Marcatori molecolari per l’analisi della variabilità ... Diversità... · Tutti i mais coltivati...

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Marcatori molecolari per l’analisi della variabilità genetica: teoria ed

applicazioni

Sommario •  Aspetti della variabilità caratterizzata con marcatori molecolari •  Indici di informatività dei marcatori •  Similarità (dissimilarità) tra individui e distanza genetica tra

popolazioni •  Filogenesi e domesticazione •  Collezioni e core-collection •  Utilizzazione dell’eterosi •  Struttura genetica di una specie

•  Diversità genetica: quantifica la variabilità all’interno della specie, in termini di numero e/o frequenza di alleli per locus. Il principale indice è:

•  Eterozigosità = Probabilità che due cromosomi omologhi scelti a caso nella popolazione abbiano due alleli diversi ad un particolare locus.

•  Similarità (o dissimilarità) genetica tra individui: quantifica il livello di differenziamento tra individui confrontando lo stato allelico a loci diversi. Se il confronto è tra popolazioni si parla di distanza genetica, stimata dalle frequenze alleliche ai singoli marcatori nelle n popolazioni in esame.

•  Struttura della variabilità genetica della specie per quanto riguarda l’esistenza di sottopopolazioni.

I marcatori molecolari consentono di descrivere vari aspetti della variabilità genetica di una specie:

•  Le varie classi di marcatori non hanno la medesima informatività. Le principali caratteristiche che la influenzano sono: –  natura del polimorfismo (dominante/codominante) –  numero di loci per saggio (livello di multiplexing) –  numero di alleli/locus (m. m. biallelici vs. multiallelici) e loro frequenza

relativa •  Sia aspetti tecnici che biologici/di genetica di popolazione influenzano il

livello di informatività di una classe di marcatori. Per es.: –  gli RFLP indagano uno o pochissimi loci per saggio molecolare mentre gli

AFLP arrivano fino ad un centinaio. –  Sulla base della natura del polimorfismo (sequenza ripetuta, facilmente

mutabile ed in genere neutrale dal punto di vista della selezione) gli SSR sono i m. m. che presentano e distinguono il più alto numero di alleli per locus (fino a ca. 30 nell’ambito di popolazioni selvatiche).

•  Le relazioni genetiche tra individui sono spesso visualizzate sotto forma di alberi, o grafici a grappolo o dendrogrammi. Una visualizzazione alternativa è quella dei centroidi (v. pag 962, vol. III, Barcaccia e Falcinelli).

•  In generale, per passare dai profili elettroforetici di marcatori molecolari (es. RFLP, RAPD, ecc.) al dendrogramma il metodo è: –  1. Calcolo dei valori di similarità/dissimilarità tra tutte le coppie di

individui e produzione di una matrice di similarità/dissimilarità – esistono diversi indici

–  2. Applicazione di un metodo di raggruppamento che rispecchi il più possibile la matrice – Vari metodi di raggruppamento sono disponibili.

Profilo elettroforetico

Calcolo della similarità/dissimilarità genetica

Matrice di similarità/dissimilarità (OTU = Operative Taxonomic Unit = individuo o campione, nel nostro caso)

Matrice di similarità/dissimilarità

Metodo di raggruppamento (es. UPGMA, Neighbor-Joining, ecc.)

Dendrogramma

Figura 20.3 Procedura per la costruzione di un dendrogramma a partire da una matrice con sei elementi usando il metodo UPGMA. Pag. 960, vol III, Barcaccia e Falcinelli.

•  Conoscere la similarità genetica tra individui o popolazioni (in quest’ultimo caso si parla di distanza genetica), ed il livello di diversità genetica entro popolazione, ha diverse applicazioni: –  identificazione delle relazioni filogenetiche e dell’origine della

domesticazione –  salvaguardia della diversità genetica di una specie –  criteri oggettivi per assemblare collezioni di germoplasma e

‘core-collection’ –  sfruttamento del fenomeno dell’eterosi –  studio e verifica di pedigree delle cultivar e sviluppo di strumenti

di fingerprinting per la protezione varietale

Nikolaj  I.  Vavilov  (1887-­‐1943)    •  Centro  di  diversità:  la  regione  geografica  con  il  massimo  numero  di  forme  o  specie  simili,  è  la  regione  dove  più  probabilmente  la  forma  ancestrale  della  specie  si  è  originata.  

•  Per  il  melo,  Vavilov,  nel  1930,  idenLfica  inequivocabilmente  l’Asia  centrale  come  origine  del  melo  colLvato,  dopo  aver  osservato  la  enorme  variabilità  di  forme  di  mele  della  specie  M.  sieversii.    

Centri di domesticazione

Doebley  2006  The  Molecular  GeneLcs  of  Crop  DomesLcaLon.  Cell.  

Esempi di modifiche genetiche indotte dal processo di domesticazione dal progenitore selvatico

Doebley  2006  The  Molecular  GeneLcs  of  Crop  DomesLcaLon.  Cell.  

La combinazione di dati di similarità genetica tramite marcatori molecolari, dati botanici e geografici consente di ipotizzare

progenitore e luogo di domesticazione

Z. mays parviglumis

(una delle forme di teosinte)

Domesticazione del mais studiata utilizzando 95 accessioni (9 gruppi di germoplasma di mais coltivato e 3 sottospecie di mais teosinte) e 99 marcatori SSR. Tutti i mais coltivati si raggruppano con una forma di teosinte (ssp. parviglumis), presente nel messico meridionale, in accordo a dati archeologici. (Da Matsuoka et al. 2002 A single domestication for maize shown by multilocus microsatellite genotyping PNAS).

Tanksley  SD,  McCouch  SR:  Seed  banks  and  molecular  maps:  unlocking  geneLc  potenLal  from  the  wild.  Science  1997,  277:1063-­‐1066.  

Riduzione di diversità genetica nelle specie coltivate (rispetto alle specie selvatiche progenitore)

Diagrammi che mostrano la proporzione di diversità genetica (misurata tramite marcatori molecolari) presente in riso coltivato (azzurro: sottospecie indica; giallo: sottospecie japonica) ed in pomodoro, rispetto alle forme corrispettive selvatiche.

Riduzioni successive della diversità genetica (“colli di bottiglia” genetici) subite dalle specie agrarie a seguito della domesticazione e della selezione artificiale. I quadrati colorati rappresentano gli alleli ed i diversi colori evidenziano la riduzione in diversità, dalla specie selvatica a quella coltivata. Si riconoscono due importanti “colli di bottiglia” della diversità genetica: 1) dalla forma selvatica alle prime forme domestiche e 2) dalle prime forme domestiche e landraces (razze adattate a condizioni locali ed ad una coltivazione pre-industriale) alle moderne cultivar frutto del miglioramento genetico dell’epoca industriale. Gli alleli non presenti nelle forme coltivate possono essere reintrodotti solo coinvolgendo le forme selvatiche nel miglioramento genetico.

Tanksley  SD,  McCouch  SR:  Seed  banks  and  molecular  maps:  unlocking  geneLc  potenLal  from  the  wild.  Science  1997,  277:1063-­‐1066.  

“Colli di bottiglia” della diversità genetica subiti dalle specie coltivate

“Colli di bottiglia” della diversità genetica a livello genico: geni neutrali vs. geni coinvolti in caratteri

della domesticazione

Geni neutrali (a sinistra): il collo di bottiglia causato dalla domesticazione riduce la diversità del geni ma solo casualmente per effetto “statistico” di campionamento.

Geni selezionati nel processo di domesticazione, cioè con effetto su caratteri di domesticazione (a destra): il collo di bottiglia può portare ad una riduzione estrema della diversità genetica in geni, al punto da annullarla direttamente. In questo caso, tutte le forme coltivate portano lo stesso allele in omozigosi.

Doebley  2006  The  Molecular  GeneLcs  of  Crop  DomesLcaLon.  Cell.  

Numero di individui

Num

ero

di a

lleli

2262 varietà di vite (collezione Vassal, Francia)

20 SSR, per un totale di 326 alleli, 271 alleli con frequenza > 0.05.

Tramite campionamenti ripetuti (software MSTRAT) si osserva che 48 varietà consentono di catturare tutti gli alleli SSR che hanno frequenza > 0.05.

MSTRAT

Raggruppamenti casuali

Loïc Le Cunff et al 2008 Construction of nested genetic core collections to optimize the exploitation of natural diversity in Vitis vinifera L. subsp. sativa. BMC Plant Biology.

Tanksley  SD,  McCouch  SR:  Seed  banks  and  molecular  maps:  unlocking  geneLc  potenLal  from  the  wild.  Science  1997,  277:1063-­‐1066.  

Eterosi nella prima generazione (F1) dell’incrocio tra le linee pure di mais Mo17 e B73, come mostrato dalle piante in campo (le tre file centrali sono dell’ibrido F1) e dalle spighe.

Springer and Stupar. 2007 Genome Research

“As plants are adapted by such diversified and effective means for cross-fertilization, it might have been inferred from this fact alone that they derived some great advantage from the process” Charles Darwin, “The effetc of cross and self fertilization in the vegetable kingdom”, 1876

“Nature tells us, in the most emphatic manner, that she abhors perpetual self-fertilization” Charles Darwin, “On the various contrivances by which British and foreign orchids are fertilized by insects, and on the good effects of intercrossing”, 1862

A A a a

a A

x

G.H. Shull E.M.East

qq qq QQ QQ Qq Qq

qq qq QQ QQ Qq Qq

qq qq QQ = QQ = Qq Qq

qq qq QQ QQ Qq Qq

qq qq QQ QQ Qq Qq

a a

d qq QQ

P1 P2

Qq

F1

  DOMINANZA L’ibrido è migliore poiché combina gli alleli dominanti favorevoli di entrambi i parentali

x

In questo case dovrebbe essere teoricamente possibile ottenere una linea inbred omozigote con tutti gli allei dominanti favorevoli

P1 = A,C

A A

b b

C C

P2 = B

a a

B B

c c

F1 = A,B,C

A a

b B

C c

Ipotesi genetica

  SOVRADOMINANZA

Eterozigosità per se è importante

L’ibrido è migliore causa le interazioni intra-locus Aa > AA

Ipotesi genetica

Ellstrand and Schierenbeck 2000. PNAS

•  In mais, con l’aumento della dissimilarità genetica tra linee parentali si osserva un generale aumento dell’eterosi dell’ibrido F1.

•  Quando pero’ la dissimilarità supera una certa soglia, l’eterosi si riduce.

•  C’è quindi una relazione tra similarità genetica ed eterosi, tuttavia la correlazione non è sufficientemente elevata per utilizzare i marcatori molecolari come strumento predittivo (Melchinger 1999).