Port Royal

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Se c’era un luogo, nel Sei-cento, dove la logica sicu-ramente non stava di ca-sa, e anzi sembrava esse-

re stata rigorosamente e ufficial-mente bandita, quello era il mo-nastero di Port-Royal. A confer-marlo basterebbero le vicendepersonali e le opere letterarie le-gate al nome di Pascal, che di quelluogo fu il più noto frequentato-re, e il più illustre fiancheggiato-re. È dunque singolare che, nelcampo scientifico, il monasterosia passato alla storia per quellache viene comunemente chia-mata la Logica di Port-Royal, an-che se in origine si intitolava Lalogica, o l’arte di pensare. La pub-blicarono anonima nel 1662,esattamente trecentocin-quant’anni fa, Antoine Arnauld ePierre Nicole, due degli intellet-tuali più in vista del convento. Erappresenta una sorta di lavoro“collettivo” che servì alle genera-zioni future.

Tanto Arnauld era focoso e im-pulsivo (nel 1643 aveva scritto ilprimo pamphlet giansenista, Lacomunione frequente fatto di ser-rate dimostrazioni logiche in sti-le quasi matematico) quanto Ni-cole era pacato e riflessivo. Delgiansenismo, pensava che fosseun’eresia immaginaria, su cui siera fatto troppo rumore per nul-la.

Tornando alla Logica di Port-Royal, le storie personali dei loroautori lasciano prevedere che ilsuo stile sia un po’ pretesco, ma ilsuo approccio non è scolastico.Anzi, nelle intenzioni teoriche,l’opera si schiera dalla parte deimoderni. Anche se, nello svilup-po pratico, si tiene alla larga dal-l’induzione, e dunque dal meto-do scientifico e sperimentale,concentrandosi completamentesulla deduzione, e in particolaresul metodo geometrico e carte-siano.

L’influsso di Cartesio è eviden-te, nel bene e nel male. Il bene, stanell’aver capito che i sillogismierano solo una parte della logica:la più arida, sterile e scolastica. Ilmale, nell’aver sottovalutatol’importanza e la fecondità delformalismo, a favore dell’intui-zione e delle “idee chiare e distin-te”. La Logica di Port-Royal si si-tua dunque a metà del guado chedalla logica filosofica di Aristote-le condurrà a quella matematicadi Leibniz, Boole, Frege e Russell.

Ispirandosi alle anticipazionidi Pascal, e dei suoi due miscono-sciuti trattati Lo spirito geometri-co e L’arte di persuadere, Arnaulde Nicole enunciano otto regolemetodologiche, che mantengo-no ancor oggi inalterato il loro va-lore. Esse mostrano come il me-todo logico consista nel «definirechiaramente i termini di cui ci sideve servire, postulare assiomievidenti per provare le afferma-zioni, e sostituire mentalmente

nelle dimostrazioni le definizionial posto dei termini definiti».

Come già il titolo originario la-sciava presagire, lo scopo dellaLogica di Port-Royalè ambizioso:si propone infatti di studiare nonle regole della grammatica, o glistratagemmi della dialettica, manientemeno che Le leggi del pen-siero. Si tratta, cioè, dello stessoprogramma che intraprenderàGeorge Boole nel 1854, fin dal ti-tolo del suo omonimo capolavo-ro, ma con un approccio algebri-co che gli permetterà di aprire leporte alla logica moderna.

Arnauld e Nicole si fermaronofuori della soglia, invece, e nellequattro parti della loro opera si li-mitarono a discutere le «quattrooperazioni principali dello spiri-to: concepire, giudicare, ragio-nare e ordinare». Più che forzarea rigorose dimostrazioni di tipoalgebrico o geometrico, le loro ri-cette permettevano dunque an-cora di cucinare pseudodimo-strazioni filosofiche: come quel-le scodellate da Spinoza nella suaEthica, che rimase «ordine geo-metrico demonstrata» solo nellepie intenzioni dell’autore.

Un elemento di vera novità,comunque, la Logica di Port-Royal riuscì a introdurlo, ed è ladistinzione fra le “intensioni” e le“estensioni” dei concetti: cioè,fra comeessi sono enunciati, e ciòche essi esprimono. Si tratta del-la stessa distinzione fra “senso” e“significato” che Gottlob Fregeriprenderà nel 1892, nel suoomonimo e classico articolo Sen-so e denotazione.

Effettivamente, Port-Royal erail luogo più adatto per scoprirequesta distinzione. Infatti, il mo-nastero fu l’epicentro di un’inter-minabile disputa sulla grazia chenon aveva nessun significato og-gettivo, benché avesse molto sen-so soggettivo per i gesuiti e i gian-senisti. Essa generò innumerevo-li discussioni, piene forse di buo-ne intenzioni, e certo di cattive“intensioni”, ma tutte prive diqualunque “estensione”.

Era anche per educare a questevuote dispute, oltre che per diver-tire il giovane duca di Chevreuse,che la Logica di Port-Royal fuscritta. Essa venne adottata cometesto nelle “piccole scuole” gian-seniste, che costituirono comun-que un interessante esperimentod’avanguardia educativa. Le clas-si erano ridotte a una mezza doz-zina di studenti, l’emulazione fradi essi era bandita, il silenzio ve-niva privilegiato al gioco, gli indi-sciplinati erano espulsi senza pu-nizioni e il ragionamento eraesaltato. Il fatto che, dopo tre se-coli e mezzo, queste proposte al-lora avveniristiche suonino oggianacronistiche, la dice lunga sul-la direzione in cui sono rotolatel’educazione e la scuola, dalle vet-te di Pascal a oggi.

La storia

Fu pubblicata, come sintesi di un metodo, da Arnauld e NicoleE diventò, dal Seicento, il testo base delle scuole gianseniste

La logica di Port-Royalquella sfida creativaper costruire un’opera

ANTONIO GNOLI

Le sole guerre giuste sono quelle che sivincono. Si può riassumere così ilpensiero strategico di John Boyd: pilota

di caccia in Corea, cultore de L’arte dellaguerra di Sun Tzu, considerato da alcuni il piùimportante stratega militare del ventesimosecolo, la cui originalità è in parte legata alsuperamento del pensiero di Von Clausewitz(Il libro su Boyd di Frans Osinga, appenapubblicato da Editrice Goriziana, ne èun’eccellente dimostrazione). Boyd (1927-1997) scrisse pochissimo, la sua visione delmondo è riassunta in qualche scarnapaginetta dove utilizza i risultati della

quantistica, le teorie del caos, e anticipa certeintuizioni del post-moderno. Pensava che gliamericani avessero perso nel Vietnam perchéla più grande potenza del mondo avevatrascurato di curare i meccanismi della mente(propri e dell’avversario). Che laneuroscienza abbia in seguito cercato unastrada privilegiata in ambito militare lodimostra anche il recentissimo Mind Wars diJonathan Moreno. Ma sulle “guerre mentali”Boyd fu un antesignano. Le sue teorie - il cicloooda (acronimo di osservazione-orientamento-decisione-azione) - sono staterecepite e messe in pratica nell’ambito

finanziario. I testi sul management, e quelli dieconomia aziendale e finanziaria si rifannospesso alle sue tesi e al modo di affrontareeuforia e panico. In questi anni di finanza triste la velocità è unrequisito fondamentale. I giochi di borsa(vendere o comprare), l’informazione su cosafarà l’avversario (mettersi nel suo ciclodecisionale), somigliano a certi duelli aereiimmaginati da Boyd. Nel combattimento inaria il tempo della decisione è più rapido delpensiero. Non è vero che non siamo in guerra.Solo che oggi è combattuta con altri mezzi.

Sottotesto

Ecco perchéchi gioca in Borsapare propriouno stratega militare

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PIERGIORGIO ODIFREDDI

Repubblica Nazionale