Manuale di psicologia_relazionale 33pag

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Le origini delle teorie sistemiche

Teoria generale dei sistemi, “totalità organizzate” e concezione organismica (Von

Bertalanffy - anni ’30).

USA, anni ’50, (la realtà come “struttura che connette” - Bateson). Superamento del

modello meccanicistico di causalità lineare a favore di un modello di causalità circolare

caratterizzato da molteplici fattori interagenti. Inoltre il tutto è diverso dalla somma

delle sue parti.

Potere unificante della prospettiva sistemica sulle diverse discipline (cibernetica,

pensiero olistico di Bateson…).

Relazioni interpersonali e teorie sistemiche

Scuola di Palo Alto, applicazione della prospettiva sistemico-cibernetica alla famiglia

vista come “sistema autocorrettivo, stabilmente collegato, tendente all’omeostasi”.

Disagio psichico individuale distorsione del comportamento comunicativo. La

comunicazione disfunzionale nella relazione diadica: il doppio legame (Bateson) come

tentativo di spiegazione eziopatogenetica. Le configurazioni triadiche (triangoli

perversi o rigidi) sono più usuali (Haley, che prese le distanze dalla scuola di Palo

Alto).

I comportamenti degli individui iniziano ad essere visti alla luce dell’organizzazione e

del funzionamento del sistema di relazioni in cui sono inseriti ed hanno sempre un

valore comunicazionale.

Per la psicologia relazionale:

la famiglia (e gli altri contesti interattivi umani) viene considerata “come se” fosse

un sistema;

sono “funzione della relazione”, i comportamenti, le loro conseguenze nonché i

contesti in cui avvengono (importanza del contesto nella definizione dei significati e

influenza dei contenuti della comunicazione sul contesto);

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l’individuo che esprime un sintomo è “portavoce” di una disfunzione del

sistema/organizzazione al quale appartiene.

Le due anime del movimento familiare

Il gruppo di Palo Alto osservava le realtà comportamentali/comunicative in maniera

statica nel tempo presente, inoltre l’individuo (impenetrabile) è “messo tra parentesi”,

la relazione di doppio legame è il paradigma interpretativo. Tuttavia il gruppo ha avuto

il merito di indagare i veicoli comunicativi multipli, verbali e non verbali. La Palazzoli

inizia ad applicare le teorie sistemiche alla famiglia.

Altri teorici in continuità con la tradizione psicoanalitica recuperano gli aspetti

soggettivi e storici reintroducendo il tempo (nell’intenzione il futuro diviene attuale,

con l’aspettativa le esperienze passate si legano al prossimo futuro, nella memoria il

passato rimane presente e nello stesso tempo modificato nel ricordo).

Conseguentemente vennero elaborati i concetti di differenziazione del Sé individuale

dalla famiglia, di lealtà invisibile, di debiti e crediti tra le generazioni, di miti, il

bambino come caprio espiatorio… Il genogramma divenne fondamentalmente uno

strumento di diagnosi relazione su cui ricercare i percorsi di cura in un arco almeno

trigenerazionale.

I concetti di interazione e di relazione (come si delineano due prospettive

principali)

Interazione: parte del comportamento osservabile nel qui ed ora.

Relazione: aspetto profondo sottostante alla interazione, non sempre osservabile,

cui l’individuo partecipa con le sue emozioni, aspettative, motivazioni, ovvero con

quanto attiene alla sua soggettività.

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Sul piano applicativo: I “puristi dei sistemi” (Haley, Hoffman, Palazzoli) vedono la

famiglia come sistema di interazioni e si pongono a distanza emotiva di “non

coinvolgimento”. Altri (Ackerman, Satir, Whitaker…) usano la loro personalità,

creatività, istinto, come strumento di valutazione, partecipando alla costruzione di uno

spazio condiviso con la famiglia che permetta a ciascuno di crescere.

Il modello sistemico si è ulteriormente arricchito con l’influenza dei paradigni

cognitivo-costruttivisti, l’epistemologia della complessità e i modelli evolutivi ponendo

in rilievo le ricostruzioni transgenerazionali, i cicli di vita, le soggettività individuali, i

miti e la co-costruzione della relazione nel colloquio.

L’intersoggettività dell’osservazione

Nella “teoria delle scatole nere” (input-output) l’osservatore era ignorato. Nella

seconda cibernetica l’osservatore diventa parte del sistema osservato. Lo studio della

relazione osservatore-osservato determina il superamento del concetto di obiettività e

certezza in favore di una dimensione soggettiva della conoscenza.

Quando l’oggetto della conoscenza è la relazione, l’osservazione diventa

autoreferente. L’osservatore utilizza se stesso come mezzo di conoscenza. Nella teoria

dell’accoppiamento strutturale di Maturana e Varela, ”il cambiamento è la

trasformazione ricorsiva della relazione, attraverso le interazioni successive tra i due

sistemi”. Anche Von Foerster sottolinea l’importanza della soggettività dei sistemi che

osservano (Von Foerster: “ogni descrizione della realtà diventa autoreferente e per

arrivare alla conoscenza dobbiamo conoscere noi stessi che ci rapportiamo al

mondo”).

Presupposti teorici del modello sistemico nella dimensione soggettiva:

a) il soggetto è attivo e non semplicemente reattivo…;

b) scopi, piani, credenze, sentimenti ed emozioni si strutturano nell’interazione

sociale;

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c) ogni descrizione è autoreferenziale.

La qualità delle informazioni che l’osservatore può trarre dipende dal tipo di relazione

che instaura con l’osservato.

L’osservatore deve possedere una struttura mentale ed una visione del mondo che gli

permetta di stabilire dei nessi relazionali tra gli eventi e ricercare la complessità della

realtà attraverso continui confronti tra l’esperienza propria e quella deglialtri (Andolfi).

Lo psicologo relazione deve:

cogliere l’esperire soggettivo dei singoli componenti della famiglia;

osservare sia l’interdipendenza degli stati mentali dei singoli membri che le

premesse ad essi comuni;

stabilire un processo di co-creazione di una nuova realtà di significati e di pattern

comportamentali che consenta alla famiglia di organizzarsi secondo modalità più

funzionali.

Il tempo familiare

Dai miti delle vecchie generazioni alle aspettative nei progetti per le generazioni

future. Adozione di una visione processuale della famiglia per valutare il divenire della

struttura, dei ruoli e delle relazioni.

Il ciclo di vita

Gli eventi naturali del ciclo di vita comportano periodi di equilibrio e adattamento,

caratterizzati da padronanza di funzioni e capacità appropriate e periodi di squilibrio

(salto verso nuovi stadi) in cui vengono sviluppate nuove funzioni e nuove capacità

poiché le vecchie divengono inadeguate a causa del susseguirsi di eventi normativi

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(separazione dalla famiglia di origine, formazione di nuova coppia, nascita o svincolo

dei figli, invecchiamento, morte…) o paranormativi (separazione, morte improvvisa,

malattia, …)

Quindi si ha un sistema dinamico di equilibrio instabile dove si susseguono equilibrio,

perdita di equilibrio, riorganizzazione.

Dinamiche tra autonomia e dipendenza (appartenenza – separazione/individuazione).

Evento (in un certo senso “automatico”) e crisi, intesa come insorgenza di una

inadeguatezza delle precedenti modalità di funzionamento, la cui conseguente

riorganizzazione non è altrettanto automatica. Importanza del saper tollerare la

temporanea disorganizzazione senza considerarla una “minaccia” e rivolgersi verso il

nuovo equilibrio resistendo alla tentazione di “tornare indietro”.

La crisi ha un potenziale di cambiamento ma la risposta ad essa dipende anche dai

significati ad essa attribuiti. Nel superamento giocano un ruolo importante anche i

rapporti della famiglia con la famiglia allargata e con l’ambiente esterno.

Dimensione plurigenerazionale del ciclo di vita familiare

Appartenenza di tutte le generazioni ad un unico tempo familiare. Padroni della

propria storia ma influenzati dalla storia intergenerazionale. Si nasce in una posizione

definita e si è chiamati a rispondere ad aspettative e ruoli ritrasmettendo

successivamente norme, valori, comport…

I membri più anziani suggeriscono le modalità di superamento delle fasi evolutive

“ricapitalizzando” la loro esperienza. Boszormenyi-Navy e Spark hanno individuato

“modelli di rapporto multigenerazionale facilmente riconoscibili” (regole implicite

interiorizzate) che creano un legame di lealtà intergenerazionale.

Miti familiari come espressione e veicolo della cultura familiare

Identità culturale di una famiglia: sistema di valori ideo-affettivi modellato nel tempo

da più generazioni riguardante comportamenti e aspettative che caratterizzano

l’esercizio dei ruoli nonché il modo di affrontare determinati eventi significativi.

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Mito: immagine idealizzata di modello normale della famiglia. Facendo leva sui legami

esistenziali il mito familiare acquista potere decisionale nel definire significati e nello

stabilire le direttive future della famiglia. I miti costituiscono una “porta di ingresso”

per chi vuole capire i significati consivisi da un gruppo. All’interno della famiglia la

trasmissione di informazioni valoriali può essere molto sottile e si avvale anche di

forme non verbali poco codificate ma molto efficaci.

Esasperazione delle caratteristiche (che divengono assolute) del mito e fattore

amplificativo del tempo. Caratteristiche dei miti:

ridondanza (continue riproposizioni e relative ripetizioni al loro interno);

astoricità;

uso del concreto;

rappresentatività (culturale della famiglia).

Il mito non trasmette sapere concreto ma un codice che permette di produrre sapere

dall’osservazione e dall’interpretazione del reale.

Oltre alla rassicurante sensazione di appartenenza fornita, i miti possono talvolta

ostacolare il processo di separazione dalla famiglia determinando una conflittualità tra

il bisogno di esprimere nuove parti di sé ed il bisogno di mantenere inalterata la

propria funzione.

Se la cultura familiare verrà assimilata, elaborata, fatta propria ed ammessa a far

parte del proprio mondo, diventerà una risorsa dell’individuo (è all’interno della rete

trigenerazionale che prende inizio la formazione dell’identità). Al contrario il

mantenimento acritico degli aspetti di vincolo sacrificheranno il processo di

indivuduazione del sé (Andolfi).

Differenziazione del Sé

Bowen e il concetto di massa indifferenziata dell’Io familiare e la differenziazione

(processo di autodefinizione ed individuazione che deve attuarsi anche rispetto alle

famiglie di origine). Il “tornare indietro” come gesto riconciliatorio tra una generazione

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e l’altra ma anche come processo maturativo del Sé (e conseguente riflesso sui

rapporti più significativi).

Per Bowen si ha un continuum che va dalla fusione estrema (individui che crescono

come appendici dipendenti dalla massa dell’Io genitoriale e che tenderanno a

dipendere da altri individui) e una totale differenziazione del sé (molto rara). La

famiglia dovrebbe aiutare i processi di differenziazione raggiungendo una situazione di

equilibrio tra appartenenza e separazione.

Taglio emotivo

Separazione fisica od emotiva, prematura e traumatica dagli affetti familiari, esito di

un estraneamento che preserva dal confronto o dalla risoluzione di conflitti. Può

produrre arresti evolutivi e sentimenti di incompletezza affettiva che in età adulta

possono divenire fonte di disagio sia nei rapporti di coppia che tra genitori e figli.

Infatti la condizione di parziale o totale sradicamento produce spesso uno stato di

inquietudine esistenziale che permea sia le relazioni di parentela che quelle amicali.

L’unica soluzione che consenta di raggiungere la “posizione Io” è quella descritta da

Bowen (che esortava i suoi studenti in tal senso), ossia di riconnettersi al momento in

cui il taglio è avvenuto, intraprendendo un una ricostruzione attiva dei legami

intergenerazionali, e una elaborazione attiva delle perdite che, anziché venire negate,

vanno comprese e fatte proprie.

Il figlio cronico

Restare bloccati nella posizione di figlio. Per Williamson (1982) “…quando una

intimidazione intergenerazionale ha arrestato quel processo di acquisizione di

autorevolezza personale”. Nella propria vita di coppia saranno sempre presenti

“intrusioni” di questo o quel genitore (classici suoceri).

La famiglia si evolve e si trasforma. È legata a:

Sociale.

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Relazioni dei singoli membri.

Italia + legata al passato famiglie tradizionali Europa: + famiglie nucleari.

Cambiamenti demografici e nuove forme di famiglia

Recenti trasformazioni:

Rinvio nascita primogenito.

Innalzamento età delle madri alla nascita del 1° figlio.

Caduta nascite, in media 2 figli a famiglia.

Crisi della nuzialità: meno matrimoni, + divorzi.

Pluralità di forme familiari; nuove forme di famiglia:

1. Famiglie monogenitoriali: 1 solo genitore e almeno 1 figlio. Prima x vedovanza o

immigrazione, ora x scelta. In Italia la quota è bassa ma in crescita. Nella

maggior parte dei casi il genitore è una donna svantaggiate economicamente

x posizione sfavorevole delle donne nel lavoro. Problemi per i figli nell’affrontare

il divorzio dei genitori di solito: o troppa dipendenza o troppa indipendenza a

volte diventano genitori dei genitori. aiuto da parte dei nonni.

2. famiglie ricostituite: 2 persone provenienti entrambe o una sola da un altro

matrimonio con figli, a volte con figli dati dalla nuova unione incertezza dei

confini, nei termini da utilizzare e nei ruoli. Nuovo matrimonio dei genitori

significa aggiungere un nuovo genitore a quello già esistente. L’incidenza di

queste famiglie è contenuta. Vanno dalle meno complesse alle + complesse.

Problemi di definizione di confini della famiglia, difficile adattamento dei figli.

Problemi sulla funzione educativa del genitore non biologico (+ problemi con la

madre acquisita piuttosto che con il padre, tra 2 madri si sviluppa una maggiore

competizione). Mancano norme giuridiche che stabiliscano diritti e doveri del

genitore acquisito.

3. Famiglie unipersonali: Persone che vivono da sole, nel nostro paese i giovani

tendono a rimanere a casa fino a tarda età ( non x impossibilità economica, ma

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per un declino di responsabilità), quindi ci sono poche persone che vivono da

sole. Comunque il vivere da soli non è una situazione definitiva, è un

intermezzo.

4. Famiglie di fatto: Madre, padre, bambino. Frequenti le coppie conviventi se

un’unione precedente andata male minore presenza dei figli.

5. Famiglie adottive: Ogni esperienza adottiva è unica. La coppia deve raggiungere

un nuovo equilibrio che comprenda il nuovo arrivato senza soffocare le identità

personali. Spesso le coppie che scelgono l’adozione hanno problemi di sterilità,

vuoto che tende ad essere colmato con un bambino la coppia viene seguita e

aiutata i questa decisione. Bambino adottato esperienza traumatica.

6. Matrimoni misti: In aumento, incontro tra 2 culture. Coltivano la diversità, a

volte è proprio questa a far nascere l’attrazione tra i 2. La famiglia di origine

vede l’unione come un tradimento delle origini, alcuni ritengono si tratti di un

taglio emotivo. La nascita di figli può portare: riavvicinamento o ulteriore

separazione dalla famiglia d’origine. Problemi principali religione. Con il

divorzio le differenze si amplificano odi e lotte. Fortunatamente a volte si

raggiungono dei compromessi. Il figlio di una buona unione è privilegiato perché

ha una maggiore apertura all’esperienza.

7. Famiglie immigrate: Crisi per impatto nella nuova società, bisogna considerare

la cultura che queste famiglie portano con loro, stanno tra le aspettative della

società d’origine e quelle della società d’accoglienza. Per raggiungere una

buona integrazione deve costruire un’unità tenendo conto delle 2 società.

Diversi modelli adattivi:

Inclusivo: instaurare rapporti stretti con altri immigrati della stessa

cultura, es: cinesi.

Espansivo: Apertura nei confronti dell’ambiente circostante.

Vero problema mediazione tra famiglia d’origine e nuova cultura.

2° generazione: la loro educazione può essere vista come un tradimento verso la

famiglia d’origine.

3° generazione: ha il compito do connettere passato e futuro.

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Problemi se gli immigrati non si adattano o se si adattano troppo assimilando la nuova

cultura e dimenticando la vecchia.

8. Coppie omosessuali: Oggi finalmente escono dal pregiudizio. Questo

atteggiamento sessuale non viene + colpevolizzato, il DSM 4° ha cancellato

l’omosessualità dalle patologie. Tuttavia permane un atteggiamento

discriminatorio che confina queste famiglie. Per un periodo sono stati accusati i

genitori della “patologia”. Il “coming out” provoca spesso una crisi in famiglia.

Gli sforzi di rivelare la propria omosessualità sembrano essere correlati con il

processo di differenziazione, come la negazione espressione di uno stallo

evolutivo nel processo di separazione individuazione.

Effetti di alcuni trend sul ciclo di vita familiare

In realtà ogni famiglia può passare attraverso + fasi:

1. Fase iniziale breve: dalla costituzione della coppia, alla nascita dei figli. Ritardo

età matrimonio, appena ci si sposa si fanno figli.

2. Fase centrale prolungata: con i figli estensione della fase educativa

compresenza di genitori e figli ultradiciottenni.

3. Fase di coppia anziana: allungata dopo l’uscita di casa dell’ultimo figlio per

allungamento età media. solitudine.

I figli rimangono di + in famiglia + sentito “nido vuoto”.

Le famiglie di oggi hanno spesso un solo figlio che non ha modo di

confrontarsi con dei suoi pari.

Nonni e bisnonni non sono + una rarità.

1. premessa

Nel colloquio relazionale ora si coinvolge tutta la famiglia studiare le relazioni sulla

base del modello diadico comporta il rischio di separare l’intero sistema.

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2. Il triangolo relazionale come unità minima di osservazione

Bowen comincia lo studio della triade, triangoli come unità minima di osservazione

delle relazioni.

Famiglia = forze che tendono alla differenziazione e forze che tendono alla coesione.

Importante tenere presenti + dimensioni temporali per spostarsi attraverso le

generazioni.

Asse verticale Atteggiamenti, aspettative, miti, paure

Per comprendere l’individuo bisogna prima comprendere il contesto in cui vive.

3. Il genogramma e la scultura della famiglia

lo psicologo relazionale entra in contatto con la famigli attraverso la co-creazione di

una nuova tram narrativa, gioca un ruolo attivo nella costruzione della realtà.

Genogramma supporto grafico per promuovere una modalità narrativa più centrata

sul racconto e quindi sulla comunicazione verbale.

Insieme alla scultura familiare e al role-playing promuove un’osservazione attiva della

famiglia.

4. Dall’albero genealogico al genogramma

L’importanza attribuita alla genealogia nel corso della storia è basata sul concetto di

appartenenza.

Il genogramma è la rappresentazione grafica dell’albero genealogico, include almeno

le ultime 3 generazioni, contiene date specifiche di eventi significativi, permette

all’individuo di vedere se stesso nel quadro + vasto della sua famiglia, facilita una

sguardo + oggettivo, porta alla luca elementi rimossi o rimasti in ombra.

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Gravidanza bimbi nati morti aborto spontaneo aborto indotto

Permette allo psicologo relazionale di mettere in luce elementi significativi che hanno

portato modificazioni nei triangoli relazionali, stimola la produzione di ipotesi

sull’evoluzione della famiglia.

Ampliamenti del genogramma:

Genogramma sessuale: esplora temi che hanno a che fare con la sessualità.

Genogramma vivente: incrementa la conoscenza dell’intersoggettività evolutiva

del sé con l’altro.

Genogramma fotografico: viene chiesto alle coppie di portare foto dei familiari.

Il genogramma viene spesso applicato alle terapie di gruppo.

5. la scultura familiare

Introdotta da Virginia Satir negli anni ’70, da una visione spaziale della propria

immagine attraverso la disposizione dei corpi nello spazio.

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separazione divorzio

m. 70 m. 70s. 78 d.78

Figlio adottivo+ vecchio + giovaneGemelli biovulari

maschio femmina

Definizione della Papp: “La scultura della famiglia è una forma di arte terapeutica in

cui ogni membro della famiglia, invitato dal terapeuta, modella gli altri membri in una

figura che simboleggia fisicamente le loro reciproche relazioni emotive”.

È una forma di espressione catartica che consente l’emergere di emozioni e parole

altrimenti inesprimibili, espressione di vissuti personali di ciascuno. Rappresentazione

per immagini.

Fa emergere: immagini mitiche, stereotipi di genere, ecc..

Le tecniche adottate dalla Satir giocano con il “come se”, con il “dentro” e il “fuori”

all’interno di uno spazio terapeutico che è sostanzialmente transizionale, un’area

intermedia tra fantasia e realtà.

Satir scultura trigenerazionale: include il coinvolgimento delle famiglie d’origine.

Onnis sculture del tempo: ad ogni membro viene proposta la rappresentazione del

sistema familiare in tre fasi specifiche del suo ciclo evolutivo.

Nel colloqui relazionale il primo passo è quello di osservare la relazione, il secondo

quello di muovere a relazione, passaggio reso possibile da una lettura del linguaggio

del corpo.

Attraverso la scultura è possibile mettere i crisi comportamenti ripetitivi.

6. Il role-playing

Ciò che lo differenzia dalla scultura è il suo aspetto pragmatico, è una simulazione che

implica l’interazione verbale e comportamentale tra due o più ruoli ricoperti da

persone diverse. Può essere usato in modo:

- prescrittivo: con ruoli e copione pre-determinati.

- Evolutivo: modalità semi-strutturata

Il role-playing trae origine dallo psicodramma. Viene chiesto di agire

drammaticamente il problema. Tecnica di rappresentazione ludica. Si tratta di recitare

una situazione di cui una famiglia non è consapevole per renderla visibile.

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Verso una diagnosi dinamico-evolutiva

Una coppia rappresenta lo sforzo di fondere 2 culture in una sola, ciascuno dei 2

partner porta con sé il bagaglio della propria famiglia d’origine.

La costruzione delle relazioni di coppia

Diade coniugale relazione più significativa da cui si possono capire i nessi di tutte le

relazioni familiari. Gli individui che compongono la coppia vengono considerati come

figli e come genitori lungo gli assi orizzontali e verticali.

3 grafici di strutture familiari:

Posizione bilanciata: coppia armonica con sufficiente equilibrio tra appartenenza

e separazione. Il passato non invade il presente me rappresenta un valore che

ciascun partner porta con sé.

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Figli

Genitori

NonniLa famiglia va vista come un appartamento, lo psicologo relazionale deve poter prendere un ascensore che gi permette di passare da un piano relazionale all’altro facendo quelli che Whintaker chiama “salti temporali”.Ambito elettivo per la diagnosi è la relazione coniugale, considerata come luogo di incastro di storie generazionali.

mamma mammapapà papàPiano della

famiglia d’origine

Piano della

coppia

Piano dei figli

mamma mammapapà papàPiano della

famiglia d’origine

Posizione sbilanciata: Coppia conflittuale adottata dalla famiglia d’origine di uno

dei due. Il rapporto di coppia viene influenzato dai problemi non risolti delle

rispettive famigli d’origine. Da un lato un partner che non si è staccato dalla

famiglia d’origine, dall’altro uno che non si è riuscito differenziare dalla famiglia

e, sentendosi deprivato sul piano delle appartenenze, gradisce “appartenere”

alla famiglia del partner.

Orfani psicosociali: Coppia instabile tra due orfani psicosociali in attesa di

sicurezza dai piani inferiori. I 2 sono uniti in quello che Vinci definisce

“matrimonio d’interesse” dove l’attrazione è incentrata sulle carenze affettive

dalle famiglie d’origine non esiste una reale intimità di coppia.

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Piano della

coppia

Piano dei figli

Piano della

famiglia d’origine

Piano della

coppia

Piano dei figli ?

Il passaggio dal rapporto di coppia alle relazioni familiari

La coppia passa dalla fase di coniugalità a quella di genitorilità, il nuovo arrivo, ma

anche solo l’attesa, modifica gli equilibri preesistenti sollecitando una ridefinizione

degli spazi interpersonali. In una coppia armonica un figlio non rappresenta una

minaccia ma un bene relazionale.

Nelle famiglie sbilanciate si può assistere al fenomeno di parentificazione: il figlio

diventa genitore dei genitori (inversione dei ruoli) se si protrae nel tempo il figlio si

troverà contemporaneamente su 2 piani generazionali che lo vedono bisognoso di

cure e dispensatore delle stesse.

La relazione tra fratelli

Sottosistema dotato di autonomia rispetto a quello parentale.

Ruolo del fratello dato da:

Aspettative dei genitori.

Ordine di nascita.

Attribuzione di valore dei genitori.

Il legame tra fratelli dipende dal livello di accesso vicinanza di età e sesso

promuove accesso a eventi di vita comune. Il livello di accesso può essere:

Bilaterale: intenso legame affettivo, tra fratelli si sviluppa una profonda lealtà

caratterizzata dalla presenza di un codice speciale, un linguaggio privato.

Questi fratelli sono sconvolti se vengono allontanati.

Unilaterale: fratello-genitore, da al fratello senza ricevere nulla in cambio e lo fa

senza calore, con rigidità.

Osservando il legame tra fratelli si possono capire molte cose dell’intera struttura della

famiglia, ecco alcune situazioni tipiche:

I figli si alleano con il genitore dello stesso sesso creando una distanza tra loro.

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I figli restano uniti contro i genitori.

I compiti dei genitori vengono affidati al figlio + grande nei confronti del +

piccolo.

Il ruolo di genitore viene assunto dal figlio maggiore stesso

ipercoinvolgimento.

La famiglia e il sistema sociale

Importante inquadrare la famiglia nel contesto temporale e sociale.

La nostra società esercita molte pressioni esterne sull’individuo, questa è un’epoca

che molti chiamano “l’età della malinconia”, gli esperti denunciano un aumento

allarmante della depressione.

colloquio processo interattivo che lo psicologo relazionale e il cliente costruiscono

congiuntamente.

Superata la concezione del paziente come strumento da aggiustare modelli fondati

sulla persona e sulle sue risorse.

Viene attribuita importanza alla soggettività dello psicologo, assume un punto di vista

interattivo, non incoraggia forme di dipendenza, ma di indipendenza.

Si distanzia dalla relazione creando una struttura triangolare che gli consenta di

spostarsi fuori e dentro la relazione.

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Psicologo relazionale

Punto di vista binoculare

3° pianet

a

Osservazione sul cliente

Osservazione sulla relazione

Risonanze: emozioni che lo psicologo sente sorgere attraverso la comunicazione con il

cliente. Queste rappresentano ponti comunicativi, lo psicologo deve ricordare di

essere ne contempo fruitore e produttore di significati e rivolgere lo sguardo su di sé.

colloqui assume carattere di imprevedibilità. Lo psicologo non deve essere troppo

attaccato a teorie e modelli.

Competenze e risonanze emotive dello psicologo

Lo psicologo ascolta con empatia curiosità

Empatia per conoscere ciò che ci è estraneo. Conoscere l’altro per conoscere noi

stessi. L’empatia non nasce da uno stesso vissuto, serve anzi a creare ponti relazionali

tra culture diverse.

Lo psicologo deve:

controllare i suoi interventi, capire quando il paziente è pronto ad accoglierli

identificazione di prova (comprendere se ciò che sta per dire può essere

frainteso e quindi migliorarne i contenuti).

lavorare su se stesso e non manipolare il cliente con le proprie categorie.

Sospendere il giudizio.

Non attribuire situazioni di impasse a resistenze del cliente, sforzandosi di

assumere le responsabilità di tale situazione.

Mantenere un distacco emotivo pur provando empatia.

Può decidere di manifestare o no le sue emozioni, sta alla sua coerenza interna.

Acquisire un modo di pensare che favorisca l’emergere di nuove ipotesi, avere

un atteggiamento di umiltà se inizialmente non capisce. Ruolo centrale

immaginazione creativa.

lo psicologo relazionale deve saper ascoltare e raccogliere ipotesi, in questo modo può

operare come traduttore di linguaggi diversi.

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La terapia familiare soffre di “adultocentrismo” si da per scontato che il linguaggio sia

quello dell’adulto.

Lo psicologo relazionale deve imparare ad ascoltare il linguaggio delle altre culture

senza perdere i connotati costitutivi della propria.

Il colloquio

Potente strumento di conoscenza, interrogazione diretta a conoscere gli eventi passati

della vita del soggetto e a trarre un’interpretazione del suo comportamento.

Comunicare = mettere in comune

X Jaques

Comunicabilità = c’è adattamento reciproco.

Comunicatività = senso passivo del comunicare.

Il contesto della comunicazione viene scelto a priori, esistono delle convenzioni tra gli

interlocutori e il rispetto dei turni di parola..

Presupposti dell’intervista relazionale:

l’ipotizzazione

Nello svolgimento del colloquio ci sono delle tappe, non fisse ma dinamiche e cicliche,

che si susseguono. L’oggetto di indagine è il sistema trigenerazionale.

Metodo legare insieme le informazioni, come in un mosaico e fare ipotesi su queste.

Lo psicologo fa un’ipotesi che funge da cornice in cui inserire i dati e le informazioni

che gradualmente emergono. Ipotesi formulate per scoprire il perché di un

comportamento. potenzialità di cambiamento.

La condivisione delle ipotesi con la famiglia permette di introdurre nuove letture dei

modelli.

Esistono 2 tipi di ipotesi:

1. quella con cui arriva la famiglia.

2. quella dello psicologo che partendo dalla prima ipotesi gli da un altro significato

all’interno del sistema familiare.

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Analisi della domanda

Prima fase del colloquio accoglienza, consente di organizzare la conoscenza del

contesto.

Motivazione, idea del problema, aspettative che riguardano lo psicologo.

Differenza tra utente e committente: accade spesso che non sia direttamente l’utente

a formulare la richiesta di aiuto, ma che sia inviato da terzi. Per non incorrere

nell’errore della collusione lo psicologo deve interrogarsi su quale sia realmente

l’utente e ne approfondisca le motivazioni.

Selezione, raccolta, trasformazione delle informazioni

La funzione dello psicologo è condurre i flusso di informazioni, cogliere elementi e

collegarli ad altri per far vedere le cose alla famiglia da un altro punto di vista.

Spesso il cliente si crea una certezza protettiva su quanto riferisce intorno ad un

problema, sta allo psicologo relazionale scoprire quei dati che mettono in crisi le

certezze presentate dal cliente per aiutarlo a produrre nuove alternative.

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Se lo psicologo rimane dalla parte

stretta dell’imbuto viene travolto dal

flusso di informazioni del cliente.

Deve dirigere in + direzioni le

informazioni. Crea la possibilità di

collegare in modo diverso persone ed

eventi.

cliente

cliente

Psicologo relazionale

Ridefinizione

Lo psicologo deve far divenire l’intero sistema famiglia partecipe del proprio

cambiamento, lo psicologo è come il regista di un cambiamento che prevede altri

attori. La famiglia ha il potere di cambiare.

Domande relazionali

Le domande relazionali mettono in correlazione l’individuo interrogato con una o +

persone.

Tipi di domande:

Intergenerazionali: Servono per comprendere le relazioni esistenti nel sistema

famiglia, tendono a mettere in correlazione tre generazioni. Es: Pensi che tuo

padre, quando aveva la tua età, ubbidiva alle regole che gli imponeva suo

padre?

Come se: per chiedere qualcosa che sta al posto di qualcos’altro. Es: se potesse

mettersi nei panni di suo marito…?

Metaforiche: si usa un’immagine concreta per significare qualcos’altro. Es: lei si

sente come uno zerbino che tutti possono calpestare?

Dirette: si fa una domanda al cliente su se stesso, il cliente è il soggetto della

domanda. Es: che tipo di relazione c’è tra te e tuo figlio?

Indirette: si domanda a qualcuno cosa pensa qualcun altro. Es: che ne pensa

tua madre della tua relazione?

Che assumono rischi: sono domande intrusive e necessitano di un rapporto di

fiducia.

Prima/dopo: prendono in esame la temporalità. Es: la relazione con tua madre

era migliore prima della nascita di tua sorella?

Più/meno: prendono in esame la quantità. Es: ti pesa di + badare a tuo fratello

minore o ubbidire a tutto ciò che dice tuo padre?

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Psicologo relazionale

Interazione e relazione

Il colloquio mette in moto un processo che si modifica pian piano e presenta dei tempi

interni ed esterni. Lo psicologo relazionale deve essere adattabile e flessibile.

Il processo è caratterizzato da sequenze comunicative che danno significato al

processo stesso.

I contenuti rappresentano i significato di una relazione.

Premessa

Il linguaggio del corpo è formato da quegli atteggiamenti che sostituiscono,

accompagnano o disconfermano il comportamento verbale. Tali segnali assumono

una valenza affettiva modalità comunicativa meno controllata, + sincera.

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Interazione

Richiede la presenza dell’interlocutore,

lo scambio avviene ne “qui ed ora”

gioco complesso di attese reciproche, le

quali non potrebbero avvenire senza un

previo collegamento con il partner. In

questo senso si parla di circolarità.

L’intorno spazio temporale

dell’interazione è limitato.

Relazione

Si può mantenere a distanza, è lo sfondo

dell’interazione, è costituita dai miti delle

generazioni precedenti. L’intorno spazio

temporale della relazione non è limitabile.

Si sviluppa nel tempo.

COMPONENTI DELLA COMUNICAZIONE

I segnali verbali: veicoli comunicativi della storia familiare

Il linguaggio del corpo modo in cui le persone si pongono e si muovono nello spazio.

Terapeuta e paziente interagiscono anche tramite il comportamento non verbale, il

quale rappresenta il prodotto di una storia copione trasmesso di generazione in

generazione che guida le abituali modalità di relazionarsi.

Il CNV va legato al significato che ha per ogni singolo individuo e al contesto in cui si

verifica.

Il CNV non è statico, ma mutabile, e può essere visto anch’esso su 2 assi:

Verticale: modalità di relazioni apprese dalle figure genitoriali.

Orizzontale: taciti accordi sulla distribuzione dei ruoli e funzioni.

L’abilità di osservare gli scambi non verbali che vengono agiti nell’incontro necessita

della capacità di autoosservasi nel loro svolgersi.

Il cliente deve poter cogliere nello psicologo relazionale quei segnali che esprimono

fiducia, sostegno e fiducia di sé.

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NON VERBALE

VERBALE

PARAVERBALE

Corpo e linguaggio: 2 termini una connessione

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CORPO : sul vocabolario una parte di materia, impiegato per indicare persone che

appartengono ad un gruppo.

Si riferisce all’appartenenza , legame che unisce tra loro i membri di un gruppo.

Il corpo familiare rappresentalo spazio relazionale tra le persone e le generazioni che

permette l’esperienza della condivisione.

LINGUAGGIO DEL CORPO: quando si parla di linguaggio ci si riferisce d un insieme di

segni che permettono la comunicazione la comunicazione è il terreno dell’incontro.

Segnale elemento del comportamento che agendo viene percepito dagli organi di

senso di un secondo soggetto, il quale ne risulta a sua volta influenzato in base al

significato che esso assume per entrambi. Comprendono le risposte comportamentali

e fisiologiche, espressioni involontarie di stati emozionali.

Codificazione un emittente che codifica e un ricevente che decodifica

Comunicazioni segnali diretti ad un fine.

Ricci Bitti (1987) propone la seguente classificazione del CNV:

- SNV

Il messaggio trasmesso è una Gestalt, non la semplice somma delle sue diverse

componenti.

L’adozione di una prospettiva sistemico relazionale ci consente di orientarci nel

tentativo di vedere mente, corpo e ambiente come differenti livelli di organizzazione

che sono tra loro in un rapporto di complementarietà e di integrazione reciproca.

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Elementi del NV del parlato

Elementi cinesici

Intonazione

Paralinguistica

Microcinesica (mimica facciale, sguardo)

Macrocinesica (movimenti del corpo

nello spazio: postura, distanze, gesti)

Il gesto non è solo una realtà fisiologica, bensì il veicolo delle proprie intenzioni e

quindi della propria relazione col mondo.

I segnali corporei negli scambi interpersonali

I segnali del corpo possono essere divisi in:

Segnali emozionali

espressione del volto caratteristiche di immediatezza e trasparenza, permette di

riconoscere le emozioni fondamentali. Spesso l’espressione facciale è il risultato di un

conflitto tra l’espressione a base biologica e i tentativi cognitivi di controllarla. Cmq i

segnali corporei risultano più autentici.

Occhi: centro dell’espressività, sfuggono facilmente al controllo. Es: dilatazione delle

pupille.

Pelle: riflette stati psicologici, es: rossore di rabbia.

Gesti: possono esprimere emozioni. Gesti di adattamento:

1. gesti autoadattivi manipolazione del proprio corpo. Es: giocare con una

ciocca di capelli.

2. centrati sull’altro esempio, togliere i pilucchi dalle spalle dell’interlocutore.

3. diretti su oggetti esempio, giocherellare con una penna.

Postura: importante osservare se la postura è di chiusura (braccia e gambe conserte)

o di apertura.

Modo di vestirsi: corrisponde allo stato d’animo.

Segnali che esprimono atteggiamenti interpersonali

Guardare: definisce il limiti delle interazioni nella vita quotidiana, gli occhi ci offrono

una misura della distanza desiderata nell’incontro..

Contatto fisico: esprime l’atteggiamento verso l’altro a seconda delle ,modalità con cui

avviene. Ne esistono 2 tipi

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1. allocontatto contatto con un altro individuo all’interno di una particolare

relazione.

2. autocontatto piccoli gesti di toccamento di parti del proprio corpo che, specie

nei momenti di tensione, vengono ripetuti nella ricerca inconsapevole di

conforto.

Orientamento dei corpi: Scheflen ha individuato 3 modalità di posizione del corpo

1. posizione inclusiva e non inclusiva delimita l’accesso a un gruppo.

2. orientazione vis a vis o parallela stabilisce una sorta di alleanza.

3. congruenza o incongruenza assunzione di posizioni identiche o speculari.

Segnali di personalità

La personalità è definita sulla base delle informazioni involontarie trasmesse dal

soggetto e da quelle manipolate per presentarsi in modo soddisfacente. L’impressione

che gli altri si comportino in modo costante è data dal fatto che sono visti sempre

nello stesso ruolo e nella stessa situazione.

Esistono dei tratti che orientano in modo preciso le valutazioni ei soggetti circa

l’umore, l’intelligenza o le altre qualità di personalità. (la forma del viso, la presenza di

barba o occhiali…)

Metacomunicare con il corpo

I messaggi non verbali comunicano su differenti livelli, i primi indirizzi relazionali

hanno individuato 2 tipi di segnali:

1. analogici: diretti, che agiscono sul piano della relazione, piano attraverso il

quale si definisce la relazione che abbiamo con l’altro.

2. digitali: agiscono sul piano del contenuto.

In ogni messaggio esiste una parte di contenuto e una di relazione.

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Metacomunicazione: possibilità comunicative del repertorio non verbale, le cui

informazioni di contenuto possono in realtà specificare i contesti in cui inserire le

informazioni stesse.

Tra i vari livelli comunicativi non esiste una netta separazione, ma un processo di

influenzamento reciproco circuito recursivo, modo di procedere e osservare che

richiede di tenere in considerazione la dimensione temporale ed evolutiva dei

fenomeni mantenendo una prospettiva storica.

Un gesto diventa metacomunicativo quando, attraverso una specifica esecuzione,

qualifica un’affermazione.

Per Scheflen le azioni metacomunicative si hanno quando:

1. il partecipante agisce o pensa in modo metacomunicativo circa la propria

esecuzione, mentre conversa.

2. il partecipante agisce o pensa in modo metacomunicativo, invece di narrare o

spiegare.

3. il partecipante si comporta in modo metacomunicativo nei confronti della

comunicazione altrui, ottenendo di cambiarla, proibirla, correggerla o

qualificarla.

Spazi del corpo e confini relazionali

Hall:

Distanza intima: presuppone un contatto fisico, es: tra amanti, tra madre e

bambino.

Distanza personale: distanza mediamente ravvicinata, dove il contatto può

avvenire allungando un braccio. Es: dare la mano come saluto.

Distanza sociale: non esiste contatto oltre a quello visivo, es: saluto in

lontananza.

Distanza pubblica: non si ha una relazione interpersonale diretta, es: politico

che tiene un comizio.

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Sommer:

Spazio personale: una sorta di bolla protettiva, un’area dai confini invisibili che

circonda ogni individuo, oltre la quale non è permesso agli altri di andare.

Distanza individuale: corrisponde alla distanza individuale di Hall.

Lymann e Scott concetto di territorio:

Territori pubblici: spazi in cui il cittadino è libero di accedere, ma non

necessariamente di agire. Es: giardini pubblici.

Territori domestici: posti in cui le persone sono libere di muoversi, sviluppando

un senso di tranquillità e controllo sull’area. Possono essere più o meno estesi,

es: la metà della propria camera, la propria camera, la propria casa ecc…

Territori d’interazione: qualsiasi spazio in cui si verifica uno scambio sociale.

Prevede necessariamente una sovrapposizione con altri territori.

Territorio del corpo: spazio anatomico del corpo.

Sul concetto di spazio:

Spazio dell’interazione: spazio che non appartiene né ad una persona né

all’altra, è uno spazio intermedio, finita l’interazione entrambi si allontanano

mantenendo il proprio spazio personale intatto.

Spazio interno: non è visibile, è difficile parlarne ed esternalizzarlo, è la parte +

privata di ciascuno. Lo spazio interno ottimale è dato da un equilibrio tra scambi

con l’esterno e introspezione.

Spazio sociale: all’interno del quale le interazioni vanno codificate, è regolato

spesso dal non detto e dal non agito spesso gli scambi tra culture differenti

sono problematici.

Fusione o collusione di coppia: in una coppia lo spazio della relazione si allarga

a tal punto che i partner perdono il contatto con i proprio spazio personale,

l’unità diventa la somma delle 2 unità, una gestalt.

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Lo psicologo relazionale deve porre attenzione al CNV dei clienti, ma anche alla loro

disposizione spaziale, alla distanza relazionale. È molto importante osservare che le

disposizioni nello spazio e le distanze variano nel corso delle sedute, questo è indice di

cambiamento.

Funzionamento ottimale regolazione della distanza interpersonale che, attraverso

confini chiari e flessibili, garantisca contemporaneamente l’autonomia individuale ed

un sentimento di appartenenza al nucleo familiare.

Il linguaggio del corpo e l’incontro tra generazioni

Attraverso il CNV i genitori trasmettono delle modalità di relazionarsi ai propri figli.

Oltre al comportamento, i genitori sono visti come un livello “superiore” per le

caratteristiche fisiche: sono + alti, si prendono cura dei bambini…

A volte questi modelli interiorizzati vengono riproposti se ci troviamo di fronte a delle

persone che ci ricordano la relazione con le nostre figure di riferimento.

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In questa figura possono essere intravisti due volti o un

vaso, lo spazio in questione è come il vaso, se uno dei due

volti viene a mancare, questo non esiste +; quando in una

coppia si instaura questo tipo di rapporto, se l’unione finisce

entrambi perdono una parte di sé.

TEMPO

S P A Z I O

Ogni comportamento si muove lungo un

continuum spazio-temporale; la spirale, nelle

sue linee, rappresenta la continuità degli

eventi, mentre nella sovrapposizione dei piani

circolari illustra il cambiamento che si verifica

dall’interdipendenza di queste 2 dimensioni

principali dell’esperienza umana.

i sentimenti e le emozioni si manifestano spesso inconsapevolmente.

Il valore del silenzio se non c’è silenzio non c’è neanche l’ascolto. Nella fugacità del

silenzio è possibile ascoltare il Sé dell’altro.

Il silenzio nel colloquio relazionale

Quando lo psicologo relazionale sollecita il cliente a riempire lo spazio della seduta

come meglio crede, spesso questo rimane in silenzio. Il silenzio del cliente e quello

dello psicologo possono avere significati differenti.

Il silenzio come ascolto

Ascolto e silenzio sono strettamente connessi, in entrambe le situazioni continuano a

circolare informazioni.

L’ascolto è selettivo, si comprende solo ciò che si conosce su una stessa frase

possono essere percepiti + significati diversi.

Ascoltare e parlare si influenzano reciprocamente solo chi ha già ascoltato è in

grado di parlare.

I vissuti raccontati dal cliente possono far emergere dei sentimenti nello psicologo che

approfitterà del silenzio per gestire la situazione, evitando un eccessivo

coinvolgimento pur entrando in un contatto empatico con quanto gli viene

comunicato.

Accade spesso che si sia + vicini all’altro con il silenzio che con le parole.

Il silenzio è uno spazio caratterizzato da una forte partecipazione emotiva.

Il silenzio come pausa

Le interruzioni possono avere varie funzioni:

Darsi un turno

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Aumentare l’intensità di un messaggio

Offrire una possibilità di espressione

Ferma di controllo interpersonale quando alcune norme vengono violate

Pause determinate da diversi stati emotivi

Pause dovute a interferenze di pensiero

Il silenzio per lo psicologo relazionale

Il silenzio può avere varie funzioni:

Riordinare le informazioni ricevute e chiarirsi le idee

Riflettere

Modulare la propria attività di intervento

Ottenere un distacco emotivo momentaneo

Creare uno spazio per l’interazione

Trasmettere l’idea di collaborazione

Far entrare le persone in contatto con l’aspetto emotivo dei messaggi

Il silenzio della famiglia

Circostanze in cui la famiglia utilizza il silenzio:

Non voler rispondere ad una domanda posta dallo psicologo relazionale

Situazioni in cui la famiglia vive forti emozioni

Quando non si capisce ciò che l’altro vuole dire

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