IPOGEA · Alberto Verrini Le miniere di 52 Monteneve eRidanna Fabrizio Ardito SCHEDE 57 Lazio: la...

64
.s :s ..... '" > <:> C '" 0 ~ <:> ~ '" a, '" .= '" > ~ Q o "'" ~ ~ "" ~ "" \C '" e< er ~ .:;; c '" '" E E e <> '" ~ ~ ;j< Ifl .•. ... '" e "'" .Q .:;; '" 0= -O Q e, <J) .,.. .;, I t-. .,.. ru t- fT1 '"' I fT1 ..n ;> .-'l .... <O O I <O Z <O Z Z -< rn VJ '" H o e '" ,.., Z '" " z vr " l E °C 'O '" I " <::" ~ o;: ~ 2002 3 Erga~ edizioni OPERA IPOGEA Alla scoperta delle antiche opere sotterranee APICULTURA RUPESTREA MALTA Liguria: castelli e cisterne in Valle Scrivia Liguria: le ghiacciaie della Valbormida Sicilia: la fontana di Bonamorone ad Agrigento Itinerari: le miniere di Monteneve e Ridanna

Transcript of IPOGEA · Alberto Verrini Le miniere di 52 Monteneve eRidanna Fabrizio Ardito SCHEDE 57 Lazio: la...

.s:s.....

'"><:>C

'"0

~<:>

~'"a,'".='">~Qo"'"~:§~""~""\C'"e<er~.:;;c'"'"EEe<>

'"~~

;j<Ifl.•....'"e"'".Q.:;;

'"0=-OQe,

<J) .,...;,I

t-. .,..rut- fT1

'"' IfT1..n

;> .-'l.... <O

O I<O

Z <O

Z Z-< rnVJ

'" Hoe'",..,Z'""zvr

"l E°C'O

'"I "<::"

~o;:~

2002

3Erga~ edizioni

OPERAIPOGEAAlla scoperta delle antiche opere sotterranee

APICULTURA RUPESTREA MALTA

Liguria: castelli e cisterne in Valle ScriviaLiguria: le ghiacciaie della Valbormida

Sicilia: la fontana di Bonamorone ad AgrigentoItinerari: le miniere di Monteneve e Ridanna

SommarioOPERE INSEDIATIVE CIVILI

Castelli e cisterne 3I sistemi di approvvigionamento idrico

nei castelli dell'Alta Valle ScriviaAntonella Pasquale

Apicoltura rupestre a Malta 19Roberto Bixio, Mauro Traverso,

Raffaele Cirone

La Fontana di Bonamorone 27Il sistema di approvvigionamento idrico

di una delle fonti storiche di AgrigentoG. Lombardo, E. Vecchio, A. Baia

Le ghiacciaie coperte della 37ValbormidaAlberto Verrini

Le miniere di 52Monteneve e Ridanna

Fabrizio Ardito

SCHEDE 57Lazio: la Cisterna di Cori 58

Lazio: ipogeo dietro al vecchio aponificio 60

OPERE IDRAULICHE

ITINERARI

Segnalibri 62

Indice anno 2002 63

Il contenuto e la forma degli articolipubblicati impegnano esclusicamente gli

Autori. Nessuna parte della presente pubbli-cazione può essere riprodotta in alcun modo

senza il consenso scritto degli Autori.

Finito di stampare il 9/6/2003

OPERA IPOGEAAlla scoperta delle antiche

opere sotterraneeMemorie della Commissione Nazionale

Cavità Artificiali

Rivista quadrimestrale dellaSocietà Speleologica Italiana

Anno IV - Numero 3Settembre/Dicembre 2002

Autorizzazione del Tribunale di Genovan. 16/99 del 25/5/99

Proprietario:Società Speleologica ItalianaDirettore Responsabile:

Carla GaleazziDirettore Scientifico:

Vittorio CastellaniComitato Scientifico:

M. Bertolani", R. Bixio, G. Cappa,P. Guglia, L. Laureti, R. Nini,

M.L. PerissinottoRedazione:

A. De Paolis, C. Galeazzi, C. Germani, A.Lauriti, Y Nekrasoua, A. Verrini,

. Progetto grafico:Antonio De Paolis

Composizione ed impaginazione:C. Germani, A. De Paolis

Foto di copertina:Il Castello della Pietra

(foto A. Pasquale e D. Massazza)

REDAZIONEVìa Po, 2 - 00198 RomaTel. (+39) 068418014/5/7

Fax (+39) 068411639e-mail: [email protected]

http://www.ssi.speleo.it

Abbonamenti,distribuzionee pubblicità:

Erga EdizioniVia Biga, 52R 16144 Genova

Tel. (+39) 0108328441Fax (+39) 0108328799

e-mail: [email protected]://www.erga.it

Stampa:Erga Edizioni

Editore e amministrazione:Erga Edizioni

N° 3 -2002 Opera Ipogea 3

Castelli e cisterneI sistemi di approvvigionamentoidrico nei castelli dell'Alta ValleScrivia

Antonella Pasqualecollaboratore Dip. di Scienze per l'Architettura, Univo di Genova.danant®tor.it

AbstractThe lack of sure data about the water supplying systems in Montelario castle, one ofthe mostimportant medie val fortresses in Genoese Apennines, was the starting point of a first studyamong other castles in High cricia Valley. The aim ofthe research was to verify the commonelements amongst the different sysiems of water supplying in the fortified architectures of theregion. Following a first examination. of the historical sources, a series of instrumentalinspections of the explored buildings was done. Reconstructions and maintenances that havebeen overlapped in the courseofthecenturies and, above all, the conditions in which currentlythe great part of the castles is, represented obstacles not always surmountable at this level ofsurveying. Despite this situation, the data collected until now can be considered satisfactory:in fact, among the explored castles, we have not been able to recover traces or news aboutsystems of supplying only in OTlJ!SSOro,Borgo Fornari and Ronco Scrivia. The castles ofIsola del Cantone, the fortified palaee of Senarega and the storm-proof «della Pietra» fortress,still present an interesting cision. of their reservoirs. Doria Pamphilj's archives preservedocuments that prove the presenee and the position of a reservoir in the castle of Torriglia.Documents dating back to the fi{teenth century confirm the presence of one reservoir in Fieschi'scastle in Montoggio, under the touier of Saint Rocco. In Savignone, the first inspection seemsto confirm the hypothesis oftuio dif!erent reservoirs. Another important aspect to be consideredis the common use of the baked da_ pipes. Thanks to the endoscopic instruments that CophosS.r.l. gave at our disposal, - has been possible to widen the field ofthe surveying, proceedingto a direct visual contral of the pipe-linee still presented inside of masonries. The most part ofthem was composed of elemen mode ofthe glazed earthenware, of log-conical shape, fittedone within the other in successio _ The only exception is represented at Doria's castle inTorriglia. Some documents: back to the seventeenth century, show the employment ofthe lead pipe-lines near the - and under the porch. Besides, a couple of marble tubeshas been discovered on the side of the castle, near the ancient tower. The reservoirs, thecohesion between the natural elements and the work of a man represents an aspect of the

4 N° 3 ' 2002 Opera Ipogea

particular interest: the ruins of Spinola/e castle in Pietrabissara, sufficient to identify withgood approximation a reservoir dug in the conglomerate, and the second reservoir in thefortified palace of Senarega, represent two interesting examples, even if «della Pietra» castleis particularly meaningful. In fact, it rises between two huge towers of conglomerate, in anarea where rain is the only source of water supplying. After a long time, today it is possible toha ve a rather clear vision of its water supplying system: a centrai reservoir, just under thefloor of the main hall, connected with other two cisterns, dug in the towers of stone. Totalcapacity exceeds 135 mi. The level of the atmospheric precipitations in this area exceeds1.500 mm. of rain and the receiving surface of the castle can be calculated in 230 m2: itmeans about 345.000 litres of available water! At the moment, the analysis of all the datacollected through this first approach to the castles of High Scrivia Valley is still incompletebut we are able to confirm that reservoirs and glazed earthenware pipes are the commonelements in the most part of these fortresses.

Fig. 1: carta di riferimento trattada "Terre e mare di Genova, unaprovincia sotto gli occhi" di BrunoRepetto e Giulio Ferrando - Pro-vincia di Genova.

16(<.

\.· .•~ffJ:rP..4I 8.11

k, .... ....,...--Rt S,

Keywords: artificial cavity,cisterns, Scrivia Valley.Parole chiave: cavità arti-ficiali, cisterne, Valle Seri-ma.

N° 3 . 2002 Opera Ipogea 5

Foto 1: Isola del Cantone, Castello Spinola Mignacco (foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

IntroduzioneNel 1225, tutta l'Alta Valle Scrivia era an-cora una volta teatro di duri contri tra learmi di Tortona e Alessandria da un lato equelle della Repubblica di Genova dall'al-tro. Incalzate d'appresso, le forze dei comu-ni piemontesi si rinchiusero tra le torri e ledoppie mura del castello di ),Iontelario, lapiù formidabile fortezza appenninica nellemani di Tortona. Gli «Annales del Caffaro!raccontano così la cronaca della loro re a ela caduta del castello di 1ontelario: «... nonpotendo per l'arduità del luoeo espugnaremanualmente esso castello ed anco metterecon comodità le scale ... co truirono in bre-ve spazio di tempo un trabocchetto; e men-tre che percoteano le muraglie del castellocon grandissime pietre, e alquan e pietreavean gettate dentro, così che arean rotta lacisterna di esso castello ... che gli uominidel detto castello, i quali noti potendo difen-dersi né uscire di là in niun modo,impetrarono sicurtà e fidanza ....

Negli anni immediatamente successivi, laLega Lombarda impose ai genovesi la resti-tuzione del castello e la riparazione a pro-prie spese dei danni provocati: 3125 lirepavesi di cui 700 destinate alle mura ester-ne, 1000 per le mura vere e proprie, 1200per i danni inferti alle due torri, 25 per lastrada d'accesso e 200 lire per la chiesa, leabitazioni e la cisterna. Dopo quella cocen-te sconfitta, può sembrare strano che itortonesi limitassero i loro sforzi ad unasemplice riparazione e non provvedessero aproteggere con maggior cura le riserveidriche della fortezza.Purtroppo, il ricordo del castello di Monte-lario è sopravvissuto solo grazie ai documen-ti dell'epoca e nemmeno un frammento del-le sue mura è rimasto a testimoniarne l'esi-stenza. Oggi, la presenza di una cisterna sot-terranea, all'interno del presunto perime-tro murario, consente solo di formulare con-getture tutte da verificare. Nel caso di una

6 N° 3 -2002 Opera Ipogea

datazione coeva, infatti, sarebbe possibileipotizzare sia la costruzione di un doppio si-stema di raccolta, sia l'abbandono della ci-sterna esterna in muratura per una conser-va sotterranea.La mancanza di dati certi e la conoscenzasommaria riguardo ai sistemi di approvvi-gionamento idrico in quella che fu una dellepiù temute fortezze dell'Appennino genove-se hanno suggerito l'idea di uno studio an-che tra gli altri castelli dell'Alta Valle delloScrivia. Pur senza la pretesa di risolvere ogniquestione inerente ad una tematica cosìcom-plessa, si è pertanto deciso di compiere untentativo per raccogliere il maggiore nume-ro di dati possibile, da confrontarsi con i do-

cumenti storici e le fonti iconografiche dispo-nibili, allo scopodi verificare gli elementi incomune tra i diversi sistemi presenti nellearchitetture fortificate dell'area.

Le indaginiDopo una prima selezione, si è stabilito diprendere in considerazione un gruppo di do-dici castelli, eretti tra il X ed il XVI secolo,che pur non comprendendo tutte le architet-ture fortificate dell'Alta Valle Scrivia, si èdimostrato una base idonea per rappresen-tare l'architettura castellana della valle (vedifig.1 e tab.1). Ad un primo esame delle fontistoriche, ha così fatto seguito una serie disopralluoghi e di verifiche strumentali degli

Castelli Cisterne Tipologia

Castello Spinola Mignacco 1 - Visibile Sotterranea - muraturaIsola del Cantone (loc.Piano)

Castello Spinola 1 - Visibile Sotterranea - muraturaIsola del Cantone (loc.Cantone)

Castello Spinola Nessuna informazioneMontessoro

Castello di Montelario 1 - Visibile Sotterranea - rocciaRoncoScrivia (Monte Reale)

1 - Scomparsa Esterna - muraturafonti: Caffaro

Castello della Pietra 3 - Visibili Sotterranee - roccia e muraturaVobbia

Castello Spinola 1 - solo ruderi Sotterranea - rocciaPietrabissara interpretazione da confermare

Castello Spinola Nessuna informazioneRoncoScrivia

Castello Spinola Nessuna informazioneBorgofornari

Castello Fieschi 1 SotterraneaSavignone presenza da accertare

1 - visibile Esterna - muratura

Castello Fieschi 1 - scomparsa SotterraneaMontoggio fonti del XN sec.

Casa forte Fieschi 1 - visibile Sotterranea - roccia e mura turaSenarega

Castello Doria 1 - nascosta da ruderi MuraturaTorriglia fonti del XVIII sec.

Tabella 1: i dodici castelli, eretti tra il X ed il XVI secolo, presi in considerazione nell'opera.

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 7

Foto 2: Vobbia, Castello della Pietra. Il castello visto dall'antico Ponte di Zan (foto di Antonella Pasquale eDaniele Massazza).

edifici interessati. I lavori di manutenzionee rifacimento che si sono ovrapposti nel corsodei secoli e, soprattutto, le condizioni in cuiversa attualmente la gran parte dei castelli,hanno rappresentato o tacoli non empresuperabili a questo livello di indagine.

Foto 3: Isola del Cantone, I.JaSiliUJ;:':;1r'(;1!a

La cisterna sotterranea oggiAntonella Pasquale e Daniele MaSSC'ZZi.:<,

Grazie ai controlli strumentali e ai riscontriottenuti dall'analisi di fonti documentarie, èstato possibile verificare la pressoché costan-te presenza di cisterne, esterne o sotterra-nee, in quasi tutti i castelli considerati, av-valorando l'ipotesi che presenta queste strut-

Foto 4: Isola del Cantone, Castello Spinola Mignacco.La cisterna sotterranea, dettaglio della parete di fondo(foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

8 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Foto 5: Isola del Cantone, Castello Spinola Mignacco.Il pozzo da cui veniva attinta l'acqua, visto dalla cister-na (foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

ture come un carattere costante dell'archi-tettura castellana dell'Alta Valle Scrivia. IlCastello Spinola Mignaccoad Isola del Can-tone (foto 1), la casa forte di Senarega, losplendido nido d'aquila rappresentato dalCastello della Pietra (foto2), permettono an-cora oggi un'interessante visione delle lorocisterne (fig. 2, foto 3, 7 e lO). I documenti ele planimetrie custodite nell'archivio roma-no della famiglia Doria Pamphilj indicanocon chiarezza la presenza e la posizione diuna cisterna nel castello di Torriglia, i si-stemi di captazione ed alcuni particolaridella manutenzione necessaria. Fonti sto-riche risalenti al XV secolo", confermano lapresenza di una capace cisterna aMontoggio, in quella che fu la fortezza pereccellenza della famiglia Fieschi. ASavignone, inoltre, una prima ispezionepare avvalorare l'ipotesi di due diverse ci-sterne, la prima esterna in muratura ed unaseconda sotterranea, mentre, tra i pochiruderi che dominano l'abitato diPietrabissara, sembra sia possibile identi-ficare una riserva scavata nel conglomera-t03. Per quanto riguarda i castelli di RoncoScrivia, Borgo Fornari e Montessoro, inve-ce, a causa delle attuali condizioni, non èancora stato possibile giungere ad alcun tipodi conferma. Pare comunque piuttosto im-probabile, almeno per i primi due, ipotizza-re l'assenza assoluta di un sistema di ap-

provvigionamento idrico simile a quelli iden-tificati" altrove.Un altro aspetto importante, accertato du-rante le verifiche strumentali, è l'impiegodi tubature in cotto, comune a quasi tutti icastelli considerati. Grazie alla strumenta-zione disponibile, composta di un sistemavideoendoscopico completo, di sonde a fibreottiche e di numerose ottiche rigide, è statopossibile ampliare il campo delle verificheprocedendo ad un controllo visivo direttodelle tubazioni presenti all'interno dellemurature. Nella gran parte dei casi, questesono risultate composte di elementi in cot-to, di forma tronco-conica, incastrati l'unodentro l'altro in successione. L'utilizzo dimalte impermeabilizzanti garantiva un in-castro a tenuta. Gran parte dei repertivisionati, pur mostrando una certa varietà,sia dal punto di vista del diametro, sia per

/L,A

/L~[.

-l ,IJ

B

.2 3•

Fig. 2: castello Spinola Mignacco di Isola del Cantone- schizzo della pianta della cisterna.

8 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

Foto 5: Isola del Cantone, Castello Spinola Mignacco.Il pozzo da cui veniva attinta l'acqua, visto dalla cister-na (foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

ture come un carattere costante dell'archi-tettura castellana dell'Alta Valle Scrivia. IlCastello Spinola Mignacco ad Isola del Can-tone (foto 1), la casa forte di Senarega, losplendido nido d'aquila rappresentato dalCastello della Pietra (foto2), permettono an-cora oggi un'interessante visione delle lorocisterne (fig. 2, foto 3, 7 e lO). I documenti ele planimetrie custodite nell'archivio roma-no della famiglia Doria Pamphilj indicanocon chiarezza la presenza e la posizione diuna cisterna nel castello di Torriglia, i si-stemi di captazione ed alcuni particolaridella manutenzione necessaria. Fonti sto-riche risalenti al XV secolo", confermano lapresenza di una capace cisterna aMontoggio, in quella che fu la fortezza pereccellenza della famiglia Fieschi. ASavignone, inoltre, una prima ispezionepare avvalorare l'ipotesi di due diverse ci-sterne, la prima esterna in mura tura ed unaseconda sotterranea, mentre, tra i pochiruderi che dominano l'abitato diPietrabissara, sembra sia possibile identi-ficare una riserva scavata nel conglomera-t03. Per quanto riguarda i castelli di RoncoScrivia, Borgo Fornari e Montessoro, inve-ce, a causa delle attuali condizioni, non èancora stato possibile giungere ad alcun tipodi conferma. Pare comunque piuttosto im-probabile, almeno per i primi due, ipotizza-re l'assenza assoluta di un sistema di ap-

provvigionamento idrico simile a quelli iden-tificati" altrove.Un altro aspetto importante, accertato du-rante le verifiche strumentali, è l'impiegodi tubature in cotto, comune a quasi tutti icastelli considerati. Grazie alla strumenta-zione disponibile, composta di un sistemavideoendoscopico completo, di sonde a fibreottiche e di numerose ottiche rigide, è statopossibile ampliare il campo delle verificheprocedendo ad un controllo visivo direttodelle tubazioni presenti all'interno dellemurature. Nella gran parte dei casi, questesono risultate composte di elementi in cot-to, di forma tronco-conica, incastrati l'unodentro l'altro in successione. L'utilizzo dimalte impermeabilizzanti garantiva un in-castro a tenuta. Gran parte dei repertivisionati, pur mostrando una certa varietà,sia dal punto di vista del diametro, sia per

.f.L-

ALft--, \

• I

l

iB

.2 3~

Fig. 2: castello Spinola Mignacco di Isola del Cantone- schizzo della pianta della cisterna.

N° 3 -2002 Opera lpogea 9

Foto 6: Vobbia, Castello della Pietra. Il tetto e il corpo principale visti dalla cima del torrione maggiore (foto diAntonella Pasquale e Daniele Massazza).

Foto 7: Vobbia, Castello della Pietra la cisIema rica-vata nel conglomerato del torrione minore o o diAntonella Pasquale e Daniele Massazza _

quanto riguarda la lunghezza e lo spessore,ha rivelato come la faccia interna subisseun processo d'invetriatura allo scopo di as-sicurare un buon coefficiente d'impermea-bilizzazione.Uniche eccezioni all'impiego di condutturein cotto sono rappresentate dalle fonti e dairitrovamenti che riguardano il Castello diTorriglia. Documenti conservati presso l'ar-chivio Doria Pamphilj, infatti, evidenzianol'impiego di tubature in piombo nella zonadella cucina e sotto il portico. Singolare, inol-tre, rimane la presenza di una coppia di tubiin marmo, rinvenuti alla base della mura-tura sul lato di ponente del castello, all'al-tezza della torre. Nella tipologia riguardan-te i castelli della valle Scrivia, però, si trat-ta di eccezioni appunto, rimanendo le tuba-ture in cotto uno degli aspetti comuni a tut-ti gli edifici.

n Castello della PietraTornando alle cisterne, la coesione tra ele-menti naturali ed opera dell'uomorappresen-

lO N° 3 - 2002 Opera Ipogea

avere una visione piutto-sto chiara dell'impianto diraccolta e conservazionedell'acqua piovana, unicafonte d'approvvigionamen-to idrico della rocca. All'in-terno della fortezza, le ri-serve erano raccolte in trevasche distinte: una tra ilcorpo centrale ed il cam-minamento di ronda, unaproprio sotto il pavimentodel salone principale ed in-fine una terza, tra il corpocentrale e la base del tor-rione di roccia più grande(fig. 3).La prima, con un livello dimassimo invaso non supe-

riore ai quattro metri ed una capacità ap-prossimativa superiore ai 55 m+èsenza dub-bio la più capace. Apianta rettangolare, conangoli smussati e parete di fondo fortemen-te arrotondata, è stata ricavata attraversoun'accurata opera di scavo nella puddingadel «torrione» minore e solo il tratto supe-riore di una delle pareti era costituito dalmuro del corpo centrale del castello. Unostrato di malta di calce, con uno spessore

Foto 8: Vobbia, Castello della Pietra. Il castello visto dal sentiero d'accesso(foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

ta un aspetto di particolare interesse: i po-chi ruderi del Castello Spinola a Pietrabis-sara, sufficienti ad identificare con buonaapprossimazione un invaso con copertura avolta, scavato nel conglomerato e la cisternanella casa forte di Senarega, realizzata nelXVsecolo e parzialmente ricavata nella roc-cia, sono due primi esempi certamente si-gnificativi.Particolarmente indicativo a questo riguar-do, però, è il Castello della Pietra a Vobbia(foto 6 e 8), vero capolavoro in quell'arte disfruttare ogni «suggerimento» della naturache spesso è proprio dei grandi architetti mi-litari. Grazie agli intensi lavori di restauro,ormai da tempo conclusi, è oggi possibile

Foto 10 (sopra): Castello della Pietra - la cisterna sca-vata nel conglomerato del torrione maggiore. La linearossa indica il livello dei detriti prima dei lavori di re-stauro del castello (foto di Antonella Pasquale e Da-niele Massazza).

Foto 9 (a sinistra): Castello della Pietra - la cisternacentrale ricavata sotto il salone principale (foto diAntonella Pasquale e Daniele Massazza).

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 11

Fig. 3: Castello della Pietra - planimetria del corpo principale. Indicate in gri-gio le cisterne (1-2-3). Le lettere (da A a F) indicano i punti di accesso allecondutture durante le indagini con la strumentazione endoscopica. La letteraG, invece, indica l'apertura attraverso cui veniva attinta l'acqua.

variabile tra due ed i trecentimetri, garantiva una

u o n aimp er m eab iliz.zaz ion.efoto 7).

Ai piedi del torrione op-posto, pur mostrando for-ri analogie con la prima,la terza cisterna (foto lO)ha una capacità sicura-mente inferiore (circa 30m") ed evidenzia una rea-lizzazione certo meno ac-curata. In questo caso, loscavo è stato spinto fino aricavare una cavità ap-prossimativamenteabsidata, chiusa su unlato dal muro est del cor-po centrale e da due brevitratti di mura tura, uno deiquali ormai scomparso,che si congiungevano allaparete rocciosa.La cisterna centrale, per anni consideratauna semplice stanza sotterranea con volta abotte (foto 9), è a pianta rettangolare, con unlato maggiore completamente in muratura,rappresentato dalla parete nord del corpocentrale, e gli altri lati parzialmente ricava-ti dalla roccia. L'unico accesso alla cisternaera costituito da una botola quadrata, attra-verso la quale era possibile attingere l'acquaper mezzo di un sistema a carrucola. il livel-lo, in corrispondenza del muro esterno, su-perava i due metri: su questa parete infatti,sono tuttora presenti due aperture a salireverso l'esterno che, date la struttura ed il po-sizionamento, probabilmente funzionavanoda bocche di carico alimentate attraversotrombe volanti in legno e, solo in casi davve-ro eccezionali, da scarico per il troppo pieno.La capacità della cisterna, lunga quasi ottometri e larga oltre tre, considerando le fortiirregolarità dell'ambiente, doveva aggirarsiintorno ai 40 m".Tenuto conto del livello delle ingole cister-ne (quella centrale è ad un livello inferiorerispetto alle altre) e dei re idui dellecondutture ancora presenti all'interno delle

5m

murature, è ipotizzabile che queste fosseroin diretta comunicazione, realizzando cosìunvero e proprio sistema complesso. E' possibi-le, infatti, che le cisterne laterali fossero ali-mentate dalla superficie ricevente del tettoe, in parte, dei torrioni di roccia e scaricasse-ro l'eccedente nella cisterna centrale, la qualegodeva così di un sistema d'alimentazionemisto: dalla superficie ricevente del tetto edal troppo pieno delle due conserve laterali.Vista la portata delle precipitazioni e consi-derata la capacità del sistema (120 m" ap-prossimati per difetto), solo in casi eccezio-nali poteva rendersi necessario l'impiegodelle aperture sulla parete nord per l'alimen-tazione o per lo scarico. L'impianto ipotizzatoresta, in buona parte, ancora da verificare:il tutto, infatti, potrebbe essere causato dal-la sovrapposizione, nel corso dei secoli, di di-verse componenti appartenute a sistemi dif-ferenti" e l'analisi endoscopica, pur fornen-do dati certamente interessanti, non ha con-sentito il raggiungimento di una sicura con-ferma a causa dei detriti che hanno provoca-to vere e proprie occlusioni.Il sistema di raccolta e conservazione delle

12 N° 3 . 2002 Opera Ipogea

te della valle. Il castello, infatti, sorgenell'insellatura tra due torrioni di conglome-rato, che si spingono ad un'altezza di 625metri s.l.m., in un sito ove l'unica fonte diapprovvigionamento è rappresentata propriodalla pioggia. I dati forniti dal SettoreMeteoidrografico della Regione Piemonte edal Dipartimento Scienze della Terra del-l'Università di Torino indicano, sui rilieviappenninici al confine tra Piemonte, Ligu-ria, Emilia e Lombardia, coincidenti all'in-circa con i bacini dello Scrivia e del Curone,precipitazioni annuali che, dal margine trapianura e collina ai settori montuosi più pros-simi allo spartiacque", vanno dai 700 mmfino ai 1500 mm ed oltre. Considerando unasuperficie ricevente intorno ai 230 m2 edipotizzando una precipitazione annuale me-dia non inferiore ai 1500 mm di pioggia èpossibile calcolare, pur conuna certa appros-simazione, una disponibilità potenziale dicirca 345.000 litri d'acqua. Pur tenendo con-to di variabili quali la discontinuità dei fe-

1/r: J//

Foto 11: Castello della Pietra - dettaglio della cisterna centrale, si possono notare due sbocchi delle conduttureche alimentavano la cisterna. Nel riquadro: immagine endoscopica dell'interno della conduttura in alto a sinistra(foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

riserve idriche al Castello della Pietra forni-sce un'idea piuttosto precisa di quale fossel'importanza delle precipitazioni atmosferi-che per le risorse delle architetture fortifica-

Foto 12: Savignone, Castello dei FieschL Locali sot-terranei: qui sono stati rinvenuti tratti di tubatura chepotrebbero indicare la presenza di una cisterna anco-ra sepolta dalle macerie (foto di Antonella Pasquale eDaniele Massazza).

Foto 13: ruderi del Castello di Torriglia - la torre (foto diAntonella Pasquale e Daniele Massazza).

nomeni atmosferici e la di-spersione dovuta a perditeed evaporazione, risulta fa-cile comprendere come, gra-zie alle sue cisterne, il castel-lo disponesse di una comple-ta autonomia idrica".

Savignone, Torriglia eMontoggioPer quanto possa reputarsiun aspetto certamente co-mune, lo sfruttamento delleprecipitazioni atmosferichecome unica risorsa idrica,però, non può essere consi-derato come un elementocaratterizzante e persinol'impiego di cisterne sotter-ranee trova qualche eccezio-

N° 3 -2002 Opera Ipogea 13

ne. I castelli di Savignone, Torriglia eMontoggio possono essere considerati esem-pi interessanti di tali situazioni.Per quanto riguarda il primo, i sopralluoghieffettuati suggeriscono, infatti, un sistemacomposto da almeno due cisterne: una ester-na in muratura, sul lato a monte, alimenta-ta da una tubazione in cotto e accessibile at-traverso un'apertura sulla volta; una sotter-ranea, sul lato della torre, attualmente se-polta dalle macerie, ma la cui presenza èsuggerita dalle consuete canalizzazioni incotto invetriato (foto 12).A testimonianza della cisterna del CastelloDoria a Torriglia (foto 13, 14, 16 e 17), in at-tesa che i futuri lavori di restauro confermi-no le fonti storiche, restano i documenti del-l'Archivio Doria Pamphilj: «Cortile con boc-ca di cisterna, con tromba e canali di piomboper dove si introduce l'acqua in detta cister-na, la quale si empie tirandola su dal sitodietro la cucina, dove si prende l'acqua perla medesima cucina e passa la medesimaacqua con canali di piombo sotto il portico eva a terminare con bronzino, dove quandol'acqua vien netta vi si pone sotto un pezzo dicanale di piombo che arriva sino al buco doveè il capelletto, che introduce l'acqua in dettacisterna.», E ancora: «Auertisi che nel fondo

Foto 14: Castello di Torriglia - l'esplorazione di quello che si suppone es-sere lo spurgo della cisterna sotterranea. Purtroppo, pur riuscendo a faravanzare la sonda per più di tre metri, non è stato possibile raggiungere lacisterna a causa dei detriti (foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

14 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Nord

J•••..

Fig. 4: rilievo dei ruderi del Castello di Montoggio eseguito da C. Navone, da La Liguria illustrata, I (1913), n.8.Indicata con A la zona dove sono stati ritrovati alcuni tratti di tubatura in cotto ed i resti di un locale voltato con unosbocco di una conduttura sempre in cotto (vedi foto 15, in questa pagina). Indicato con la lettera B il torrione diSan Rocco (oggi completamente scomparso) sotto il quale dovrebbe trovarsi la cisterna.

di detta cisterna ... vi si è apperto il purgofacendo calare l'acqua sin dove arriva latromba: vi cala un uomo e distura detto pur-go, ove termina il medesimo, al di fuori' vi èun altro tappo, quali tappi si chiudono conattenzione, e si va trovando all'inverno se goc-ciolano niente per poter venire al riparo in tem-po, non convenendo far entrare acqua d'estatenella cisterna, venendo detto che non è sana.».E' solo qualche anno più tardi, dopo i lavoriper il rifacimento delle coperture, che l'acquapiovana viene utilizzata come risorsa di co-mune utilizzo e per approvvigionare la cister-na: «... si è venuto in risoluzione di far unirl'acqua anche a mottivo di levarla dal corri-dore, al quale apportava molto danno, in unatromba di legno che conduce quell'acqua chesi vuole per empire la detta cisterna ... », Piùun discorso di comodità, dunque, che di ne-cessità vera e propria".

Foto 15: Castello dei Fieschi a Montoggio - Immagineendoscopica - Tubatura in cotto rinvenuta in un trattodi muratura crollato (cfr. anche fig. 4) (foto di AntonellaPasquale e Daniele Massazza).

Foto 16: Castello di Torriglia - uno dei due tubi in mar-mo che sono stati rinvenuti durante i lavori di recuperodel castello. Nelle foto 17 e 18 le immaginiendoscopiche dell'interno della conduttura (foto diAntonella Pasquale e Daniele Massazza).

Per quanto riguarda invece il Castello diMontoggio (fig. 4 e foto 15), le fonti storichefanno più volte riferimento ad una cisternasotterranea posta sotto il torrione di SanRocco.Gli stessi documenti, però, fanno ri-ferimento anche alla vicina cantina che con-teneva « ••• doe botte grande de mezarole 70l'una; una botte de mezarole 30 l'una; settebotte de mezarole 16 l'una in circa; quattrobotte de mezarole 12 l'una in circa; cinquebotte de mezarole IIlI l'una, doi carrateletide mezarole doe l'uno; quatro paia debarille ... »lO. La mezzaruola'! è un'unità dimisura corrispondente a 160 litri, il che si-gnifica una potenziale riserva di 56.640 li-tri. Pur ammettendo che non tutta la capa-cità fosse dedicata all'acqua potabile, è leci-to dubitare che, all'epoca, tutti i recipienti

N° 3 -2002 Opera Ipogea 15

fossero dedicati al vino o ad altro. In ognicaso, una sola delle botti più grandi sareb-be stata sufficiente a coprire il fabbisognodell'intera guarnigione, al tempo dell'ulti-mo tragico assedio, per una settimana.Nel caso di questi tre castelli, inoltre, la si-tuazione era ben diversa da quella vista peril Castello della Pietra. E' noto, ad esempio,che Torriglia godeva della presenza di pic-colicorsi d'acqua ben canalizzati proprio nel-le immediate vicinanze, in grado di alimen-tare una vera e propria catena di cinque mu-lini, due dei quali destinati esclusivamenteal funzionamento della zecca. La stessa si-tuazione vale anche per Savignone, mentreil Castello di Montaggio sorgeva nei pressidi una sorgente che ancora oggi è conosciu-ta come la fonte dei Fieschi.

ConclusioniAldilà delle diverse tipologie ed a confermadegli elementi riguardanti i singoli edifici,presentati in passato da altri autori, i datiraccolti tendono dunque a confermare lapresenza di impianti di captazione e conser-va delle acque, basati su cisterne e sistemidi tubazioni in cotto invetriato, come aspet-to caratterizzante delle architetture fortifi-

Foto 17: Castello di Torriglia - immagine endoscopicadell'interno della tubatura in marmo (foto di AntonellaPasquale e Daniele Massazza).

16 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Foto 18: Castello di Torriglia - immagine endoscopicadella condutlura successiva alla tubazione in marmo(foto di Antonella Pasquale e Daniele Massazza).

cate dell'Alta Valle Scrivia. Certamente,questa deve essere considerata comeuna ri-cerca di primo approccio ed è evidente cheulteriori studi ed indagini strumentali dif-ferenti potrebbero garantire un insieme diinformazioni più approfondite e dettaglia-te. Raccogliendo e riunendo, per la primavolta, i dati riguardanti i sistemi di approv-

vigionamento idrico delle principali fortez-ze dell'alta valle, si è voluto proporre un pos-sibile punto di partenza per eventuali suc-cessivi programmi di studio. A prescinderedai risultati ottenuti, infatti, la prima edinequivocabile conferma ricavata riguardaproprio la premessa da cui è partita questaindagine: ricerche di questo tipo, che nellaloro semplicità producono in ogni caso ele-menti di un certo interesse, non possonosostituire l'intervento organico di una veraarcheologia medievale. Fin dall'inizio,l'obiettivo principale è stato quello di atti-rare una maggiore attenzione su emergen-ze che dal punto di vista storico e architet-tonico hanno ancora molto da raccontare.La speranza è quella, almeno sotto qualcheaspetto, di esserci riusciti.

RingraziamentiSi ringraziano per la collaborazionee la gen-tilezza dimostrate: COPHOS S.r..l, la Pro-vincia di Genova, le amministrazioni comu-nali dell'Alta Valle Scrivia, il sig. MauroCasale, la famiglia Doria-Pamphilj e la fa-miglia Spinola-Mignacco.

(articolo presentato il 10/2/2003)

Note1 - Caffaro da Caschifellone. Nato intorno al 1080 a Caschifellone, oggi Castrofino, una localitànon lontana da Genova, situata nella pieve di S. Cipriano. Statista, stratega, comandante diflotte, è ricordato soprattutto come il primo grande cronista laico dell'età medievale.2 - Cfr. A. Manno ed., Arredi ed armi di Sinibaldo Fieschi da un inventario del MDXXXII conavvertenza e glossario in Atti della Società Ligure di Storia Patria, X, 1874, pagg. 705-771, (ori-ginale, Torino biblioteca reale.); Daniele Calcagno, Il castello di Montoggio, vita quotidiana in uncastello ligure tra XV e XVI secolo, "Centro Culturale «Peppo Dachà», Comune di Montoggio,1999.3 - Cfr. Mauro Valerio Pastorino, Sergio Pedemonte, Le cisterne del Castello della Pietra in ValVobbia (sec. XIII) e prime notizie sull'approvvigionamento idrico nei castelli di Valle Scrivia, in:Lorenzo Tacchella, Busalla e la Valle Scrivia nella storia, Stamperia Zendrini & C., Verona,1981.4 - Dobbiamo ricordare che Borgo Fornari venne a lungo definito «castello di Valle Scrivia»,proprio per sottolinearne centralità ed importanza. Tra i suoi ospiti, spiccano i nomi di FrancescoI, Carlo V, Isabella d'Aragona e Luigi XII di Francia.5 - L'attuale configurazione del castello è stata ricavata, oltre che dallo studio delle rovine, daalcuni disegni del XVII secolo eseguiti dal cartografo Matteo Vinzoni. Pare accertato, però, che

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 17

nel XVI secolo la fortezza sia stata oggetto di importanti lavori. Alcuni dettagli, risalenti allastruttura originale, sono ancora chiaramente visibili: uno di questi sembra essere un vasconeproprio per la raccolta dell'acqua, situato sotto il pavimento del salone principale, in prossimitàdella cisterna centrale.6 -AA.VV:, Distribuzione regionale di piogge e temperature e Serie climatiche ultracentenarie, in:Collana Studi Climatologici in Piemonte, CLIMA ICAM, Torino, 1998.- - Cfr. Mauro Valerio Pastorino, Sergio Pedemonte, Le cisterne del Castello della Pietra in Vallbbbia (sec. XlII) e prime notizie sull'approvvigionamento idrico nei castelli di Valle Scrivia, in:Lorenzo Tacchella, Busalla e la Valle Scrivia nella storia, Stamperia Zendrini & C., Verona, 1981.

- Durante le indagini svolte, è stato possibile individuare una canalizzazione a sezione circolareche potrebbe rivelarsi come lo spurgo della cisterna. Sfortunatamente, un accumulo di terriccio edetriti non ha consentito alla sonda endoscopica di risalire per più di tre metri, impedendo cosìl'eventuale raggiungimento della cisterna.9 - Cfr. Mauro Casale, Castrum Turrilie ovvero l'unica vera storia del castello di Torriglia, Edizio-ni d'arte Marconi, Genova, 1995.lO -A Manno Ed., Arredi ed armi di Sinibalda Fieschi da un inventario del MDXXXlI con avverotenza e glossario, in: Atti della Società Ligure di Storia Patria, X, 1874 (originale Torino bibliotecareale); pp. 705-771, (l'inventario del castello di Montoggio è alle pp. 741-757).11 - N. Calvini, Nuovo glossario medievale ligure.

BibliografiaAAVV,Montoggio e i castelli dei Fieschi in alta Valle Scrivia, Atti della Tavola Rotonda Il castellodi Montoggio: un recupero difficile ma possibile, Montoggio, 3 Febbraio 2001, Daniele Calcagno, acura di, Montoggio, 200l.AAVV,Il tramonto dei Fieschi e la caduta del castello di Montoggio, Atti del Convegno, Montoggio,30 Agosto 1997, Geo Pistarino, a cura di, Genova, 2001.AAVV,Distribuzione regionale di piogge e temperature e Serie climatiche ultracentenarie, in: Col-lana Studi Climatologici in Piemonte, CLIMA ICAM, Torino, 1998.Bona Enrico D., in AAVV, I castelli della Liguria - Architettura fortificata ligure, Stringa ed.,Genova, 1972.Brunetti Carlo Mario, Castelli liguri, SAGEP editrice, Genova.Calcagno Daniele, Il castello di Montoggio, vita quotidiana in un castello ligure tra XV e XVIsecolo, Montoggio, Centro Culturale -Peppo Dachà», Comune di Montoggio, 1999.Calcagno Daniele, Gaviglio Silvano, Per un primo repertorio dei castelli fliscani dell'Alta ValleScrivia in Montoggio e i castelli dei Fieschi in Alta Valle Scrivia, Montoggio, Istituto di Studi suiConti di Lavagna, Comune di Montoggio, 200l.Cammarata Italo, Storie Sforzesche - I fatti di tutti i giorni a Tortona e dintorni dai Visconti aLudovico il Moro, Voghera, EDO, 1996.Casale Mauro, Castrum Turrilie ovvero l'unica vera storia del castello di Torriglia, Edizioni d'arteMarconi, Genova, 1995.Donaver Federico, La storia della Repubblica di Genova, Genova, Libreria Editrice Moderna, 1913.Ferlenga Alessandra, Discesa a valle - Storie, leggende e misteri della Valle Scrivia, De Ferrarieditore, GenovaImperiale Cesare, a cura di, Caffaro, Annali Genovesi, vol. IV.Mamone Andrea, L'architettura idraulica di Palazzo Principe Doria a Fassolo in Genova, in Ar-cheologia dell'Architettura, supplemento ad «Archeologia Medievale», Edizioni all'Insegna delGiglio s.a.s., num. V, 2000.Manno A Edizione, Arredi ed armi di Sinibalda Fieschi da un inventario del MDXXXlI con av-vertenza e glossario, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, X (1874).Merloni G.M., I Feudi Imperiali del Tortonese durante il predominio spagnolo, in: Novinostra, a.XXIII, n. 1, marzo 1983; pagg. 18':24.Navone C., La congiura fliscana. Montorio espugnato - 1547, in: La Liguria illustrata, I (1913), n.8 (agosto).Oliva Flavio, L'assedio del Castello dei Fieschi di Montoggio (11 Marzo - 11 Giugno 1547):

18 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Con questo numero si concludono le pubblicazioniper l'anno 2002.

picoltura rupestreMalta

~elcentro del Mediterraneo,caiche "case delle api"

icaoate nella roccia

N° 3 -2002 Opera Ipogea 19

berto Bixio*, Mauro Traverso*, Raffaele Cirone**entro Studi Sotterranei, Genova - [email protected] Apicoltori Italiani, Roma - [email protected]

tractalta, an isle rich in megalithic archaeological remains and underground temples, has

ntly revealed the presence of few ancient rock apiaries which might be dated back tonic or Roman age. It is a matter of structures obtained by closing small natural cavesnder rock shelters'') by means of well fitted walls built with the squared block of rock

rued in the neighbourhood. Particularly interesting is the horizontal placement, onperimposed rows, of the terra cotta tubular beehives. This discovery follows shortly one of

- e similar rock apiaries, carved in the rocky walls ofCappadocia (Turhey). In this work wew the common components and the differences.

Keywords: artificial cavity, rockyarchitecture, beekeeping, Malta.Parole chiave: cavità artificiali, architettura rupestre, apicoltura, Malta.

L'isola di MelitaRomani, al tempo della loro occupazione,.amarono l'isola di Malta "Melita", nome

videnternente derivato dal latino mel, cioèmiele. Diverse località sono ancora oggiidentificate con toponimi che riecheggianorodotti, quali il miele e la cera, talmente

preziosi da essere utilizzati, assieme al.:ale, anche comemoneta di scambio. Il sitodi Imgiebah, presso la cittadina diXemxija,nella parte settentrionale dell'isola, ha unadenominazione ancora più specifica, ripor-ata anche dalle carte più antiche: la suatraduzione dal malti (lingua di origine se-mitica) significa "apiario'".Come è noto, l'intera isola di Malta, e nonsolo la località di Imgiebah, custodisce te-timonianze archeologiche di notevole im-

portanza e antichità che attraversano i mil-lenni. Genti provenienti dalla Sicilia abi-tarono, attorno al 5200 a.C., i semplici ri-

pari sotto roccia che costellano le pareticalcaree di cui è interamente costituital'isola. Tra il 4100 e il 2500 a.C. si sviluppòuna spettacolare architettura megalitica:vennero eretti numerosi templi e scavatoil suggestivo sito sotterraneo di HaISaflieni dove è attestato il culto della Ma-dre Terra. Attorno al 1000 a.C. fu frequen-tata dai Fenici e poi dai Cartaginesi cheincrementarono commercio e agricoltura.Dal 218 a.C. l'isola cadde sotto l'influenzadell'Impero romano. L'allevamento delleapi divenne presto una attività di rilievoeconomicoe l'ottimo miele prodotto sull'iso-la diventò uno dei prodotti più rinomati,tanto da essere decantato persino da Cice-rone.Si ritorna dunque nuovamente al puntofocale, il miele, la cui antica produzione nonè solo citata in letteratura, ma è tangibil-

20 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Le brulle pendici sono caratteriz-zate da gradoni calcarei natura-li in cui si aprono grotte pocoprofonde e terrazzamenti delimi-tati da estesi muretti a secco.L'area circostante è ricca di an-tiche vestigia. La stessa stradache sale verso la sommità, inparte scavata nella roccia viva,è attribuita a epoca romana,come i resti di una "villa" nel cuiperimetro è stata individuatauna più antica tomba punica.In corrispondenza di una seccacurva della strada, decine di boc-che aperte su una parete di roc-cia prospiciente ad uno spiazzoindividuano uno degli apiari diImgiebah. Anziché essere costi-

tuito dalle usuali cassette mobili di legno,è interamente ricavato nella pietra con unanon banale tecnica costruttiva. Gli apiariin realtà sono tre", ubicati su terrazzamen-ti contigui e sovrastanti, in parte mimetiz-zati da un gigantesco carrubo millenario.Quello inferiore, più esposto alla vista, siestende su un fronte di dodici metri. E co-stituito da un muro alto circa tre metri, inpietra a vista, accuratamente restauratoconmalta in tempi recenti. Presenta tre filedi nicchie sovrapposte, per un totale diquarantasette bocche di varie dimensioni.È suddiviso in due settori a cui si accededa due basse porticine poste in centro (pun-ti 1 e 2 della pianta). Penetrati nelle came-re interne ci si rende conto che la struttu-ra è costituita da una cavità naturale (neidisegni la roccia viva è definita dal coloregrigio più scuro) a cui è stata addossata unaarticolata opera muraria. La grotta, megliodefinibile per la sua conformazione con iltermine "riparo sotto roccia", si estende ir-regolarmente per tutta la lunghezza delfronte, con una profondità modesta, di cir-ca uno, due metri: una sorta di camera,lunga e stretta, riparata da un tetto di roc-cia viva, aggettante (vedi sezione), e chiu-sa alle due estremità da pareti della stes-sa natura. La sua genesi è legata a feno-meni naturali di erosione del calcare, sen-

Foto 1: la tipica campagna attorno a Mellieha, a breve distanza da-gli apiari rupestri di Imgiebah (foto M. Traverso).

mente testimoniata da reperti materiali.Infatti proprio all'apicoltura, ancora oggipraticata a Malta con grande profitto, si ri-feriscono le arcaiche strutture rupestri, re-centemente riscoperte a Imgiebah e valoriz-zate per iniziativa della gente del luogo.

Case di pietra per le apiIl sito di lmgiebah si estende sulla collinache si affaccia sulla.baia di San Paolo, allespalle delle ultime abitazioni di Xemxjia.

Fig. 1: l'isola di Malta, con indicate le località citate neltesto (grafica R. Bixio).

N° 3 . 2002 Opera Ipogea 21

In alcuni conci delmuro esterno sono sta-te preventivamentepraticate delle nicchieche, una volta eseguitala messa in opera, ri-sultano disposte su tre,a volte quattro file oriz-zontali sovrapposte apartire da rasoterra(vedi sezione). Leaperture hannol'aspetto di bocche diforno con il profilo su-peri ore a sesto ribas-sato, tranne alcunerettangolari. Si inol-trano nel bloccocalcareo per circatrenta centimetri for-mando un ripiano che

poteva servire da posatoio per le api in ar-rivo dall'esterno. Nella parete che chiudeil fondo di ogni nicchia sono stati scavatidue fori squadrati (fori di volo) che trapas-sano il diaframma di pietra. La parte in-terna è rifasciata da un secondo muro, ad-dossato al primo, di pietre a seccopiù grez-

2: Imgiebah. Uno degli ingressi dell'apiario inferiore affiancato dalle "bocche'orno" a cui corrispondono le arnie collocate all'interno (foto R. Bixio).

intervento dell'uomo. Quelle che si pos-- no notare oggi sono azioni circoscritte di.:cavazione per ottenere lo spazio relativobanchine e a piccoli ripiani per posarepade a olio e attrezzi idonei alla con-

uzione dell'apiario.iù consistente è l'opera muraria. Questa

- costituita da conci di varie di-ensioni, cioè roccia cavata nei. torni e appositamente squa-rata. Si tratta di calcare a

""lobigerina, ancora oggi utiliz-zato in edilizia, molto tenero alraglio, che poi si indurisce con'esposizione all'aria. Il riparosotto roccia è stato dunque chiu-so da un muro longitudinale,avanzato di alcuni metri rispet-to alla camera naturale. I duevani così ottenuti (camere di ser-vizio) sono a loro volta suddivi-i in nicchie parallele da

tramezze ortogonali costituiteda file di conci e coperti da ope-ra muraria sostenuta da lastrecontrapposte (copertura acuppuccina) o orizzontali(architrave), sistemate tra unatramezza e l'altra.

Foto 3: interno dell'apiario inferiore di Imgiebah. Si noti il tetto di roc-cia naturale del "riparo sotto roccia" e le nicchie in cui erano collocatele arnie, costituite da file parallele di conci (foto M. Traverso).

22 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Foto 4. particolare di una nicchia a "bocca di forno"dell'apiaria inferiore di Imgiebah. Le api qui potevano so-stare attendendo il loro turno per introdursi nelle arnie at-traverso i due fori di volo praticati sul fondo (foto R. Bixio).

ze, disposte in modo da ridurre la luce deifori per impedire che le relative arnie, col-locate dall'altra parte, potessero venire sfi-late dall'esterno.

Le arnie sono costituite da cilindri in ter-racotta, aperti a una estremità e chiusidalla parte della breve strozzatura che for-ma il tozzo collo(vedi esemplificazione nel-la sezione). Qui sono praticati cinque pic-coli fori per consentire l'ingresso delle api(controfori di volo) dopo aver attraversatoquelli più grandi presenti nei conci. Le ar-nie tubolari, costruite in terracotta con unsistema ancora oggi in uso presso gli api-coltori del Nord Africa, venivano collocateorizzontalmente nelle nicchie delimitatedalle tramezze interne, in file sovrapposteappoggiate su ripiani mobili di pietra, oriz-zontali, sostenuti da lastre laterali verti-cali, e bloccate con argilla. Ogni fila pote-va contenere, a seconda del numero dei foriesterni, due o più arnie affiancate. Il latoaperto del cilindro (boccaposteriore dell'ar-nia) era dvolto verso il vano interno (ca-mera di servizio). Veniva chiuso con un tap-

ì

roccia viva

( banchina

Ilic~hie per ~rnie

I M T

SPIAZZO

APIARJO RUPESTRE DI IMGIEBAHXEMXIJA(Malta)

A'i

Fig. 2: pianta dell'apiario inferiore di Imgiebah. La "casa delle api" è stata ottenuta con la chiusura di un "riparosotto roccia" naturale per mezzo di opera muraria costituita da blocchi di pietra squadrata (grafica R. Bixio).

pianta o 40 80~ cm20 60 100

di legno e sigillato con propoli (dal-pi) e cera (dall'uomo). La tavolettarifavo (tappo) veniva tolta in occa-ne della raccolta del miele. L'arniasì concepita poteva anche essere pro-gata. Le operazioni tecniche (ispe-ni, fumigazione, raccolta del mie-avvenivano nella camera di servi-con tutto agio da parte dell'apicol-

rechema appena descritto è sostan-

-almente il medesimo negli altri duepiari, anche se si rilevano alcune và-iaz ion i strutturali. Ad esempio,'apiario superiore, che appare più ar-

.co o, perlomeno, più rudimentaleel precedente, è costituito da un uni-vano ricavato in un riparo sotto roe-

-a molto più ampio, di oltre tre metri,nteramente coperto dal tettoggettante di pietra viva. Per questootivo non vi sono tramezze

ortogonali, né lastre di sostegno dellacopertura naturale, ma soltanto ilmuro di chiusura longitudinale. Qui learnie venivano appoggiate su ripianiricavati nello spessore dell'operamuraria stessa, in nicchie ad arco, an-ziché su lastre mobili. Le aperture neiconci esterni, sistemati a secco, sono ret-tangolari anziché a bocca di forno, maempre dotate di due fori di volo ciascu-

na. Nell'apiario intermedio non vi sono

Foto 5: particolare di una bocca squadrata, ricavatanella pietra, dell'apiario superiore di Imgiebah. Evidentisono i "fori di volo" attraverso i quali le api accedevanoalle arnie (foto R. Bixio).

N° 3 -2002 Opera Ipogea 23

SEzrONEA-A'

rocciaviVOI

operamuraria

concio connicchia(bocca)

posatoic

foro di \'010

arnie mebihin terracotta

riparo naturalesotto roccia

Fig_3: sezione trasversale dell'apiario inferiore di Imgiebah.Si noti la collocazione delle arnie nella complessa strutturamuraria che costituisce l'estensione del riparo naturale (gra-fica R. Bixio).

più le bocche, ma i fori di volo sono ricavatidirettamente nei conci del muro a secco, incorrispondenza dei giunti orizzontali.

Dalla Cappadocia a Malta:alveari rupestri a confrontoDuemila chilometri a est di Malta, nel cen-tro della Turchia, appena tre gradi di latitu-dine più a nord, è localizzata la Cappadocia,regione straordinariamente ricca di struttu-re sotterranee e rupestri di vario tipo ed esten-sione. Tra queste, anche lì, come a Malta, èstato individuato recentemente un comples-so di alveari scavati nella pietra, ampiamen-te descritti nel precedente numero di questastessa rivista, con molti elementi in comunee alcune differenze.

24 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

Foto 6: particolare di una nicchia dell'api aria inferioredi Imgiebah. In controluce si notano i fori di volo a cui,in origine, corrispondevano altrettante arnie (foto M.Traverso).

Il fatto che siano localizzati in tipi di rocciadi origine molto diversa, calcari a globigerinaquelli maltesi, tufi vulcanici quelli cappadoci,appare irrilevante anche perché il compor-tamento alla manipolazione delle due forma-zioni è del tutto simile risultando entrambemolto tenere all'escavazione. Inoltre, a Mal-ta, gli interventi di escavazione sono statimolto limitati.Entrambi gli apiari sono stati realizzati inelevazioni del terreno che li ripara dal ven-to, ricercando nel contempo l'esposizione asud per sfruttare il massimo del calore, spe-cie nei periodi più rigidi dell'anno. Entram-bi sono costituiti da strutture complesseche conglobano un numero elevato di ar-nie. Le relative operazioni tecniche veni-vano espletate in tutti e due i casi in came-re interne che, in Cappadocia, sono com-

pletamente scavate nella roccia. Qui le ar-nie erano alloggiate in posizione orizzon-tale mentre negli alveari moderni è verti-cale. Le arnie erano collocate in filesovrapposte all'interno di nicchie contiguericavate nella pietra, come di pietra erano iripiani che separavano le file. Ogni alveareè dotato di posatoio: in Cappadocia costitu-ito da un incavo circolare, poco profondo,scolpito nella roccia, a Malta dai ripianidelle ampie bocche (ad arco o rettangolari).Ma, mentre il foro di volo nell'alvearecappadoce è unico per ogni posatoio e, quin-di, per ogni arnia, quelli malte si sono forni-ti di fori multipli.A parte i fori di volo, le differenze più mar-cate riguardano la tecnica costruttiva degliapiari, il tipo di arnia e il sistema di venti-lazione. L'alveare anatolico è scavato inte-

Foto 7: la volta delle nicchie è costituita da lastre con-trapposte a doppio spiovente oppure da architravirnonolitlci. In controluce si notano i fori di volo a cui, inorigine, corrispondevano altrettante arnie (foto M. Tra-verso).

Foto 8: le nicchie che ospitavano le arnie eranodimensionate in modo da permettere all'apicoltore dioperare agevolmente (foto M. Traverso).

ramente nella roccia viva. Quelli maltesihanno carattere misto: nascono da unconnubio tra pietra costruita e utilizzo del-l'ambiente naturale. Le loro arnie sono co-stituite da elementi mobili di terracotta daalloggiare nelle nicchie. In Cappadocia nonvi sono evidenze che le celle ospitassero con-tenitori mobili. Gli indizi fanno pensare chele celle stesse, in roccia viva, fungessero di-rettamente da arnia e avessero di mobilesoltanto i divisori orizzontali, costituiti dalastre di pietra. Infine, le feritoie per la ven-tilazione, che in Cappadocia rappresenta-no un elemento molto evidente dell'apiario,mancano in quelli maltesi. Sembra fonda-to ipotizzare che la forte esposizione del-l'Isola, al costante regime dei venti, pones-se gli apicoltori maltesi dell'epoca nellanaturale necessità di arginare l'azioneeolica nei pressi dell'apiario, piuttosto che

N° 3 -2002 OperaIpogea 25

irreggimentarla a favore delle api come inCappadocia.Più arduo appare un raffronto temporalein quanto, allo stato attuale delle indagi-ni, non vi sono elementi sufficienti per da-tare con sicurezza l'apiario cappadoce, senon flebili indizi relativi alla presenza,nell'area circostante, di chiese rupestri diepoca bizantina, la più antica delle quali èattribuita al VI secolo d.C. Ma neppure suquelli maltesi risulta che siano stati com-piuti studi specifici. Si ritiene, generica-mente, che gli apiari del luogo possano for-se essere coevi alle emergenzearcheologiche della zona tra cui la citatavilla romana, se non la tomba punica delVI secolo a.C.

(articolo presentato il 20/5/2002)

Foto 9: in una delle nicchie dell'apiario è stato ricostru-ito, per iniziativa delle gente del luogo, il sistema dialloggiamento delle arnie. Queste erano costituite datubi in terracotta posati orizzontalmente su ripianisovrapposti (foto M. Traverso).

26 N° 3 . 2002 Opera Ipogea

Notel Con il termine apiario si indica l'insieme dipiù alveari-2 Esistono api ari rupestri anche in altre locali-tà dell'isola di Malta.

BibliografiaBixio R, Dal Cin F., Traverso M., 2002,Cappadocia: un apiario rupestre . Un nuovotipo di cavità artificiale nella valle di KizilCukur, in: Opera Ipogea n.2/2002, 881, Bolo-gna, Erga Ed., Genova. 'Cirone R., 2001, Un apiario in pietra riaffioradopo 3000 anni ...nel cuore del mare!, Apitalia,n06, Roma.Pace A., 2000, The Hal Saflieni Hypogeum,National Museum ofArchaeology, Malta.Zappi Recordati A., 1983, Apicoltura, Reda(Ramo Editoriale degli Agricoltori), Roma.

Foto 10 (destra): apiario intermedio di Imgiebah. Hi-sulta evidente il profilo della grotta naturale tamponatoda un muro, in gran parte costruito a secco. Nei concisono scavati i "fori di volo" sul retro dei quali eranoposte le arnie (foto R. Bixio).

Foto 11: l'apiario superiore di Imgiebah era costituito da un unico grande "riparo sotto roccia", coperto da unampio tetto di roccia naturale aggettante. Non essendo necessarie le suddivisioni ortogonali, le arnie eranoalloggiate nelle nicchie ad arco ricavate direttamente nel muro longitudinale (foto M. Traverso).

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 27

La Fontana diBonamoroneIl sistema di approvvigionamentoidrico di una delle fonti storiche Odi Agrigento

G. Lombardo, E. Vecchio, A. BaioGruppo Speleologico Agrigento - [email protected]

RiassuntoLa fontana di Bonamorone rappresenta per gli abitanti della città di Agrigento una dellefonti storiche di approvvigionamento idrico. La struttura è ubicata a ridosso dell'areaarcheologica della valle dei Templi ed il sistema ipogeo che la alimenta drena le acque dallazona della "Rupe Atenea": esso si snoda in parte al di sotto dell'area più orientale della cittàstessa. Attraverso lo studio effettuato è stato possibile sia operare il rilievo plano-altimetricodella cavità che dare notizie sulle caratteristiche del suo bacino idrogeologico. Il reperimentodi alcune fonti bibliografiche storiche ha permesso di avere dei dati sulle variazioni di alcu-ne caratteristiche della fontana stessa.Parole chiave: cavità artificiali, opere idrauliche, Agrigento.

AbstractBonamorone fountain in Agrigento is one of the most ancient water supplies far the inhabitantsof the historical town. The structure is located very close to the archaeological site of the"Valley of the Temples" and the hypogeal system that feeds it, drains water from the areacalled "Rupe Atenea" meandering underneath the most eastern part of the town itself Thanksto this research it was possible to undertake the altimetry and planimetry of the cavity andunderstand the characteristics of the hydro geological basino The discovery of somebibliographic historical data allows us to understand how certain aspects of the fountainhave been changed aver time.Keywords: artificial cauity, hydraulic works, Agrigento.

PremessaIl sistema ipogeo che approvvigiona la fon-tana di Bonamorone presenta le tipiche ca-ratteristiche costruttive degli ipogeiagrigentini, ovvero cavità artificiali scava-te per la quasi totalità del loro percorso al-l'interno della calcarenite pleistocenica conun andamento abbastanza complesso, atratti meandriforme, aventi comescopoprio-ritario quello di emungere le acque dallafalda. Oggi le acque della cavità giungonoalla fontana, che dista circa cento metridall'ipogeo, attraverso una condotta in

polietilene avente il diametro di un pollice.Il periodo di costruzione di tale struttura sifa risalire a quello in cui, secondo fonti sto-riche, si sono scavati la maggior parte degliipogei nella città diAgrigento, ovvero il 480a.C., data in cui dopo la vittoria nella bat-taglia di Himera vennero deportati nell'an-tica Akragas, l'odierna Agrigento, un eleva-to numero di schiavi che secondo DiodoroSiculo furono impiegati per la costruzionedi opere pubbliche fra cui i condotti ipogei.In funzione della morfologia del territorio e

28 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Area del Giardino Botanicodella Provincia Regionale di Agrigento

oD

Om 40m 80rr~, lJ.-d

Figura 1: inquadramento geografico dell'area oggetto dello studio (rilievi di Giuseppe Lombardo e Eugenio Vec-chio, restituzione grafica di Eugenio Vecchio).

della sua natura geologica, la posizione ge-ografica della fontana ben si presta ad uncospicuo emungimento d'acqua; non secon-daria risulta la sua posizione, sicuramentetrategica in quanto compresa fra la zona

archeologica dei templi e l'insediamento delvecchio Centro Storico. Nella stessa zona eraubicata l'antica colonia agricola, oggi Giar-dino Botanico della Provincia Regionale diAgrigento, con altre strutture ipogee (pozzie cavità orizzontali) a riprova dell'elevatopotenziale della falda sotterranea.

Inquadramento geograficoL'area di studio ricade nella zona pruorientale dell'abitato di Agrigento, ed è com-presa fra la sede dell'ex ospedale psichiatricodel capoluogo,oggi sede dei locali della Azien-da Unità Sanitaria Locale nOIdiAgrigento, el'area del cimitero di Bonamorone. Spostan-dosi ancora più a sud di alcune centinaia dimetri si entra nel cuore del Parco Archeologi-co della Valle dei Templi.Cartograficamente il sito ricade nella porzio-ne nord-occidentale della Tavoletta"Agrigento" IV -NE del Foglio 271 della Car-ta d'Italia in scala 1:25.000 edita dall'I.G.M.,e si trova compreso tra i paralleli chilometrici29 - 30 ed i meridiani chilometrici 75 - 77.

Considerazioni geologicheL'area su cui sorge il centro abitato diAgrigento è caratterizzata da un rilievo lacui morfologia è naturalmente condiziona-ta dalle differenti caratteristiche dellelitologie affioranti che costituiscono l'asset-to geologico dei luoghi. In linea generale,infatti, la città di Agrigento sorge su unacollina allungata in direzione W/NW - E/SE, caratterizzata da due zone sommitalidisposte in corrispondenza delle estremità:quella occidentale, su cui sorge la Cattedraledi San Gerlando, raggiunge quota 320 ms.l.m., mentre quella orientale, in corrispon-denza della Rupe Atenea (area di studio),raggiunge quota 350 m s.l.m.; tra le duecime si sviluppa una zona centrale più de-pressa posta ad una quota di 250 m s.l.m.Anche in direzione Nord-Sud il colle ha unamorfologia asimmetrica caratterizzata da

N° 3 . 2002 Opera Ipogea 29

i.

Foto 1: sbarramento in mattoni pressati con intonacocementi zio, con conseguente intubamento delle acquedi falda in tubi di ghisa (foto degli Autori).

un versante settentrionale fortemente incli-nato, conpendenze prossime alla verticalità,e quello meridionale dolcemente degradan-te.Questa condizione è determinata da un bru-sco contatto delle calcareniti pleistoceniche,a consistenza lapide a, sulle argille plio-pleistoceniche; lungo il versante meridiona-le si alternano i passaggi eteropici fra lestesse calcareniti e le argille sabbiose adesse intercalate.L'ipogeo di "Bonamorone" ricade in corri-spondenza dell'estremità sud-orientale delversante meridionale della collina, a valledi un esteso affioramento di calcareniti congiacitura a franapoggio. In letteratura geo-logica sono descritti almeno tre livellicalcarenitici, intervallati da spessori argillo-sabbiosi. Questi terreni costituiscono la co-siddetta "Formazione di Agrigento", pog-giante sulle argille plioceniche della "For-

30 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Composti QuantitàOssido di Sodio (Na02) gO,03037

Ossido di Potassio (K20) g 0,01005

Ossido di Calcio (CaO) g 0,07800

Ossido di Magnesio (MgO) g 0,02450

Ossido di Alluminio con tracce di Ossido di Ferro (Al203+Fe203) g 0,00014

Acido fosforico anidro (P205) g 0,00132

Acido silicico anidro (Si02) gO,00023

Acido solforico anidro (S03) g 0,05224

Cloro (Cl) g 0,03183

Acido nitroso anidro (N203) O

Acido nitrico anidro (N205) Tracce indeterminate

Acido solfidrico (H2S) O

Ammoniaca (NH3) O

Crudezza complessiva, che esprime in quantità equivalente di(CaO)calce, tutta la calce e la magnesia dei sali calcici e magnesici 2r,5contenuti in 1 litro di acqua naturale (gradi idrotimetrici francesi)

Crudezza temporanea, che esprime tutta la calce e la magnesia 20°,4dei carbonati terrosi precipitati con l'ebollizione di 1litro d'acqua (gradi idrotimetrici francesi)

Crudezza permanente, che esprime tutta la calce e la magnesia 1°,1dei sali calcici e magnesici rimasti disciolti in 1 litro d'acqua dopo (gradi idrotimetrici francesi)l'ebollizione

Acido carbonico anidro totale (C02) g 0,14484

Acido carbonico anidro dei carbonati e dei bicarbonati gO,10994

Acido carbonico anidro libero gO,03490

Residuo seccato a 130 ° gO,36600

Residuo suddetto calcinato e ripristinato dopo i bicarbonati gO,00300

Perdita con la calcinazione del residuo suddetto gO,003

Quantità di permanganato potassico scolorato dalla materia or- l° 4 c.c. di soluzione normale delTilolo 1 c.c. = 0,000316diganica permanganato potassico

Quantità di ossigeno consumato dall'ossidazione della materiagr.0,00091organica

Quantità di materia organica dosata con soluzione normale digr.0,00182permanganato potassico

1volum. ridotto a 0°+,presso0,760-Componenti dell'aria atmosferica sciolta nell'acqua a 20 °di tem- Ossigeno= c.c. 2,7 -Azotoe c.c. 5,6peratura (rapporto 1:2con

leggero eccesso di azoto)Temperatura alla sorgente 16°C

Temperatura alla fonte 20°C

mazione Monte Narbone" estesamente affio-ranti sia a Nord che a Sud della zona diAgrigento. I complessi passaggi dai terrenicalcarenitici a quelli argillosi consente laformazione di falde idriche sotterranee chetendono, in linea generale, a defluire versoS-SW, ma con numerose variazioni localilegate alla irregolarità del contatto eteropicofra i termini arenitici e quelli pelitici della"Formazione diAgrigento". L'estensione delbacino idrogeologico che alimenta l'ipogeodi Bonamorone risulta essere di circa203.000 m? , mentre l'attuale portata dellasorgente risulta essere di 0,15 l/sec.

Dati storici sulle caratteristichechimiche delle acque sorgenti zieLa ricerca di documenti storici riguardantile acque della fontana di Bonamorone han-no permesso di potere avere notizie sullevariazioni sia della portata che delle carat-teristiche chimiche delle acque della sorgen-te. La pubblicazione relativa al lavoro svol-to, nei mesi di maggio e giugno del 1885,dal farmacista agrigentino SalvatoreBonfiglio (Sull'acqua di Bonamorone - Ri-cerche chimico geologiche -1886), descrivein modo accurato le analisi condotte su que-ste acque: in quel periodo le acque della fon-tana sgorgavano con una portata di circa0,55 l/s.Le analisi vennero effettuate su campionidi acqua prelevati sia alla fonte che all'in-terno delle gallerie ad una distanza di circa400 metri dall'ingresso e dettero dei risul-tati ottimi (cfr. Tabelle 1 e 2).Altro studio che permette di avere notiziesulle caratteristiche delle acque della fon-tana di Bonamorone è lo "Studio geochimicoed idrogeologico di sorgenti della Sicilia" ef-fettuato da M. Dall'Oglio & C. Tedesco, perconto dell'Ente Minerario Siciliano, in col-laborazione con lo CNEN, e pubblicato sul-la Rivista Mineraria Siciliana n° 112-114Luglio-Dicembre 1968: fra le sorgenti stu-diate vi è anche quella di Bonamorone, sul-le cui acque sono state effettuate, in data01.10.65, delle analisi chimiche che hannoportato i risultati illustrati in Tab. 3.

N°3 -2002 Opera Ipogea 31

Sostanze Quantità

Solfato di calcio(CaS04) g 0,08755

Cloruro di calcio(CaCI2) g 0,03796

Cloruro di potassiogO,01259(KCI)

Carbonato di sodi o(Na2C03) gO,05192

Carbonato di potassiogO,00325(K2C03)

Carbonato di calcio(CaC03) gO,04023

Carbonatodi magnesio (MgC03) gO,04895

Anidride carbonica dicarbonati alcalini oterrosi-alcalini rimasta gO,00765

nel calcolo

Acido fosforico anidrocon tracce di ossidoferrico (Fe203) e di gO,00146

allumina (Al203)

Acido silicico (Si03) gO,00023

Materia organica (se-condo il metodo Schulz- TracceTrommsdorff)

Materia organica (se-condo il metodo della gO,00032calcinazione)

Somma dei sali ed altricomposti desunta dalle g 0,29171singole determinazioni

Residuo fisso dissecca-to a 130°Ctrovato spe-rimentalmente evapo- gO,36600

rando1 litro d'acqua

Differenza gO,07429

Tabelle 1 (pag. a fianco) e 2 (sopra): risultati delle ana-lisi su campioni d'acqua, da Sull'acqua di Bonamorone- Ricerche chimico geologiche -1886

32 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Descrizione della cavitàL'ipogeo di Bonamorone risulta essere sca-vato, per buona parte del suo percorso, nel-la calcarenite; presenta uno sviluppoplanimetrico totale di circa 900 metri men-tre il dislivello altimetrico della galleriaprincipale, lungo cui si ha il maggiore af-flusso idrico, è di circa 30 metri. L'ingressodella cavità è posto ad una quota di circa165,0 metri s.l.m. ed è ubicato all'interno diun immobile, di proprietà del comune, a cuisi accede dalla via Artemide; la strutturaospita delle piccole vasche di decantazionee delle vasche di accumulo.Il primo tratto della cavità, disposto in di-rezione nord-est, presenta per i primi cen-to metri del suo percorso una volta consoli-data con calcestruzzo armato e con i piedritticostituiti da muratura in pietrame informelegato conmalta cementizia. Questo elemen-

Portata 0,201/s

Conducibilità 7,8

Ca 2,9

Mg 2,8

Na 2,3

K 0,08

a cat. 8,1

HC03 2,9

804 2,3

Cl 2,2

à an. 7,4

F 31

B 30

8i02 0,52

Tabella 3: risultati delle analisi su campioni d'acqua,da Studio geochimico ed idrogeologico di sorgenti del-la Sicilia", M. Dall'Oglio & C. Tedesco, Rivista Minera-ria Siciliana n° 112-114, Luglio-Dicembre 1968

Foto 2: porzione terminale dell'ipogeo vistosamenteinteressata da stillicidio e concrezionamento sulla vol-ta (foto degli Autori).

to testimonia che la natura geologica dei ter-reni, in questa parte del percorso, èargillosa.In questo primo tratto della cavità è pre-sente sul pavimento una condotta, costitui-ta da tubi in ghisa, che porta alle vasche leacque accumulate a monte.A circa cento metri dall'ingresso è presenteil primo pozzo verticale, caratterizzato dauna notevole presenza di radici di piante alsuo interno: tale presenza determina un par-ziale sbarramento del flusso che, a montedello stesso, determina un certo accumuloidrico; da questo punto della galleria inavanti la volta della cavità è costituita damattoni pressati. Risalendo lungo il percor-so si riscontrano altri due pozzi verticali, asezione quadrata, aventi una larghezza dicirca 1,5 m: da uno di essi, ricadente all'in-terno della parte più orientale del Giardino

N° 3 -2002 Opera Ipogea 33

N

Ao m 40 m 80 mW W LJ--..LJ-.-.d

P1

® Ingresso Ipogeo Bonamorone

Figura 2: pianta dell'ipogeo di Buonamorone (rilievi di Giuseppe Lombardo e Eugenio Vecchio, restituzionegrafica di Eugenio Vecchio).

34 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

Eo<f:)

ìEIo.,.

Eo

\ \u

Botanico della Provincia Regionale diAgrigento, penetra la luce dall'esterno, men-tre il secondo, posto in corrispondenza del-la sede stradale di via Leonardo da Vinci, sipresenta chiuso.A circa duecento metri dall'ingresso è pos-sibile notare la presenza di uno sbarramen-to, alto circa un metro, avente come scopoquello di accumulare, a monte dello stesso,le acque da convogliare alla fontana; que-ste, incanalate all'interno della sopramen-zionata condotta in ghisa, raggiungono levasche di accumulo. Occorre precisare chein questa zona dell'ipogeo è stato riscontra-to il cambio litologicodell'ammasso rocciosoche da questo punto in poi non si presentapiù armato artificialmente ma direttamentescavato nella calcarenite conchigliare.Acirca 250metri dall'ingresso è presente unodegli elementi più caratteristici della cavitàstessa, ovveroun trivio che vede nel ramo disinistra (ramo principale) quello checanalizza la maggior parte delle acque; glialtri due rami presentano sviluppi planime-triei di 'poco superiori ai 50 e 70 metri e sicaratterizzano per la debole presenza d'ac-qua.Proseguendo verso monte, lungo il percorsoprincipale, la cavità mostra un andamentomeandriforme, molto tortuoso, con notevoliabbassamenti della volta che in alcuni casiraggiungono il mezzo metro d'altezza. Inquesto tratto, sovrapposta al ramo principa-le, si sviluppa una seconda galleria paralle-la a quella sottostante: la stessa si presentafortemente interrata e con notevoli accumu-li di massi calcarenitici: anche in questa zonadella cavità si rilevano dei pozzi verticali fi-nalizzati a mettere in collegamento le duegallerie sovrapposte; procedendo per circa 80metri la cavità presenta, in corrispondenzadi un pozzo, un salto di quota verticale, dipoco superiore al metro, che determina loscroscio delle acque di scorrimento.Proseguendo verso monte, la larghezza del-la galleria diminuisce e la pendenza del pia-

Figura 3: sezione dell'ipogeo di Buonamorone (rilievidi Giuseppe Lombardo e Eugenio Vecchio, restituzio-ne grafica di Eugenio Vecchio).

no di calpestio aumenta; a poche decine dimetri dalla piccola cascata descritta in pre-cedenza si incontra una ulteriore biforcazio-ne, che vede comunque nel ramo di sinistra(secondo la direzione di avanzamento) quel-lo con maggiori apporti idrici. Il ramo di de-stra è molto angusto e dalle dimensioni ri-dotte; esso termina, piegando verso sinistra,su un bancone di argilla fortemente plasticache, in alcuni casi, è armata con pietramecalcarenitico informe.Risalendo per il percorso principale, l'anda-mento della galleria si fa più lineare con di-mensioni che, sia in altezza che in larghez-za, si mantengono abbastanza regolari; lun-go il percorso vengono incontrati altri duepozzi di cui il secondo lascia intravedere laluce dall'esterno (questo sboccoall'esterno siè rivelato molto utile per potere "tarare" ilrilievo effettuato e si trova ubicato poco amonte della "Casa della Speranza", struttu-ra di accoglienza di soggetti portatori di han-dicap).Da qui la cavità prosegue in direzione nord-ovest per circa 160metri, terminando su unaparete calcarenitica; l'ultimo tratto della ca-vità presenta una notevole attività idrauli-ca, testimoniata dal copiosostillicidio presen-te sulla volta, accompagnato da concreziona-mento.

Considerazioni conclusiveLa ricerca effettuata ha contribuito ad am-pliare le conoscenze sul sistema ipogeo diapprovvigionamento della fontana diBonamorone. Il rilievo plano-altimetrico del-la cavità, che ha consentito di definire per laprima volta, nella sua totalità, l'andamentoe le dimensioni dell'ipogeo,ha infatti permes-so di potere stabilire il reale percorso delleacque in sotterraneo e quindi di definire conbuona approssimazione le caratteristiche delbacino di alimentazione.Il rilievo ha evidenziato la presenza lungo ilpercorso interno di pozzi verticali, alcuni deiquali chiusi, e le differenti caratteristichegeologichedell'ammasso rocciosoin cui è sca-vata la struttura.Questo contributo oltre ad arricchire le co-noscenze sul patrimonio sotterraneo della

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 35

città dei templi potrà favorire una ottimalegestione delle acque presenti all'internodell'ipogeo che, in moltissimi casi negli anniprecedenti, sono state interessate da feno-meni di inquinamento derivanti dall'estre-ma vulnerabilità della falda, dovuta sia allaparticolare natura geologicaed idrogeologicadell'ammasso roccioso che alla sua delicataposizione rispetto al tessuto urbano presen-te al di sopra della cavità ed all'interno delbacino idrogeologico.Si ringraziano per la disponibilità dimostra-ta e la fattiva collaborazione prestata, l'Am-ministrazione Comunale di Agrigento, ed inparticolare il Sindaco Aldo Piazza ed il Diri-gente dell'Ufficio Tecnico del Comune diAgrigento Francesco Vitellaro.

(articolo pervenuto il 4/12/2002)

Foto 3: galleria interamente scavata nella calcarenite,con scorrimento di acque sul piano di calpestio (fotodegli Autori).

36 N°3 . 2002 Opera Ipogea

BibliografiaARNONE L (1952) - Gli Ipogei di Agrigento - Riflessioni e considerazioni. AAS.T. AgrigentoBONFIGLIO S. (1902) - Nuove scoperte sulla Rupe Atenea in Not. Scavi, pp. 387 ss.BONFIGLIO S. (1925) - Sull'acqua di Bonamorone - Ricerche chimico-geologiche. Agrigento.DAINAA ET ALII. (1978) - Studio della franosità del territorio di Agrigento -Ass. Agr. For. 1st.Geol. Palermo.CARUSO LANZA M. (1931) - Osservazioni e note sulla topografia agrigentina. Tip. Formica eCapraro, Agrigento.DALL'OGLIO M. & TEDESCO C. (1968) Studio di alcune sorgenti - Rivista Mineraria Sicilia-na n° 112-114.DE WAELE J. A (1976-1977) - Gli scavi sulla Rupe Atenea (1970·1975), in Kokalos XXII-XXIII, pp. 456 ss.DE WAELE J. A (1980) - Gli scavi sulla Rupe Atenea'(1970-1975), in "Not. Scavi", S. VII, vol.XXXN, pp. 395 ss. -,FAZELLO (1749) - De rebus Siculis . Vol. II Ib. VI. Catania.FELICI A & CAPPA G. (1994) - Cavità artificiali, esplorazioni e studi: il punto delb: situazio-ne. Notiziario SCR Roma n° 11. 'GRIFFO P. (1995)- Akragas . Agrigento. La storia, la topografia, i monumenti, gli scavi.Agrigento pp. 219-221, ' , _HOUEL J. (1918) - Voyage pittoresque des iles de Sicile de Lipari et de Malta - Paris.LA ROCCA S. (1918) - Le acque girgentine - dal Giornale "Il Cittadino" Girgenti.LOMBARDO G. (1995) - Gli Ipogei di Agrigento: aspetti geologici connessi alle strutture dielevata valenza archeologica. - Boll. Ord. Reg. Geol. Sic. Ottobre-Dicembre - Palermo.LOMBARDO G. (1996) - L'esplorazione speleologica, in Gli ipogei di Agrigento: valorizzazionee fruizione, Atti del Convegno di Studi - Agrigento.LOMBARDO G. & BRUCCULERI A (1998) - Studio geologico finalizzato alla conoscenza delsottosuolo del Teatro Comunale "Pirandello" di Agrigento ". - Boll. Ord. Reg. Geol. Sic. Ottobre-Dicembre - Palermo.LOMBARDO G. (1998) - Gli Ipogei del costone calcarenitico del Tempio di Vulcano, estrattodagli Atti del 3° Convegno Regionale di Speleologia - Palermo.LOMBARDO G., VECCHIO E., BAIO A (1999) Note descrittive sul sistema "Sala Perez-Giacatello" nel territorio del comune di Agrigento, in Opera Ipogea n.l.LOMBARDO G., VECCHIO E., BAIO A, CAPODICI F., SOLLANO G. (2000) Cavità artificialie sistemi defensioi nella Rupe Atenea di Agrigento, in Opera Ipogea, n.3.MALATESTAA & NICOSIA M.L (1955) - I fossili del Pliocene e del Pleistocene di Agrigentodella collezione Lomi - Boll. Servo Geol. d'It.MARCONI P. - Agrigento - Ed. Vallecchi, Firenze.PICONE G. (1934) - Memorie storiche agrigentine - II ed. Agrigento.SCHUBRING G. (1888) - Topografia storica di Agrigento - Trad, dal Toniazzo, Torino.TREVISAN L. & DI NAPOLI E. (1938) - Tirreniano, Siciliano e Calabriano nella Sicilia sud-occidentale - Gior, di ScoNat. ed Ec. di Palermo.VIGO L. (1883) - Lettera a Nicolò Palmieri sugli.Ipogei e catacombe di Girgenti - Palermo.

Le ghiacciaiecoperte dellaYalbormida

Alberto VerriniGruppo Grotte CAI Novara - Ist. Ini. di Studi Ligurialberto. [email protected]

N° 3 . 2002 Opera Ipogea 37

RiassuntoLa Valbormida, piccola valle dell'entroterra savonese, ha conosciuto un importante sviluppoeconomico alla fine dell'Ottocento, in seguito alla costruzione della linea ferroviaria che col-lega la riviera ligure con il Piemonte, attraversando le Prealpi liguri. Tra i benefici portatidalla costruzione della ferrovia, va senz'altro considerato quello della emancipazione delcommercio del ghiaccio naturale, da una condizione di produzione e vendita locale, ad unanuova prospettiva interregionale. La visita e la riscoperta di alcune ghiacciaie coperte, haportato all'individuazione di un "percorso storico" preciso, a partire dalle piccole produzionilegate alle esigenze delle borgate, fino alle enormi camere sotterranee predisposte allostoccaggio di migliaia di metri cubi di ghiaccio destinato agli ospedali di Genova.Parole chiave: cavità artificiali, ghiacciaie sotterranee, Valbormida, Liguria.

AbstractValbormida, a small valley in the hinterland of Savona, experienced a remarkable economiegrowth in the end of the 19th century, following the construction of the railway line linkingthe Ligurian coast with Piedmont. Some of the benefits the railway brought out are certainlyhighly considered, for example, the development of the natural ice trade from the localproduction and sale up to the wider interregional prospects. Some ice-houses have beenrediscovered then, which permitted to determine the precise "historical way", starting fromthe small production [or the nearby villages up to the huge undeground cellars wherethousands of cubic metres of ice were stored to be used then by the hospitals in Genoa.Keywords: artificial cavity, underground ice-house, Valbormida, Liguria.

IntroduzioneUn triste destino accomuna un po' tutti gliambienti sotterranei artificiali dellaValbormida: la maggior parte di essi è or-mai scomparsa dalla memoria dei suoi abi-tanti.Questo accade sia per le cavità più antiche,e questo è tutto sommato un fatto consueto,ma curiosamente anche per le cavità più re-

centi, talvolta utilizzate e frequentate finoa pochi anni fa. In questo senso, gli ultimidecenni di abbandono delle zone di entro-terra della Liguria sembrano produrre unrapido e progressivo disgregarsi del baga-glio di conoscenze e tradizioni, già difficileda rimbastire.Le ghiacciaie coperte della Valbormida non

38 N° 3 -2002 Opera Ipogea

costituiscono purtroppo un'eccezione in talsenso: splendidi manufatti sotto gli occhi ditutti, nella maggioranza dei casi ancora inbuono stato di conservazione (tanto che al-cune sarebbero ancora in grado di funzio-nare perfettamente), eppure ignoti persinoagli abitanti del luogo.Si tratta di ipogei relativamente recenti, re-alizzati a cavallo degli anni tra il '700 e 1'800,dismessi più o meno in modo definitivo neiprimi anni del '900.La presenza del "freddo artificiale" nelle no-stre case è diventato una scontata e quantomai irrinunciabile necessità, tanto da averrimosso il ricordo del tempo, non molto lon-tano, in cui per conservare vivande e mercideperibili era necessario fare affidamentosul ghiaccio prodotto e mantenuto in appo-siti ambienti, per poi essere venduto al det-taglio solo al momento dell'effettivo utiliz-zo.Ma cominciamo dall'inizio.Sui monti e sulle fasce liguri si possono an-cora individuare con facilità neviere a cieloaperto, spesso a ridosso dei piccoli agglome-

rati urbani. In passato era infatti praticacomune, in queste valli, conservare la neveappena caduta all'interno di profonde bu-che scavate nel terreno e quindi isolarla dal-l'esterno con strati di foglie secche e rami.Pochi e semplici accorgimenti che consenti-vano di conservarla almeno nei mesi menocaldi: all'apparire della primavera inesora-bilmente quel che restava dentro le nevieresi trasformava in una fresca poltiglia mar-cescente.Si trattava ovviamente di una attività le-gata alla presenza stagionale di grandiquantità di neve e riservata ad un utilizzofamiliare o poco più.Solo successivamente, in epoca napoleoni-ca, avvenne una innovazione tecnologicapiuttosto importante grazie alla comparsadelle prime ghiacciaie: si cominciarono a co-struire veri e propri ambienti artificiali sot-terranei, muniti di spessi muri isolanti, diintercapedini, di porte stagne.Questi ambienti non erano più destinati allaconservazione della neve ma piuttosto delghiaccio, che veniva appositamente forma-

to allagando, duran-te le stagioni fredde,ampi tratti di pianu-ra appositamenteadibita allo scopo, equindi in seguito alcongelamento dellasuperficie esposta,frazionato e traspor-tato alloro interno.Le ghiacciaie eranospesso mantenute egestite da piccole co-munità che poi usu-fruivano del prodottofinito durante l'anno,ed era consideratauna attività impor-tante quanto quelladel mugnaio e delfabbro. Spesso anzi,nelle borgate più iso-late, interi nuclei dicase venivano attrez-zati all'utilizzo del-

Fig. 1: quadro sinotlico delle posizioni delle ghiacciaie coperte della Valbormida: 1- Ghiacciaia di Piantelli (S.Giuseppe di Cairo); 2 - Ghiacciaia di Piana (Piana Crixia);3 - Ghiacciaia di Bugile (Carcare); 4 - Ipogeo di Villa De Mari (Ferrania) (grafica A.Verrini).

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 39

Foto 1: una delle due grandi camere di stoccaggio della Ghiacciaia di Piantelli (foto A. Verrini).

l'acqua in movimento, che azionava primale macine dei mulini, poi i martinetti dei fab-bri, per defluire infine in apposite vaschein cui veniva fabbricato il ghiaccio.La quantità di prodotto conservato, in que-sti casi non era mai grandissima.Vi furono poi periodi in cui la sua commer-cializzazione venne considerata comeuna at-tività molto remunerativa, ad esempio du-rante la seconda metà dell'Ottocento, tantoda indurre considerevoli investimenti nellacreazione di veri e propri impianti industrialiper la produzione e la conservazione di quel-lo che veniva definito "ghiaccio naturale".Fattori di scelta determinanti, nell'instal-lazione di questi impianti, erano ovviamen-te alcune considerazioni morfologiche e cli-matiche, l'abbondanza di acqua, la possibi-lità di una semplice canalizzazione, ma so-prattutto la presenza di comode vie di tra-sporto del prodotto finito.

Uno dei problemi più grandi era infatti quel-lo di trasportare rapidamente il ghiaccio làdove serviva: il fatto di essere in grado diconservarlo a lungo non era ovviamente suf-ficiente.Come per tutte le zone dove acqua e freddonon mancano, sicuramente la Valbormidaha sempre avuto le carte in regola per que-sto tipo di attività, limitando però la vendi-ta del ghiaccio localmente, là dove era fab-bricato.Solo una serie di coincidenze portarono ver-so la fine dell'Ottocento ad un radicale mu-tarsi della situazione: la costruzione dellalinea ferroviaria Savona-Torino fu un fattosocialmente ed economicamente davveromolto importante, che realizzò in manieraindiretta anche l'ultima condizione. Graziealla costruzione della linea ferroviaria chedalla riviera attraversa le Prealpi liguri perpoi ridiscendere in Piemonte, la produzione

40 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

e la vendita di ghiaccio naturaledivennero possibili su larga scalae questo tipo di commercio riuscì aemanciparsi, anche se solo per unbreve periodo, dal suo destinoestremamente localizzato, per di-venire un valido strumento econo-mico da alternare, in inverno, allavoro stagionale dei campi.L'idea di avviare questo tipo di at-tività imprenditoriale, in realtànon del tutto nuova in Italia, bale-nò in mente al Cavalier GiuseppePiantelli al momento dell'espropriodella enorme quantità di terreninecessari al passaggio della lineaferroviaria e alla costruzione di due Foto 2: l'ingresso principale della Ghiacciaia di Piantelli (foto A.

Verrini).

------+-. N

0CI =::::::i5__ 10 M

Pianta

Fig. 2: planimetria della Ghiacciaia di Piantelli (grafica A. Verrini).

N° 3 -2002 Opera Ipogea 41

-

D V =« ~dO D r:D D D

nU U

Sezioni

n ~no 5 10

M

Fig. 3: sezioni della Ghiacciaia di Piantelli (grafica A. Verrini).

stazioni all'interno delle proprietà della suafamiglia. Egli richiese ed ottenne in cambiol'autorizzazione al commercio ferroviario acondizioni economicheparticolarmente van-taggiose, oltre alla costruzione di un brevetroncone di linea che dalla Stazione diS.Giuseppe di Cairo si dirigesse direttamen-te all'interno delle sue nuove ghiacciaie.Fu così che prese forma uno dei più ambi-ziosi progetti imprenditoriali valbormidesidi fine '800, con la costruzione di quella checrediamo essere una delle ghiacciaie artifi-ciali più grandi ad oggi ufficialmente cono-sciute in Italia (oltre 6000 metri cubi di vo-lume complessivo di stoccaggio!).Il ghiaccio prodotto a S.Giuseppe di Cairovenne trasportato e utilizzato per alcuni de-cenni nei grandi ospedali genovesi e nei mer-cati rivieraschi del pesce.Poi l'inizio del nuovo secolo portò una rivo-luzione straordinaria: l'invenzione del fred-do artificiale.Il ghiaccio naturale, che fino a poco prima

era stato considerato merce preziosa e co-stosa, destinata ad un pubblico elitario diconsumatori, nell'immaginario collettivo di-venne, lentamente ma inesorabilmente, unafonte di possibili infezioni, perché prodottoin ambienti difficilmente controllabili dalpunto di vista igienico e sanitario.E mentre l'asettico ghiaccio artificiale dive-niva via via meno costoso, il prezzo delghiaccio naturale, prodotto con maggior at-tenzione all'igiene durante il processo di la-vorazione e trasporto, diveniva via via piùcaro.La lotta fu presto impari e al termine delleristrettezze economiche dovute alla primaguerra mondiale, la produzione industrialedi ghiaccio in Valbormida cessò del tutto.Qualcuno narra che le enormi camere sot-terranee delle ghiacciaie di Piantelli ebbe-ro una nuova, temporanea destinazioned'uso durante l'occupazione tedesca del se-condo conflitto mondiale: un vagone ferro-viario su cui era montato un grande canno-

42 N° 3 . 2002 Opera Ipogea

e si posteggia l'auto nel parcheg-gio sterrato prospiciente. Nel pun-to più distante, nei pressi di unaabitazione privata, è ben visibilel'ampio ingresso della ghiacciaia,chiuso da tavole di legno inchioda-te.

DescrizioneUn grande portale di accesso, at-tualmente chiuso da tavolacci di le-gno inchiodati, immette in una gal-leria in mattoni, le cui dimensionie forma rispettano gli standard fer-rOVIarI.Originariamente la galleria era si-curamente attrezzata conuna lineadi binari in grado di consentire l'ac-cesso a vagoni ferroviari provenien-

ti direttamente dalla stazione.A sinistra rispetto all'ingresso, un foro didimensioni appena transitabili consentel'accesso a uno stretto corridoio e ad unastanzetta dalla forma irregolare, probabil-mente utilizzata come magazzino per gli at-trezzi.La galleria principale, orientata indicativa-mente in direzione sud-ovest, prosegue peruna cinquantina di metri in leggera curva-tura a sinistra. Ad una quindicina di metri

Foto 3: la sala nord-ovest della Ghiacciaia di Piantelli, la cui voltaè sorretta da imponenti colonne in mattoni (foto A. Verrini).

ne a lunga gittata, destinato a sparare i suoicolpi sul capoluogo di provincia, venne na-scosto da qualche parte intorno aS.Giuseppe, lungo un binario sotterraneonon più utilizzato, al sicuro da attacchi ae-rei e da occhi indiscreti. Che fosse propriola galleria di accesso alle ghiacciaie?

Posizioni e descrizioni degli ipogei(coordinate geografiche rilevate con ricevi-tore Garmin GPS 12)

Ghiacciaia di PiantelliCA208 Li SVSpeleometriaComune: Cairo MontenotteProvincia: SavonaLocalità: Stazione di S.GiuseppeCTR 1:10000: F. 228040 (Cairo M.)Coord.: 32T0443362 E, 4913395 NQuota: 345 m s.l.m.Sviluppo spaziale: 110 mSviluppo planimetrico: 96 mDislivello: +12 mFormazione geologica: Formazionedi Molare

AccessoL'accessodi questa cavità è sempli-cissimo: si raggiunge la stazione Foto 4: concrezioni a capelli d'angelo, nella Ghiacciaia di Piantelliferroviaria di S.Giuseppe di Cairo (foto A. Verrini).

Foto 5: una delle pietre di chiusura dei bocchettoni,precipitata al suolo all'interno di una delle camere del-la Ghiacciaia di Piantelli (foto A. Verrini).

dal fondo, il pavimento costituito di terra siabbassa improvvisamente di circa un me-tro di dislivello: tutta la parte iniziale dellagalleria di accesso è stata parzialmente in-terrata e livellata, per scopi difficili da rico-struire. Sul fondo della galleria sono anco-ra ben visibili i segni dei respingenti per ilocomotori, originalmente montati sulla pa-rete terminale. Ameno di dieci metri dal fon-do, sulla destra, è ancora possibile indivi-duare una galleria di servizio chiusa recen-temente per mezzo di un muro in mattoni ecemento.Sul lato opposto della galleria principale siaprono i due imbocchi inferiori alle cameredi stoccaggio e il corridoio di alimentazionedelle camere.La prima camera è di forma abbastanza re-golare, quasi cubica, e la volta è sostenutada una colonna in mattoni che divide il sof-fitto in quattro semivolte. Un bocchettonedi alimentazione è presente in alto, sul latonord-ovest.La seconda camera, più grande della prima,ha una forma a parallelepipedo ed è soste-nuta da due colonne identiche a quella del-la prima camera. Anche qui sul lato nord-ovest del soffitto sono presenti due bocchet-toni.Dalla prima camera è possibile accedere aduna delle camere più grandi, di oltre 20 me-tri di profondità per 12 di larghezza e lO dialtezza.

N° 3 -2002 Opera Ipogea 43

Sulle pareti in muratura che dividono le va-rie camere sono spesso presenti finestre dicomunicazione, richiuse in seguito per mez-zo di lavori in muratura.Il pavimento di questa camera più grande èricavato nella viva roccia e sagomato in ma-niera che le acque di scioglimento del ghiac-cio defluiscano naturalmente in una preci-sa direzione, dove è ancora presente un tom-bino di smaltimento.Nella parete sud-ovest occhieggiano a variealtezze le finestre di alimentazione, raggiun-gibili tramite il corridoio di servizio che se-para le due camere.Il soffitto è caratterizzato da una splendidavolta a botte, nella quale sono ricavati varibocchettoni di alimentazione.La camera ad ovest è speculare a quella ap-pena descritta, tranne che per l'assenza diun tombino di smaltimento delle acque discioglimento. In questo caso la sagomaturadel pavimento muove le acque reflue in dire-zione di una canalina posta alla base dellaparete est, che drena in direzione della pri-

Foto 6: il corridoio-intercapedine tra le grandi cameredi stoccaggio della Ghiacciaia di Piantelli: ai lati, a va-rie altezze, si aprono le finestre di alimentazione (fotoA. Verrini).

44 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

ma camera.Il corridoio di alimentazione è costituito dauna serie di scale che si innalzano fino aduna decina di metri di altezza, consentendol'alimentazione e l'accesso alle camere late-rali, a varie quote, tramite una serie di am-pie porte.Le porte erano originariamente in legno, ag-ganciate su grandi cardini in ferro, ed era-no posizionate, oltre che sull'accesso alle ca-mere, anche a distanze regolari lungo il cor-ridoio, in modo da costituire ambienti quan-to più possibile stagni. Al termine del cor-ridoio, sul soffitto, è presente un altro boe-chettone di alimentazione.Tutta la zona occupata dalla ghiacciaia èstata attrezzata esternamente conuna imponente copertura di terra,sulla quale sono state tracciatestrade e sentieri, utilizzati un tem-po per accedere ai bocchettoni dialimentazione. Una fitta vegetazio-ne, solo in parte spontanea, con-traddistingue la zona, che appareoggi come un bosco poco curato ti-pico di questo entroterra. Sul mar-gine nord-ovest della ghiacciai a èpresente una grande strada albe-rata che fungeva da accesso al Ca-stello di Quassolo, posto ad oltre unchilometro di distanza in direzionedi Carcare.

(Beltrame-Ciribì 1998), di cui questi manu-fatti fanno parte.Cito integralmente le poche righe che neparlano: "Indotto dalla favorevole posizionerispetto alla ferrovia e al fine di dare lavoroai mezzadri durante la stagione invernalel'Avvocato Piantelli (Giuseppe Piantelli,n.d.a.) decise inoltre di costruire un'indu-stria del ghiaccio. In un grosso avallamentoche si trovava di fronte alla stazione latoCosseria, egli fece costruire un grande loca-le voltato munito di bocchettoni sulla partealta, che servivano per rifornire quello chesarebbe divenuto il magazzino del ghiaccio.Questo ambiente venne poi ricoperto di ter-ra in tutte le sue parti fino a creare una col-

Note storichePur trattandosi di avvenimenti ac- Foto7: galleriadidrenaggiodeltorrentestagionaledeviatoinse-caduti poco più di un secolo fa, non guitoallacostruzionedellaGhiacciaiadiPiantelli(fotoA. Verrini).è stato possibile recuperare moltadocumentazione sulla costruzione e la ge-stione dell'industria del ghiaccio della fami-glia Musso-Piantelli. Ad esempio è ignotol'anno preciso della realizzazione, anche seda mettere in relazione con la costruzionedella ferrovia, del 1875.L'unica fonte indiretta che cita espressa-mente le ghiacciaie, fra le pubblicazioni del-l'ultimo secolo, è un libro dedicato alla fa-miglia Musso-Piantelli (Cominetti 1994), poiripreso quasi letteralmente da una tesi dilaurea dedicata agli aspetti architettonici ecostruttivi del Castello di Quassolo

lina, al fine di mantenere inalterata la tem-peratura interna nella stagione estiva. Laproduzione del ghiaccio avveniva nella Val-le dei Rossi, tra S. Giuseppe e Cosseria, dovePiantelli, proprietario di quei terreni, fecearginare i campi che costeggiavano il fiumefino a renderli piani e stagnanti ad imma-gine delle risaie. In inverno questi venivanoriempiti d'acqua che, con il gelo, formavaun grande lastrone ghiacciato. Subito doposi provvedeva a spaccare e a segare questoin blocchi uniformi, che con grossi pali dilegno, venivano fatti scivolare sopra i carri

e trasportati in ghiacciaia, scaricandoli at-traverso i bocchettoni appositamente lasciatiaperti nella parte alta del magazzino. Quan-do i consumatori ne facevano richiesta, ilghiaccio veniva caricato sui vagoni ferrovia-ri, che naturalmente erano alloggiati neipressi della ghiacciaia, e imbottito nei sac-chi contenenti sale e segatura per renderepiù termico il viaggio. Il Dott. Musso-Piantelli narra che tra i principali acqui-renti del ghiaccio c'erano gli ospedali delcapoluogo ligure."Lo stesso materiale è poi stato ripreso neldepliant del Comune di Cosseria (Strocchio2000), che illustra le principali attrazionipresenti sull'area comunale. Va aggiuntoche quest'area di confine fra Comune diCairo e Comune di Cosseria, appartieneamministrativamente al primo, ma è sog-getta ad una disputa territoriale, ormai se-colare.Altro testo locale che parla fugacemente del-le ghiacciaie di Piantelli e dell'industria delghiaccio è [Rodino, 2002]. Molti dei dati ri-portati da: [Cominetti, 1994], [Beltrame-Ciribì, 1998] e [Rodino, 2002], trovano co-munque conferma indiretta all'interno di unvolume veramente straordinario: [Cinotti,Ferrari, Innocenti, Morelli, Nannini eOttanelli, 1987], dedicato però ad un'altraregione italiana e ad un'altra industria delghiaccio.Le modalità architettoniche e funzionali ci-tate in questo lavoro dedicato all'argomen-to sembrano però creare davvero un lega-me sottile tra queste due industrie, dimo-strando l'esistenza di una pratica lavorati-va così consolidata da possedere degli stan-dard e dei modelli precisi.Infine una nota tecnica: la costruzione del-l'immensa ghiacciaia comportò l'allarga-mento della parte terminale di una vallepercorsa da un ruscello attivo stagionalmen-te e la deviazione di quest'ultimo all'inter-no di apposite condotte coperte (cfr. fig. 4).Un'opera di ingegneria piuttosto complessaquindi, che ebbe il suo contributo finale daparte dell'ente preposto alla realizzazionedelle opere ferroviarie relative alla costru-zione della stazione di S.Giuseppe.

N° 3 -2002 Opera Ipogea 45

Fig. 4: rilievo della galleria di drenaggio del torrentestagionale deviato in seguito alla costruzione dellaGhiacciaia di Piantelli (grafica A. Verrini).

Il tratto terminale del torrente venne fattopassare al di sotto della massicciata cheospita i binari e al di sotto delle due stradecomunali che fiancheggiano la ferrovia, al-l'interno di una galleria lunga un centinaiodi metri e percorribile ancora oggi(CA209LiSV).

Ghiacciaia di Piana - CA338 Li SVSpeleometriaComune: Piana CrixiaProvincia: SavonaLocalità: Osteria TripoliCTR 1:10000: F. 211120 (Dego)Coord.: 32T0445155 E, 4925977 NQuota: 269 m s.l.m.Sviluppo spaziale: 14 mSviluppo planimetrico: lO mDislivello: -4 mFormazione geologica: F. di Molare

AccessoSi segue la strada statale che collega laValbormida con Acqui (SS29) fino alle pri-me case di Piana Crixia.Sulla destra è facilmente individuabile l'in-segna dell'Osteria Tripoli: qui si lascia l'au-to e si ridiscende la ripida china che immet-te nel parco del seminario vescovile, in di-rezione del fiume Bormida. Una volta rag-giunto il parco, nelle adiacenze dell'osteria,

46 N° 3 -2002 Opera Ipogea

Volendo comunque individuarequalche notizia storica al riguardo,ci viene in soccorso il proprietariodell'Osteria Tripoli, che si occupa

. della sua manutenzione con passio-ne e dedizione: all'interno del vo-lume [Dogliotti, 1999] da lui scrit-to e dedicato alla ricostruzione sto-rica di alcuni avvenimenti degli ul-timi due secoli di questa piccola co-munità, è presente qualche spuntointeressante.Mi fa piacere riportarlo in questaoccasione: "Molti pianesi, specie fraquelli meno anziani, certamentenon saranno a conoscenza dell'esi-stenza nel nostro paese di una stu-penda ghiacciaia ancora perfetta-

mente conservata. Si trova nel parco del se-minario vescovile, adiacente alla strada sta-tale e a circa 30 m. dalla trattoria "Tripoli".(...) si tratta di una costruzione in mattonicompletamente interrata. Si compone di uningresso, di un vano di separazione e isola-mento e del pozzetto con griglia per lo scolodelle acque. É stata costruita sicuramentedai marchesi Incisa di Camerana allora pro-prietari della villa, ma non se ne conosce conprecisione la data. L'unico riferimento si tro-va nella delibera comunale dell'l1 /3/1889

Foto 8: l'ingresso della Ghiacciaia di Piana (foto A. Verrini).

è ben visibile la porta di accesso dellaghiacciaia.

DescrizioneUna pesante porta in legno immette in unapiccola stanza in muratura, illuminata a de-stra da una minuscola finestrella esposta anord. Sul lato opposto un corridoio origina-riamente inframezzato da due porte isolanti,conduce sul bordo della camera di stoccaggio.La camera è di forma cilindrica, completa-mente fasciata in mattoni pieni e il pavi-mento è sensibilmenteinclinato verso la partecentrale.Al centro del soffitto, acupola, è posizionato ilbocchettone di alimen-tazione principale,chiuso da una pesantebotola in . pietrasagomata e delimitatointernamente da unaserie di sbarre aintersezione.

Note storicheAnche per la Ghiacciaiadi Piana non è statopossibile verificare l'an-no preciso di costruzio-ne.

Sezione

o 5 10M

----N

Pianta

Fig. 5: rilievo della Ghiacciaia di Piana (grafica A. Verrini).

durante il quale il Consigliere ChiarlonePietro suggeriva la costruzione della nuovascuola nel "cosiddetto sito sopra laghiacciaia" (...) L'acqua per la formazionedel ghiaccio veniva convogliata nella bealeradel Mulino con una piccola chiusa in unlaghetto e veniva lasciata gelare. Quindi fat-to a pezzi veniva conservato nel pozzo rico-perto di segatura. I più anziani del paesetra i quali Borreani Francesco (Cichinin) ri-cordano ancora la ghiacciaia in funzione ela distribuzione del ghiaccio a chi ne avevabisogno."

Ghiacciaia di Bugile - CA339 Li SVSDeleometriaComune: CarcareProvincia: SavonaLocalità: BugileCTR 1:10000: F. 228040 (Cairo M.)Coord.: 32T0443146 E, 4911519 NQuota: 352m s.l.m.Sviluppo spaziale: 10mSviluppo planimetrico: 10m1)islivello: O mFormazione geologica: F. di Molare

AccessoDa Carcare si segue la strada che conducealla piccola frazione di Bugile equindi a S.Giovanni al Monte.Nel prato prospiciente le case diBugile, è facilmente individuabilela collinetta artificiale sotto cui sicela la ghiacciaia. Un po' più com-plicata è l'indìviduazione dell'in-gresso, ormai completamente rico-perto di rovi e cespugli.

1)escrizioneOltre il pesante portone in legno(probabilmente ancora quello ori-ginale) ci si trova all'interno di unspazioso locale dalle forme abba-stanza regolari.A sinistra un paio di gradini in di-scesa portano all'interno dellagrande camera di stoccaggio, a cu-.pola. Nella stanza di ingresso èpresente una finestrella posta sul

N° 3 -2002 Opera Ipogea 47

medesimo lato di accesso alla ghiacciaia:serve a illuminare una grande finestra dialimentazione collocata a circa un metro emezzo di altezza.Gli ambienti interni hanno subìto recente-mente pesanti lavori di ristrutturazione, re-alizzati purtroppo senza porre alcuna curanella conservazione delle strutture origina-li.Ad esempio, probabilmente il pavimento ori-ginale della ghiacciaia era collocato ad unaquota inferiore e conteneva le tipiche strut-ture di drenaggio. Ora invece è stato livel-lato da una orrenda gettata in cemento.Una seconda finestra di alimentazione, or-mai sigillata e collocata sul alto opposto ri-spetto all'ingresso, occhieggia da un'altez-za di circa 2 metri e mezzo.Nel brevissimo corridoio che divide la stan-za di accesso dalla cupola, sono ancora benvisibili le pietre a secco con cui era costitu-ita l'intercapedine e i mattoni di rivestimen-to della cupola stessa.Qui erano originariamente posizionate ledue porte di isolamento termico della came-ra di stoccaggio; è stato recuperato in loco,abbastanza fortunosamente, un pesantecardine in ferro probabilmente appartenu-to ad uno dei portelloni stagni.

5 10M

Pianta

N

Sezione

Fig. 6: rilievo della Ghiacciaia di Bugile (grafica A. Verrini).

48 N° 3 -2002 Opera Ipogea

in pietre a secco, senza alcun uti-lizzo di malte e di consolidanti, hasicuramente subito nel tempo mol-ti rimaneggiamenti e destinazionid'uso.Con ogni probabilità non è stataneppure costruita come ghiacciaia,ma piuttosto come grotta-giardino.È possibile che quello della conser-vazione del ghiaccio sia stato solol'ultimo dei riutilizzi di questastruttura.Due ingressi paralleli immettonoin un corridoio ricurvo (ingresso adestra) e in un'ampia intercapedi-ne (ingresso a sinistra). Il brevecorridoio di destra, consente di ac-cedere nuovamente all'intercape-dine subito oltre l'ingresso, oppu-

re ad una angusta stanza di servizio ubicataa destra, di forma molto irregolare.Innanzi, un portale spazioso immette nellacamera a cupola, di oltre 6 metri e mezzo didiametro e 4 di altezza. Anche questo vano,come i rimanenti della ghiacciaia, è costru-ito in pietre a secco, con arte sapiente e ri-gorosa.Una sola pietra fa da cuneo, da chiave divolta, sulla sommità della cupola, facendo-si carico di uno spessore di oltre tre metri

Foto 9: l'ingresso della Ghiacciaia di Ferrania (Ipogeo di Villa DeMari) (foto A. Verrini).

Ghiacciaia di Ferrania(Ipogeo di Villa De Mari)CA340 Li SVSpeleometriaComune: Cairo MontenotteProvincia: SavonaLocalità: Ferrania, Villa De MariCTR 1:10000: F. 228040 (Cairo M.)Coord.: 32T0446473 E, 4913076 NQuota: 360 m s.l.m.Sviluppo spaziale: 12mSviluppo planimetrico: 12mDislivello: O mFormazione geologica: Formazionedel Santuario di Savona (sciatifilladici)

AccessoDal passaggio a livello di Ferraniasi ridiscende la strada asfaltatache entra nel vecchio borgo in pros-simità di Villa De Mari. Laghiacciai a è adiacente alla primacostruzione che si incontra sulladestra, in prossimità della stradacomunale che attraversa il RioFerranietta.

DescrizioneÈ atipica rispetto a quelle indivi-duate: completamente realizzata

Foto 10: corridoio e uscita nord della Ghiacciaia di Ferrania, vistidall'interno della grande carnera a cupola (foto A. Verrini).

di pesantissimi clasti scistosi che costitui-scono le pareti e il soffitto.Lateralmente, a distanze regolari, sidipartono alcuni stretti cunicoli in ripidaascesa, alcuni dei quali raggiungono l'ester-no, apparentemente realizzati dopo la co-struzione della cupola estraendo una seriedi pietre dalla tessitura a secco.A sinistra rispetto all'ingresso della cupola,un secondo corridoio sempre in pietre a sec-co riconduce sia verso l'esterno, sia nuova-mente nell'intercapedine. L'intercapedine èl'unico locale parzialmente rivestito in mat-toni, anche se in molti punti è visibile lasolita struttura a secco immediatamente aldi sotto.All'esterno una copertura di terra, non moltospessa, avvolge l'intera costruzione; alcunipini ultra centenari sono cresciuti sulla suasommità.

Note storicheScriveva il Sacerdote Tommaso Torteroli(Torteroli 1859) parlando di Ferrania:"Ferrania perlustrata di continuo da caccia-tori che vi fanno laute prede, fu oggetto dimille parlari pei villeggianti di Leggino. I

N° 3 -2002 Opera Ipogea 49

quali meditando una cavalcata, un giornofra gli altri presa la via dei monti che è lapiù breve, sopra arditi somarelli elegante-mente bordati, si avviarono a quella volta.E giunti in quel sito, e visitata la chiesa e ilpalazzo, e visto il giardino, il lago, la grottaed il parco e colle mandre de' buoi che pa-scolano per le aperte praterie, l'accesa for-nace in cui al frastuono della grand'acquache si divalla nel chiuso, esercitano l'operaloro. (...)".E ancora in fondo al racconto: "(...) E rivol-gendosi ciascuno dove lo traeva la vaghezzadi nuovo desio, vi fu chi se ne andò a pas-seggiare lungo i viali del giardino (...) edaltri fece ritorno alla grotta per riposaretranquillamente in quell'asilo sacro ad af-fetti arcani ed a meditazioni sublimi (...l'.Ma quali sono questi giardini con tanto digrotta annessa, che così romanticamente"traevano a nuovo desìo" i visitatori dell'epo-ca?Torteroli sta parlando probabilmente deigiardini della tenuta De Mari [Salmoiraghi,1992], marchesato savonese che durante laprima metà dell'Ottocento possedeva tuttaFerrania e che, dopo aver edificato nel 1825

Pianta

Sezioni

L- ~-----

Gruppo Grotte (AI Novara - 2001

Fig. 7: rilievo della Ghiacciaia di Ferrania (grafica A. Verrini).

50 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

re questo manufatto.Va anche detto a onor del vero, chela stessa struttura portante dellacupola si appoggia in qualchemodo alle antiche mura dell'abba-zia di Ferrania, di probabile ori-gine medioevale. È difficile direora se sia stata riutilizzata, anchesolo in parte, qualche strutturapreesistente.L'utilizzo di questi ambienti ipo-gei, oltre che scenografico e alle-gorico, pare fosse anche pratico,per lo più stagionale; la conforma-zione della camera centrale e lafreschezza degli ambienti la pro-mossero dapprima a dispensa esti-va per la cacciagione, quindi for-se, in un secondo momento, a

ghiacciaia o neviera (probabilmente dopola partenza definitiva dei De Mari daFerrania all'inizio del '900), per mezzo diun adattamento piuttosto grossolano.

Foto 11:il corridoio principale di accesso alla camera a cupola, nel-la Ghiacciaia di Ferrania (foto A. Verrini).

una sontuosa abitazione con una splendi-da tenuta circostante, diede nuova prospet-tiva economica a questa valle grazie allalavorazione nelle ferriere di minerali pro-venienti dall'Elba.La progettazione dei giardini della tenutaDe Mari fu affidata all'inizio degli anni '50dell'Ottocento, agli architetti Roda di Rac-conigi.All'epoca era molto dimoda presso le famiglienobiliari liguri allestireuna grotta artificiale al-l'interno delle proprietenute; ce lo racconta losplendido volume(Luchina t-Magnani-Pozzana 1987). Del re-sto la famiglia De Marinon era nuova alla rea-lizzazione di grotte ar-tificiali ad uso domesti-co, come dimostra la"Grotta della Madonnadi Bellavista" a CairoMontenotte (Verrini1997) e probabilmentela sistemazione deigiardini della tenutaferraniese fu una occa-sione ideale per allestì-

Ringraziamen tiUn ringraziamento sincero a tutti colorochehanno in qualche misura partecipato ai la-

Foto 12: la camera a cupola della Ghiacciaia di Ferrania, completamente realiz-zata in pietre a secco (foto A. Verrini).

Foto 13: intercapedine laterale della Ghiacciaia di Ferrania, rivesti-ta in mattoni (foto A. Verrini).

N° 3 -2002 Opera Ipogea 51

vori di individuazione, di esplora-zione e di documentazione delleghiacciaie valbormidesi.Fra questi non vanno dimenticatiSamuel Ruggiero, Gianni Cella, Vit-toria De Regibus,AlexFoglino,Mau-rizio Bazzano, Matteo Bazzano, Gio-vanni Matteo Emiliani, FilippoSerafini, Marina Colonna, DanielaPrato, Tiziano Franzino, SergioAicardi, Carmelo Prestipino. La tra-duzione dell'abstract è di Marina Co-lonna a cui va un grazie particolare.

(articolo pervenuto il 4/1/2003)

BibliografiaSac. Tommaso Torteroli, 1859, Scritti Letterari, Tipi Sambolino, Savona.Abbate Alberto Cougnet, 1880, Descrizione cosmografia, climaterica, fluuiale ed agricola del cir-condario di Savona nell'anno 1879, Tipografia Andrea Ricci di Savona.Arc. Valentino Palladino, 1904, Memorie storiche del Santuario di N.S. del Deserto è cenni suMillesimo, 2a ed. Tip. A.Ricci Savona.Arc. Bartolomeo Mazzone, 1925, Cosseria - descritta nel 1925, rist. anas. del 1991, tipografia CREdi Millesimo.Nicoletta Cinotti, Nedo Ferrari, Giovanni Innocenti, Alessandro Morelli, Andrea Nannini, An-drea Ottanelli, 1987, Uacqua, il freddo, il tempo - la produzione del ghiaccio naturale nell'altavalle del Reno (sec. XVIII-XX), ALINEA Grafistampa di Firenze.Cristina Acidini Luchinat, Lauro Magnani, Mariachiara Pozzana, 1987, Arte delle grotte per laconoscenza e la conservazione delle grotte artificiali, SAGEP Editrice, Genova. .Angelo Salmoiraghi, 1992, Ferrania, dalle antiche ferriere all'industria dell'immagine, MarcoSabatelli Editore, Savona.Armando Cominetti, 1994, 150 anni di storia familiare - dal 1840 alle soglie del 2000 interessan-do la vita di 7 generazioni, Grafigest, Cosseria.Alberto Verrini, 1997, Cavità artificiali del Progetto Molare, in: Stalattiti e Stalagmiti, n.24, bol-lettino del G.s.Savonese, Savona.Giulia Beltrami, Federica Ciribì, 1998, Il Castello Musso-Piantelli a Quassolo - Storia di uncantiere di inizio secolo, Tesi di Laurea discussa presso la facoltà di Architettura di Genova.Aldo Dogliotti, 1999, La comunità di Piana dal 1795 al 1945, Centro Culturale Don Mauro - ProLoco, TipoLito Lagorio di Cairo Montenotte.Flavio Scrocchio, 2000, Il Checosadou'è di Cosseria - piccola guida di Cosseria a cura dell'UfficioStampa e Relazioni del Comune di Cosseria, stampato in proprio.Alberto Verrini, 2002, Della giazéra der Marchés e di altre Giazére, in: Liguria Valbormida e

, dintorni n.2I2002, Edizioni G.Ri.F.L. di Rocchetta di Cairo.Domingo Rodino, 2002, Cairo Montenotte fra cronaca e storia - fatti e misfatti del XX secolo (conqualche digressione), Edizioni G.Ri.F.L. di Rocchetta di Cairo.

52 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

Le miniere diMontenevee Ridanna

"Quando morirò, non voglio un pezzo di pa-radiso, non potrei fare bene il lavoro del cie-lo" le parole sono di Youngstown, l'ode diBruce Springsteen dedicata ai minatoridell'Ohio. La conclusione? "Prego che il dia-volo venga a prendermi per portarmi nelleroventi fornaci dell'inferno." Se la vita deiminatori di tutto il mondo, dal Belgio diMarcinelle al Donbass delle mille catastrofisotterranee è fatta di calore, una delle piùcurate e interessanti miniere turistiche ita-liane porta il visitatore nel mondo della nevee del gelo. A metà strada tra il ghiaccio e ilcalore, la vita dei minatori d'alta quota diMonteneve è degna di essere conosciuta: inrealtà si tratta di una vera e propria epopeadurata più di mille anni. Il primo testimone

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 53

attendibile del lavoro delle miniere fu (per ipignoli in data 24 dicembre 1237) il notaioJacob Haas di Bolzano che, trattando di unacquisto di spade, citò per la prima volta ''l'ar-gento fino di Monteneoe", Sulle montagne cheoggi separano l'Alto Adige italiano dal Tiroloaustriaco filoni metalliferi d'argento, piom-bo, zinco e cadmio erano stati notati da cro-nisti e viaggiatori già in tempi molto anti-chi, anche a causa della quota che rende mi-nimo l'impaccio della copertura vegetale.Iniziata in caccia dell'argento, la coltivazio-ne delle miniere divenne però importante perun altro minerale, il piombo,necessario per separare ilrame e l'argento estratti dallaricca e vicina miniera tirolesedi Schwaz, patria dei famositalleri che furono tanto cariagli Asburgo e a Zio Paperone,Se l'alta quota facilitò la ricer-ca del minerale, non fu certa-mente un bene per le condizio-ni di vita dei lavoratori che,negli anni attorno al 1500 era-no più di un migliaio. I filonierano - e sono - molto lontanidal fondovalle e i trasporti dipersone e cose verso l'alto era-no lunghi e pericolosi. La scel-ta più logica fu quindi quelladi costruire un villaggio in altosulla montagna - San Martinodi Monteneve, alla quota di2355 metri - dove i minatoripotessero vivere per tutto l'an-no. Gallerie di legno collegava-no i dormitori direttamentecon l'imbocco delle gallerie mi-nerarie, per diminuire il ri-schio di valanghe econgelamenti. I morti per gliincidenti legati alla quota di-minuirono certamente ma au-mentarono vertiginosamente iconflitti e le risse tra le centi-naia di lavoratori che viveva-no per i due terzi dell'anno si-gillati tra miniere e dormitori.

La galleria Poschhaus (foto F Ardito).

Nel borgo minerario si trovavano camerate,depositi e, nell'800, venne fondata anche unascuola per i figli dei minatori. Il mineraleveniva estratto durante tutto l'anno anchese il trasporto, effettuato con slitte e animalida soma, avveniva solo nei mesi caldi del-l'estate. Il lavoro incessante delle minierefece la ricchezza degli imprenditori locali edaustriaci che le ebbero in concessione e deiprincipi che, democraticamente, prelevava-no il 10% a tutti. Chiuse ufficialmente nel1798 per il diminuito valore del piombo, leminiere di Monteneve rinacquero con lo sco-

54 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

po di estrarre zinco meno di un secolo piùtardi, come impresa statale dell'imperoAustro - Ungarico. L'era industriale era ini-ziata: agli animali da soma si sostituirono imezzi meccanici: venne realizzata un'impo-nente via di trasporto su rotaia lunga 27 chi-lometri che utilizzava una serie di scivoli emassicciate pianeggianti, diretta alla stazio-ne di Vipiteno della neonata ferrovia delBrennero e si costruirono gli impianti di fran-tumazione e arricchimento di Masseria. L'im-pianto era talmente all'avanguardia e lafama di Monteneve così alta che nel 1898l'imperatrice Elisabetta d'Austria, passataalla storia (e alla cinematografia) con il tri-ste nomignolo di Sissi, espresse il desideriodi visitare i luoghi dove, tra l'altro, era statocostruito un rifugio di montagna a lei dedi-cato. Divenuta italiana dopola Grande Guer-ra, la miniera cambiò ancora volto e la socie-tà italiana SAIMT costruì una teleferica cheavrebbe reso possibile il trasporto del mate-riale a valle durante tutto l'anno. In que-

La galleria didattica (foto F Ardito).

st'epoca, il minerale più interessante chevedeva la luce dai filoni era il cadmio, richie-sto dall'industria che loutilizzava soprattuttoper la costruzione di pile e batterie. Nel 1967il dormitorio dei minatori di San Martino diMonteneve venne distrutto da un incendio(che probabilmente venne appiccato daglistessi minatori stufi di vivere tutto l'anno in

La galleria didattica (foto F Ardito).

alta montagna) e l'accesso dei lavoratori allegallerie venne reso possibile da una cabinoviache conduceva all'imbocco della galleriaPoschhaus, a quota 2.112. Con lo spostamen-to verso valle della maggior parte delle strut-ture industriali, nuove case e dormitori ven-nero costruiti nella zona di Masseria e la vitadei lavoratori divenne decisamente più co-moda. Ma il declino non si arrestò: nel 1979la coltivazione fu interrotta e, sei anni piùtardi, il complesso minerario cessò definiti-vamente la sua attività secolare.

L'impianto di frantumazione (foto F Ardito).

N° 3 -2002 Opera Ipogea 55

mazione e l'arricchimento del minerale, el'esposizione del Museo, dedicata alla geolo-gia, ai mezzi di trasporto e alla vita dei mi-natori nel corso dei secoli. Il percorso sotter-raneo della galleria didattica, lungo 200metri, permette di conoscere tecniche, mate-riali e condizioni di scavo dal '500 al XX se-coloe di ascoltare dal vivo il rumore impres-sionante dei fioretti ad aria compressa.Una seconda possibilità (B) prevede la visi-ta a Masseria durante la mattina e la salitain pullman alla galleria Poschhaus nel po-meriggio, con un tragitto di circa 3 chilome-tri e mezzo su un treno da miniera degli anni'60 e la visita di varie diramazioni sotterra-nee.La terza - e più impegnativa - escursione(C) prevede il percorso in pullman fino aPoschhaus, la salita a piedi fino alla forcelladi Monteneve e la discesa fino al borgo mine-rario sull'altro versante. Da qui si entra sot-toterra lungo la galleria Karl per poi raggiun-gere la più ampia galleria Poschhaus e poi iltrenino che riporta all'esterno. Esiste anche

La visitaL'intera area mineraria è molto estesa e, sesi vuole effettuare una visita completa dellazona, è bene prevedere alcuni giorni di tem-po e un'attrezzatura che permetta di affron-tare tranquillamente escursioni in mediamontagna. Il complesso minerario si esten-de dai 1417 metri degli impianti di Masseriaal villaggio di San Martino di Monteneve(2335 m) subito al di sotto della Forcella diMonteneve, che raggiunge i 2700 metri diquota. La visita dell'intero complessoè quindicomplicata e, saggiamente, il Museo Mine-rario ha in programma varie differenti op-zioni di visita.La prima (A),più semplice e veloce, compren-de gli impianti di Masseria, tra cui le mac-chine splendide e funzionanti per la frantu- La galleria Poschhaus (foto F Ardito).

56 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

L'impianto di raffinazione (foto F. Ardito).

Centro delle visite nella miniera verae propria è la galleria Poschhaus, co-struita tra il 1962 ed il 1967, lunga3560 metri, scavata al di sotto di tut-te le coltivazioni precedenti e lungocui corrono i binari del treno sotter-raneo. Mantenuta in ottime condizio-ni da lavori continui di manutenzio-ne, la Poschhaus permette di acce-dere a molte altre zone del comples-so sotterraneo. Tra queste, una sali-ta porta a vari ambienti da cui si scen-de fino alla più stretta galleria Karl,che risale alla metà del '600 ed è per-corsa da un discreto corsod'acqua.

(Fabrizio Ardito)

BibliografiaHarald Haller, Hermann Scholzhorn, Monteneue in Sudtirolo, Ed. Museo delle Miniere Alto Adige,2000, pp. 130.Bruce Springsteen, The Ghost or Tom Joad, 1995.

Museo delle Miniere Alto AdigeMasseria - Ridanna

apertura: da giugno a ottobre, neve permettendo

0472 [email protected] - www.bergbaumuseum.it

Visita al Museo e agli impianti di Masseria (A): 1,30 ore.Visita al Museo ed alle gallerie della miniera (B).-7 ore, partenza ore 9,30_Visita alle gallerie ed al paese di San Martino Monteneve (e): lO ore, partenza ore 7,30.È possibile effettuare escursioni (a piedi) verso Monteneve anche partendo dalla ValPassiria. .

Per informazioni: 0473647045, [email protected].

Lazio:la Cisterna di Cori

(Cori - Latina)

Lazio:ipogeo dietro al saponificio

(Ariccia - Roma)

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 57

Una nuova rubrica ....__nasce da questo numero per dare agli au-tori la possibilità di documentare ipogei noninseriti nel contesto di studi più vasti ed ar-ticolati. Saranno pubblicate schede sinteti-che di due pagine, corredate da rilievo, brevinote ed osservazioni

Note per gli autori: le schede dovrannopervenire secondo le modalità specificate apago2 della rivista. Il testo, sintetico e lungoal massimo 2000 caratteri (spazi inclusi),dovrà contenere oltre alle consuete indica-zioni catastali (comprensive di tipologia e dinumero del Catasto Nazionale delle CA- cfr.Opera Ipogea n.l/2000, pag.51), la descrizio-ne dell'itinerario di accesso, una nota descrit-tiva dell'ipogeo, brevi note storiche,archeologiche, geologiche, biologiche e/obibliografiche, il nome del compilatore. Il ri-lievo, obbligatorio, su formato massimo A4.

58 N°3 - 2002 Opera Ipogea

CA222LaLT

ItinerarioDa Cisterna di Latina seguire la strada perCori. Dopo circa 5 km, in corrispondenza diuna curva a destra e di un dosso (fare atten-zione!) si notano sulla sinistra una serie diaperture su un vecchio fronte di cava_Per accedere alla cisterna si può utilizzarel'apertura più a sinistra, facilmentearrampicabile.

DescrizioneSi tratta di una grande cisterna ottenuta sca-vando nel tufo una serie di gallerie grossola-namente rettilinee ed ortogonali tra loro, lar-ghe in media circa un metro e rivestite finoall'inizio della volta da intonaco impermea-bile. Le aperture che si possono notare dallastrada sono dovute ad una cava che, neglianni '80, ha tagliato il lato SE della struttu-ra. Al momento del primo "taglio" la cisternadoveva ancora contenere molta acqua, datoche i locali riferiscono di una grande ondatache quasi travolse la ruspa. Sul fondo dellacisterna si nota ancora uno spesso strato difango disseccato e frammentato in grandizolle,mentre sulle pareti si notano vaste zonecoperte da uno strato fangoso più sottile, an-ch'esso frammentato ed "arricciato" .Posta a circa metà strada tra Cisterna di

Foto 1: tratto di una galleria del lato est, intercettatodai lavori di cava negli anni '80 (foto C. Germani).

Latina e OCori, la ci-sterna si tro-va al di sottodi un vastoaltopianotufaceo chedominava l'alta valle del fiume Teppia (untempo navigabile) e sul quale sorgeva pro-babilmente un centro abitato arcaico. Eraalimentata dalle acque piovane, che veniva-no convogliate nell'ipogeo attraverso duepozzi posti sul lato nord, ora occlusi da fra-ne, e prelevate attraverso un ulteriore pozzoo una discenderia posta sul lato SO. Le trac-ce di scavo, ben visibili sulle pareti, mostra-no come la cisterna sia stata scavata a parti-re dai vari pozzi in modo piuttosto disordi-nato e casuale, forse in tempi successivi conla crescita dell'abitato soprastante. Anche sela mancanza di reperti impedisce una preci-sa datazione dell'ipogeo,si può ipotizzare chequesta struttura sia legata alle grandi operedi risanamento idro-geologicointraprese daiRomani quando conquistarono definitiva-mente il territorio di Cisterna, al terminedelle guerre contro i Volsci,intorno al IV sec.a.C.

REGIONE LAZIOPROVINCIA LATINA

COMUNE CORILOCALITÀ VALLE S. ANGELO

N.CATASTO CA 222 La RMNOME CISTERNA DI CORI

CARTOGR. IGM 158 I NECOORDINATE 410 36' 57,5" N

0024' 26,1" E (M. Mario)ALTITUDINE 93 m s.l.m.

SVILUPPO 368 mDISLIVELLO -

TIPOLOGIA A4

È possibile che corrispon-da alla struttura sotter-ranea notata dal Brandiz-zi Vittucci in località"Fico degli Impiccati"[Brandizzi Vittucci, 1968,pp.134-135J.

BibliografiaBrandizzi Vittucci P.,1968, Cara, Roma.Lucia Ployer Mione (acura di), 1995, "Yonon vo-glio ... la cisterna", Fratel-li Palombi Editori, Roma.

Scheda compilata da:Carlo Germani (CentroRicerche SotterraneeEgeria), 2002.

N° 3 - 2002 Opera Ipogea 59

Cisterna di Cori

Foto 2: galleria nella zona più interna dell'ipogeo. Sul fondo si può notare lospesso strato di fango disseccato, sulle pareti l'intonaco impermeabile (foto C.Germani).

RRlevo' A. ne Pcotts I S. GQ.I~QZ,;

Restituzione gro nce. A. DI.' Pccus

D Frane~ Fronte di taglio dello. cavo.

Fig. 1: planimetria dell'ipogeo (esplorazione e rilievo A. De Paolis, T. Dobosz, C. Galeazzi, S. Galeazzi, C. Germani,F. Vittori - Centro Ricerche Sotterranee Egeria - 2001).

60 N° 3 - 2002 Opera Ipogea

CA192LaRM

ItinerarioL'ipogeo si trova per gran parte al di sotto del-la via Appia. Vi si accede dall'interno di un vec-chio edificio limitrofo al famoso pontedell'Ariccia. Trattandosi di un'area di proprie-tà privata, per motivi diprivacy non è possibi-le dare ulteriori indicazioni e le coordinate, inquesto contesto, vengono omesse.

DescrizioneL'ipogeo si compone di tre settori distinti: adest (in basso nel rilievo) sono evidenti alcunicunicoli di captazione relativi ad un fontanileormai scomparso. Ad ovest (in alto) si notanouna serie di ambienti adibiti, negli anni '30, adeposito di sostanze chimiche per un piccolosaponificioantistante l'ipogeo;infine nella par-te più settentrionale si trovano alcune gallerie

Foto 1: gallerie adibite a magazzino e rifugio antiae-reo. Si notano ancora gli isolatori dell'impianto di illu-minazione (foto C. Germani).

di forma irre-golare checonsentono diipotizzare lapresenza diuna cava dipozzolanautilizzata, congrande probabilità, nel-la costruzione degli edifici circostanti. Gli am-bienti più ampi sono stati utilizzati durante laSeconda Guerra Mondiale come rifugio antiae-reo.L'ipogeo nasce dunqueconuna prima destinazio-ne a cava e/o cantina, cuisegue la riutilizzazione adeposito del saponificioantistante (nell'aria sisentono ancora i profumiutilizzati ...)che per le suelavorazioni si avvalse an-che dei cunicoli idraulicidi un vicino fontanile. Leacque attualmente si di-sperdono verso la sotto-stante Vallericcia.

Fig. 1: un'etichetta del1930, ritrovata nelvecchio saponificio(elab. grafica A. DePaolis).

Scheda compilata da:Carlo Germani (Centro Ricerche SotterraneeEgeria), 2002.

REGIONE LAZIOPROVINCIA ROMA

COMUNE ARICCIALOCALITÀ SAN ROCCO

N.CATASTO CA 192 La RMNOME IPOGEO DIETRO IL

VECCHIO SAPONIFICIOCARTOGR. IGM 150 III SE

COORDINATEALTITUDINE 400 m s.l.m.

SVILUPPO 260 mDISLIVELLO + 2 m

TIPOLOGIA A2 - E1 - B4 - D7

62 N° 3 -2002 Opera Ipogea

• r-4~,..a

• r-4W I

CappadociaLe città sotterraneeA cura di Roberto Bixio, Vittorio Castellani eClaudio SucchiarelliIstituto Poligrafico e Zecca dello Stato,Roma, 2002pp. 320, colore, Euro 124.00

A sette anni dal primo contributo editorialededicato allo stesso tema (Le città sotterra-nee della Cappadocia, Opera Ipogea, 1995)vede la luce questa nuova prestigiosa operache gode del raro e felice connubio fra tagliorigorosamente scientifico e linguaggio divul-gativo e scorrevole.Gli splendidi disegni a mano di Roberto Bixio,artista e speleologo, e le fotografie suggesti-ve introducono il lettore in un mondo "ribal-tato" che ha suscitato curiosità ed interroga-tivi fra gli studiosi di tutto il mondo.Un'opera da tempo attesa, che pur non for-nendo risposte definitive sull'architettura innegativo che caratterizza la zona, rappresen-ta un preciso punto di riferimento per quantisiano interessati ad intraprendere ulterioriindagini conoscitive. Il volume sana peraltrouna grave lacuna documentale ben nota a chi,per varie ragioni, abbia effettuato in passatoricerche bibliografiche sulla zona. Anche perquesto siamo grati agli autori, certi che l'ope-ra sia stata altamente apprezzata anche da-gli studiosi e dalle Autorità locali, come te-stimoniano le innumerevoli collaborazioni inloco.Auspichiamo che la speleologia italiana incavità artificiali, che sempre più frequente-mente va inoltrandosi fuori dai confini na-zionali, sappia prendere esempio dagli auto-ri di questo volume e da altri colleghi chehanno pubblicato su questa rivista i risultatidelle campagne di esplorazione condotte inTunisia e Giordania, collaborando con le real-tà localinel pieno rispetto del territorio e delletradizioni, coadiuvandole nella valorizzazio-ne del proprio patrimonio storico ed archeo-logico.Il volume è stato realizzato in collaborazionecon il Centro Studi Sotterranei di Genova.www.ipzs.it

N° 3 -2002 Opera Ipogea 63

Indice anno 2002Numero 1/2002(Speciale Miniere)Le minere di bauxite di Cusano Mutri, S. DelPrete, R. Mele, F. Allocca, B. Bocchino,num.l, pag.3.Le leggende dei "venediger", S. Piffer, num.l,pag.45.Itinerari: La miniera di Gambatesa, num.l,pag.53.Convegni: Miniere in Montagna (ValTrompia- giugno 2002), num.l, pag.59.Segnalibri, pag.62

Numero 2/2002Sulle orme di Senofonte - opere sotterraneein Turchia orientale, R. Bixio, F. Dal Cin, M.Traverso, pag.3.Cappadocia: un apiario rupestre, R. Bixio,F. Dal Cin, M. Traverso, pag.17.Due insediamenti trogloditici nel territorio diCastel S. Elia (Viterbo, Lazio), G. Cappa, A.Felici, T. Dobosz, F. Vittori, E.e Cappa,pag.29.Nemi - nuove evidenze per l'antica storiadell'Emissario (Roma), V. Castellani, T.Dobosz, C. Galeazzi, C. Germani, pag.51.La galleria veneziana di Porta Nuova (Vero-na), A. Ceradini, D. Hosking, A. Piccoli,pag.59.Segnalibri, pag.63.

Numero 3/2002Castelli e cisterne - I sistemi di approvvigio-namento idrico nei castelli dell'Alta ValleScrivia, A. Pasquale, pag.3.Apicoltura rupestre a Malta, R. Bixio, M.Traverso, R. Cirone, pag.19.La Fontana di Bonamorone, G. Lombardo,E. Vecchio,A. Baio, pag.27.Le ghiacciaie coperte della Valbormida, A.Verrini, pag.37.Itinerari: Le miniere di Monteneve e Ridanna,pag.52.Schede: La Cisterna di Cori lpogeo dietro alvecchio aponificio pag.ò Z.Segnalibri, pago 62.Indice anno 2002. p3g.63.

Indice per ArgomentiItinerariLa miniera di Gambatesa, num.l, pag.53.Le miniere di Monteneve e Ridanna, num.3,pag.52.

Opere IdraulicheCastelli e cisterne . I sistemi di approuuigio-namento idrico nei castelli dell'Alta Valle Seri-via, A. Pasquale, num.3, pag.3.Fontana di Bonamorone (La), G. Lombardo,E. Vecchio,A. Baio, num.3, pag.27.Ghiacciaie coperte della Valbormida (Le), A.Verrini, num.3, pag.37.Nemi . nuove evidenze per l'antica storiadell'Emissario (Roma), V. Castellani, T.Dobosz, C. Galeazzi, C. Germani, num.2,pag.51.

Opere insediative civiliApicoltura rupestre a Malta, R. Bixio, M. Tra-verso, R. Cirone, num.2, pag.19.Cappadocia: un apiario rupestre, R. Bixio, F.Dal Cin, M. Traverso, num.2, pag.17.Castelli e cisterne . I sistemi di approuoigio-namento idrico nei castelli dell'Alta Valle Seri-via, A. Pasquale, num.3, pag.3.Due insediamenti trogloditici nel territorio diCastel S. Elia (Viterbo, Lazio), G. Cappa, A.Felici, T. Dobosz,F.Vittori, E.e Cappa, num.2,pag.29.Sulle orme di Senofonte . opere sotterranee inTurchia orientale, R. Bixio, F. Dal Cin, M.Traverso, num.2, pag.3.

Opere MilitariLa galleria veneziana di Porta Nuova (Vero·na),A Ceradini D. Ho king,A. Piccoli,num.2,pag.59.

Opere estrattiveLeggen.dedei "Venediger"(Le), S. Piffer, num.l,pagA5.J/i.n.iere di bauxite di Cusano Mutri (Le), S.Del Prete, R. Iele, F. Allocca, B. Bocchino,nnm.I, pag.3.

64 N° 3 -2002 Opera Ipogea

SchedeCisterna di Cori, num.3, pag.58.Ipogeo dietro al vecchio Saponificio, num.3,pag.60.

VariLe leggende dei "Venediger", S. Piffer, num.l,pag.45.

ConvegniMiniere in Montagna (Val Trompia - giugno2002), num.l, pag.59.

RecensioniCappadocia - Le città sotterranee, R Bixio,V Castellani, C. Succhiarelli, num.3, pag.62.Castelli e segrete del castello di Brescia, AAvv,num.2, pag.63.I segreti di Torino sotterranea, AAVV,num.l,pag.64.I misteri del Piemonte sotterraneo, M. Minola(a cura di), num.l, pag.64.La via del ferro e delle miniere in Val Trompia,C. Simoni (a cura di), num.l, pag.62.La voragine, L. Rossomando, num.l, pag.63.Subterranea n.122, num.2, pag.64.Subterranea Belgica n.52, num.l, pag,63.

Indice degli AutoriAlloccaF.:Miniere di bauxite di Cusano Mutri(Le), num.l, pag.3.BaioA: Fontana di Bonamorone (La), num.3,pag.27.Bixio R: Apicoltura rupestre a Malta, num.2,pag.19.Bixio R: Cappadocia: un apiario rupestre,num.2, pag.17.Bixio R: Sulle orme di Senofonte - opere sot-terranee in Turchia orientale, num.2, pag.3.Bocchino B.: Miniere di bauxite di CusanoMutri (Le), num.l, pag.3.Cappa E.: Due insediamenti trogloditici nelterritorio di Castel S. Elia (Viterbo, Lazio),num.2, pag.29.Cappa G.: Due insediamenti trogloditici nelterritorio di Castel S. Elia (Viterbo, Lazio),num.2, pag.29.Castellani V: Nemi - nuove evidenze per l'an-tica storia dell'Emissario (Roma), num.2,pag.51.

Ceradini A: La galleria veneziana di PortaNuova (Verona), num.2, pag.59.Cirone R:Apicoltura rupestre a Malta, num.2,pag.19.Dal Cin F.: Sulle orme di Senofonte - operesotterranee in Turchia orientale, num.2, pag.3.Dal Cin F.: Cappadocia: un apiario rupestre,num.2, pag.17.Del Prete S.: Miniere di bauxite di CusanoMutri (Le), num.l, pag.3.Dobosz T.:Nemi - nuove evidenze per l'anticastoria dell'Emissario (Roma), num.2, pag.51.Dobosz T.: Due insediamenti trogloditici nelterritorio di Castel S. Elia (Viterbo, Lazio),num.2, pag.29.FeliciA: Due insediamenti trogloditici nel ter-ritorio di Castel S. Elia (Viterbo, Lazio),num.2, pag.29.Galeazzi C.:Nemi - nuove evidenze per l'anti-ca storia dell'Emissario (Roma), num.2,pag.51.Germani C.:Nemi - nuove evidenze per l'anti-ca storia dell'Emissario (Roma), num.2,pag.51.Hosking D.: La galleria veneziana di PortaNuova (Verona), num.2, pag.59.Lombardo G.: Fontana di Bonamorone (La),num.3, pag.27.Mele R: Miniere di bauxite di Cusano Mutri(Le), num.l, pag.3.Pasquale A: Castelli e cisterne - I sistemi diapprovvigionamento idrico nei castelli dell'Al-ta Valle Scrivia, num.3, pag.3.PiccoliA: La galleria veneziana di Porta Nuo-va (Verona), num.2, pag.59.Piffer S.:Leggende dei "Venediger" (Le), num.l,pag.45.Traverso M.: Apicoltura rupestre a Malta,num.2, pag.19.Traverso M.:Cappadocia: un apiario rupestre,num.2, pag.17.Traverso M.: Sulle orme di Senofonte - operesotterranee in Turchia orientale, num.2, pag.3.Vecchio E.: Fontana di Bonamorone (La),num.3, pag.27.Verrini A.: Ghiacciaie coperte dellaValbormida (Le), num.3, pag.37.Vittori F.: Due insediamenti trogloditici nelterritorio di Castel S. Elia (Viterbo, Lazio),num.2, pag.29.