipo”, per evitare di rincorrere la situazione fun-zionale che può rapidamente sfuggire di mano erendere estremamente più complesso e talora deltutto inefficace anche il più corretto dei tratta-menti integrati che possono essere messi in pra-tica. Le complicazioni sono ovviamente le piùvarie e tra queste particolarmente temibili: • la coagulazione intravascolare disseminata

(CID) – grave stato patologico caratterizzatoda abnormale coagulazione del sangue, cheporta alla presenza disseminata di trombi edemorragie;

• la necrosi tubulare acuta che causa insuffi-cienza renale derivata dall’ipoperfusione deireni;

• la chetoacidosi in soggetti con diabete (6, 7, 8).

IMMUnoGLoBULInE E SEPSI: PERCHé?

Le immunoglobuline del commercio usate pervia endovenosa ad alte dosi rappresentano un pos-sibile ausilio nel trattamento della sepsi. Le im-munoglobuline utilizzabili nella pratica clinica so-no IgG (con l’insieme delle sottoclassi note comeg1, g2, g3 e g4). È importante ricorrere a dosi alteperché, allo stato attuale delle conoscenze, l’effi-cacia dei prodotti con azione immunomodulantedipende dalla quantità di molecole infuse. Nellacomune letteratura si usa l’acronimo IVIG (intraVenous immunoGlobulins), tuttavia risulta piùcorretto l’acronimo IVIgG in quanto nella defini-zione dell’immunoglobulina G si usa la sigla IgGe nei flaconi del commercio ci sono le IgG e nonaltre immunoglobuline se non in quantità trascu-rabili. Con hd che precede IVIgG si intende high

dosage, per specificare che il trattamento non è“sostitutivo”, come accade in corso di a-ipogam-maglobulinemia, ma è di regolazione/modulazio-ne della risposta immunitaria. La domanda cru-ciale che rappresenta la base dei potenziali inter-venti di immunomodulazione riguarda le moda-lità con le quali si attiva il sistema immunitario.Possiamo pertanto semplificare l’iter prendendoin esame quanto si verifica a partire da un focolaioprimitivo d’infezione. Da questo focolaio o portad’ingresso i microrganismi si moltiplicano e sidiffondono nel torrente ematico in gittate succes-sive. Tuttavia l’invasione del circolo ematico nonè sempre necessaria: la diffusione dei prodotti mi-crobici può essere sufficiente ad attivare la rispo-sta del sistema immunitario con imponente rila-scio di citochine infiammatorie (TNF, IL-1, IL-6, IFN-γ, IL-12, IL-8). La sepsi si genera concomplesse interazioni tra i prodotti microbici, i

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globuli bianchi, le citochine e altri fattori umora-li e il coinvolgimento dell’endotelio vascolare. Ilsistema immunitario innato si attiva rapidamente,appena il patogeno supera le barriere anatomichedi difesa. La sua azione coordina i passaggi suc-cessivi della risposta immunitaria definita specifi-ca o adattativa (antigene specifica) e ha un mo-mento critico nella presentazione dell’antigene. Ilprimitivo meccanismo di riconoscimento dell’an-tigene utilizza un sistema di identificazione distrutture comunemente associate a organismi pe-

ricolosi o potenzialmente in grado di provocaredanno.

Le strutture di riconoscimento innato sono iTLR (Toll-like receptor) espressi sulle celluledendritiche, sui macrofagi, sui leucociti neutrofi-li, su alcune cellule epiteliali e dell’endotelio.L’importanza di questi recettori e della rispostaimmunitaria innata è stata una delle conquiste piùimportanti nell’ambito della risposta immunita-ria e proprio quest’anno a tre ricercatori immu-nologi (Bruce Beutler, Jules Hoffman, e RalphSteinman) è stato conferito il premio Nobel. Beu-tler è stato premiato con Hoffmann per aver sco-perto le proteine dei recettori che attivano l’im-munità innata, il primo meccanismo del nostro si-stema di difesa. Steinman è stato premiato per lesue osservazioni sulle cellule dendritiche che re-golano l’immunità adattativa, la fase successivadella risposta di difesa che consente il controllo el’eliminazione dei microrganismi. In particolareBruce Beutler si è occupato del recettore che silega al lipopolisaccaride (LPS), presente su alcu-ni batteri nel loro involucro esterno, e capace dicausare lo shock settico.

Le hdIVIgG sono in grado di svolgere unruolo nel controllo della sepsi (10, 11, 12, 13,14)? Proposte come trattamento adiuvante o in-tegrativo alle usuali procedure esse sono poten-zialmente in grado di ripristinare, almeno in par-te, lo squilibrio che si manifesta nella rispostaimmunitaria in corso di sepsi. Sono stati effet-tuati diversi studi con risultati incoraggianti matalora contraddittori. In realtà sono spesso le ca-ratteristiche delle popolazioni studiate che nonsono facilmente comparabili tra loro (14).

Alcune ricerche, utilizzando preparati arric-chiti con IgA e IgM, sembrano fornire risultatimigliori sul controllo della mortalità e il trenddei migliori risultati ottenuti con arricchimentodi IgM (in confronto alle sole hdIVlgG) può es-sere spiegato con l’osservazione che le IgM so-no la prima linea di difesa anticorpale (specifi-ca) e contengono un maggior numero di anticor-pi con proprietà di opsonizzazione.

Il problema è importante: con la sepsi la vitaè in pericolo e ci si deve chiedere se l’introdu-zione di immunoglobuline ha reale efficacia, te-nuto conto dei costi e del beneficio clinico chene può derivare. Attualmente i dati dimostranoun trend favorevole con un abbassamento dellamortalità, ma non si può affermare che il loro usopossa essere consigliato come routine. Allo sco-po sono in evoluzioni studi che potranno fornirecontributi di chiarezza, ci si augura, a breve ter-mine.

Per la sepsi in età neonatale è stato di recen-te pubblicato un lavoro molto importante dell’I-NIS (international Neonatal immunotherapy

Study Group) che considerando il rischio di mor-talità neonatale per sepsi, indipendentementedall’uso degli antibiotici, ha voluto effettuare unarevisione del problema sull’impiego delle hdI-VIgG. Purtroppo i dati statistici e l’analisi rigo-rosa effettuata non hanno confermato l’utilitàdelle hdIVIgG nel trattamento della sepsi neo-natale. Nella pratica clinica, tuttavia, la disponi-bilità di immunoglobuline IgG (anche e forse so-prattutto con arricchimento IgM) può essere ra-gionevolmente ancora considerata un’ulterioreopzione di garanzia in casi selezionati di shocksettico. Infatti nello studio INIS (comunque rife-rito all’età neonatale) gli autori scrivono: “Inconclusion, we found that the use of polyvalentIgG immune globulin was not associated withsignificant differences in the risk of major com-plications or other adverse outcomes in neonateswith suspected or proven sepsis. The prophylax-is and treatment of neonatal sepsis remain a ma-jor global priority, and there is a need to step up

the testing of promising interventions in large in-ternational trials” (15).

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Bibliografia

Il prof. Giuseppe Luzi e la prof.ssa Roberta Di Rosa, immunologi clinici,

docenti presso la Facoltà di Medicina e Psicologia della “Sapienza”- Uni-

versità di Roma, svolgono la loro attività professionale specialistica come

consulenti di Immunologia Clinica e Medicina Interna presso la BIOS

S.p.A. di Roma, via Chelini 39. Visita su appuntamento.

Info CUP 06 809641

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Attualmente per la diagnosi precoce del can-cro della prostata si esegue il dosaggio del PSAtotale (tPSA) e si tiene sotto controllo l’eventua-le incremento del valore del PSA rispetto al va-lore ottenuto precedentemente (PSA velocity).

Non è detto però che pazienti con un tPSAelevato abbiano un alta probabilità di avere iltumore della prostata, perché si è visto che pos-sono essere affetti da una ipertrofia prostatica.Importante per discriminare un tumore dellaprostata da un ipertrofia è il dosaggio del PSAlibero (fPSA), e del rapporto fra quest’ultimo eil PSA totale.

In particolare quanto più questo rapporto èbasso, tanto più sarà alto il rischio di tumore al-la prostata; viceversa un alto rapporto fra fPSAe tPSA sarà maggiormente indicativo di un’i-pertrofia. È quindi importante tenere sotto con-trollo il valore del tPSA e fPSA.

Dal punto di vista biochimico, il PSA è unaproteina enzimatica che ha la funzione di man-tenere fluido il liquido seminale dopo l’eiacu-lazione, permettendo agli spermatozoi di muo-versi più facilmente attraverso la cervice uteri-na e quindi di arrivare facilmente all’ovulo e fe-condarlo.

Ultimamente è possibile dosare un’altra mo-lecola, il 2pro-PSA, peptide precursore del PSA.

Il dosaggio si deve eseguire tutte le volteche si vuole distinguere il tumore della prosta-ta dalle condizioni prostatiche benigne in uo-mini di oltre 50 anni, e che abbiano valori di

tPSA fra 2.0 e 10.0 ng/ml. La specificità di que-sta indagine sembra essere superiore a quelladel rapporto fra fPSA e tPSA.

Il dosaggio del 2pro-PSA è consigliato inol-tre in quei pazienti sottoposti a biopsie ripetutecon esito negativo ma sospetto, e a coloro chedevono eseguire un programma di sorveglian-za attiva.

Eseguendo contemporaneamente il dosag-gio del tPSA, fPSA e 2pro-PSA, mediante unalgoritmo, è possibile determinare l’indice“phi” (Prostate Health Index) o “Indice di sa-lute prostatica”.

Phi = (2proPSA/PSAlibero)x √ PSA totale(pg/ml)

In letteratura l’incremento del 2pro-PSA edell’indice phi si correla con l’aggressività deltumore, per cui per valori di phi fra 0 e 21 si haun basso indice di rischio; medio per valori fra21 e 40; alto per valori maggiori di 40.

Il dosaggio si esegue su un prelievo di san-gue (come per PSA totale e libero) prima dieventuali manipolazioni prostatiche quali l’e-splorazione digitorettale (DRE), il massaggioprostatico, l’ecografia prostatica trans-rettale ela biopsia prostatica, che possono causare un in-nalzamento dei valori di questi marcatori.

Si consiglia pertanto di osservare un inter-vallo di tempo di 4-6 settimane fra le manipo-lazioni della ghiandola e il prelievo.

2pro-PSA: nUoVI PASSI PER LA DIAGnoSInEL CAnCRo PRoSTATICoClaudia Rossi

Responsabile Reparto di Patologia Clinica BIOS S.p.A.

Il test 2 pro-PSA, eseguibile su un campione ematico può essere effet-

tuato tutti i giorni presso la BIOS S.p.A di Roma, Via D. Chelini 39.

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oATERoSCLERoSI: LA VECCHIAIA è “PRoTETTA”Alessandro Ciammaichella

già Primario Medico Ospedaliero

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È nota da molto tempo la differenza fra Ate-rosclerosi e Arteriosclerosi propriamente detta,anche se spesso le due patologie coesistono. Iltermine Aterosclerosi origina dal vocabolo gre-co “athera” poltiglia: in questi casi, in sala in-cisoria, all’apertura dell’aorta, spiccano multi-ple placche giallastre di aspetto, appunto, comedi poltiglia.

L’Aterosclerosi (AT) ha inizio spesso preco-ce, colpisce più il maschio, è caratterizzata dal-l’ateroma dell’intima, coinvolge grandi e mediearterie, è distribuita a chiazze di leopardo, si ac-compagna a dismetabolismi (diabete mellito,ipertrigliceridemia o/e ipercolesterolemia, iperu-ricemia: è la sindrome plurimetabolica, nota inpassato come 4° classe di Fredrikson delle disli-pidemia) e spesso alla diatesi trombogena. L’Ar-

teriosclerosi invece ha inizio tardivo, colpisceentrambi i sessi, è caratterizzata dalla sclerosidella media, coinvolge anche le piccole arterie,ha distribuzione uniforme, non si accompagna dinorma a dismetabolismi né a diatesi trombogena.

Questa tematica è stata oggetto di un ap-profondito studio – con contributi anatomo-cli-nici anche dal nostro gruppo di ricerca dell’O-spedale San Giovanni, che ne ha riferito nel Con-gresso internazionale di Angiologia a Liegi giànel 1970.

A rimarcare la differenza fra le due suddettepatologie intervengono acquisizioni più squisita-mente fisiopatologiche. Il colesterolo, per esserecaptato dai monociti, deve essere ossidato. Per lacardiopatia ischemica sono pericolose soprattuttole LDL “piccole e dense”, facilmente ossidabili e

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con netta tendenza a infiltrarsi nell’intima. Anchela lipoproteina Lp(a) contribuisce al danno vasco-lare, facilitando la moltiplicazione delle cellulemuscolari lisce della media e l’adesione dei mo-nociti all’endotelio. I monociti sono poi trasfor-mati in macrofagi che formano le “cellule schiu-mose”, la componente peculiare dell’ateroma.

Le piastrine, attivate dalla trombosi, emetto-no pseudopodi con i quali si aggregano tra loro eaderiscono all’endotelio e, nello stesso tempo, li-berano il “fattore mitogeno” che, attraversatol’endotelio, stimola la proliferazione delle cellu-le muscolari lisce della media che, avvenendo insenso concentrico, ne restringe il lume.

Nel “dramma” dell’AT l’attore di primo pia-no è l’endotelio, considerato – per la sua esten-sione – la più grande ghiandola endocrina. L’en-dotelio sano produce sostanze antitrombotiche evasodilatanti, quello alterato (oggi si parla di “di-sfunzione” endoteliale e non più di lesione en-doteliale) sostanze protrombogene e vasocostrit-trici. L’endotelio, alterato dalle citochine in-fiammatorie (specie la IL-6) e dalle molecole diadesione VCAM, ICAM, selectine, integrine,TNF, libera l’endotelina vasocostrittrice. A lorovolta le molecole di adesione interagendo conl’endotelina favoriscono il formarsi dei monoci-ti-macrofagi, la moltiplicazione delle cellule mu-scolari lisce e la formazione dei linfociti T: tuttifattori che contribuiscono alla formazione dellaplacca ateromasica.

Anche i leucociti attivati, con i loro prolun-

gamenti, aderiscono all’endotelio danneggian-dolo fin quasi a distruggerlo. In conclusione,l’endotelio, alterato dall’adesione di piastrine,macrofagi e leucociti, diventa una porta spalan-cata per l’ingresso delle particelle aterogene e,per di più, inibisce la formazione di ossido nitri-co, vasodilatante.

Anche il gene alterato (patogeno) Lox-l,studiato dal gruppo del prof. Novelli del Policli-nico Tor Vergata, interferisce negativamente conl’endotelio mediante numerosi meccanismi. Es-sendo eliminato, oltre che con le urine, anche conla saliva, lo si può facilmente isolare con un “cot-ton fioc” dalla saliva dell’esaminando: la suapresenza depone per un netto rischio di cardio-patia ischemica.

Anche i radicali liberi dell’ossigeno hanno uneffetto devastante sul substrato endoteliale.

Tutto ciò considerato, meditando sui più sva-riati meccanismi fisiopatologici dell’AT soprae-sposti, – e qui torna opportuna la sua distinzionedall’arteriosclerosi propriamente detta – che cosasi può concludere? Semplice: perché si possa in-staurare quel complesso processo ateroscleroticoora illustrato, è richiesta una “vivacità biologica”di tutti i momenti surriferiti. Ma l’invecchiamen-to si caratterizza per un progressivo affievolimen-to di tutte le funzioni organiche, comprese quellecorrelate con l’AT. Ecco il motivo per cui le ter-za età, e ancor più la vecchiaia intesa come formapiù avanzata della senescenza, tende ad essere“protetta” dal processo aterosclerotico.

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Il Servizio Check-up di Bios S.p.A. di Via D. Chelini 39 a Roma si av-

vale delle competenze di medici specialisti nell’area internistica (cardio-

logia, immunologia clinica, allergologia, endocrinologia, broncopneumologia,

clinica medica, infettivologia) e della consulenza di altri specialisti (gineco-

logia, urologia, chirurgia, gastroenterologia, diabetologia, nefrologia, oto-

rinolaringoiatria, radiologia, nutrizionistica) in relazione alle esigenze di

completamento e/o integrazione diagnostica, al fine di ottimizzare un

check-up personalizzato.

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EPIDEMIoLoGIA E PREVEnZIonEonCoLoGICAFabio Romeo

Specialista in Oncologia

La corretta valutazione dell’incidenza, deifattori di rischio e di quelli genetici sullemalattie oncologiche che più frequentemente siriscontrano nel nostro paese, potrebbe aiutarciin una corretta e precoce diagnosi, che comesappiamo, è essenziale per garantire una tem-pestiva cura con alte possibilità di guarigione.

Oggi, stando alle più accurate statistiche, nonesiste tumore che non possa essere curato conaspettative di vita, a volte purtroppo, ancora nonsoddisfacenti. Di contro possiamo ottenere unaguarigione in oltre il 60-70% dei casi quando viè una tempestività nella diagnosi con opportunemodalità e strategie terapeutiche.

Per questo lo studio epidemiologico e l’even-tuale modificazione che può avvenire nel corso de-gli anni a seguito di alterazioni ambientali e di con-seguenza genetiche e/o di abitudini di vita, come ilfumo e il cibo, può aiutare gli specialisti oncologiche si occupano specificatamente di prevenzione aidentificare quella popolazione che più di altre èesposta all’insorgenza di una malattia neoplastica.

Si riportano alcuni cenni epidemiologici sul-le principali neoplasie con particolare riguardoall’attenzione che dobbiamo avere nelle nostreabitudini di vita e ad alcuni segnali che il nostrocorpo ci invia e che meritano un’osservazioneaccurata.

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TUMoRE DEL CAVo oRALE

Rappresenta il 4% dei tumori nell’uomo el’1% nella donna. Sono circa 4000 nuovi casi an-nui in Italia. La percentuale di guarigioni, conuna diagnosi precoce, è altissima.

Alcool e tabagismo sono i maggiori fattori dirischio insieme alla scarsa igiene del cavo orale eai micro-traumi dentari e protesici. Colpisce lalingua, il pavimento della bocca, la mucosa delleguance. Attenzione alle macchie bianche o rosse,ulcerazioni o vegetazioni persistenti, indurimen-to localizzato che insorge vicino a un dente ca-riato o nei punti di appoggio delle protesi.

Indicazione: visita odontoiatrica e pulizia deidenti annuale. Ricorrere alla visita clinica in ca-so di alterazione delle mucose interne. Gli esamistrumentali non sono utili in prevenzione se nonrichiesti dallo specialista.

TUMoRE DEL PoLMonE

In Italia si stimano oltre 250.000 nuovi casil’anno ed è al primo posto fra le cause di mortenegli uomini. I fattori di rischio sono: fumo, at-tivo e passivo, esposizione a cancerogeni am-bientali (amianto, cromo, arsenico, radon, nikel,cloruro di vinile, idrocarburi aromatici policicli-ci…), inquinamento atmosferico (polveri fini).Segni clinici: quadro bronco-pneumonico resi-stente alle usuali terapie, comparsa di tosse per-sistente o modificazioni delle caratteristiche del-la tosse cronica, sangue nell’espettorato e dolo-re toracico persistente.

Indicazione: in questa patologia abbiamo lapossibilità di eseguire una prevenzione primariae secondaria.

Prevenzione pri-

maria è “l’astinenzadal fumo”. È stimatoche l’80% dei casidiagnosticati di tu-more al polmone èdirettamente correla-to al fumo.

Prevenzione secondaria: una visita clinica

annuale con esami ematochimici e, nella popo-lazione a rischio, la TAC HD (Tomografia As-siale Computerizzata ad alta risoluzione) del to-race senza mezzo di contrasto, sono ad oggi gliunici elementi di diagnosi precoce.

TUMoRE DELLA MAMMELLA

In Italia colpisce 1 donna su 10 e nel sessofemminile rappresenta il 25% di tutti i tumori.Il rischio aumenta fin verso i 50 aa., quindi su-bisce una pausa per poi riprendere a crescere,ma con un tasso inferiore dopo l’età della me-nopausa. Il segno iniziale più frequente è la sco-perta di un nodulo mammario palpabile: si pre-senta duro e quasi mai dolente. Altri segni: cu-te a “buccia d’arancio”, retrazione del capezzo-lo, indurimento della mammella, noduli ascel-lari. Non esiste prevenzione primaria. È una pa-tologia familiare ed ereditaria. Studi sono incorso per valutare geneticamente i fattori con-siderati a rischio.

Indicazione: con-sigliata l’autopalpa-zione a cui deve se-guire una visita medi-ca con cadenza an-nuale insieme a unaecotomografia del se-no, in pre-menopausa, e, dopo i 40 aa., con unamammografia ogni 1-2 aa. In post-menopausal’accertamento clinico, ecotomografico e ra-diologico deve essere eseguito annualmente si-no ai 70 aa.

Nelle situazioni a rischio, familiarità e/o pa-tologie mammarie benigne, la valutazione clini-co strumentale consigliata è semestrale alternan-do l’ecotomografia mammaria alla mammogra-fia. Non esistono test ematochimici e/o markerstumorali di diagnosi precoce della patologia on-cologica mammaria.

TUMoRE DEL CoLLo DELL’UTERo

Sono 3.500/anno i nuovi casi in Italia. È piùfrequente nella fascia di età tra i 35 e i 50 aa. La

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causa principale è ilHPV (Papillomavirus):infezione a trasmissio-ne sessuale. Nelle fasiiniziali è asintomatico.La perdita di sanguedopo un rapporto ses-suale o tra un ciclo e l’altro o in menopausa e leperdite vaginali possono essere segni clinici del-la malattia.

Indicazione: consigliata una visita gineco-logica ogni 12-18 mesi con esecuzione del Pap-test nelle donne giovani in premenopausa e,qualora presente l’infezione virale, il test delDNA HPV. Utile sapere che solo 4 ceppi del vi-rus su più di 15 possono dare l’insorgenza di al-terazioni cellulari nell’80% dei casi diagnosti-cati. Si previene con l’uso del profilattico e conla vaccinazione. Quest’ultima è prevista intornoai 12 aa. anche se può essere eseguita sino ai20-25 aa. in soggetti selezionati e che non ab-biano ancora contratto il virus.

TUMoRE DELL’oVAIo

Rappresenta la sesta neoplasia in ordine difrequenza (4% di tutte le neoplasie femminili)e una delle principali cause di morte nel sessofemminile. In Italia la mortalità per carcinomaovarico è di 3.000 decessi l’anno. Quest’eleva-ta mortalità deriva dal fatto che la neoplasia ri-mane silente per un lungo periodo. Arriva sen-za “farsi sentire” e spesso il tumore si scoprecasualmente. Tra i fattori di rischio va consi-derata la predisposizione familiare mentre al-lattamento al seno e pillola sono da annovera-re tra gli alleati preziosi per la prevenzione. Perquanto concerne lo screening, a differenza diquanto accade con il Pap-test nei confronti deltumore del collo del-l’utero, a tutt’oggi nonè disponibile un validometodo di screening dimassa per una diagno-si precoce di carcino-ma ovarico.

Indicazione: una visita ginecologica accu-rata ed effettuata con regolarità rimane ancoraoggi il metodo migliore per lo screening delcarcinoma ovarico. L’ecografia addominale eancor più quella transvaginale hanno dato ot-timi risultati in prevenzione.

TUMoRE DELLo SToMACo

Colpisce ogni anno circa 20.000 persone inItalia. Una dieta ricca di amidi, grassi e cibi af-fumicati o salati ne può favorire l’insorgenza, co-sì come l’eccessivo consumo di alcool e fumo.

Ha assunto importanza di rilievo, il ruolosvolto dall’Helicobacter pylori, un batterio re-sponsabile anche dell’ulcera gastrica e duodena-le. Sintomi come la nausea, difficoltà di dige-stione, mancanza di appetito o difficoltà a man-giare e dimagrimento non voluto sono sintomicomuni a molte patologie della prima via dige-stiva ma, anche, di malattia neoplastica.

Indicazione: una visita clinica gastroente-rologica ed eventuale esecuzione di una esofa-gogastroduodenoscopia sono gli esami da ese-guire in corso di sintomatologia specifica. Uti-le l’ausilio degli esami di laboratorio volti al ri-lievo di una anemizzazione progressiva e a vol-te asintomatica. Un’alimentazione di tipo me-diterraneo sembra avere un effetto protettivocosì come l’astinenza dal fumo di sigaretta.

TUMoRE DEL FEGATo

Ogni anno 5000nuovi casi vengonodiagnosticati in Italia.Fattori di rischio sonole infezioni epatiche,specialmente le epatitidi tipo B e C, e l’abusodi alcool. Nelle fasi iniziali è silente. Quando sidiffonde compaiono dolore alla parete superioredell’addome che si può irradiare anche al dorsoe alle spalle; l’ingrossamento del ventre, la per-dita di appetito e di peso, la nausea, il vomito, ilsenso di sazietà, la stanchezza, l’ittero, la colo-

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razione bruna delle urine con feci bianche, la feb-bre e l’edema agli arti inferiori sono i sintomi piùfrequenti.

Indicazione: la prevenzione in questa patolo-gia è di tipo individuale e alimentare. L’astinenzadall’abuso di alcool e un’alimentazione mediter-ranea sicuramente aiutano la preservazione del-l’intossicazione epatica. La trasmissione del virusdell’epatite B e C è di tipo ematologico e sessua-le. L’uso del profilattico è consigliabile.

La diagnosi in fase iniziale, essendo la ma-lattia asintomatica, è quasi sempre casuale in cor-so di accertamenti per altri motivi. Il consiglio,dettato più dal buon senso che suffragato da sta-tistiche scientifiche, è l’esecuzione di una visitaclinica e anamnestica accurata con l’ausilio degliaccertamenti di laboratorio volti al rilievo dieventuali pregresse epatiti e della funzionalitàepatica con ecotomografia addominale.

TUMoRE DEL PAnCREAS

Ogni anno in Italia si ammalano circa 6000persone e questo numero è in continua crescita.Fattori di rischio sono il diabete non insulino di-pendente che si manifesta dopo i 45 aa, la pan-creatite cronica e alcune malattie genetiche. L’a-bitudine al fumo e l’uso – abuso – di alcoolicisono fattori predisponenti. In fase precoce, pur-troppo, non dà segni particolari. Quando la ma-lattia è estesa, possono manifestarsi perdita di pe-so e di appetito, ittero, dolore localizzato all’ad-dome superiore o medio spesso irradiato al dor-so, astenia, nausea e vomito.

Indicazione: come nel tumore del fegato ladiagnosi precoce è del tutto casuale. Anche inquesto caso valgono le indicazioni del buon sen-so con una visita clinica annuale con test di la-boratorio generici (funzionalità epatica, ecc.) euna ecotomografia addominale. Valida è una ali-mentazione ricca di verdura e frutta.

TUMoRE DEL CoLon-RETTo

Ogni anno in Italia si ammalano 34.000 per-sone. Di queste circa 17.000 muoiono. È una

patologia più frequente nell’età superiore ai 50aa. I fattori di rischio sono di natura alimentare(sovrappeso, dieta ipercalorica, consumo digrassi animali e carni rosse), lesioni precance-rose (adenomi), elementi familiari ed ereditari emalattie infiammatorie croniche dell’intestino.I sintomi precoci sono: astenia, perdita di san-gue con le feci, gonfiore addominale, modifi-cazioni delle abitudini intestinali con alternan-za di stipsi e diarrea.

Indicazione: è consigliabile eseguire una ret-tosigmacolonscopia dopo i 50 aa. È stimato chese la popolazione eseguisse questo esame la dia-gnosi di tumore del colon-retto si abbatterebbedel 50% con conseguente diminuzione dellamortalità. Utili sono gli esami di laboratorio nelrilievo di un’anemia non correlata allo stato dibenessere.

Una dieta bilancia-ta e ricca di verdura efrutta, limitata nell’usodella carne, povera digrassi, sale e conser-vanti contenenti nitratisono sicuramente le in-dicazioni alimentari da seguire.

MELAnoMA

Si diagnosticano circa 6.000 nuovi casi l’an-no in Italia e il melanoma rappresenta 1-2 % ditutti i tumori maligni, con circa 1.500 morti.Maggior frequenza tra i 25 e i 65 aa. Fattori di ri-schio: la familiarità per melanoma, presenza dinumerosi nevi sulla pelle, pregresse scottaturesolari nell’infanzia e nell’adolescenza.

Asintomatico se non nelle fasi metastatichedove la sintomatologia è la più variabile a se-conda dell’organo colpito.

Indicazione: atten-zione alla comparsa dinuovi nevi in età adul-ta, asimmetria del nevo,bordi frastagliati, coloripolicromatici (nero,marrone scuro, rosa e

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rossastro) con dimensioni superiori ai 6 mm conevoluzione progressiva.

La prevenzione è solo primaria con la prote-zione dai raggi ultravioletti in quanto quest’ulti-mi sono la causa di insorgenza di alcune forme dimelanoma. Si può prevenire con una visita der-matologica annuale. Non esistono accertamentistrumentali e biochimici di prevenzione.

TUMoRE DEL REnE

Ha un’incidenza in Italia di circa 6000 nuo-vi casi all’anno. Il fumo del tabacco aumental’insorgenza. Asintomatico nella maggior par-te dei casi. La comparsa di ematuria macro-scopica (sangue nelle urine) è un sintomo di al-larme che necessariamente richiede un’ecogra-fia renale.

Indicazione: non è possibile prevenirlo, senon evitando i fattori di rischio come il fumo disigaretta. Permangono il buon senso del medicocon una visita clinica annuale che può eviden-ziare un’alterazione renale, accertamenti biochi-mici, volti a valutare un’alterazione della fun-zionalità renale e una progressiva anemia a se-guito di ematuria microscopica e perciò non vi-sibile all’occhio umano e, come già detto, unaecografia addominale.

TUMoRE DELLA PRoSTATA

Ogni anno in Italia oltre 20.000 uomini siammalano di questa patologia. Se localizzato èun tumore silente e non sono presenti sintomi.Una difficoltà nella minzione con alterazione delflusso, del getto e del tempo alla fuoriuscita diurina possono essere sintomi correlati a un’iper-trofia prostatica (aumento del volume della

ghiandola) e/o a unprocesso neoplastico.

Indicazione: laprevenzione inizia nor-malmente dopo i 50 aa.Sottoporsi a visita cli-nica con palpazionedella prostatica e l’esecuzione di un’ecografiatrans-rettale sono ad oggi gli strumenti più ef-ficaci. Il dosaggio del PSA non è più usato nel-la diagnosi precoce in quanto il test non è at-tendibile nella valutazione del tumore prosta-tico nelle fasi iniziali se non in una casistica se-lezionata.

Per prevenirlo servono attività fisica, ridu-zione del peso corpo e una alimentazione equili-brata ricca di fibre.

TUMoRE DEL TESTICoLo

È un tumore raro; meno dell’1% di tutti i tu-mori del maschio. Colpisce soprattutto giovaniuomini con maggior incidenza tra i 18 e i 40 aa.È guaribile nella quasi totalità dei casi diagno-sticati in fase iniziale e nell’80-90% di quelliavanzati. La mancata discesa del testicolo allanascita (criptorchidismo) è una causa predispo-nente. Non vanno sottovalutati i traumatismi ri-petuti al testicolo come causa anch’essa favo-rente l’insorgenza del tumore. Asintomatico nel-le fasi iniziali viene rilevato come un nodulo du-ro e generalmente insensibile all’interno del te-sticolo.

Indicazione: l’autopalpazione, consigliatadopo i 14 aa, è il metodo migliore per una dia-gnosi precoce. Il medico non può esimersi di ese-guirla in un giovane uomo eventualmente asso-ciata a una ecotomografia scrotale.

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Lo STREPToCoCCo AGALACTIAE EL’InFEZIonE nEonATALE

Lo Streptococco beta emolitico di gruppo B,classificato come Streptococco Agalactiae, è uncocco Gram positivo. È molto diffuso in natura ecostituisce gran parte della popolazione micro-bica normale orale e faringea, e può essere rin-venuto lungo tutto il tratto intestinale, nonché alivello vaginale e cutaneo. Nel neonato lo SGB èconsiderato il principale responsabile di gravi in-fezioni batteriche verticali, infatti risulta al primoposto tra gli agenti causa di meningiti e settice-mie nei primi mesi di vita. Per questo negli annisono state proposte numerose strategie e proto-colli di prevenzione grazie ai quali l’incidenzadella malattia, almeno per quanto riguarda la suaforma precoce (Early Onset Disease), e la mor-talità a essa correlata, sono state fortemente ri-

dotte. È ormai ben documentato che la trasmis-sione dalle madri portatrici al neonato si verificain utero per via ascendente (nel 29-72% dei ca-si) per risalita del SGB dalla vagina alla cavitàuterina, in prossimità o durante il parto. Fortu-natamente la percentuale di malattia neonataledopo trasmissione del patogeno è relativamentebassa. Con l’introduzione della profilassi anti-biotica intrapartum, la possibilità di trasmissionesi è ulteriormente ridotta.

Colonizzazione materna Lo SGB è un costituente comune della mi-

croflora genitale, con serbatoio primario localiz-zato nel tratto gastrointestinale inferiore, da cuipuò colonizzare a intermittenza le vie genitali ourinarie. La colonizzazione vaginale della gravi-da è il prerequisito per la trasmissione madre-neonato dell’infezione precoce. Negli Stati Uni-

InFEZIonE nEonATALE DA SGB: VALUTAZIonE DI Un PRoToCoLLo PER LA PREVEnZIonEDanila D’Onofrio, Francesco Saverio Biagiarelli, Alberto Maione, Michele Stegagno

Facoltà di Medicina e Psicologia, “La Sapienza” – Università di RomaOspedale San Pietro – Fatebenefratelli

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IMPA

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ti lo SGB viene isolato nel 10-40% delle gravide,mentre in Europa la colonizzazione sembra me-no frequente (1,5-30%). Popolazioni apparte-nenti a etnie diverse hanno differenti frequenzedi colonizzazione. Ad esempio, studi trasversalistatunitensi hanno dimostrato che la frequenza èpiù alta nelle donne ispaniche, caraibiche o afro-americane rispetto alle bianche o alle asiatiche.La colonizzazione generalmente non producesintomi e può essere continua, transitoria o in-termittente. Il terzo inferiore della vagina (in-troito vaginale) è la sede che permette di identi-ficare il maggior numero di portatrici. Quantopiù le colture sono raccolte in prossimità del par-to, tanto più concordano con la colonizzazioneal momento del travaglio.

Colonizzazione neonatale Dal 40 al 73% (valori medi del 50%) dei na-

ti da madri colonizzate in sede genitale si colo-nizza sulle mucose nelle prime ore di vita. Il ri-schio è maggiore se la carica materna è più alta,mentre il trattamento antibiotico durante il tra-vaglio, specialmente se viene iniziato almeno 4ore prima del parto, lo minimizza. Il taglio cesa-reo elettivo in assenza di travaglio e con mem-brane integre non si associa a colonizzazioneneonatale e presumibilmente nemmeno a infe-zione. Il neonato viene colonizzato all’internodell’utero o durante il parto.

FATToRI DI RISCHIo PER L’InFEZIonEnEonATALE

La probabilità di trasmissione dell’infezioneal neonato è condizionata dalla colonizzazionevaginale, particolarmente se questa è densa.

In aggiunta, 5 condizioni ostetriche si asso-ciano strettamente all’infezione precoce: 1) il travaglio o la rottura di membrane prima del

termine (< 37 settimane), con rischio inversa-mente proporzionale all’età gestazionale;

2) la rottura prolungata delle membrane(PROM) (cioè la rottura che precede di oltre18 ore il parto);

3) la febbre in travaglio (T° ≥ 38°) non giustifi-

cata da affezioni extrauterine, che può esserl’espressione di una corioamnionite;

4) la batteriuria da SGB in gravidanza, markerdi colonizzazione genitale;

5) l’avere avuto in precedenza un nato affettoda infezione invasiva da SGB.Nel neonato l’infezione da SGB può essere

di due tipi. La forma precoce (cosiddetta “early-onset” o EOD) si trasmette per via verticale e simanifesta durante la prima settimana di vita, ge-neralmente con esordio dei sintomi entro le pri-me 12 ore di vita.

La modalità di trasmissione della EOD è ge-neralmente ascendente, per aspirazione fetale diliquido amniotico contaminato ed esiste una re-lazione fra la durata della rottura delle membra-ne e il rischio di infezione. L’infezione precoce èfrequentemente associata a complicazioni oste-triche materne e può essere prevenuta attraversola somministrazione di antibiotici in travaglio(chemoprofilassi intrapartum o IAP).

Ricordando che le madri colonizzate sonocirca il 30% e che i neonati vengono colonizzatiin circa il 50% dei casi, solo l’1-2% va incontroa infezione precoce (EOD) con una mortalitàcomplessiva che negli anni ’70 era compresa trail 20 e il 50% mentre oggi è tra il 5 e il 10%. Ineonati infetti potranno essere del tutto asinto-matici (98%) o presentare diversi quadri clinicidi infezione (2%).

La seconda modalità di infezione è quellatardiva (cosiddetta “late-onset” o LOD) checompare dai 7 ai 90 giorni di vita (I° settimana-III° mese), generalmente con un acme alla finedel primo mese o l’inizio del secondo. Dà luogoa meningiti, sepsi senza focus o più raramente ainfezioni focali (a carico delle ossa, delle artico-lazioni, dei tessuti molli, ecc.).

DIAGnoSI

I sintomi dell’infezione neonatale da SGBpossono essere poco specifici, sovrapponibili aquelli di malattie metaboliche, immaturità pol-monare, cardiopatie congenite, patologie del si-stema nervoso centrale o di altre infezioni batte-

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riche o virali: difficoltà respiratoria, colorito gri-giastro, irritabilità, difficoltà di alimentazione,febbre o ipotermia, apnea, letargia, bradicardia,convulsioni.

La diagnosi di infezione invasiva viene po-sta in caso di positività delle colture ottenute daliquidi corporei normalmente sterili (sangue, li-quor, liquidi prelevati da cavità sierose), mentrel’isolamento del germe da cute o superfici mu-cose (essudato auricolare, congiuntivale, nasofa-ringeo) è indice di colonizzazione e pone quindiil sospetto, ma non accerta l’infezione. Utili so-no le alterazioni nella conta dei globuli bianchi,come leucocitopenia, neutropenia assoluta, leu-cocitosi con neutrofilia. Il marker di laboratoriopiù affidabile è il rapporto neutrofili immaturi/to-tali (> 0,2), la cui lettura è però influenzata dal-l’esperienza dell’operatore. La proteina C reatti-va (PCR) è un indice aspecifico di risposta in-fiammatoria, non è un marker d’infezione pre-coce: deve essere ricercata dopo 18-24 ore dalpossibile momento di contaminazione per evita-re falsi-negativi e può documentare la rispostaalla terapia antibiotica, guidarne la durata e for-nire informazioni prognostiche.

Per una diagnosi rapida di infezione può ri-cercarsi il polisaccaride dello streptococco B tra-mite anticorpi legati a particelle di latex. La de-terminazione può essere eseguita su sangue, li-quor o urina e non è influenzata da un’eventualeterapia antibiotica. La massima sensibilità si ot-tiene quando il test è eseguito su liquor (identifi-ca il 72-89% dei nati con meningite). In caso dipositività del solo test urinario occorre però cau-tela nel porre diagnosi di infezione, a meno chela raccolta non sia avvenuta in condizioni di ri-gorosa sterilità, perché è frequente la contami-nazione dei contenitori con germi di provenien-za cutanea o mucosa.

TERAPIA

La terapia antibiotica in caso di sospetta in-fezione precoce (EOD) deve iniziare con l’asso-ciazione di ampicillina ed aminoglicoside, chegarantisce una copertura contro la maggior par-

te dei patogeni e un effetto battericida sinergicocontro lo streptococco.

In caso di sospetta meningite le dosi di am-picillina vanno raddoppiate, per ottenere la steri-lizzazione del liquor nel minor tempo possibile.

Confermata l’infezione da streptococco e vi-sionato l’antibiogramma, la terapia può essereproseguita con la sola penicillina G, che rimanel’antibiotico di prima scelta.

Tutti gli sforzi devono tendere a impedire latrasmissione verticale dell’infezione prima delparto e ciò è possibile oggi solo con la sommini-strazione alla madre di antibiotici che neutraliz-zano in tempi brevi gli SGB con un’azione di ti-po battericida. Gli antibiotici utilizzati sono sta-ti la penicillina e, più recentemente, l’ampicilli-na o l’amoxicillina per i seguenti motivi: a) passano la barriera placentare e possono pro-

teggere direttamente il feto, raggiungendo li-velli battericidi entro 30 minuti dalla sommi-nistrazione e consentendo buoni livelli anchenel liquido amniotico;

b) sono efficaci, almeno in vitro, sulla totalitàdei ceppi;

c) sono farmaci che non presentano controindi-cazioni assolute, né per la madre né per il feto;

d) hanno costi decisamente modesti.Tutte le donne in gravidanza dovrebbero es-

sere sottoposte alla 35°-37° settimana di gesta-zione a un esame colturale, mediante l’esecuzio-ne di tampone vaginale-rettale, per la ricerca del-lo Streptococco di Gruppo B.

SCoPo DELLo STUDIo

1. Valutare le caratteristiche epidemiologichedella colonizzazione materna/infezione neo-natale da SGB e l’applicazione di un proto-collo per la prevenzione della trasmissionedell’infezione da SGB nel neonato.

2. Valutare l’efficacia del protocollo nell’indi-viduazione dei neonati a rischio di infezione,riducendo al contempo il numero di indaginidi laboratorio, dei prelievi nei neonati e lafrequenza di terapie antibiotiche non neces-sarie.

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CAMPIonAMEnTo

Sono stati studiati 1.900 neonati (M53%;F47%), di età gestazionale media di 39,07±1,42settimane (34-43 settimane), con peso alla na-scita medio di 3230±430 gr (1930-4740 gr), na-ti da n. 1873 gravidanze, di cui 1847 singole(97,6%), 25 bi-gemellari (1,35%) e 1 tri-gemel-lare (0,05%), afferenti al reparto di Neonatolo-gia e Terapia Intensiva Neonatale dell’OspedaleSan Pietro-Fatebenefratelli di Roma, nel perio-do compreso tra marzo 2008 - giugno 2008 e di-cembre 2008 - maggio 2009 (Tab 1).

Sono state inoltre studiate le rispettive 1.873madri delle quali italiane 1.564 (83,5%) e stra-niere 309 (16,5%), ricoverate nei 3 reparti diostetricia del medesimo ospedale, che hanno par-torito spontaneamente o sono state sottoposte ataglio cesareo rispettivamente nel 59% e 41% deicasi (Tabb. 2 e 3).

MATERIALI E METoDI

Ogni gestante è stata sottoposta a una stra-tegia di profilassi per la prevenzione della tra-smissione verticale dello SGB secondo le lineeguida del CDC del 2002. Per il neonato è stataapplicata una strategia di comportamento se-condo una proposta di algoritmo di gestione(Fig. 1).

Per ogni neonato è stata, quindi, compilatauna scheda di raccolta dati.

Profilassi materna: è stato promosso l’uti-lizzo di uno “screening-based approach” che pre-vedeva la ricerca dello SGB mediante tamponevaginale-rettale tra le 35-37 settimane di età ge-stazionale e la somministrazione di antibiotico pro-filassi in travaglio (IAP) alle donne colonizzatedallo SGB o con batteriuria da SGB o con prece-dente figlio affetto da malattia invasiva da SGB.

Per le donne non sottoposte a screening col-turale al termine della gravidanza è stato sugge-rito il “risk-based approach” con somministra-zione della IAP alle sole donne con fattori di ri-schio (FR): rottura prolungata delle membrane

(PROM) > 18 ore; febbre materna > 38 °C in tra-vaglio; parto pretermine (< 37 settimane di etàgestazionale).

Algoritmo di gestione del neonato: neineonati sintomatici è stata eseguita una valuta-zione immediata e completa comprendenteemocromo con formula leucocitaria, ProteinaC Reattiva (PCR), emocoltura, seguita dall’i-nizio di una terapia antibiotica: ampicillina peros. o ampicillina associata a un aminoglicosidee.v.

I neonati asintomatici con fattori di rischiocon IAP non eseguita o inadeguata sono statisottoposti a valutazione per sepsi di 1° livellocomprendente emocromo e PCR a 12-36 oredalla nascita (12-24 ore dalla nascita per EG <37 settimane; 24-36 ore per EG ≥ 37 settima-ne). Nelle coppie madre/neonato di fronte a ne-gatività della valutazione di 1° livello venivaproseguita l’osservazione clinica, mentre in ca-so di positività si procedeva, nell’eventualità diparticolare alterazione degli indici di flogosi,all’esecuzione dell’emocoltura e all’inizio inogni caso di una terapia antibiotica con penicil-lina ad ampio spettro per os o e.v. associata omeno a un aminoglicoside a seconda del livel-lo di rischio e della gravità del quadro labora-toristico.

La radiografia del torace e la puntura lomba-re non sono state eseguite routinariamente ma,solo laddove ritenute opportune perché indicatedalla sintomatologia.

I neonati asintomatici con fattori di rischio, masottoposti a IAP adeguata e i neonati asintomaticisenza fattori di rischio sono stati sottoposti alla so-la osservazione clinica serrata per 72 ore.

Scheda raccolta dati: per ogni neonato sonostati raccolti i dati relativi alla provenienza ma-terna e all’esecuzione dello screening colturalematerno, presenza di fattori di rischio, modalitàdel parto, esecuzione della IAP, eventuali sinto-mi e loro epoca di comparsa, esito della valuta-zione per sepsi, eventuale terapia antibiotica edesito finale (FR: fattori di rischio).

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Tab. 1 - Caratteristiche dei neonati studiati

Sesso(n.)

Gemellarità(n.)

Età gestazionale(sett.)

Peso alla nascita(gr)

Maschi 1.007(53%)

27(2,7%)

39,07 ± 1,42(34-43)

3.229 ± 420 (1.930-4740)

Femmine893

(47%)26

(2,9%)39,06 ± 1,42

(34-43)3.230 ± 420

(1.930-4.740)

ToTALE1.900

(100%)53

(2,8%)39,06 ± 1,42

(34-43)3.230 ± 430

(1.930-4.740)

Tab. 2 - Principali caratteristiche delle 1.873 madri studiate

Gravidanza Tipo di parto

Singola Gemellare PSTC a sacco

integroTC con rottura

membrane

Italiane1.564

(83,5%)1.542

(98,6%)22

(1,4%)903

(57,8%)495

(31,6%)166

(10,6%)

Straniere309

(16,5%)305

(9,9%)4

(1,3%)204

(66%)67

(21,7%)38

(12,3%)

ToTALE1.873

(100%)1.847

(98,5%)26

(1,4%)1.107

(59,1%)562

(30%)204

(10,9%)

Tab. 3 - Modalità del parto in base alla provenienza materna

Tipo di parto

PSTC

a sacco integroTC

con rottura membrane

Italia/EuropaOccidentale

1.564 903

(57,7%)495

(31,6%)166

(10,6%)

Est-Europa 182116

(63,7%)39

(21,4%)27

(14,9%)

Sud-America 5438

(70,4%)11

(20,4%)5

(9,2%)

Asia 4028

(67,5%)8

(22,5%)4

(10%)

Africa 3322

(67%)2

(6%)9

(27%)

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AnALISI STATISTICA

L’analisi statistica è stata eseguita mediante ilsoftware SPSS 10.1 per PC.

I dati sono stati espressi come media ± de-viazione standard.

Per valutare le associazioni fra frequenze divariabili qualitative è stato usato il test del χ2.

I valori di significatività statistica sono staticonsiderati per p < 0,05.

RISULTATI

Relativamente alle misure preventive di com-petenza ostetrico-ginecologica sono state valutate

nella popolazione di 1.873 donne prese in esame:• l’esecuzione e l’esito di esecuzione dello

screening colturale materno;• l’esecuzione, l’adeguatezza e l’appropriatez-

za della profilassi antibiotica intrapartum.Delle 1.873 gravidanze prese in esame, sono

nati 1.900 bambini; infatti, 25 gravidanze eranobigemellari e una trigemellare.

Nell’ambito dell’intera popolazione delle n.1.873 donne studiate, 1.493 (79,7%) sono statesottoposte nel corso della gravidanza allo scree-ning colturale mediante l’esecuzione di un tam-pone vagino-rettale per la ricerca dello SGB. Diqueste 125 (8,4 %) presentava una positività perSGB (Tab. 4).

Fig. 1 - Algoritmo per la gestione del neonato*FR = fattori di rischio

NEONATO

SINTOMATICO

Emocromo/striscio + PCR + Emocoltura+ Rx torace e PL se necessario

Terapia antibiotica(Ampicillina + Aminoglicoside)

ASINTOMATICO

- Tampone v/r materno NEGATIVO- Tampone v/r materno SCONOSCIUTO

in assenza di FR: EG < 37 sett.PROM > 18 oreFebbre materna intrapartum > 38°C

- TC programmato in assenza ditravaglio o rottura membrane(anche se tampone POSITIVO)

Osservazione per 48-72 ore

- Tampone v/r materno POSITIVO per SGB- Batteriuria da SGB- Precedente figlio con malattia da SGB- Tampone v/r materno SCONOSCIUTO con FR:

EG < 37 sett.PROM > 18 oreFebbre materna intrapartum > 38°C

IAP SI IAP NO oInadeguata

(1 dose e parto < 1h o > 4h;Più dosi e parto dopo 4 hdall’ultima)

EG > 37 sett. EG < 37 sett. EG > 37 sett. EG < 37 sett.

Osservazione per 48-72 ore

Emocromo/striscio + PCRa 24 ore

Emocromo/striscio + PCRa 24/36 ore

Emocromo/striscio + PCRa 12 – 24 ore

Pos Neg

Osservazioneper 48-72 ore

Pos Neg

Emocoltura +Terapia antibiotica

con Ampicillina(associare aminoglic.Se FR non per SGB)

Osservazioneper 48-72 ore

PROTOCOLLO DI PREVENZIONE DELL’INFEZIONE NEONATALE DA SGB

Emocoltura +Terapia antibiotica

con Ampicillina(associare aminoglic.Se FR non per SGB)

NegPos

Osservazioneper 48-72 ore

Emocoltura +Terapia antibiotica

con Ampicillina(associare aminoglic.Se FR non per SGB)

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Delle 380 donne alle quali non sono stati ef-fettuati tamponi vagino-rettali per la ricerca diSGB, 132 (34,7%) sono state sottoposte a tagliocesareo d’elezione e la non effettuazione deltampone deve intendersi probabilmente comeuna scelta clinica del ginecologo che rispetta co-munque in maniera adeguata le linee guida delCDC del 2002.

Delle restanti 248 donne che non hanno ese-guito il tampone vagino-rettale in gravidanza, eche quindi, se portatrici di SGB, erano a rischiodi trasmettere l’infezione al neonato, 203(53,4%) hanno effettuato un parto spontaneo,mentre 45 (11,9%) sono state sottoposte a tagliocesareo dopo rottura delle membrane (Tab. 5).

Se questa popolazione viene ulteriormentesuddivisa in base alla provenienza delle gestanti(italiane e dell’Europa Occidentale vs quelle del-l’Europa Orientale, Africa, Asia e Sud America),si può osservare come 125 (50,4%) erano italia-ne/Europa Occidentale e 123 (49,6%) straniere.Tenendo conto che la percentuale di donne di ori-gine straniera nella popolazione studiata è del16,5% (309 donne), la valutazione della percen-tuale di donne che non hanno eseguito i tampo-ni vagino-rettali in gravidanza questa risulta es-sere più frequente, in maniera statisticamente si-gnificativa (p=0,001), nella popolazione delledonne di origine straniera. Risulta evidente co-me in queste gestanti l’esecuzione dei tamponivagino-rettali venga effettuata molto meno fre-quentemente. Questo dato è da riferire presumi-bilmente a fattori socio-economici, a stati diclandestinità e mancato controllo regolare dellegravidanze che più frequentemente si registra perla popolazione di donne straniere (Tab. 6).

Delle 125 donne che risultavano positive aitamponi vagino-rettali per lo SGB, 86 (68,8%)hanno effettuato una profilassi intrapartummentre 39 (31,2%) non l’hanno eseguita. Diqueste ultime 21 sono state sottoposte a tagliocesareo di elezione, seguendo quindi in manie-

Tab. 4 - Esecuzione dello screening colturale ma-terno nelle popolazioni di donne studiate

Donne totali1.873

(100%)

Donne con tampone effettuato1.493

(79,7%)

Donne con tampone non effettuato380

(20,3 %)

Donne con tampone positivo125/1.493

(8,4%)

Tab. 5 - Donne con tampone non eseguito

PS TC Con RoTTURA DELLE MEMBRAnE

TC D’ELEZIonE (rottura dellemembrane intrapartum)

203(53,4%)

45(11,9%)

132(34,7%)

Tab. 6 - Donne che non hanno eseguito i tamponi suddivise in base alla provenienza *Sono state escluse le 132 donne che, non avendo effettuato tamponi, sono state sottoposte a tagliocesareo a membrane integre.

Totale gestanti Tamponi non effettuati (%)

Italiane 1.564 125 8

Straniere 309 123 39,1

ToTALE 1.873 248* p=< 0,001

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ra corretta le linee guida CDC 2002 (Tab. 7).Nelle restanti 18 donne positive per lo SGB(14,4% di tutte le gestanti positive) la IAP nonè stata effettuata oppure è stata eseguita in ma-niera inadeguata.

Delle 86 donne che hanno eseguito una IAP,57 l’hanno eseguita in maniera adeguata mentre29 in maniera non adeguata. La profilassi è ade-guata se viene somministrata una dose di anti-biotico (ampicillina) un’ora prima del parto e seil parto si espleta entro le 5 ore. In caso di trava-glio prolungato, la somministrazione di antibio-tico deve essere ripetuta ogni 4 ore, con il partoche si esplica a non più di 4 ore dall’ultima som-ministrazione (Tab. 8).

Dei 1.900 neonati da 1.873 gravidanze dellequali 25 gemellari e 1 trigemellare, 98 (5,2%) so-no stati sottoposti a valutazione di primo livelloper sepsi (emocromo+PCR). Di questi 86 sonostati valutati perché presentavano fattori anamne-stici positivi (tamponi vagino-rettali positivi, IAPnon effettuata o inadeguata o tamponi non eseguitie fattori di rischio positivi quali la prematurità,PROM > 18 ore e febbre materna intrapartum), 11per sintomatologia indicativa e 1 per precauzionein quanto era un gemello nato da parto trigemel-lare e i cui gemelli avevano presentato sintoma-tologia sospetta per sepsi (Tab. 9).

Degli 86 neonati valutati per fattori anamne-stici, 49 sono nati da madre con tamponi vagino-rettali positivi che non hanno eseguito IAP ol’hanno eseguita in maniera inadeguata, 1 è nato

da madre con tamponi sconosciuti e febbre in-trapartum, 18 sono nati da madri con tamponisconosciuti ed EG< 37 settimane e 18 sono natida madri con tamponi sconosciuti e PROM > 18ore. 24 hanno presentato alterazioni degli indicidi flogosi (PCR > 5mg/dl) e/o alterazioni dell’e-same emocromocitometrico (leucopenia o leu-cocitosi neutrofila) (Tab. 10).

Dei 49 neonati da madre con tamponi positi-vi per SGB, 20 non avevano eseguito la IAP e 29avevano eseguito una IAP inadeguata. Del pri-mo sottogruppo 3 sono risultati positivi alla va-lutazione di primo livello per sepsi, mentre nelsecondo sottogruppo sono risultati positivi in 11per un totale di 14 neonati positivi. L’unico casodi febbre intrapartum è risultato negativo alla va-lutazione di primo livello.

Dei 18 con EG < 37 settimane, 4 sono risultatipositivi alle indagini infettivologiche di primo li-vello e 12 negativi. Dei neonati da parto con PROM> 18 ore,12 sono risultati negativi e 6 positivi alloscreening infettivologico di primo livello.

L’emocoltura non è stata effettuata routina-riamente prima dell’inizio della terapia antibio-tica in questi bambini. Negli 8 casi nei quali èstata effettuata per esami ematologici o emato-chimici particolarmente alterati sono tutte risul-tate sterili. In tutti i 24 casi è stata intrapresa unaterapia antibiotica con risoluzione completa delquadro flogistico.

Gli 11 neonati sottoposti a indagini di scree-ning di primo livello per sintomatologia sospet-

Tab. 7 - Donne con tampone positivo* 21 hanno eseguito un taglio cesareo di elezione

IAP eseguita IAP non eseguita

86(68,8%)

39(31,2%)

Tab. 8 - Donne con tampone positivo e IAP eseguita

IAP adeguata IAP non adeguata

57 29

Tab. 9 - neonati sottoposti a valutazione per sepsi

VALUTAZIonE EFFETTUATA PER

Presenza fattori di rischio anamnestici 86

Sintomatologia 11

Altri motivi 1

ToTALE98/1.900 (5,2%)

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ta di sepsi sono risultati in ogni caso positivi peralterazioni degli indici di flogosi e alterazionidell’esame emocromocitometrico (leucocitosi oleucocitopenia talvolta associata a presenza dipolimorfonucleati non segmentati). L’emocoltu-ra che è stata effettuata in tutti gli 11 neonati pri-ma della somministrazione degli antibiotici è ri-sultata positiva per SGB in 3 casi.

Nell’anamnesi di questi 11 neonati in 10 ca-si i tamponi vagino-rettali erano negativi perSGB mentre in 1 caso non erano stati effettuati,ma non erano presenti ulteriori fattori di rischio.

Tra questi neonati ci sono 2 parti gemellari(uno bigemino e uno trigemino: il terzo gemellodi quest’ultima gravidanza è stato sottoposto aun’indagine di laboratorio per screening di primolivello che è risultato negativo).

In tutti questi neonati è stata instaurata unaterapia antibiotica dopo l’effettuazione del pre-lievo per emocoltura che è poi risultata positivaper SGB in 3 casi.

In 10 di questi bambini la terapia antibioticaha permesso di risolvere la sintomatologia clini-ca e la normalizzazione del quadro ematologicoed ematochimico. Un caso si è risolto con il de-cesso del bambino in quinta giornata.

In tutti i neonati arruolati nello studio (1900)si sono osservati 3 casi di sepsi con emocolturapositiva per SGB (1,6 ‰).

Sono stati tutti identificati per insorgenza disintomatologia clinica sospetta per sepsi e sotto-posti quindi a screening infettivologico e ad

emocoltura prima della somministrazione dellaterapia antibiotica.

Un neonato, pur essendo nato da madre contamponi vagino/rettali negativi (falso negativo?),ha sviluppato una sintomatologia suggestiva di se-psi in seconda giornata di vita e, sottoposto a va-lutazione laboratoristica per sepsi, ha presentatoleucocitopenia con piastrinopenia e aumento degliindici di flogosi. Le indagini colturali hanno ri-scontrato la presenza dello SGB sia nel torrentecircolatorio sia nel liquor; è stata effettuata unadoppia terapia antibiotica per via endovenosa, tut-tavia il neonato ha presentato gravi complicanzeneurologiche con exitus in quinta giornata di vita.

Un secondo neonato era nato pretermine(E.G. < 37 settimane) da madre che non avevaeseguito i tamponi. È stato diagnosticato per sin-tomatologia clinica aspecifica risoltasi con la te-rapia antibiotica per os.

Un terzo neonato era nato da madre senzatamponi e PROM (≥ 18 ore). Anche in questo ca-so la sepsi è stata sospettata per sintomatologiaclinica, in particolare respiratoria, confermatadagli esami di laboratorio. È stato trattato con an-tibiotico terapia per os con remissione della sin-tomatologia.

In questi 2 ultimi casi non erano stati esegui-ti tamponi vaginali materni, ma il sospetto di unapossibile sepsi precoce nel neonato doveva esse-re posto valutando i fattori di rischio ostetrici: inun caso la prematurità e nell’altro la PROM. Nonè stata eseguita una corretta profilassi, per cui

Tab. 10 - neonati valutati per sepsi (emocromo e PCR) per presenza di fattori di rischio anamnestici

numero di neonati PCR > 5mg

IAP NON EFFETTUATA O INADEGUATA 49 14

PROM>18 ORE 18 6

FEBBRE IN TRAVAGLIO 1 -

PREMATURITÀ 18 4

ToTALE 86 24

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hanno sviluppato una sintomatologia indicativadi sepsi che poi si è risolta con la terapia anti-biotica.

Nel primo caso invece si è trattato di unaclassica sepsi neonatale da SGB con insorgenzain seconda giornata e rapido esito fatale. Va se-gnalato che in questo neonato non erano presen-ti fattori di rischio ostetrici specifici e i tamponimaterni erano negativi (falso negativo?).

Analizzando in particolar modo i nati da gra-vidanze multiple si può osservare come molti diessi nascano da parto cesareo d’urgenza per ini-zio di travaglio da madre senza tamponi vagina-li per SGB (Tab. 11).

DISCUSSIonE E ConCLUSIonI

L’intervento combinato ostetrico (sommini-strazione di profilassi antibiotica intrapartum sul-la base dell’esito dello screening colturale daeseguire tra le 35-37 settimane di età gestazio-nale) e neonatologico (valutazione attenta delneonato con fattori di rischio intrapartum perpossibile sepsi) costituiscono attualmente la mi-gliore strategia per la prevenzione delle sepsi aesordio precoce da SGB. Nel nostro studio ledonne che sono state sottoposte a tamponi vagi-no-rettali per SGB in corso di gravidanza sonorisultate essere 1.493/1.873 gravidanze valutate(79,7%). Se a queste si aggiungono le 132 don-ne sottoposte a taglio cesareo di elezione, si puòosservare che nell’oltre 86% delle gravidanze so-no state rispettate le raccomandazioni del CDC2002 per la prevenzione della trasmissione ma-dre-neonato dell’SGB.

La suddivisione delle gestanti per prove-nienza (Italia/ Europa Occidentale e di altra

provenienza) permette di evidenziare che taliraccomandazioni vengono rispettate nell’oltre90% delle Italiane/Europa Occidentale, mentrevengono rispettate solo in circa il 60% delledonne di altra provenienza. Da questo punto divista le due popolazioni (Tab. 6) differiscono inmaniera statisticamente significativa. Questofatto, come già premesso, verosimilmente im-putabile a fattori socio-economici, culturali e diclandestinità può far pensare che molte delledonne straniere che vengono a partorire nei no-stri ospedali non vogliano o possano usufruiredei programmi di assistenza alla gravidanza.Per tale motivo ai loro figli deve essere presta-ta particolare attenzione in modo da compensa-re, quando possibile, eventuali mancanze nel-l’assistenza prenatale.

L’indice di colonizzazione da SGB nella po-polazione studiata è risultato dell’8,3%, ai limi-ti inferiori di quanto riferito nelle casistiche dialtri studi condotti in Europa (10-30%). Su ques-sto dato può ipoteticamente gravare, in manierapositiva, la scarsa frequenza di screening effet-tuati nelle gravide di origine straniera.

Per quanto riguarda il secondo provvedi-mento nella profilassi della trasmissione dell’in-fezione da SGB dalla madre al figlio, e cioèun’antibiotico-terapia basata sulla somministra-zione a tempi ben definiti di ampicillina in cor-so di travaglio di parto (IAP), si è potuto osser-vare che il 70,4% delle donne con fattori di ri-schio infettivo sono state sottoposte alla terapia.La relativamente scarsa applicazione di IAP indonne con fattori di rischio accertati è in parte daimputare all’imprevedibilità dell’evento parto.Alcune gestanti si sono ricoverate pochi minutiprima dell’espletamento del parto, per cui non è

Tab. 11 - Gravidanze gemellari* 1 gravidanza trigemellare

Gravidanze multiple – TC d’urgenza Gravidanze n° neonati

Tamponi vaginali eseguiti 8 16

Tamponi vaginali non eseguiti 6 13*

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stato possibile instaurare un’adeguata profilassiintrapartum; altre si sono ricoverate dopo unarottura prolungata delle membrane e per proble-mi ostetrici sono state sottoposte a taglio cesa-reo d’emergenza.

Dai dati ricavati nel presente studio si può os-servare come l’individuazione sulla base di datianamnestici di neonati a rischio per infezione daSGB (quali prematurità, PROM > 18 ore, febbrein travaglio o l’inadeguata IAP in madri SGB po-sitive) abbia permesso in tutti i casi di cogliere iprimi segni di risposta infiammatoria (alterazio-ni della PCR, alterazioni dell’esame emocromo-citometrico) prima che insorgesse una sintoma-tologia indicativa di sepsi e in tutti i casi una te-rapia antibiotica prevalentemente per via orale,condotta per i primi tre giorni in ambito ospeda-liero e poi per ulteriori quattro giorni a domicilio,ha consentito la normalizzazione del quadroematologico ed ematochimico e la non compar-sa di una sintomatologia settica.

Abbiamo riscontrato un’incidenza di sepsi aesordio precoce da SGB in 3 dei 1.900 neonatistudiati (1,6‰), in accordo con quanto riportatoin letteratura (0,34-1,7‰ negli Stati Uniti, 0,5-2,0‰ in Europa) in studi condotti in centri a ele-vato livello di sorveglianza nei confronti delloSGB.

Dallo studio delle cartelle cliniche ostetrichee neonatali dei 3 casi di sepsi, con emocolturapositiva, è emerso che in 2 casi si trattava di un’i-nadeguata aderenza alle linee guida proposte dalCDC del 2002 (non sono state sottoposte a pro-filassi due donne con tamponi vagino-rettali noneffettuati o con risultato non noto e con fattori dirischio: in un caso la prematurità, nell’altro unaPROM); nel terzo caso la sepsi da SGB si è svi-luppata entro 48 ore dal parto in un neonato damadre con tamponi vaginali negativi e senza ul-teriori fattori di rischio (e che quindi, corretta-mente, non era stata sottoposta a profilassi anti-biotica intrapartum). Non è possibile stabilirecon certezza se il tampone vagino-rettale fosseun falso negativo o se la madre sia stata coloniz-zata dall’SGB nell’intervallo di tempo intercor-so tra l’esecuzione del tampone e l’espletamen-

to del parto o se infine il bambino abbia contrat-to l’infezione dall’ambiente, in quanto la madrenon è stata sottoposta a ulteriori tamponi vagi-no-rettali al momento della diagnosi di sepsi nelfiglio. Tutti i tre neonati sono stati sottoposti aun prelievo per emocromo e PCR perché pre-sentavano una sintomatologia clinica suggestivadi sepsi precoce. La PCR è risultata nei tre casielevata e in un caso si sono rilevate marcate al-terazioni all’emocromo (neutropenia). A seguitodi tali analisi è stata effettuata un’emocoltura, ri-sultata poi positiva per SGB. I 3 neonati sonostati trattati con antibiotico terapia che ha risoltoil quadro clinico e di laboratorio in due casi. Uno(quello di madre con tamponi negativi e con al-terazioni della formula leucocitaria) è decedutoin quinta giornata di vita.

Alla luce di quest’ultimo caso bisogna riba-dire che la negatività dello screening colturalematerno non deve dar luogo a falsi sensi di sicu-rezza per il personale del reparto neonati e chel’attenzione verso segni clinici precoci di sepsineonatale va sempre mantenuta ad alto livello. Iprincipali fattori responsabili dei risultati falsi-negativi delle colture per la ricerca dello SGBsono l’esecuzione di un tampone vaginale piut-tosto che di uno vaginale/rettale, il prelievo di uncampione inadeguato o l’utilizzo di terreni dicoltura non idonei. Più raramente potrebberocontribuire a un risultato falso-negativo l’esecu-zione di terapia antibiotica orale o l’utilizzo diprodotti per l’igiene intima femminile prima del-la raccolta del campione tali da inibire la cresci-ta dello SGB nei terreni di coltura.

In conclusione l’approccio basato sulloscreening colturale universale rappresenta at-tualmente la migliore strategia preventiva dicompetenza ostetrica per le infezioni da SGB e lasua diffusione si è accompagnata a una riduzio-ne dell’incidenza delle sepsi a esordio precoce.Tuttavia casi di infezione invasiva ad esordioprecoce da SGB continuano a presentarsi conelevata morbilità e mortalità.

Resta pertanto imperativa un’accorta valuta-zione clinica di ogni singolo neonato per tutto ilperiodo della degenza.

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Bibliografia

Per concludere bisogna segnalare inoltre co-me nelle 26 gravidanze multiple osservate nelcorso dello studio tutte siano state espletate contaglio cesareo, 12 con taglio cesareo d’elezione e14 con taglio cesareo d’urgenza. Si rileva che inqueste ultime gravidanze per un totale di 13 neo-nati la madre non aveva effettuato tamponi va-gino-rettali (Tab. 11). Tale osservazione è forseimputabile al fatto che nelle gravidanze gemel-lari spesso è previsto un taglio cesareo di elezio-ne che poi non è possibile effettuare per l’iniziodi travaglio pretermine della gestante, oppureche, proprio all’inizio del travaglio pretermine,non sia stato ancora effettuato il previsto tampo-ne. Paradossalmente quindi molti dei neonati daparto multiplo, che con elevata frequenza posso-no essere pretermine, nascono da madre con tam-

poni vagino-rettali sconosciuti e diventano quin-di neonati a rischio di contrarre l’infezione daSGB.

Sarebbe forse opportuno anticipare nelle gra-vidanze multiple l’esecuzione del tampone vagi-no-rettale per SGB alla 34 settimana (nonostan-te l’anticipata previsione di un’effettuazione diun taglio cesareo d’elezione).

Il fatto che il problema delle infezioni inva-sive da SGB a esordio precoce e che le modalitàdi gestione dei neonati a rischio vengano conti-nuamente rivalutati con proposte di algoritmiprofilattici-diagnostici-terapeutici è indicativodella sua attualità, complessità e importanza edella necessità di studi collaborativi multicentri-ci per la ricerca di linee di condotta da adottare inmaniera univoca nei vari punti nascita.

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ZUCCHERo E AMARE VERITà

http://www.newscientist.com/article/mg21128310.300-obesity-expert-sugar-is-toxic-and-should-be-regulated.html

L’abuso di zucchero fa male alla salute e neandrebbe regolamentato l’utilizzo, sostiene ilprofessor Lustig. Ne mangiamo molto, continua,“ed inoltre, dà dipendenza”. Lo zucchero, sia ilsaccarosio che mettiamo comunemente nel tè ecaffè, sia il fruttosio, presente in molti alimenticonfezionati e bibite, pare che sia nemico dellanostra salute: è tossico, dà dipendenza e il suoutilizzo dovrebbe essere addirittura regolamen-tato. A dirlo, intervistato dal magazine britanni-co New Scientist, è Robert Lustig, docente di Pe-diatria Clinica nella Divisione di Endocrinolo-gia, presso l’Università di California a San Fran-cisco. Il professor Lusting è divenuto una “star”di You Tube dove la sua “lectio magistralis”“Zucchero: l’amara verità” è stata vista da mi-

lioni di persone. “Ci sono ormai molte prove –spiega Lusting – del fatto che mangiare troppizuccheri semplici, appunto lo zucchero raffinato,il fruttosio e tutti i cibi che contengono entram-bi, non solo contribuisce all’epidemia mondialedi obesità, ma apre anche la strada a diabete emalattie cardiovascolari”. “Non è solo una que-stione di calorie assunte, ormai è sempre piùchiaro che le calorie non sono tutte uguali, ov-vero ci sono cibi che a parità di apporto caloricofanno più male di altri. Quelli che contengonozucchero sono i primi della lista: bibite, snack,in generale cibi che spesso e volentieri sono eco-nomici ma di cattiva qualità dal punto di vistanutrizionale”.

Il fruttosio presente nella frutta è a più altovalore energetico del glucosio e viene aggiunto atanti cibi confezionati come i pelati, le passate enaturalmente a bibite e snack. Le industrie ali-mentari sanno che quando aggiungono fruttosioai loro prodotti, questi si potranno vendere me-glio. Ecco perchè il fruttosio è ovunque.

I BEnEFICI CLInICI DELLA RICERCA:SELEZIonE DALLA LETTERATURA SCIEnTIFICA

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RICERCAToRI FRAnCESI Sono RIU-SCITI A RIPRoGRAMMARE CELLULEInVECCHIATE. IL PRoCESSo DI nASCI-TA-CRESCITA-InVECCHIAMEnTo-MoRTE SEMBRA oRMAI REVERSIBILE

http://genesdev.cshlp.org/content/25/21/2248.full.pdf+html?sid=b0582dc3-9f72-43e6-960d-b31366ef9d1c

Presso l’istituto di genomica funzionale del-l’Università di Montpellier un gruppo di ricer-catori diretti dal dottor Jean-Marc Lemaitre hadimostrato che l’invecchiamento cellulare nonè un fenomeno irreversibile. Gli scienziati so-no infatti riusciti a riprogrammare in vitro alcu-ne cellule di età avanzata trasformandole in“cellule staminali pluripotenti indotte”, resti-tuendo a cellule già vecchie, donate da uominidi 74, 92, 94, 96 e persino 101 anni, solitamen-te degradate e vicine alla fine, la capacità disuddividersi e moltiplicarsi.

Diversi ricercatori in tutto il mondo da di-versi anni puntano a rigenerare in laboratoriotessuti o organi umani danneggiati e sin dal2007 lo studioso giapponese Shinya Yamaka-naka mise a punto, a partire da cellule epitelia-

li di donatori adulti, alcune staminali dotatedelle stesse capacità di differenziarsi delle cel-lule embrionali. Nello studio dell’équipe del dr.Lemaitre sono state create cellule staminali dacellule di persone adulte, addirittura molto an-ziane.

Lemaitre spiega: «Ogni cellula normalmen-te controlla con regolarità lo stato delle propriefunzioni, e quando si accorge che sono ormaidegradate smette di dividersi e moltiplicarsi».Questo stadio di senescenza era considerato fi-nora l’ultima tappa dell’invecchiamento primadella morte cellulare, ed era ritenuto irreversi-bile. L’équipe di Montpellier invece ha prose-guito sulla strada indicata dai giapponesi, cheerano intervenuti su cellule adulte aggiungen-do quattro geni. «Dopo molti tentativi abbiamointrodotto altri due geni e quello si è rivelato es-sere il cocktail vincente», dice Lemaître. «Nelgiro di 15 giorni le cellule anziane hanno co-minciato a proliferare di nuovo e poi a cambia-re forma. Le nuove cellule somigliavano in tut-to e per tutto a quelle originarie, ma senza al-cuna traccia di invecchiamento».

Questa ricerca, pubblicata sulla Rivista Ge-

nes and Development, apre una nuova strada nel-la medicina rigenerativa.

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EMoFILIA A E CELLULE STAMInALIMESEnCHIMALI

Porada C.D. et al. Phenotypic correction of hemophilia A in sheep

by postnatal intraperitoneal transplantation of

FVIII-expressing MSC

Exp Hematol. 2011 Sep 8http://www.sciencedirect.com/science/arti-cle/pii/S0301472x11004401

L’emofilia A è una malattia ereditaria carat-terizzata da emorragie spontanee e prolungateda deficit del fattore VIII della coagulazione.Un nuovo studio effettuato dal gruppo del Pro-fessor Christopher Porada presso lo Wake Fo-

rest institute for Regenerative Medicine di Win-ston-Salem, NC, USA ha messo in evidenza unnuovo approccio terapeutico per l’emofilia A,basato sull’uso di cellule staminali ingegneriz-zate per evitare a chi soffre di questa malattia isanguinamenti che possono danneggiare le arti-colazioni. Nella rivista Experimental Hemato-

logy è stata descritta questa ricerca effettuata supecore. Particolari cellule staminali mesenchi-mali, che esprimevano il fattore VIII della coa-gulazione (cioè la molecola la cui assenza cau-

sa l’emofilia A), sono state iniettate in alcunepecore ferite, nelle quali sono riuscite a blocca-re la perdita di sangue e a riparare i tessuti dan-neggiati.

IL VATICAno SoSTIEnE L’UTILIZZoDELLE CELLULE STAMInALI ADULTE

http://adultstemcellconference.org/conferen-ce-schedule

Nei giorni 9-11 Novembre 2011 si è tenuto aRoma, presso la Città del Vaticano, un convegnointernazionale dal titolo “Cellule staminali adul-te: la scienza e il futuro dell’uomo e della cultu-ra”. Ad organizzarlo sono stati monsignor To-masz Trafny, direttore del Dipartimento Scienzae Fede del Pontificio Consiglio della Cultura e laNeoStem una società biofarmaceutica america-na, con lo scopo di accrescere la conoscenza diterapie basate su cellule staminali adulte e "diesplorare l’impatto culturale delle ricerche sullecellule staminali adulte e della medicina rigene-rativa a medio e lungo termine". Lo ha precisatopadre Trafny, ricordando che secondo le previ-sioni attuali “nei prossimi decenni la medicinarigenerativa giocherà un importante ruolo non

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solo nell’affrontare il problema delle malattie de-generative”, ma anche nelle potenzialità dellamedicina e nella “percezione dell’essere umanonel vasto contesto culturale soggetto ai forti cam-biamenti”. Padre Trafny ha precisato che “si cer-cherà di affrontare questa specifica ricerca sullestaminali adulte, contestualizzarla, far vedere chenon è un protocollo investigativo tipicamentescientifico che rimane circoscritto nell'ambientedi un laboratorio, ma che creerà le applicazionecliniche e avrà un impatto sociale e culturalemolto ampio nei prossimi decenni”.

Il Cardinale Monsignor Ravasi, Presidentedel Pontificio Consiglio per la Cultura, ha volu-to anche sottolineare l'esistenza di “una diffe-renza tra tecnica e scienza”, visto che la primafornisce i dati, gli strumenti, mentre la scienzautilizza i dati prodotti in un contesto più vasto,collegato anche a quello culturale.

I partecipanti al Convegno sono stati poi rice-vuti dal papa Benedetto XVI che ha sottolineatocome la ricerca scientifica offra un’“opportunità

unica per esplorare la meraviglia dell’universo”.Benedetto XVI ha invitato a riflettere sulla natu-ra divina dell’uomo, creato “a immagine e somi-glianza di Dio”. Ciò significa, ha detto, che “ci so-no dimensioni dell’esistenza umana che stanno aldi là di ciò che le scienze naturali sono in grado dideterminare. Se questi limiti vengono superati, sicorre il grave rischio che la dignità unica e l’in-violabilità della vita umana possano essere subor-dinate a considerazioni meramente utilitaristiche”.Quanto al tema della conferenza il Papa ha espres-so apprezzamento per la ricerca sulle cellule sta-minali adulte o derivate dal cordone ombelicale eha ribadito la necessità di garantire che i progres-si medici non vengano mai compiuti a un prezzoumano inaccettabile. Il pontefice ha infatti affer-mato che “la distruzione, perfino di una sola vitaumana, non si può mai giustificare nei termini delbeneficio che ne potrebbe presumibilmente con-seguire per un’altra”.

a cura di M. G. Valorani

Dott. Francesco Saverio Biagiarelli

Medico-Chirurgo, dottorando di ricerca in Scienzepediatriche presso la Facoltà di Medicina e Psicologia,“La Sapienza” – Università di Roma

Prof. Alessandro Ciammaichella

già Primario Medico OspedalieroMedico Internista

Dott.ssa Danila D’Onofrio

Medico-Chirurgo specializzando in Pediatria presso laFacoltà di Medicina e Psicologia, “La Sapienza” –Università di Roma

Prof.ssa Roberta Di Rosa

Specialista in Allergologia-Immunologia ClinicaDocente Ricercatrice nella Facoltà di Medicina ePsicologia, “La Sapienza” – Università di Roma

Prof. Giuseppe Luzi

Specialista in Immunologia Clinica e AllergologiaProfessore associato di Medicina Interna (f. r.)Docente presso “La Sapienza” – Università di RomaFacoltà di Medicina e Psicologia

Dott. Alberto Maione

Medico-Chirurgo specialista in Pediatria

Dott. Massimiliano Rocchietti March

Endocrinologo – U.O.C Medicina Interna Azienda Ospedaliera Sant’Andrea Facoltà di Medicina e Psicologia, “La Sapienza” –Università di Roma

Dott. Fabio Romeo

Specialista in Oncologia

Dott.ssa Claudia Rossi

Responsabile Reparto di Patologia Clinica BIOS S.p.A.

Prof. Michele Stegagno

Professore associato del Dipartimento Salute della Donnae Medicina del Territorio, Facoltà di Medicina e Psicologia, “La Sapienza” –Università di Roma.

Maria Giuditta Valorani, PhDPostdoctoral Research AssistantBlizard Institute Queen Mary University of London – GB

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