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Un modello linguistico per le istituzioni non (solo)
linguistiche?Emanuele FADDAUniversità della Calabria
Cercle Ferdinand de Saussure
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Schema
I. Da Brancati a Barthes (e ritorno)II. Prassi e poiesiIII. Una classe di pragmatismi
I. Una definizione quasi-pragmatista dell’arbitrarietà in Saussure
IV. Su alcuni possibili modelli quasi-linguistici di istituzione politica
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I.1 – Brancati a Piazza S. Pietro
“Siamo ormai espertissimi nel calcolo di quanto perde una persona nell’atto in cui si unisce ad altre
duecentomila. Mettete in colonna sopra un foglio i duecentomila esseri umani, che hanno riempito una
piazza, sottraete l’uno dall’altro, e avrete l’idea esatta di quello che sarà rimasto di umano nella piazza stessa, al
momento dell’adunata.” (DR, p. 1268)
•Dalle parole di Brancati sembra doversi evincere una legge quasi matematica: più una comunità è numerosa e indifferenziata, meno essa è libera
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II.2 – Barthes: La lingua fascista
“la lingua non è né reazionaria, né progressista, ma semplicemente fascista”
Leçon, p. 14 (ed. franc.)
•La lingua ha come primo carattere che ci si impone, e in tal modo ci omologa (cfr CLG, “Immutabilità”)
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I.3 – Barthes: La democrazia del segno
“la lingua, nel suo stesso divenire, non è più una signoria ma una democrazia”
Saussure, il segno, la democrazia (in: L’avventura semiologica, p. 74)
•Qui le posizioni sembrano ribaltate. Ma lo sono per davvero?
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I.4 – Brancati: Elogio (paradossale) della Svizzera
“Un minuto prima di addormentarsi: ecco la Svizzera” (DR, p. 1507)
“Tetraggine e noia accompagnano l’attivismo ovunque esso corra o fugga. Il sentore di noia che arriva dagli attivistici Paesi totalitari, ove si crea, si rinnova, si capovolge il mondo, è pari
all’infernale sbadiglio che a Roma, nel ’37, abitando in una cameretta in via Pinciana, sentivo salire dal poliziotto impalato
presso lo spigolo della casa per sorvegliare i suoi e i miei concittadini.” (DR, p. 1507)
•La Svizzera sembra essere simile a una lingua: in essa non sono prevedibili stravolgimenti03/05/13 La lingua come modello di ogni altra
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II.1 Due definizioni semplici
• PRASSI = agire non determinato da uno scopo
• POIESI = agire determinato da uno scopo – il quale, una volta ottenuto, si presenta come un prodotto, sostanzialmente autonomo dal produttore (ed eventualmente a lui ostile)
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II.2 – Poiesi prototipica e poiesi linguistica
• POIESI PROTOTIPICA – PUNTUALE – LOCALIZZATA
• POIESI LINGUISTICA– DIFFUSA – LOCALIZZANTE
• La POIESI PROTOTIPICA è NON PRASSICA
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II.3 – Poiesi prassica e prassi poiesica
• La POIESI LINGUISTICA è dunque una POIESI PRASSICA
• …ma allora, è anche una PRASSI POIESICA (e in modo direttamente proporzionale)
• …in un certo senso, poiesi prassica e prassi poietica sono la stessa cosa, vista da due punti di vista opposti
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II.4 – Perché è meglio distinguere (sive, l’anti-Searle)
• …ma allora, a che serve distinguere?
• Se non distingui, NON CAPISCI– Es. J. R. Searle: il suo peccato non è solo quello di
non distinguere lingua e linguaggio, ma anche quello di non distinguere prassi e poiesi
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III.1 - Pragmatismi
• Possiamo chiamare pragmatismi (in senso lato) tutte le teorie compatibili con una qualche versione della MASSIMA PRAGMATICA formulata da Peirce nel 1872:
La definizione di una cosa (e anzitutto di un’idea) è data dai suoi effetti concepibili (e
anzitutto quelli sul comportamento)
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III.2 – Una classe di pragmatismi (a):Bourdieu e Wittgenstein
• C’è una classe di pragmatismi che si concentra maggiormente su quella prassi che ha ricadute poietiche.
• Il campione di questa classe è Pierre Bourdieu. La sua nozione di HABITUS definisce tipicamente una prassi poietica
• Anche Wittgenstein può esservi ricompreso – (non è un caso se molti autori – soprattutto di area
francese, da Bouveresse in giù – accostano i due, ed entrambi a Peirce)
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III.2 – Una classe di pragmatismi:Mead e Saussure
• …Peirce stesso, però, non fa parte di questa classe (o vi occupa un luogo marginale).
• Il pragmatista più attento all’aspetto poietico (e dunque istituzionale, giacché è la prassi poietica ciò che mantiene in vita le istituzioni) della prassi è George Herbert Mead (1863-1931).
• …per questo, egli si presta particolarmente a un confronto con Saussure.
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III.I.1 – Una definizione quasi pragmatista dell’arbitrarietà saussuriana
• L’arbitrarietà, in senso saussuriano, è quella condizione di perpetua creazione e mantenimento – in questo caso, i due aspetti si saldano – delle istituzioni che richiede prassi poiesica (o poiesi prassica) pura, assoluta
• In essa né l’aspetto poietico né l’aspetto pratico possono prendere il sopravvento, ma si rinforzano a vicenda
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III.I.2 – Saussure, tra lo strutturalismo e il confronto con Wittgenstein
• Saussure, però, è forzato da sue ragioni epistemologiche a definire la lingua sotto l’aspetto poietico, concentrandosi su quello
• Molto strutturalismo (e anzitutto Bally e Sechehaye) ha per questo creduto che l’aspetto prassico non avesse un posto
• …ecco perché non possiamo leggere Saussure senza leggere Wittgenstein, e viceversa)
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IV.1 – La Svizzera (e la democrazia referendaria in genere)
• Alcuni stati (p. es. la Svizzera) fanno un uso dello strumento referendario frequente, generalizzato e capillare, delegando la rappresentanza il meno possibile.
• Così, però, non si fa che moltiplicare la puntualità della poiesi. La si “sfuma”, ma certamente non la si annulla
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IV.2 – La democrazia digitale
• Molti esaltano il web non solo come mezzo di informazione democratico e interattivo, ma come (almeno potenziale) strumento decisionale: non solo luogo per pressioni lobbistiche, ma possibile mezzo d’esercizio del potere esecutivo tout court.
• Ma la rete è un sistema molto più regionale rispetto a una lingua: essa ti rimanda la prospettiva dalla quale la osservi molto più di quanto non ti si imponga in toto– (nel caso di M5S, poi, c’è anche il problema analogo
a quello di Brancati (cfr supra I.1))
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IV.3 – Elogio del bizantinismo(“anti machiavellismo”? “weimarismo”?)
“E’ preferibile un conclave di cardinali che si azzuffano; è preferibile un concilio bizantino che litiga su inezie mentre il nemico bussa alle porte
della città” (DR, p. 1570)
•Una lingua è fatta esattamente così. Ma in che misura possiamo riportare questa forma nelle istituzioni politiche?
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