· con esecuzioni pubbliche, l’obbligo per gli uomini di farsi crescere la barba e per le donne...

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d o s s i e r s u l l e g a m e t r a t e r r o r i s t i e n a r c o t r a f f i c a n t i n e l m o n d o A CURA DI LUCIANO TIRINNANZI n o v e m b r e 2 0 1 6

Transcript of  · con esecuzioni pubbliche, l’obbligo per gli uomini di farsi crescere la barba e per le donne...

d o s s i e r s u l l e g a m e t r a t e r r o r i s t i

e n a r c o t r a f f i c a n t i n e l m o n d o

A C U R A D I L U C I A N O T I R I N N A N Z I

n o v e m b r e 2 0 1 6

INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

NARCOTERRORISTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5Talebani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6Farc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7Hezbollah . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8Boko Haram . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9Aqim . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

IL CONTRASTO AL FENOMENO DEL NARCOTRAFFICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

C’ERA UNA VOLTA IL NARCO-STATO DELLE FARC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

HEZBOLLAH, IL LIBANO E LE METAMFETAMINE . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

CANNABIS COAST TO COAST . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

IL RITORNO DELL’EROINA NEGLI STATI UNITI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

L’EROINA IN EUROPA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

LE ROTTE EUROPEE DELL’OPPIO, L’AFGHANISTAN AL CENTRO DI TUTTO . . . . . . . . . . . . . 27

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n a r c o t e r r o r i s m o

indice

IL LEGAME TRA FORMAZIONITERRORISTICHE E NARCOTRAFFICANTI

NON È UN FENOMENO NUOVO, PERÒ È

SEMPRE PIÙ RILEVANTE E DIFFUSO.

Una pericolosa relazione d’interdipendenza che si so-stanzia nella reciproca soddisfazione di specifici bisogni:le formazioni terroristiche richiedono grandi somme di de-naro per finanziare le proprie imprese, condizione che puòessere facilmente assolta dai narcotrafficanti i quali in cam-bio ricevono ciò di cui hanno maggior bisogno, cioè prote-zione e territori sicuri dove poter operare impunemente.

Questa tendenza si manifesta dagli anni Duemila a oggipressoché con modalità simili in tutte le aree di crisi delmondo, e ciò vale particolarmente nelle regioni caratte-rizzate da società e istituzioni instabili, dove il vuoto dipotere statuale viene immancabilmente sostituito dallapresenza di forze ribelli e/o antisistema. Da qui sono ori-ginate mafie che agiscono e amministrano territori (anchemolto estesi) alla stregua di un vero e proprio “Stato nelloStato”, imponendo sulla popolazione locale un controllocapillare e la riscossione delle imposte. L’esazione forzatadi tasse avviene in primis nei confronti dei contadini checoltivano le piante da cui sono estratti i principi attivi del-le droghe (come nel caso di marijuana, cocaina ed eroina)e nei confronti dei piccoli clan che gestiscono i laboratoriper la produzione di stupefacenti sintetici (come nel casodi amfetamine e metamfetamine).

Afghanistan, Siria, Libano, Nigeria, Colombia sono soloalcuni dei paesi dove il fenomeno è più manifesto, poichélegato a condizioni storiche che hanno permesso alle or-ganizzazioni criminali e terroristiche di radicarsi e strutturarsinel tempo. Fino ad arrivare al punto in cui sono oggi, quandocioè - si potrebbe dire col progressivo venir meno delle ideo-logie che hanno generato queste forze - assistiamo a una so-vrapposizione di finalità di scopo che portano organizzazioniterroristiche e criminali a non essere più distinguibili tra loro.

Resta il fatto che ovviamente è solo l’interesse a unire taligruppi i quali pertanto, a fasi alterne, continuano a combat-tersi tra loro anche violentemente.

In ogni caso, il commercio internazionale di droga è unmercato oltremodo florido e la fonte di guadagno illecitapiù veloce al mondo. Per questa ragione, i terroristi nondisdegnano di stringere accordi con chi traffica in questoparticolare settore. I guerriglieri, infatti, quale che sia laloro ideologia, hanno costante bisogno di denaro liquidoper finanziare la propria lotta. E non c’è miglior introito(non tracciabile) del denaro legato agli stupefacenti.

Un ottimo “deal” anche per i narcotrafficanti, cui le mi-lizie offrono molteplici garanzie: manovalanza fidata, pro-tezione armata e l’espansione del proprio raggio d’azione.Trattandosi di forze antisistema, i terroristi sono in gradodi tenere lontani o fronteggiare meglio di chiunque altrogli eventuali interventi repressivi delle forze di polizia. An-che per questo, l’abbraccio con le organizzazioni terrori-stiche rappresenta un’opportunità d’oro per i trafficanti,che in questo modo possono fare a meno d’impegnare ipropri uomini nei servizi di sicurezza, reimpiegandoli nel-le attività connesse con il traffico e lo spaccio. Una distri-buzione costante e spedita, inoltre, non è un dettaglio, maun principio economico di rilevanza assoluta.

A soddisfare questa condizione provvedono le forma-zioni terroristiche, che nei teatri di crisi mondiali rappre-sentano il solo interlocutore che può garantire unacontinuazione delle attività criminali, grazie all’uso indi-scriminato della violenza. Del resto, disporre di territorisicuri dove poter produrre la droga senza intoppi, è unfattore indispensabile per mantenere il monopolio sulmercato di riferimento e battere la concorrenza. In questomodo, le organizzazioni di narcotrafficanti si assicuranoi “servizi logistici” indispensabili.

Ciò che, però, si sta verificando ultimamente in seno alleformazioni terroristiche è una mutazione dello schema ap-pena descritto, che si va costituendo come un fattore strut-turale comune a molte realtà anche divergenti tra loro:

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n a r c o t e r r o r i s m o

introduzione

segue

sempre più spesso i combattenti si trasformano essi stessiin narcotrafficanti, generando cartelli della droga autono-mi in grado di rispondere direttamente e più efficacementealle proprie esigenze. Anziché assicurare protezione ai pro-duttori di droga in cambio di denaro, gestire l’intera filierapermette loro di abbattere i costi e assicurarsi così maggiorientrate. Del resto, se le droghe non fossero illegali presso-ché in tutto il mondo, alcune delle formazioni terroristicheodierne si potrebbero quasi definire come società impren-ditoriali che puntano al controllo dell’intero mercato: dallaproduzione, ai servizi, fino alla distribuzione.

Questo processo varia a seconda della forza e delle ra-gioni che motivano le formazioni terroristiche: è accadutoin Colombia, ad esempio, dove le FARC, le Forze Armaterivoluzionarie della Colombia, un’organizzazione marxi-sta-leninista, non hanno più ragioni di proseguire la pro-pria battaglia ideologica, specie da quando è stato siglatol’accordo di pace con il governo di Bogotà. Ragion per cuimolti ex guerriglieri si sono riciclati come narcotrafficanti.Mentre, invece, ciò non si è verificato negli stessi terminiin Libano con Hezbollah, dove il “Partito di Dio” sciitache si pone come alternativo al governo laico di Beirut,essendo d’impostazione islamica considera il commerciodi droga come “Haram”, cioè contrario ai precetti dellareligione coranica. Tuttavia, questo non impedisce loro digestire comunque il commercio attraverso infingimenti euomini di paglia.

Il narcoterrorismo non è nuovo agli osservatori interna-zionali. In Afghanistan, dopo l’invasione americana del-l’ottobre 2001, l’Amministrazione Bush Jr promosse ladistruzione dei campi di papavero da oppio locali da cuisi ricavava l’eroina, finanziando l’allora governo del pre-sidente Karzai con miliardi di dollari, nella convinzione

che questo potesse costituire un argine al fenomeno. Loscopo era riconvertire i campi ad altre colture e al con-tempo garantire il lavoro ai contadini per eliminare i nar-cotrafficanti. Questo sistema, però, non funzionò e oggil’Afghanistan è tornato a essere il primo produttore di op-piacei al mondo proprio grazie ai Talebani, che si sonosostituiti ai narcotrafficanti e ormai controllano e gesti-scono l’intero mercato. Anche in Colombia era stata spe-rimentata una cosa simile, ma sebbene si fosse verificataun’iniziale diminuzione delle aree coltivate a coca tra il1997 e il 2000, già nel 2004 la produzione era tornatamaggiore rispetto allo stesso 1997.

Nel 2009 Antonio Maria Costa, direttore esecutivodell’UNODC, l’Ufficio per i narcotici e il crimine delle Na-zioni Unite, fu tra i primi a lanciare l’allarme: «È diventatosempre più difficile distinguere chiaramente i gruppi ter-roristici dalle comuni organizzazioni criminali perché leloro strategie tendono sempre più a sovrapporsi. Se nonrecidiamo il legame tra crimine, droga e terrorismo, ilmondo assisterà alla nascita di un ibrido e cioè di orga-nizzazioni terroristiche della criminalità organizzata».

Giunti nel 2016, l’ibrido di cui parla Costa non solo per-siste ma si estende senza soluzione di continuità nel mon-do, lasciando una traccia così estesa tale che dasomigliare a una specie di Tropico del Cancro della droga.Vale per i Talebani in Afghanistan come per i gruppi rivo-luzionari in America Latina, per Boko Haram in Nigeriacome per Al Qaeda nel Maghreb Islamico, per Abu Sayyafnelle Filippine come per Hezbollah in Libano e Siria. Daquesto quadro emerge, dunque, con chiarezza come og-gigiorno non si possa più distinguere chiaramente il ter-rorismo dal narcotraffico, ma si debba piuttosto parlarepiù correttamente di «narcoterrorismo

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n a r c o t e r r o r i s m o

i p r i n c i p a l i g r u p p i t e r r o r i s t i c i

c h e t r a f f i c a n o c o n g l i s t u p e f a c e n t i

l e s c h e d e

La figura dei talebani emerge nei primi anni Novanta nel nord del Pakistan, in concomitanza con il ritiro delle truppesovietiche dall’Afghanistan, costrette alla resa dalla resistenza dei mujaheddin. Si tratta di un gruppo di etnia a mag-gioranza Pashtun, formatosi nelle scuole coraniche (madrase) e guidato sin dall’inizio dalla guida spirituale MullahOmar, morto nell’aprile del 2013 e sostituito prima da Akhtar Mohammad Mansour e successivamente dall’attuale lea-der Haibatullah Akhundzada.

Il primo vero salto di qualità dei talebani arriva nell’autunno del 1994, quando con i finanziamenti dell’Arabia Saudita- che da tempo faceva pressione su quest’area dell’Asia Centrale affinché prevalesse una visione radicale dell’Islamsunnita - i talebani assumono il comando del Paese imponendo una rigida applicazione della Sharia (la legge islamica)con esecuzioni pubbliche, l’obbligo per gli uomini di farsi crescere la barba e per le donne di indossare il burka, il di-vieto per tutti di guardare la televisione e ascoltare musica e per le ragazze sopra i dieci anni di andare a scuola.

Inizialmente gli “studenti” guerriglieri hanno presa sulle popolazioni al confine tra l’Afghanistan e il Pakistan ponendosicome l’unica forza in grado di garantire la sicurezza, il controllo dell’ordine pubblico e la continuità dei commerci. Siimpossessano prima della provincia di Herat, al confine con l’Iran, nel settembre del 1995. Poi, un anno dopo, rovescianoil regime del presidente Burhanuddin Rabbani e del suo potente ministro della Difesa, Ahmed Shah Masood, mettendoinfine le mani su Kabul. Nel 1998 controllano quasi il 90% di tutto l’Afghanistan.

In questi anni il ruolo del vicino Stato del Pakistan è stato sempre molto ambiguo, anche se ormai non vi sono dubbisul fatto che molti degli afghani che inizialmente hanno aderito al movimento talebano sono stati istruiti nelle madrasepakistane. Il Pakistan è stato inoltre uno dei soli tre Paesi, insieme ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, ad averriconosciuto il governo dei talebani dalla metà degli anni Novanta fino al 2001. Ed è stato l’ultimo Paese a interromperei rapporti diplomatici con loro.

La storia dei talebani, così come quella del mondo, cambia dopo gli attacchi dell’11 settembre del 2001. Il 7 ottobredello stesso anno, una coalizione militare internazionale guidata dagli Stati Uniti invade l’Afghanistan e la prima set-timana di dicembre il regime talebano crolla. Da allora però, nonostante il costante invio di truppe e le migliaia dimorti, l’area resta una polveriera, con governi deboli, confini porosi o inesistenti e in balia delle spinte dei talebani edegli altri gruppi terroristici ancora fortemente operativi in quest’area.

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n a r c o t e r r o r i s m o

talebani

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Le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC) sono ancora oggi la più organizzata, attiva e pericolosa forma-zione guerrigliera operante in Colombia. Protagoniste da quasi cinquant’anni di una guerra civile che ha causato decinedi migliaia di vittime, dal 2012 hanno accettato di avviare un dialogo con il governo del presidente Juan Manuel Santose, in quest’ambito, hanno partecipato a incontri che si sono tenuti a Cuba, con rappresentanti delle istituzioni di Bogotà.Il 26 settembre 2016, il governo ha infine siglato la pace con la leadership delle FARC.

Le FARC oggi contano circa 3mila miliziani e 8mila combattenti rurali, il cui mantenimento costa alla formazione rivo-luzionaria qualcosa come 200 milioni di dollari l’anno. Per questo, anche se l’organizzazione ha notevolmente diminuitoil ricorso ai sequestri di persona come fonte di autofinanziamento, non ha potuto fare a meno dei proventi derivanti daltraffico di droga e dalle estorsioni, pena l’estinzione “per fame”. Pur essendo un gruppo fortemente politicizzato in sensomarxista-leninista, durante gli anni della Guerra Fredda le FARC non hanno mai ricevuto supporto diretto o fondi né daCuba né dall’URSS, riuscendo comunque ad autofinanziarsi col narcotraffico. Nonostante i colloqui di pace, fino a tuttoil 2015 in diverse regioni della Colombia si sono registrate azioni dei guerriglieri FARC contro mezzi di trasporto pub-blico, impianti petroliferi, edifici governativi. Gli attacchi sono stati effettuati con automobili imbottite di esplosivo,granate e bombe rudimentali. Tali azioni sono opera dei comandanti rurali dei distaccamenti delle FARC, oggi veri epropri “signori della guerra”.

Le bande armate rurali delle FARC, infatti, specie dopo il successo della politica antidroga del governo - che haportato allo smantellamento dei cartelli di Cali, Medellin e della Valle del Nord - sono diventate ancora più potenti chein passato, perché hanno occupato lo spazio lasciato vuoto dalle grandi organizzazioni del narcotraffico. Secondo lastragrande maggioranza di osservatori e analisti, è presumibile dunque che gli accordi di pace appena siglati sarannomaldigeriti e il narcotraffico sarà portato avanti da quelle centinaia di distaccamenti rurali che oggi vivono (e soprav-vivono) grazie alla produzione e smercio di droga.

Dunque, le FARC attualmente sembrano subire un processo di frammentazione che le sta trasformando in unamiriade di piccole formazioni armate paramilitari e autonome, le quali verosimilmente continueranno - per purospirito di sopravvivenza - nei loro traffici criminali. In altri termini, è difficile essere ottimisti con i guerriglieri. LeFARC, o le micro formazioni nate dalla loro possibile polverizzazione, continueranno a costituire un problema conil quale sarà necessario fare i conti ogni qualvolta si discute di sicurezza in quelle aree della Colombia, come laValle del Cauca, dove sono tuttora presenti e fortemente operative.

farc

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Hezbollah (“Il Partito di Dio”), è nato come movimento di resistenza all’invasione israeliana nel 1982. Il suo leadere segretario generale è Hassan Nasrallah, succeduto ad Abbas Al-Musawi morto nel 1992. Hezbollah è considerataun’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Egitto, Israele, Australia, e Canada. Nel luglio del 2013 l’ala militare delmovimento è stata inserita nella black list del terrorismo dall’UE e dal 2016 anche dal Consiglio di Cooperazione delGolfo.

Nel corso degli ultimi decenni Hezbollah è riuscito nell’obiettivo di conquistare “i cuori e le menti” della popola-zione del sud, la parte più povera del Libano. La forza del partito, che non può essere considerato semplicisticamentecome un’organizzazione terroristica, è stata la capacità di sostituire lo Stato - spesso assente - nell’offrire servizi eassistenza alla popolazione: scuole, ospedali, abitazioni, servizi sociali. Uno Stato nello Stato, dunque, con il soste-gno non solo della comunità sciita ma anche di quella sunnita.

L’omicidio del premier Rafik Hariri il 14 febbraio del 2005 segna la prima profonda spaccatura all’interno delmondo musulmano libanese. Con le primavere arabe e lo scoppio della guerra civile in Siria, Hezbollah corre inaiuto del presidente siriano Bashar Assad, sponsor e alleato (insieme all’Iran) del movimento sin dalle prime fasidella sua costituzione, inviando le proprie milizie a combattere a fianco dell’esercito governativo contro l’opposizionesunnita. Il coinvolgimento di Hezbollah in Siria crea un nuovo divario tra sciiti e sunniti. Nel nord del Paese, gruppiappartenenti a entrambe le correnti religiose si fronteggiano tuttora in una guerriglia a bassa intensità, con i sunnitiche appoggiano i ribelli e gli sciiti che parteggiano per il regime.

Le conquiste militari di Hezbollah in Siria rischiano pero di trasformarsi nella perdita di quello status di forza diliberazione nazionale che ne ha consentito la trasformazione in realtà politica di primo piano. Tra la popolazionenon sciita, infatti, si sta diffondendo sempre più l’idea che il Partito di Dio sia un corpo estraneo al Libano e molticominciano a vedere i suoi militanti come agenti stranieri infiltrati da Damasco, come signori della guerra o ancoracome trafficanti.

hezbollah

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Ai suoi albori negli anni Novanta, Boko Haram appariva semplicemente come un gruppo impegnato in studi religiosi.Il suo nome ufficiale è Jama’atu Ahlis Lidda’awati Sunna wal-Jihad, che in arabo significa “persone impegnate nelladiffusione degli insegnamenti del Profeta e del Jihad”. Nasce con l’obiettivo di istituire la Sharia in Nigeria. Successi-vamente, il nome è stato abbreviato in Boko Haram, che si può tradurre con “l’educazione occidentale è peccato”.Boko Haram cambia aspetto e missione nel 2002, quando la sua guida viene assunta da Mohammed Yusuf e i primiguerriglieri islamisti - stanziati in accampamenti nella giungla del nord est della Nigeria - cominciano a compiere spo-radici attacchi con machete e piccole armi contro basi isolate delle forze di polizia o villaggi di contadini che oppone-vano resistenza alle continue richieste di cibo e alle estorsioni dei militanti.

Il 26 luglio 2009 il gruppo lancia una massiccia offensiva contro le forze di polizia negli stati settentrionali delPaese: cinque giorni di scontri che si concludono con la morte di circa 700 insorti e la cattura e l’esecuzione del loroleader Yusuf. La netta sconfitta di Boko Haram in quella che verrà chiamata la battaglia di Maiduguri impone algruppo un cambiamento di leadership e di strategia. Con la guida del nuovo capo Abubakar Shekau si passa, infatti,dagli assalti contro la polizia a veri e propri attacchi terroristici (attentati dinamitardi e attacchi suicidi con autobombe)contro sedi governative e contro i cristiani ritenuti rappresentanti del sud “ricco e corrotto”.

In Nigeria la contrapposizione tra islamisti e cristiani assume però soltanto superficialmente la connotazione di unconflitto religioso. Boko Haram è infatti espressione di un Paese drammaticamente diviso tra il suo meridione, ricco dipetrolio, e un settentrione povero, sottosviluppato e malgovernato da politici corrotti. È in questo contesto sociale eculturale che ha preso piede la credenza diffusa, abilmente sfruttata dai guerriglieri, che i guai della Nigeria - compresala corruzione della classe politica - dipendano dall’influenza negativa dei valori occidentali cristiani, considerati fontedi peccato.

Nel marzo del 2015 Shekau ha dichiarato fedeltà al Califfato di Abu Bakr Al Baghdadi annunciando il cambio dinome di Boko Haram in Islamic State’s West African Province (ISWAP). Dato più volte per morto negli ultimi anni,nell’agosto del 2016 il leader è stato sostituito da Abu Musab al-Barnawi. Per finanziare le proprie attività, Boko Haramsfrutta il fiorente mercato del contrabbando, in particolare quello degli stupefacenti.

boko haram

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n a r c o t e r r o r i s m o

Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) opera principalmente in due teatri: la regione montuosa della Cabilia, nelnord-est dell’Algeria, e la più ampia area del Sahel, con una particolare concentrazione nel nord del Mali. I fattoriche ne hanno favorito il radicamento sono molteplici e vanno dalla presenza della popolazione locale dei Tuareg, tracui i jihadisti possono facilmente mescolarsi, alla presenza di importanti infrastrutture possedute o gestite da personaleoccidentale. Le installazioni energetiche nelle aree desolate del sud dell’Algeria, vulnerabili ma economicamente stra-tegiche, e la porosità dei confini fanno del Paese nordafricano un obiettivo particolarmente attraente per i jihadisti.Inoltre, l’esperienza ventennale nell’insurrezione contro lo Stato algerino e la possibilità di infiltrare personale localerendono il quadro della sicurezza regionale particolarmente esposto a periodiche iniziative terroristiche. La minacciaposta da AQIM non ha risparmiato la Mauritania e il Niger.

A guidare Al Qaeda nel Maghreb Islamico è stato inizialmente l’algerino Mokhtar Belmokhtar: dopo aver aderitoalla formazione jihadista nota come Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC), che nel 2005 siera unita ad Al Qaeda rinominandosi Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM), Belmokhtar diviene uno dei responsabilimilitari e prende parte alla guerra civile nel settentrione del Mali abitato per lo più dall’etnia Tuareg. In tale ambito,insieme al gruppo islamista Ansar Dine, sostiene il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad, regione del Maliconfinante con l’Algeria. Belmokhtar è autore dell’attacco contro l’impianto energetico di In Amenas del 16 gennaio2013 che si è concluso, a seguito dell’intervento dell’Esercito algerino, con la morte di 39 ostaggi e di 29 guerriglieri.

Il 22 agosto 2013 Belmokhtar ha annunciato la fusione del suo gruppo con il Movimento per l’Unicità e il Jihad nel-l’Africa occidentale, un ramo di AQIM, e ha così dato vita a una nuova formazione denominata Al Mourabitoun (“Lesentinelle”). Il 21 luglio 2015, in qualità di emiro di Al Mourabitoun, Belmokhtar ha giurato fedeltà ad Ayman Al Za-wahiri presentando il suo gruppo come Al Qaeda in Africa Occidentale (AQAO).

Oltre all’attività terroristica condotta tra il Sahel e il Sahara, gli uomini di Belmokhtar si dedicano anche ai sequestridi persona e specialmente di occidentali, al contrabbando di sigarette (tanto che lo stesso leader è stato soprannominato“Mister Marlboro”), nonché al traffico di esseri umani, droga e diamanti, ricavandone ingenti profitti.

aqim

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n a r c o t e r r o r i s m o

PRINCIPALI FLUSSI DI COCAINA

le rotte del narcotrafficoDATI FORNITI DALL’UNODC (UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE PER IL CONTROLLO DELLA DROGA E LA PREVENZIONE DEL CRIMINE)

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n a r c o t e r r o r i s m o

PRINCIPALI FLUSSI DI METAMFETAMINE

PRINCIPALI FLUSSI DI EROINA

LA DRUG ENFORCEMENTADMINISTRATION AMERICANA, CHECOMBATTE IL NARCOTRAFFICO PER

CONTO DEL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIADEGLI STATI UNITI SIN DALLA SUAISTITUZIONE NEL 1973, HA INIZIATO ARITENERE CHE VI SIA UNA DIRETTA EINEQUIVOCA CONNESSIONE TRA ILTRAFFICO DI DROGA E IL TERRORISMO APARTIRE DAL 2001, QUANDO IL PATRIOTACT HA ALLARGATO A DISMISURAL’AMBITO DELLE INTERCETTAZIONI EDELLE INDAGINI A USO ESCLUSIVO DELGOVERNO AMERICANO.

Da ciò è derivata una sempre maggiore consapevolezzadel fenomeno, e una serie di atti prodotti e presentati al Con-gresso degli Stati Uniti hanno aiutato a focalizzare il proble-ma. Secondo la DEA, attualmente almeno il 40% di tutti igruppi terroristici mondiali “mantiene legami confermati conil commercio degli stupefacenti”.

Per quanto riguarda il mercato americano, durante lapresidenza di George W. Bush è emerso chiaramente il le-game tra il traffico di droga e l’organizzazione terroristicadelle FARC in Colombia, dove il Fronte Armato Rivoluzio-nario ha tenuto in ostaggio per decenni un paese intero edove ha operato impunemente il famigerato narcotraffi-cante Pablo Escobar, che dalla metà degli anni Settantaha inondato gli Stati Uniti di marijuana e cocaina. Anchela recente querelle intorno alla costruzione del muro alconfine tra USA e Messico paventata dal presidente inpectore Donald J. Trump va in questa direzione: frenarenon solo l’immigrazione ma anche le fonti di approvvi-gionamento di denaro per i cartelli e i terroristi, ovverolimitare il grande mercato della droga statunitense nonpermettendo alla merce di entrare.

Uno schema seguito ad esempio anche dalla RepubblicaIslamica dell’Iran, che lungo le frontiere con Pakistan e Af-ghanistan ha schierato ben 30mila agenti, 10mila in più diquelli schierati dagli americani al confine messicano, inca-ricati del contrasto al traffico di eroina (in vent’anni ne sonomorti già 2.700 in scontri con i narcoterroristi), e ha in-stallato trincee di cemento, fossati, torri di osservazione,filo spinato, recinzioni elettrificate e dispositivi di sorve-glianza elettronici per una spesa che si aggira intorno ai500 milioni di dollari l’anno.

Le organizzazioni terroristiche, dunque, foraggiano leproprie imprese grazie soprattutto ai proventi della droga,che permettono loro di avere entrate e risorse pressochéillimitate, fino a confondere i mezzi con il fine. Questoschema è una costante che non muta a seconda delle re-gioni del mondo sulle quali s’indaga.

L’esempio principe è ancora l’Afghanistan dei Talebani.Se a fine Novecento la droga era considerata dai jihadistiafghani contraria ai princìpi dell’Islam, presto le esigenzedella guerra scatenata contro di loro dagli Stati Uniti nel2001 hanno mutato tali convinzioni e - vuoi per pura con-venienza vuoi per causa di forza maggiore - il narcotrafficoè diventato una strategia di sopravvivenza e una priorità.In seguito all’invasione americana, nelle aree rurali sottoil loro controllo, i Talebani sono passati dal semplice con-trollo sulla produzione dell’oppio e dall’imposizione di unatassa per la protezione del territorio, alla gestione direttadell’intera filiera. Un modus operandi che si è via via isti-tuzionalizzato e che è diventato obbligatorio a partire dallamorte del Mullah Omar (2013) e dalla comparsa del suosuccessore, il Mullah Muhammad Mansour. La politica diMansour si è subito contraddistinta per la necessità d’im-porre il controllo sui signori dell’oppio afghano, gli Ishaq-zai, e attraverso un accordo ha potuto rafforzare il propriopotere e imporre il suo volere nel paese, tralasciando inparte la causa jihadista. I suoi successori non sembranoaver mutato scopi e obiettivi dei Talebani.

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n a r c o t e r r o r i s m o

il contraSto al fenomeno

del narcotraffico

DELLO STATO NARCO-

GUERRIGLIERO COSTRUITO DALLE

FARC TRA LA METÀ DEGLI ANNI

OTTANTA E L’INIZIO DEGLI ANNI DUEMILA,

OGGI IN COLOMBIA NON RESTA QUASI PIÙ

NULLA SE NON LE ENORMI DISTESE DI

PIANTAGIONI DI FOGLIE DI COCA. UN

PATRIMONIO CHE CONTINUA A FIORIRE E

CHE CRESCE IN MANIERA INVERSAMENTE

PROPORZIONALE RISPETTO AL DECLINO

DEI GUERRIGLIERI.

Nate nella seconda metà degli anni Sessanta come mo-vimento di ideologia marxista a sostegno della resistenzadei contadini poveri contro il latifondo, le FARC hannopuntato in modo sistematico e capillare sul controllo deitraffici soprattutto di cocaina - e in misura minore di can-nabis e papaveri da oppio - solo venti anni più tardi, in-torno alla metà degli anni Ottanta. Approfittando dellastretta esercitata dal governo di Bogotà (su pressione degliStati Uniti) sui principali cartelli della droga colombiani -su tutti il cartello di Medellin guidato da Pablo Escobar equello rivale di Cali - in quegli anni le FARC hanno con-quistato gradualmente buona parte delle rotte lasciatescoperte dai narcotrafficanti tout court.

I guerriglieri guadagnavano sulla droga imponendo tas-se (impuesto para la paz, imposta per la pace) sui territori

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n a r c o t e r r o r i s m o

c’era una volta

il narco-Stato delle farc

NUMERIStando agli ultimi daticontenuti in un rapportodiffuso dall’agenzia delleNazioni Unite UNODC(United Nations Officeon Drugs and Crime) nelluglio del 2016, tra il2014 e il 2015 lasuperficie destinata allacoltivazione di coca inColombia è aumentatadel 39 per cento,passando da 68mila a96mila ettari. Sempresecondo l’ONU, ogni trechili di coca sequestratinel mondo uno provieneproprio dalla Colombia.

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PRINCIPALI PRODUTTORI DI COCAINA NEL MONDO

Coltivazione illegale di coca dal 2003 al 2014 (in ettari).

controllati a ogni singolo anello della filiera del narcotraf-fico: ai cocaleros (i coltivatori della pianta di coca), aicompratori, ai cartelli che gestivano i laboratori di raffina-zione e a chi spostava la droga all’interno della Colombiae verso l’estero. Il guadagno nel complesso era di circa 450dollari per ogni chilo di coca che veniva prodotto nellearee in loro possesso.

Nel periodo di massima espansione, la droga ha dunquecostituito il carburante che ha permesso alle FARC nonsolo di esistere ma anche di alzare il livello dello scontrocon le istituzioni centrali. Il controllo della produzione dicoca, oltre a essere una vitale risorsa economica, è statoanche un potente mezzo di controllo sociale in quanto hareso il gruppo guerrigliero un indispensabile “partner” peri contadini e le loro famiglie che trovavano (e continuanoa trovare ancora oggi) nella coltivazione di coca il mezzodella loro sussistenza.

Queste relazioni hanno creato nei territori tradizionalidi insediamento delle FARC una rete di appoggi e un dif-fuso consenso che si è perpetuato per generazioni. Allo sta-to attuale, con la base militante del gruppo ridottaormai a circa 5.800 unità, si stima che siano implicatenel traffico di droga almeno 10-12 formazioni delleFARC (tra i 1.500 e i 2.000 combattenti) - attive so-prattutto nelle zone di frontiera con l’Ecuador, Pana-ma e il Venezuela (Putumayo, Nariño, Cauca, Chocó,Guaviare, Catatumbo e Guainia) - a seguito dell’al-lentamento del comando e del controllo da parte delle

strutture superiori. Alla luce del rallentamento degli ac-cordi di pace, dopo la bocciatura dell’intesa sancita dalreferendum del 2 ottobre, queste formazioni potrebberocontinuare a operare come una parte “autentica” dell’or-ganizzazione che rifiuta un’intesa con lo Stato. Oppurepotrebbero confluire, secondo uno scenario già visto nellasmobilitazione di formazioni paramilitari in altri contestidi post-guerriglia del Sud America, in organizzazioni cri-minali prive di ogni finalità ideologica. È il caso di gruppicome le Bacrim (Bandas emergentes en Colombia) e il Clandel Golfo, sorti dallo scioglimento delle AUC (AutodefensasUnidas de Colombia) e mostratesi capaci negli ultimi annidi prendere possesso di molte delle rotte che collegano di-rettamente, o tramite i narcos messicani, la Colombia alsuo principale cliente: gli Stati Uniti d’America.

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I RAPPORTI CON LA ’NDRANGHETAUn’indagine portata a termine nel giugno del 2015 dalla DDAdi Reggio Calabria, in collaborazione con la DEA americana,la Guardia Civil spagnola e gli specialisti del Gico diCatanzaro, ha permesso di fermare un traffico di cocainatra esponenti delle FARC e le ’ndrine calabresi degliAquino-Coluccio, degli Alvaro di Sinopoli e dei Pesce diRosarno. Nell’operazione antidroga, chiamata “Santa Fe”,sono state sequestrate quattro tonnellate di cocaina inprocinto di essere spedite in Italia.

NEL DICEMBRE DEL 2010 L’AGENZIA

FEDERALE AMERICANA DEA

(DRUG ENFORCEMENT

ADMINISTRATION) RESE NOTO CHE,

ATTRAVERSO UN CONTROLLO

CONGIUNTO DELL’UFFICIO DEL

DIPARTIMENTO DEL TESORO OFAC

(OFFICE OF FOREIGN ASSETS CONTROL),

SI ERA GIUNTI A ILLUMINARE

UNA RETE DI RICAVI ILLECITI

IN LIBANO DERIVANTI DAL TRAFFICO

DI STUPEFACENTI, I CUI PROVENTI

COLLEGAVANO HEZBOLLAH AI NARCOS

SUDAMERICANI.

L’uomo al centro dell’indagine era Ayman Saied Jou-maa, un colombiano-libanese considerato boss della dro-ga e in rapporti privilegiati con Addallah Safieddine,rappresentante di Hezbollah a Teheran, che fungeva daagente di collegamento per finanziare il “Partito di Dio”.Joumaa avrebbe ripulito i proventi del traffico di droga deicartelli colombiani, come La Oficina de Envigado (erededel cartello di Medellin), che trasportava cocaina in Euro-pa via Africa, in particolare attraverso un canale aperto inGuinea Bissau. La ricostruzione del riciclaggio del denarofu resa possibile grazie alla scoperta d’illeciti compiuti dal-la Lebanese Canadian Bank (LCB) e dalla consociata Pri-me Bank, una banca con sede in Gambia ma di proprietàdi un facoltoso libanese, noto finanziatore di Hezbollah.

Quella che sembrava solo una pista, in verità rivelò mol-to di più del network internazionale di Hezbollah. Nel feb-braio 2016 il Progetto Cassandra della DEA ha annunciatodi aver smantellato un giro di traffici di droga e di lavaggiodel denaro sporco attraverso sette paesi - il personaggio di

riferimento era Adham Tabaja, ritenuto un collaboratoredi Abdallah Safieddine, nome che ritorna ogni volta checompaiono le parole “Hezbollah” e “droga” - dimostrandocome la rete internazionale degli sciiti libanesi sia ben piùestesa di quanto non si creda.

I proventi di questi traffici illeciti vengono attualmenteimpiegati da Hezbollah per finanziare la guerra in Siria, dalmomento che il “Partito di Dio” è pesantemente coinvoltonel conflitto a fianco del regime siriano di Bashar Al Assad,supportato dall’Iran e dalla Federazione Russa. Ma Hezbollahnon si limita a comprare armi con i proventi del traffico didroga. Da tempo, il gruppo è divenuto anche produttore dimetamfetamine, in spregio della legge islamica che consi-dera le droghe proibite perché impure e contrarie alla reli-gione. Per questa ragione, con l’occasione della guerracivile oltreconfine, la produzione di droghe sintetiche è sta-ta appositamente trasferita dal Libano alla Siria.

Da anni, infatti, nel mercato mediorientale, ad andareper la maggiore sono le droghe sintetiche, la cui domandaè cresciuta esponenzialmente soprattutto in Arabia Sau-dita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, dove il consumo di me-tamfetamine sostituisce le restrizioni in materia di alcol edroghe naturali. Il motivo è semplice: pur essendo le dro-ghe severamente ed esplicitamente vietate dalla legge isla-mica, lo stesso non vale per i farmaci presi per bocca, tral’altro più facili da occultare. È così che hanno iniziato adiffondersi gli stimolanti illegali, conosciuti in arabo conil nome “Abu Hilalain” (padre delle due lune crescenti).Su tutti, ad andare per la maggiore è il Captagon, drogasintetica che ha preso piede quasi esclusivamente in Me-dio Oriente e che ormai domina il mercato e anima le se-rate della gioventù araba sunnita.

Mentre in passato gli hub di produzione del Captagonerano situati in Europa orientale, e più precisamente inBulgaria, a partire dal 2006 con le restrizioni e i controllisempre più stringenti delle polizie europee, la produzionesi è spostata in Turchia e Libano. Quest’ultimo, in seguitoalla dura politica di repressione del fenomeno voluta dal

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n a r c o t e r r o r i s m o

hezbollah, il libano

e le metamfetamine

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n a r c o t e r r o r i s m o

UN LABORATORIO CLANDESTINO DI METAMFETAMINA E IL PRODOTTO FINALE

governo turco, è infine divenuto la centrale esclusiva delCaptagon, con laboratori diffusi principalmente nella Valledella Bekaa, non a caso roccaforte di Hezbollah. Questo si-no al 2013, quando l’intera produzione si è spostata in ter-ritorio siriano, per dissimulare le attività degli sciiti libanesie per controllare meglio le attività dei laboratori, riservandoalla Valle della Bekaa un ruolo di quartier generale per losmistamento della droga attraverso il confine.

La Siria, così, è divenuta il territorio ideale dove produrredroghe sintetiche, essendo una nazione relativamente indu-strializzata e con numerosi impianti di produzione farmaceu-tica attivi prima del conflitto, subito riconvertiti in laboratoriper metamfetamine. Nonostante la guerra, ancora oggi esi-stono infrastrutture sufficienti per facilitare questo tipo di at-tività illecite: a fronte del fatto che il governo è riuscito atenere in piedi l’elettricità, l’acqua corrente e il funzionamen-to di alcune strade in molte zone del paese, il vantaggio è chequi i controlli della polizia sono inesistenti, essendo le forzedi sicurezza impegnate sui molteplici fronti di guerra.

A partire dal 2013, si ritiene che il Captagon sia prodottoormai esclusivamente in Siria, dove non solo i sequestrisono praticamente inesistenti a causa della guerra civile,ma anche perché qui la manovalanza abbonda. Del resto,non è difficile comprendere come in Siria vi siano migliaiadi persone disoccupate e disposte a tutto pur di guada-gnare denaro facile in tempi di crisi.

Il fenomeno ha prodotto così un’economia di guerra checoinvolge anche formazioni jihadiste sunnite, che foraggia-no le proprie imprese guerrigliere riscuotendo tasse ai checkpoint e garantendo un passaggio sicuro delle merci illegaliattraverso i territori da loro controllati, previo pagamentodi denaro. Se prima queste erano solo voci, un documenta-rio realizzato nel 2015 da Radwan Mortada per BBC Arabic(intitolato “Syria’s War Drug”) ha fornito le prime proveconcrete che collegano direttamente gruppi di combatti-mento come il Free Syrian Army al commercio di Captagon.

Da quest’economia di guerra è emersa anche l’espansio-ne della coltivazione di campi di marijuana. Anche in que-sto caso, si tratta di piccoli imprenditori che coltivano perconto terzi e rivendono alle organizzazioni la merce, pron-ta per essere spedita in tutto il Medio Oriente e oltre. An-cora oggi nella valle della Bekaa, in particolar modo nellazona di Baalbek, si producono alcune tra le migliori qua-lità di hashish del mondo (il libanese giallo e il libaneserosso). Inoltre, facilitata da un terreno agricolo particolar-mente fertile e dalla guerra civile, la Valle della Bekaa èsempre stata destinata alla coltivazione della cannabis: in

assenza di alternative economiche, i contadini hanno pro-gressivamente abbandonato le coltivazioni tradizionali perquella molto più remunerativa della cannabis, consideratoche un ettaro produce tra i 50 e i 100 kg di hashish e sulmercato il prodotto varia dai 400 ai 700 dollari per chilo-grammo. Anche qui, come in Afghanistan e Colombia, nel1993 fu attuata una campagna di riconversione dei terrenipromossa dall’ONU, insieme a Stati Uniti ed Europa, che di-strusse quasi l’80% delle coltivazioni. Ma poiché i finanzia-menti promessi rimasero lettera morta, gli agricoltoriripresero quasi subito a coltivare e produrre cannabis. Se-condo stime americane, l’hashish prodotto nella Valle dellaBekaa rappresenta un giro d’affari stimato in 24 milioni didollari l’anno, con la produzione libanese pari a circa 30milakg l’anno, che corrisponde circa al 4% del totale mondiale.Una bella fetta di denaro su cui le mafie locali, di cui Hez-bollah rappresenta una parte significativa, possono contareper arricchirsi o per finanziare altre attività più “nobili”.

Per ciò che riguarda le amfetamine, invece, Hezbollahcontrolla direttamente questo mercato, destinato non soloai giovani libanesi e siriani, ma anche e soprattutto ai ji-hadisti che combattono nel teatro di guerra siro-irachenoe ai “rich kids” della penisola del Golfo, dove questa drogaha sostituito tutte le altre, per le proprietà stimolanti edeccitanti che le sono proprie.

In definitiva, dunque, anche se la produzione si è spostatain Siria, il Libano resta il centro dei traffici internazionali dimetamfetamine e, in misura minore, di hashish e marijuana.

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CAPTAGONCaptagon è il nome popolare per un tipo di amfetaminestimolanti (ATS) il cui composto chimico è chiamatofenethylline, un composto di amfetamina e teofillina. IlCaptagon fu commercializzato per la prima volta nel 1961 dauna ditta farmaceutica tedesca, la Degussa AG. Nel 1981, laFood and Drug Administration (FDA), insieme a molti altripaesi, ha vietato il farmaco a causa di studi medici chesuggeriscono come un elevato potenziale di fenethyllineporti alla dipendenza, abuso e ad altri effetti nocivi per lasalute. Le pasticche di Captagon che vengono prodotte ogginei laboratori libanesi e siriani mantengono solo il nome, ma icomposti chimici differiscono a seconda della formulautilizzata e degli ingredienti con cui vengono cucinati questistimolanti (che vanno dalla pseudo-efedrina fino, in alcunicasi, alla polvere di caffè). Gli effetti del Captagon vannodall’euforia alla diminuzione del bisogno di dormire, finoall’abbassamento delle inibizioni e all’assenza di percezionedel pericolo e della paura. Un suo uso prolungato provocapsicosi, paranoia, aggressività, e in alcuni casi la morte. InSiria, il costo al dettaglio di una pasticca di Captagon(chiamata in gergo farawla, “fragola”) varia dai 7 ai 15 dollari.

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n a r c o t e r r o r i s m o

PRINCIPALI SEQUESTRI DI CAPTAGON IN MEDIO ORIENTE CONOSCIUTI (2014-2015)

UN MERCATO DI 80 MILIONI DI

CONSUMATORI ABITUDINARI PER

UN VOLUME D’AFFARI PARI A

CIRCA 9 MILIARDI DI EURO. TANTO

VALGONO I TRAFFICI ILLECITI DI

CANNABIS (MARIJUANA E HASHISH) CHE

OGNI ANNO DAL MEDIO ORIENTE E

DALL’AFRICA RAGGIUNGONO IN MODO

CAPILLARE OGNI PARTE D’EUROPA. DAL

DATO, PUBBLICATO NELL’EU DRUG

MARKETS REPORT 2016, EMERGE LA

VASTITÀ DI UN BUSINESS GESTITO ORMAI

NON SOLO PIÙ DALLE ORGANIZZAZIONI

CRIMINALI MA IN MANIERA SEMPRE PIÙ

DIRETTA ANCHE DAI GRUPPI TERRORISTICI.

Per la marijuana la rotta privilegiata resta quella checollega Afghanistan e Pakistan all’Albania fino al puntodi snodo nei Paesi Bassi da dove l’erba viene dirottata nel-le principali città europee. Alla fonte operano in Afghani-stan Talebani, Al Qaeda e la rete degli Haqqani, mentre inPakistan Lashkar-e-Jhangvi e Jaish-e-Mohammed. Nellatappa di mezzo, la località albanese di Lazaret, ribattez-zata il “villaggio della marijuana”, il gruppo che ha inter-cettato negli ultimi anni il traffico è stato ISIS, la cuicrescita in diverse aree nei Balcani (in termini economici,di fornitura di armi e reclutamento di nuove leve) è stataesponenziale.

Nel post primavere arabe i traffici di hashish hanno in-vece registrato maggiori cambiamenti rispetto al passato.Il degenerare della crisi libica, il peggioramento della si-tuazione in Libano (la Valle della Bekaa è un grande cen-tro di produzione il cui sbocco non è solo l’Europa maanche i Paesi del Golfo) e l’instabilità permanente che at-traversa il Sahel, hanno ridisegnato le rotte che da MedioOriente e Africa arrivano nel nostro continente attraver-sando il Mediterraneo.

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n a r c o t e r r o r i s m o

cannabiS

coaSt to coaSt

segue

Nella fascia sahelo-sahariana, AQIM (Al Qaeda nel Ma-ghreb Islamico, operativo in Mali, Mauritania e lungo iconfini meridionali di Algeria e Libia), Al Murabitoun delsignore della guerra Mokhtar Belmokhtar, i nigeriani di Bo-ko Haram (affiliati a ISIS) e i somali di Al Shabaab (affiliatiad Al Qaeda) muovono con ampi margini di libertà i traf-fici verso i porti situati nell’Africa Occidentale nei golfi diGuinea e Benin. Da qui i mercantili, carichi di hashish nellestive o all’interno dei container, salpano verso le coste euro-pee sfruttando il caos generato dalla crisi dei migranti pereludere i controlli.

Il cambio di rotta più interessante riguarda però il Ma-rocco e chiama in causa la Libia. Lungo il confine che se-para Marocco e Algeria è sempre stata molto attiva la retedel narcotraffico di hashis e kif (marijuana tritata). È unatratta particolarmente calda per il narcoterrorismo. Lequantità di queste sostanze prodotte in Marocco sonoenormi (circa 100mila tonnellate ogni anno) e attraversoi proventi delle loro vendite (il cui valore è stato stimatoin circa 12,5 miliardi di dollari) tra il 2002 e il 2004 cel-lule jihadiste hanno effettuato tre attacchi altisonanti: losventato attacco a navi da guerra della Marina Militare

USA nello stretto di Gibilterra nel 2002, le bombe a Ca-sablanca nel maggio 2003 e gli attentati ai treni di Ma-drid nel marzo 2004. L’instabilità della Libia dalla cadutadi Gheddafi nel 2011 ha però spinto i gruppi terroristici apuntare non più esclusivamente sull’asse Marocco-Spa-gna per raggiungere i mercati europei, ma anche sulle co-ste libiche per farne il nuovo punto di stoccaggio dihashish.

Da Casablanca le partite di droga passano dunque perl’Algeria, la Tunisia e arrivano fino alla parte orientale del-la Libia. Qui entrano in gioco le centinaia tra gruppi ar-mati, milizie islamiste e gruppi jihadisti che operanonell’area, compresi i qaedisti di Ansar Al Sharia e lo StatoIslamico il quale tra il 2015 e la metà del 2016 ha instau-rato attorno alle roccaforti di Sirte e Derna una provinciadel Califfato. Una posizione privilegiata che apre ai terro-risti una vera e propria autostrada nel Mediterraneo, lun-go la quale possono far transitare non solo droga maanche armi ed esseri umani. Uno snodo strategico desti-nato a rimanere un porto franco per molti altri anni. An-che quando le ultime sacche di resistenza di ISIS sarannostate sconfitte.

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TREND MONDIALE DELL’USO DI CANNABIS NEL MONDO

PRINCIPALI SEQUESTRI DI MARIJUANA NEL MONDO (2014)*

*in tonnellate

SECONDO L’ULTIMO RAPPORTO

DELLA DEA, LA DRUG

ENFORCEMENT ADMINISTRATION

AMERICANA, L’USO DI EROINA NEGLI STATI

UNITI È TRIPLICATO NEL PERIODO 2007-

2014, ANNO IN CUI SI SONO REGISTRATE

435MILA PERSONE AFFETTE DA

DIPENDENZA CRONICA, ED È TUTTORA IN

PREOCCUPANTE AUMENTO.

Per il 2015, la DEA ha stimato il numero degli eroino-mani americani in 600mila, mentre un’inchiesta del Time,che raccoglie i dati della Substance Abuse and Mental He-alth Services Administration (SAMHSA) parla di un au-mento del numero di consumatori ancora maggiore: icittadini americani affetti da dipendenza da eroina sareb-bero passati dai 373mila registrati nel 2007 ai 669miladel 2012. Infine, Forbes nel 2014 ha pubblicato una ri-cerca dell’Office of National Drug Control Policy, secondocui i consumatori cronici di eroina si aggirerebbero ormaiattorno al milione e mezzo.

Conseguentemente, anche le morti per overdose da op-piacei sono triplicate nello stesso periodo, portando i de-cessi dai 3.036 del 2010 ai 10.574 del 2014. Dal calcolosono però esclusi i decessi dovuti all’abuso di droghe sin-tetiche derivanti dall’oppio, che solo nel biennio 2013-2014 hanno registrato un incremento del 79%, portandocosì il numero di decessi alla spaventosa cifra di 28mila(nel calcolo anche le morti da droghe sintetiche, i cui nu-meri sono però marginali). Ed è proprio questo uno deipiù pericolosi e striscianti problemi legati alla produzionedi oppio: oggi in America una persona su 15, e almeno unadolescente su 20, assume antidolorifici oppiacei. Questo fadegli Stati Uniti un paese dove ben 12 milioni di cittadini

sono dipendenti da sostanze oppiacee di varia tipologia.Se si considerano poi l’approccio restrittivo del sistemasanitario americano e i problemi legati alla prescrizionedi questo genere di farmaci da parte dei medici, si ottieneche chi fa uso di antidolorifici spesso non riesce a ottenerelegalmente la ricetta, e così finisce per assumere diretta-mente eroina nel giro di poco tempo, dieci anni al massi-mo secondo le statistiche del NIDA (National Institute onDrug Abuse).

L’uso di oppioidi come analgesici e sedativi non è unanovità. In America, questa è una creazione di PurduePharma, una società farmaceutica privata del Connecticutistituita da una famiglia di psichiatri, i fratelli Sackler. Ar-thur Sackler, in particolare, con le sue pubblicazioniscientifiche ha contribuito più di tutti al successo del se-dativo Valium della società farmaceutica Pfizer, che haportato nelle sue tasche ben 100 milioni di dollari; graziea ciò, gli altri fratelli Sackler, Mortimer e Raymond, hannopotuto esplorare nuove strade per la produzione di anti-dolorifici. Loro hanno trasformato l’ossicodone, un anti-dolorifico generico inventato in Germania durante laPrima Guerra Mondiale, in prodotti di successo come ilVicodin, il Percocet e l’OxyContin, grazie al sistema di len-to rilascio della sostanza.

L’OxyContin è stato lanciato per la prima volta nel 1995,generando già nel 2002 un fatturato da 1,5 miliardi di dol-lari. Questo prodotto è stato un tale successo per i fratelliSackler che la rivista Forbes nel 2015 li ha incoronati comenuovi miliardari, con un patrimonio netto di 14 miliardidi dollari. L’affermazione dell’OxyContin sul mercato èdovuta anche al fatto che, quando la pillola viene frantu-mata, viene meno il meccanismo di rilascio a tempo e aquel punto l’antidolorifico offre un effetto simile a quellodell’eroina. Da qui la dipendenza dal farmaco e il suoabuso, che conduce velocemente all’overdose e dunqueal decesso per uso incauto.

Nel 2012, il New England Journal of Medicine ha pub-blicato uno studio che ha rilevato come “il 76% di coloro

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il ritorno dell’eroina

neGli Stati uniti

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IL RAPPORTO ONUOltre a minare in profondità lasalute di milioni di persone, lacoltivazione di sostanzestupefacenti rappresenta unaminaccia per l’ambiente ed è tra leprincipali cause di deforestazione edi distruzione della biodiversità: èl’allarme lanciato dal RapportoMondiale sulle droghe dell’ONU,diffuso a Vienna, che denunciaanche un preoccupante ritornodell’eroina, con quasi 30 milioni diconsumatori e il boom dellacocaina tra i nuovi ricchi dell’Asia. Secondo il rapporto annualedell’UNODC, il problemadell’ambiente è particolarmentegrave nei Paesi delle Ande in cui sicoltiva coca e in quelli asiatici

dediti alla produzione di oppio.Dalle piantagioni illegali allarealizzazione di piste di atterraggioo di strade clandestine, fino alleattività con cui i narcotrafficantinascondono il riciclaggio didenaro, tutto passa attraverso ildisboscamento, osserva l’Ufficiodell’ONU per il controllo delladroga e la prevenzione del crimine,che esprime timori per lasopravvivenza stessa di specieanimali e vegetali. In Colombia, adesempio, si stima che tra il 2001 e il2014 siano spariti 22.400 ettari diboschi all’anno per far posto allepiantagioni di coca. A ciò siaggiungono le sostanze chimicheutilizzate per la produzione dicocaina e oppiacei che inquinano

le campagne, o l’uso eccessivo diacqua in zone dell’Afghanistan.Particolarmente allarmante è, perl’ONU, il ritorno dell’eroina fra ledroghe più diffuse, con 29,6 milionidi consumatori globali. Insieme aglialtri oppiacei che s’iniettano,l’eroina è la droga più pericolosaper la salute. Gli esperti hannoelevato al rango di “epidemia” i casidi overdose negli Stati Uniti, eanche in Europa la situazione èdivenuta preoccupante, nonostanteil calo della produzione del 38%rispetto all’anno precedente. Afavorire la rinascita, i consumatori dioppioidi sintetici utilizzati comesedativi o analgesici che acquistanoi prodotti sul mercato nero.

(Fonte: ONU Italia)

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L’IMPENNATA DI OVERDOSE FATALI DAL 2000 AL 2014

OPPIACEI

EROINA

che cercano aiuto dalla dipendenza da eroina ha iniziatoabusando di narcotici farmaceutici, soprattutto di OxyCon-tin”, disegnando una linea diretta tra il marketing aggressivodell’OxyContin condotto dalla Purdue Pharma e la successi-va epidemia di eroina negli Stati Uniti. Sempre la DEA rivelache milioni di pazienti americani fanno affidamento su far-maci come OxyContin, Vicodin, Percocet o Lortab per il sol-lievo dal dolore, diventandone presto dipendenti.

L’agenzia antidroga nel 2004 ha tentato di ottenere unarevisione delle licenze del Vicodin, ma la Food and DrugAdministration ha respinto tale richiesta nel 2008, soste-nendo come la combinazione di idrocodone nel farmacoavesse meno principio attivo e meno probabilità di un suoabuso da parte dei pazienti rispetto ad altre droghe dellacategoria “Tabella II”. La FDA ha cambiato la sua posizio-ne nel 2013, dopo che il rapporto tra l’abuso di questo far-maco e le overdosi è cresciuto. A ottobre 2014, infine, ilgoverno federale ne ha riconosciuto il rischio inserendoil farmaco sotto la categoria “Controlled Substance Act”,il che ha significato riconoscerne l’alto potenziale di abu-so. Nonostante ciò, il Vicodin è tuttora accettato a livello

medico e oggi i medici possono prescriverne l’uso per unmassimo di 30 giorni rispetto ai precedenti sei mesi. Maquest’accortezza non è bastata a fermarne né la doman-da né l’abuso, al contrario ha generato spaventosi giri diricette false gestite dalla criminalità comune e la produzio-ne di falsi farmaci simili nel principio attivo e poco costosi,che vengono spacciati per strada non meno dell’eroina.Molti di questi contengono Fentanil, il nuovo e più perico-loso analgesico sintetico in voga tra i tossicodipendenti.

La pericolosità dell’abuso di Fentanil è confermata daidecessi per overdose e dai sequestri, in costante aumentolungo l’intero 2015. Il problema principale degli oppiaceisintetici come il Fentanil e l’Acetylefentanil è che sonomolto più forti della stessa eroina e possono causare over-dose anche nei consumatori più esperti, perché sono circacento volte più potenti della morfina. Secondo la DEA, laminaccia del consumo di eroina è particolarmente elevatanelle zone nord-est, nel Mid-Atlantic e nel Midwest degliStati Uniti, dove le agenzie governative deputate al con-trasto di sostanze stupefacenti hanno compiuto i maggiorisequestri di eroina.

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IL MESSICO, LA CENTRALE DELLA PRODUZIONE AMERICANA

La maggior parte dell’eroina entra negli Stati Uniti at-traverso il confine sud-ovest del Messico. Un tempo erala Colombia il primo produttore di papavero da oppio inAmerica e la principale via di smercio verso il nord delcontinente (e, in misura assai minore, verso Perù, Brasilee Argentina). Ma oggi, grazie alla lotta al narcotraffico eagli accordi di pace tra il governo di Bogotà e le FARC, c’èstata una significativa inversione di tendenza e una dimi-nuzione drastica di produzione di oppio (anche se nonvale altrettanto per la coca).

Se oggi la coltivazione di papavero da oppio e la pro-duzione di eroina sono in costante calo in Colombia dal2001, anno in cui la coltivazione raggiunse un picco di6.540 ettari per poi arrivare al minimo storico con soli1.100 ettari coltivati nel 2009 (portando la produzione da11,4 tonnellate di eroina pura a 2,1 tonnellate), in Mes-sico la coltivazione stimata di papavero da oppio è cre-sciuta del 40%, con un potenziale di produzione dieroina pura stimata in almeno 26 tonnellate che interessaoltre 10.500 ettari di terra, secondo il censimento del2012. Questo ne fa dunque il principale fornitore di eroi-na per gli Stati Uniti.

Tuttavia, questi dati sottostimano la vera portata dell’op-pio messicano attualmente in produzione. Nel pe-riodo 2014-2015, infatti, il governo del Messicocon il sostegno dell’UNODC ha condotto la primaindagine congiunta sul peso specifico della pro-duzione di papavero da oppio in Messico. Le areesottoposte a questo tipo di coltura, per lo più si-tuate nelle zone montuose della dorsale occiden-tale, risulterebbero intorno ai 28.100 ettari. Undato confermato dai sequestri di pasta di oppioeffettuati in Messico, aumentati del 500% dal2013 a oggi, parimenti all’eradicazione dei campie ai sequestri della droga già trattata voluti dal go-verno, che sono aumentati rispettivamente del47% e del 42%.

Le meccaniche che sottendono a questo aumen-to smisurato di offerta proveniente dal Messico sa-rebbero legate in parte al processo di legalizzazionedella marijuana in corso negli Stati Uniti, dove 37 statihanno introdotto a vario titolo la liberalizzazionedella cannabis e 4 di questi (Alaska, Colorado, Ore-gon e Washington) hanno già legalizzato ogni for-ma di consumo. Senza considerare i referendum

seguiti alle elezioni presidenziali dell’8 novembre 2016,che hanno portato a 8 gli Stati dove l’uso di marijuana èdel tutto legale.

La riconversione dei campi di marijuana con campi di op-pio trova inoltre giustificazione nei guadagni possibili per icontadini messicani: se, infatti, per ogni chilo di marijuanapressata ed essicata i campesinos ricavano circa 15 dollari(280 pesos), per ogni chilo di pasta di oppio il guadagno èpari quasi a 800 dollari (15mila pesos).

CHI SI CONTENDE IL MERCATO IN MESSICO

I campi più estesi si trovano nello stato di Guerrero e nelcosiddetto “Triangolo d’Oro” tra gli Stati di Sinaloa, Chi-huahua e Durango. Secondo la DEA, solo nel biennio 2013-2014 questi campi sono aumentati del 62%. Il cartello delladroga messicano che ha il controllo dei traffici d’eroina epossiede il know-how necessario per produrla e venderlain grandi quantità è quello di Sinaloa. Il cartello era guidatoda Joaquin “El Chapo” Guzman, catturato nel gennaio del2016 dopo una spettacolare evasione (l’ennesima) dal car-cere di massima sicurezza di Altiplano nel luglio del 2015.Nel suo dossier del 2015 la DEA ha definito il cartello diSinaloa “il fornitore più attivo” di sostanze illecite negliStati Uniti, classificandolo tra le nove grandi organizzazionicriminali internazionali che operano nel Paese.

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LA ROTTA AMERICANA DELL’EROINA

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In Messico, Sinaloa non ha comunque il controllo totaledel mercato dell’eroina. A fargli concorrenza è il potentecartello di Jalisco-Nuova Generazione (CJNG). I due car-telli sono attualmente in competizione per il controllo del-la produzione dei traffici a Guerrero, Michoacan, Colima,e Bassa California. Recentemente, il cartello di Jalisco halanciato la sfida a “El Chapo” rapendo uno dei suoi figliper poi liberarlo.

COME VIENE TRASPORTATA L’EROINAPer decenni l’eroina bianca colombiana ha dominato a

est del Mississippi, mentre quella marrone messicana aovest. Adesso, con il sorpasso che il Messico ha effettuatoai danni della Colombia, la maggior parte dell’eroina cheentra negli Stati Uniti passa attraverso il confine sud-ovest, principalmente dal Texas. Gradualmente i fornitoricolombiani sono stati costretti a spostarsi sempre più versol’East Coast, sfruttando soprattutto la frontiera con la Cali-fornia. L’eroina viene trasportata soprattutto in piccole quan-tità nascoste a bordo delle auto o attraverso tunnelsotterranei (foto sotto). Il suo valore nettamente superiorerispetto a quello di cocaina o marijuana consente di ef-fettuare spostamenti di forniture molto meno ingombranti,

anche se l’andamento del mercato e la crescente richiestanegli USA già nel breve periodo spingeranno i narcos mes-sicani a organizzare spedizioni più sostanziose (e al con-tempo più rischiose).

A COSA È DOVUTA L’ASCESA DEL MESSICO

Nella lotta ai narcos negli ultimi anni il governo messi-cano - sia quello dell’attuale presidente Enrique Pena Nie-to che quello del suo predecessore Felipe Calderón -hanno puntato a catturare o eliminare i vertici dei cartelli(e in buona parte ci sono riusciti) senza però occuparsidella bonifica dei terreni in cui vengono coltivati papaverida oppio e della loro conversione a uso agricolo.

Infine, un altro aspetto da considerare rimanda a un ef-fetto inatteso della guerra alla droga condotta dal governomessicano. Colpiti ai vertici, molti dei cartelli sono staticostretti a riorganizzarsi, ristrutturando non solo le gerar-chie interne ma anche diversificando la loro offerta. Sel’eroina è tornata in auge, e oggi rappresenta la principalevoce d’esportazione dei narcos messicani, è anche perquesto motivo.

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IN EUROPA SI SONO REGISTRATE VARIEONDATE DI DIPENDENZA DA EROINA:

LA PRIMA HA INVESTITO MOLTI PAESI

DELL’EUROPA OCCIDENTALE DALLA METÀ

DEGLI ANNI SETTANTA, MENTRE LA

SECONDA HA INTERESSATO

SOPRATTUTTO L’EUROPA CENTRALE E

ORIENTALE DALLA METÀ ALLA FINE DEGLI

ANNI NOVANTA.

La terza, manifestatasi a metà degli anni Duemila, è sem-brata di minor impatto, poiché soppiantata da unvertiginoso aumento delle droghe sintetiche e della cocaina.Ma, a ben vedere, il fenomeno resta ancora alto.

Il traffico di oppiacei in Europa è alimentato dalla vici-nanza dell’Afghanistan, primo produttore al mondo di pa-pavero da oppio, e dall’offerta delle organizzazionicriminali africane e mediorientali che, complici le guerrein corso, si foraggiano grazie proprio al traffico di stupe-facenti e hanno ormai creato un network lucrativo cuinon intendono rinunciare. Tra queste, vi sono anche for-mazioni militanti jihadiste come Boko Haram (Nigeria),ISIS (Siria e Iraq), Talebani (Afghanistan), che vanno acostituire il fenomeno noto come “Narcoterrorismo”.

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l’eroina

in euroPa

segue

In Europa, l’importazione di eroina si suddivide in duetipi: il più comune è la “brown sugar” (da cui l’omonimacanzone dei Rolling Stones), ossia la forma chimica basedell’eroina, prodotta quasi esclusivamente in Afghanistan- il maggiore produttore di oppio al mondo - e, in misuraassai minore, in Pakistan e in Iran. Molto meno comuni so-no invece la “bianca” (o Elephant) e la “rosa” (o PenangPink), storicamente provenienti dal Sud-est asiatico, princi-palmente da Thailandia e Malesia, e contrabbandate gene-ralmente sotto forma di sali. La “brown sugar” recentementeè stata prodotta anche in Europa orientale (Bulgaria, Ro-mania e Albania), sia pure in piccole quantità.

In Europa gli schiavi dell’eroina, più correttamente de-finiti “consumatori problematici di oppiacei” sono all’in-circa 1,3 milioni di età compresa tra i 15 e i 64 anni.Secondo l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossi-codipendenze, il 3,5% di tutti i decessi dei cittadini euro-pei di età compresa tra 15 e 39 anni è dovuto a overdoseda stupefacenti: in circa 3/4 dei casi si riscontra la presen-za di oppiacei. Il consumo illecito di oppiacei in Europa èancora responsabile di una percentuale sproporzionata-mente alta della mortalità e della morbilità dovuta al con-sumo di droga. Non solo. Oltre a essere la principaleresponsabile delle overdosi europee, l’eroina è anche la so-stanza stupefacente responsabile del 45% delle richieste ditrattamento della tossicodipendenza nell’Unione Europea:solo nel 2012 si sono sottoposti a terapie sostitutive ben700mila consumatori regolari di oppiacei, il 26% dei qualisi è sottoposto a trattamento per la prima volta.

Il calo generale dei sequestri di eroina effettuati in Eu-ropa denota come il fenomeno del consumo di eroina siaminore che in America, ma non per questo meno allar-mante, ed è in controtendenza in paesi come la Turchia,dove invece i sequestri sono in aumento. Meno sequestri,infatti, non significa che vi siano meno consumi, poiché amodificare le statistiche intervengono diversi fattori: l’abu-so di farmaci oppiacei legali, se più contenuto rispetto agliStati Uniti, è il nuovo indicatore che segnala una parzialeripresa dei consumi generali; inoltre, la sensibile diminu-zione nel consumo di eroina pura registrata nell’ultimoquindicennio, si è oggi arrestata.

Se tra il 2002 e il 2010 il numero di sequestri di eroinain Europa si era mantenuto relativamente stabile (circa50mila l’anno), nel 2012 era notevolmente diminuito,scendendo fino a 32mila sequestri (pari a circa 5 tonnel-late di eroina) e segnando il punto più basso registratonegli ultimi 15 anni. Questa tendenza, che segnalava unnetto calo dei consumi, si è però interrotto e già nel 2015la Relazione europea sulla droga rivelava come tra il 2006

e il 2013 dieci Paesi hanno effettuato stime ripetute rela-tivamente al consumo ad alto rischio di oppiacei, che in-dicavano tendenze relativamente stabili. Il che significa,in altre parole, che il calo si è arrestato e, dunque, vi è unconseguente lieve aumento o consolidamento del fenome-no. In particolare, questo è dovuto a due fattori: la com-parsa dei nuovi trafficanti, appunto i “narcoterroristi”, chehanno riversato sul mercato pasta di oppio a prezzi com-petitivi; e il parallelo aumento degli oppiacei sintetici, co-me già segnalato per l’America.

In Europa il paese con il più alto tasso di consumo dioppiacei è la Federazione Russa: la comparsa dell’eroina,in particolare, è corrisposta al crollo dell’Unione Sovietica.Da allora, il paese ha conosciuto una crescita del numerodi tossicodipendenti che si è arrestata solo agli inizi deglianni Duemila. Oggi in Russia si calcola che siano circadue milioni i cittadini dipendenti da eroina, un numerospaventoso che ne fa il più grande consumatore di oppia-cei non solo europeo ma mondiale. Conseguenza di ciò èanche in questo caso la vicinanza con l’Afghanistan le cuirotte del narcotraffico dirette a nord passano proprio dallaRussia, coerentemente con la continuità territoriale ere-dità dei tempi dell’Unione Sovietica. Qui finiscono circa70 tonnellate di pasta da oppio ogni anno, commercializ-zate e rivendute sul mercato regionale per un valore dicirca 13 miliardi di dollari.

Per quanto concerne gli oppiacei sintetici, invece,quest’ultima tendenza non è stata ancora sufficientemen-te indagata. Nel 2012, ancora secondo l’Osservatorio euro-peo delle droghe e delle tossicodipendenze, in 17 paesieuropei (dunque nella maggioranza dei casi) più del 10%dei consumatori di oppiacei che per la prima volta si è sot-toposto a trattamento specialistico della tossicodipendenza,lo ha fatto per via dell’abuso di oppiacei diversi dall’eroi-na. Tra questi, a fare la parte del leone sono stati il meta-done, la buprenorfina e il fentanil. In paesi comel’Estonia, addirittura, queste droghe sono ormai gli op-piacei più comuni e la maggior parte dei pazienti consu-ma direttamente fentanil, mentre in Finlandia la maggiorparte dei consumatori di oppiacei assume la buprenorfinacome droga primaria.

IL RICICLAGGIO: IL CASO ROMANIATutto l’affare dell’eroina, così come per qualsiasi altra

attività criminale, non sarebbe profittevole senza un’altacapacità di riciclaggio del denaro sporco: senza il serviziodi “lavanderia” la criminalità non potrebbe, infatti, utiliz-zare gli enormi proventi della droga. In questo caso, oc-correrebbe un’intermediazione simile a quella operata dal

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segue

ricettatore che trasforma i proventi dei reati in denaro. Alivello locale, i piccoli criminali possono riciclare il denarodella droga con acquisti e successive rivendite di merci oimmobili, con ditte e operazioni commerciali fantasma,ma questo corrisponde soltanto a una piccola quota del-l’intero ammontare. La maggior parte dei capitali da rici-clare passa direttamente nel circuito finanziario: tramitebanche o istituti finanziari off-shore, tramite i circuiti uffi-ciali, fondi d’investimento o talvolta direttamente attraver-so banche che già trattano capitali illegali frutto dievasione fiscale e di fondi neri. La Romania, in questo ca-so, è il paradiso dei narcotrafficanti che commerciano in op-pio. Per la permeabilità delle sue frontiere, uno dei maggioripunti di approdo dell’eroina che attraversa il Mar Nero dallaTurchia è proprio la costa rumena: da lì passa infatti la viadella droga che taglia verso ovest, in direzione di Ungheriae Serbia e raggiunge poi il cuore dell’Europa. La città ditransito e smistamento principale è Timisoara.

Sede di svariate fabbriche, Timisoara è una città bene-stante secondo gli standard rumeni. I suoi 320mila abitan-ti, tuttavia, sono un numero davvero esiguo pergiustificare il numero particolarmente alto d’istituti ban-cari, assicurazioni, finanziarie e società di consulenza in-ternazionale. Ma la città, si è detto, è centro nevralgico perlo smistamento dei proventi della droga, così come per iltraffico verso l’Europa di armi e donne da avviare alla pro-stituzione, con altrettanto profittevoli capitali da gestire.

Una situazione di analoghe operazioni finanziarie si ri-scontrano a Melilla, microscopica enclave spagnola sullacosta mediterranea del Marocco. Qui la popolazione contaneanche 80mila abitanti, è tendenzialmente povera e conun alto tasso di disoccupazione, eppure sono presenti ben

sette filiali delle maggiori banche spagnole. La città, inol-tre, è punto nevralgico dell’immigrazione clandestina inSpagna, gestita da gruppi terroristici nordafricani. Stessaidentica situazione si verifica nell’altra enclave spagnoladi Ceuta, protesa nello stretto di Gibilterra verso la Spagna.Entrambe sono punto vitale di passaggio della droga deicartelli internazionali: dalla cocaina sudamericana sbar-cata sulle coste dell’Angola alle tonnellate d’hashish deisignori della guerra del Sahel.

Nel rapporto sulla droga UNODC 2009, è stato eviden-ziato come il denaro della droga sia stato utilizzato persinonei salvataggi di banche durante la grande crisi del 2008.Secondo il rapporto, infatti, “I prestiti interbancari sono sta-ti finanziati con i soldi che hanno avuto origine dal trafficodi droga e altre attività illegali […] segno che alcune banchesono state salvate in questo modo […] In un momento digrandi fallimenti bancari, i banchieri sembrano credere cheil denaro non abbia odore”. A solo titolo di esempio, va ri-cordato lo scandalo finanziario della banca americana diservizi finanziari Wachovia: la quarta bank holding com-pany americana per quantità di asset è stata forzatamenteacquisita da Wells Fargo nel 2008 su mandato governativoper evitarne il fallimento. In quell’occasione, ha riciclatoconsapevolmente (cioè conoscendone la provenienza) iproventi del traffico di cocaina dei cartelli messicani perqualcosa come 380 miliardi di dollari.

Il governo americano, seguendo la linea di non incrimi-nare le grandi banche “too big to fail”, ha pertanto punitola Wachovia con una sanzione di soli 160 milioni di dol-lari versati al Tesoro, nonostante negli Stati Uniti le peneper dei semplici corrieri della droga oscillino tra i dodicie i vent’anni di carcere.

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SEQUESTRI DI OPPIACEI NEL MONDO (2004-2014) SEQUESTRI DI OPPIACEI IN EUROPA (2004-2014)

SECONDO IL WORLD DRUG REPORT

2011 DELL’UNODC (UNITED

NATIONS OFFICE ON DRUG AND

CRIME), IL 95% DELL’EROINA CIRCOLANTE

NEL MONDO PROVIENE DALL’OPPIO

COLTIVATO IN AFGHANISTAN. DA MOLTI

ANNI L’AFGHANISTAN HA SOPPIANTATO

NELLA PRODUZIONE DI OPPIO IL

COSIDDETTO TRIANGOLO D’ORO:

THAILANDIA, LAOS E BIRMANIA, DOVE

RIMANE LA RESTANTE PARTE DELLA

PRODUZIONE ECCETTUATE ALCUNE

PRODUZIONI IN MESSICO E NELLE AREE

MEDIORIENTALI OGGI CONTROLLATE

DALLO STATO ISLAMICO.

Le province afghane dove è maggiore la coltivazione so-no quelle del Sud e dell’Ovest, cioè quelle dove è deboleil controllo delle truppe NATO, anche se circa 220 ettaricoltivati a papavero sono presenti proprio nella provinciadella capitale Kabul. Mediamente, da ogni ettaro si pos-sono ricavare fino a 15 o anche 20 chili di oppio nelle an-nate buone.

La redditività della produzione - raddoppiata da 4.900a 10.700 dollari per acro a seguito dell’aumento del prezzodell’oppio, triplicato dal 2009 a oggi - ha portato negli ul-timi anni sempre più contadini a scegliere la produzionedel papavero, con un incremento dell’area coltivata del 7%(ma le piantagioni sono aumentate del 36% negli ultimi

dodici anni), nonostante l’eradicazione delle piantagionidel 3% operata sotto direzione dell’UNODOC. Del resto,il papavero essiccato porta mediamente ai coltivatori 240euro al chilo, quando un chilo di fagioli garantisce unguadagno di appena 2 euro.

Gi ettari coltivati in Afghanistan sono così aumentatidai 123mila del 2010 ai 209mila del 2013, anno record incui la produzione è stata la maggiore di tutti i tempi, por-tando la produzione a inglobare altre tre province finora“poppy free”, ovvero libere da papaveri: il tasso di au-mento più sensibile si è registrato in quella di Nangarhar.A contribuire a questa impennata, negli anni vi è statoanche un aumento della redditività dei terreni, che haportato il totale della produzione annuale a circa 5.800tonnellate. L’equivalente, una volta raffinato l’oppio, dicirca 600 tonnellate di eroina.

Oggi l’oppio contribuisce al PIL afghano con 16,34 mi-liardi di dollari, su un totale di 27,36 pari al 60%. Quellodel papavero è praticamente l’unica industria nazionalein Afghanistan, diventato a tutti gli effetti un narcostato.

Se l’Afghanistan in passato era solo un paese esporta-tore, con l’arrivo dei Talebani è divenuto anche raffinatoredell’oppio grezzo in eroina, grazie a laboratori dove lavo-rano i migliori “chimici” del settore, soprattutto turchi eiraniani. Mentre l’anidride acetica utilizzata per la sintesidell’eroina è fornita da Europa (Francia, Germania), Rus-sia e Cina. Questi laboratori raffinano oggi la quasi totalitàdell’oppio prodotto e producono quindi la quasi totalitàdell’eroina poi immessa nel mercato.

Una volta prodotta, l’eroina giunge sui mercati di desti-nazione per varie vie di contrabbando. E per ogni paesedove transita produce un aumento esponenziale della tos-sicodipendenza e dell’HIV, nonché della criminalità (soloin Afghanistan, nel 2012 i consumatori regolari di droga si

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le rotte euroPee

dell’oPPio, l’afGhaniStan al

centro di tutto

segue

aggiravano intorno a 1,3 milioni su una popolazione di23 milioni). Data la natura tribale del potere e della divi-sione del territorio in Afghanistan, ogni transito di drogaè gestito da tribù locali. Le più potenti sono gli Afridi checontrollano il Passo del Khyber, attraverso cui scorre unavera e propria “drug pipeline”. Come ogni altra merce,l’eroina è soggetta alla spartizione del guadagno lungo lastrada dalla produzione al consumo. Le principali vied’uscita della droga dall’Afghanistan sono a Nord, a Oveste a Sud.

La via del Nord - Passa per i tre paesi centro-asiatici con-finanti: Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan. Quando sisono liberate le frontiere alla caduta dell’Impero sovietico,è stata prontamente ripristinata l’antica via della seta peril transito di una merce assai più preziosa. La stima dellaquantità di droga afghana che transita su questa via è ap-prossimata tra un 50% e un 60% del totale. Non c’è peròdubbio che il passaggio stia crescendo d’importanza.

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Non coltivate nel 2014Meno del 50%

Diminuzione da 1% a 49%Crescita da 1% a 49%

Crescita superiore al 50%

L’INCREMENTODELLA COLTIVAZIONE

AREA PER AREA2013 vs. 2014

Kabul

Sar-e PolFaryab

Badghis

Zabul

Badakhshan

Nangrahar

Ghor

Farah

Helmand Kandahar

LE CONSEGUENZE PER LA SANITÀPer capire il danno a lungo termine dell’abuso di oppiacei, edi eroina in particolare, bisogna segnalare due tendenze:l’aumento dell’età media e l’aumento dei decessi. Tra il 2006e il 2013, l’età media dei tossicodipendenti in trattamento inEuropa per abuso di oppiacei è cresciuta di 5 anni. Durantelo stesso periodo, l’età media dei decessi indotti da oppiaceiè aumentata da 33 a 37 anni. Il che, secondo l’Osservatorioper le droghe europeo, è dovuto alla poli-assunzione prolungatadi oppiacei da parte di chi ha raggiunto un’età compresa tra i40 e i 50 anni, complici cattive condizioni di vita e di salute,il consumo correlato di tabacco e alcol e il deterioramentolegato all’età del sistema immunitario. Questi soggetti sonoesposti a una serie di problemi sanitari cronici, tra cui problemicardiovascolari, polmonari, infezione con il virus dell’epatiteche può esporre maggiormente questi soggetti al rischio dicirrosi o altri problemi epatici. Ciò crea un impatto crescentesui servizi di trattamento e di sostegno sociale.

I costi relativi al trattamento della tossicodipendenzacontinuano a derivare per lo più da problemi radicati nelle“epidemie” di eroina degli anni Ottanta e Novanta.Nonostante un decennio di calo nei consumi, la dipendenzada eroina si caratterizza per una storia clinica in cui itossicodipendenti sono soggetti a cicli di ricadute e trattamentiinvasivi. L’Unione Europea ha investito molto nelle terapiesostitutive per la dipendenza da oppiacei ma, nonostantequesto, i tossicomani sono ancora tre quarti di milione.

segue

LA COLTIVAZIONE DI OPPIO IN AFGHANISTAN

Il Tajikistan dalla fine dell’Unione Sovietica prima edalla guerra civile del 1992-1997 poi, è divenuto per l’im-pervietà del territorio, la miseria della popolazione, lascarsa forza e presenza dello Stato, il principale corridoioverso l’emergente mercato russo e il tradizionale mercatoeuropeo. Dal distretto di Ishkashim attraverso il fiumeAmu Darya, piegando per la città di transito di Chorugper la sola grande strada dalla provincia di BadakhshoniKuhi che porta fino a Os e alla Ferghana Valley in Kirghi-zistan: la droga afghana può da lì andare a Ovest, versoil Mar Caspio, l’Azerbaijan e la Georgia. O a Nord, attra-versando il Kazakhstan verso la Russia dove nel 1999 ègiunta fino a Novosibirsk e Irkutsk, in Siberia. Anche ilTurkmenistan è divenuto uno dei maggiori passaggi pergli oppiacei afghani: la maggior parte dei sequestri sonoavvenuti a Kushka, principale posto di frontiera tra i duepaesi.

La via del Sud - Considerata la via principale fino a chenon è cresciuta quella del Nord, transita per il Pakistanattraverso i 1.200 chilometri di frontiera del Baluchistancon due delle province afghane a maggior produzione dieroina, Helmand e Kandahar. Dal Pakistan raggiunge laCina via terra, mentre arriva in Africa, Oceania e Americavia mare (ma anche via area dall’aeroporto di Karachi).Un’altra parte percorre via mare la Costa Arabica, perl’Iran e la Turchia, e da lì raggiunge il mercato europeo.Punto di snodo fondamentale della “golden route” delladroga è la città di Mand, nella regione del Baluchistan cheaffaccia sul Mar Arabico, e a meno di venti chilometri dalconfine con l’Iran.

La via dell’Ovest - È quella verso l’Iran. Offre infinitepossibilità d’infiltrazione per il lungo e doppio confinecon Afghanistan e Pakistan, e per gli oltre duemila chilo-metri di coste. Una porzione della droga si ferma nel pae-se per il consumo interno ma la maggior parte prosegueper la Turchia, passaggio obbligato per giungere in Euro-pa. Due vie minori portano in Africa: dal Nord della pe-nisola arabica all’Egitto, attraverso il Golfo Persico erisalendo verso il Mar Rosso. Le province orientali turchedell’Hakkari, del Van e di Igdir, confinanti con la provin-cia iraniana dell’Azerbaycan-e-Khavari, sono punto prin-cipale di transito della droga verso Ovest: da Istanbul perl’Europa centrale, e verso il Nord dell’Anatolia per arri-vare in Ucraina e Russia.

Il Sud Italia, l’Albania, la Serbia e il Montenegro sonole ultime tappe della rotta balcanica per lo smistamentoin Europa di una quantità di eroina pari al 30% di quellaprodotta in Afghanistan. La quantità di droga di passaggio

dalla Turchia è tale che il suo flusso è controllato da qual-cosa come 140 gruppi criminali. La mafia turca, ancheper le ramificazioni nei paesi ove vi è emigrazione dalpaese, è il principale network internazionale del trafficodi oppio.

LA CORRUZIONEData l’enorme quantità di denaro mosso dal traffico di

eroina, e quindi la sua forte capacità di corruzione, la suarepressione non è lineare. Nell’importante snodo di Mandin Baluchistan, ad esempio, il ras locale - Imam Deen, pri-mo tra i ricercati dalla narcotici pakistana - si muovevatranquillamente in città, così come nella capitale Quetta,dove era solito intrattenersi per gestire i necessari appoggipolitici. Una storia che ricorda da vicino quella dei narcossudamericani.

In Afghanistan, secondo il rapporto UNODC, i Talebanipretendono dai contadini una tassa del 5% del ricavatototale dell’oppio prodotto nei loro territori (che corrispon-de a oltre un quarto del totale dei loro finanziamenti, cheprovengono soprattutto da donazioni dal mondo musul-mano), mentre ai produttori va circa il 20%. Il restante75% è spartito tra funzionari di governo, polizia, media-tori e trafficanti locali, ma soprattutto signori della guerrae milizie locali.

Nel magma di forze anti-talebane supportate dalla NA-TO, nessuna è immune dal prendere parte al traffico didroga. L’Afghanistan è un tutt’uno inestricabile conl’eroina, tanto che le forze NATO anti-talebani sonospesso costrette, per ottenere la collaborazione dei con-tadini, ad affiggere cartelli in cui dichiarano di non volerdistruggere le piantagioni di papavero, così come era sta-to stabilito e fatto (inutilmente) in precedenza dall’Am-ministrazione statunitense in seguito all’invasione delpaese. Tra i vari signori della guerra, una figura premi-nente è quella del generale Nazri Mahmad: oltre a con-trollare una porzione significante di territorio coltivatoa oppio, ha ottenuto persino un contratto per provvederealla sicurezza del Team di Ricostruzione Provinciale te-desco (PRT), che operava nel contesto della ricostruzio-ne del paese promossa dall’Occidente. Significativo, nelcontesto dell’ambiguo contrasto al narcotraffico afgha-no, che dal 2006 non si siano più avute importanti con-danne per grandi trafficanti di droga: i processi, infatti,non giungono a termine per ragioni di corruzione o perinterventi dall’alto dell’apparato governativo. È così cheda allora tanto i signori della guerra, quanti i capi tribalie i ras locali, sono divenuti praticamente immuni allepene detentive.

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w w w . l o o k o u t n e w s . i t