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Caratterizzazione minero-petrografica e geochimica di materiali lapidei
RIUNIONE TECNICA PER LA DEFINIZIONE DEI PROTOCOLLI
Firenze 30 MARZO 2005
Relatore: Alessandro Borghi
Dip. Scienze Mineralogiche e Petrologiche
Università di Torino
Caratterizzazione minero-petrografica e geochimica di materiali lapidei
Il diffuso utilizzo fin dai tempi antichi di materiali lapidei in architettura, ma anche come strumenti di vita quotidiana si manifestano ora come un immenso patrimonio di beni culturali da valorizzare e salvaguardare
In alcuni casi le rocce utilizzate sono facilmente riconoscibili e attribuibili a siti di estrazione prossimi al bene culturale in cui sono stati impiegati. In altri casi, si pone invece il problema della loro natura e provenienza.
In questi casi l’applicazione di metodologie scientifiche può dare informazioni essenziali per la loro caratterizzazione, problema eminentemente petrografico, anche se integrato da metodi di tipo fisico e chimico.
Caratterizzazione dei materiali lapidei
- Identificazione delle fasi mineralogiche in essi contenute
- Determinazione dei rapporti quantitativi e spaziali che legano tra loro i vari minerali (tessitura, forma, grana, orientazione)
- Determinazione della composizione chimica della intera roccia o dei singoli minerali
Classificazione del materiale lapideo
Valutazione del suo stato di conservazione
Determinazione della provenienza del materiale lapideo
Principali tecniche analitiche
- Tecniche non distruttiveOsservazione macroscopicaFluorescenza Rx in aria (XRF)Microanalisi protonica in aria (PIXE)
- Tecniche distruttiveMicroscopia ottica Microscopia elettronica Microanalisi elettronicaCatodoluminescenza
- Diffrattometria Rx- Analisi isotopica
Analisi mineralogica
Analisi chimica
Analisi minerochimica
Tempi di conteggio
Programmi di elaborazione
Condizioni del campione
- Dimensioni
- Grana
- Stato di conservazione
- Possibilità di lucidatura,
- taglio, metallizzazione
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Certificazione Petrografica
La caratterizzazione petrografica è considerata dagli addetti ai lavori come il
test fondamentale per il riconoscimento e la classificazione dei materiali lapidei impiegati
nei campo dei Beni Culturali
Osservazione macroscopica
Chiesa di San CarloChiesa di San Carlo
La facciata ottocentesca è stata realizzata in Granito rosa di Baveno, con alla base marmo bianco
Granito rosa di Granito rosa di BavenoBaveno – Granito a grana medio grossolana costituito da quarzo, K-feldspato rosa per la presenza di inclusioni di ematite, plagioclasio e biotite
1: Depositi quaternari BACINO TERZIARIO LIGURE –PIEM. 2: Depositi oligo-miocenici del Monferrato 3: depositi Oligo- miocenici delle Langhe, Collina di Torino e Gonfolite APPENNINO SETTENTRIONALE 4: Liguridi Esterne 5: Liguridi Interne DOMINIO SUDALPINO 6: Bacino Lombardo 7: Depositi clastici post-ercinici 8: Vulcaniti permiane 9: Graniti dei Laghi 10: Serie dei Laghi 11: Zona Ivrea – Verbano 12: Zona del Canavese DOMINIO AUSTROALPINO 13: Plutoni Periadriatici (Biella e Vico) 14: II Zona Diorito – Kinzigitica 15: Zona Sesia Lanzo DOMINIO PENNIDICO 16: Falda Piemontese Esterna 17: Falda Piemontese Interna 18: Massicci Cristallini Interni (UPS) 19: Zona Brianzonese Interna 20: Zona Brianzonese Esterna 21: Zona Sub-Brianzonese e Flysh a Hel. 22: Unità Pennidiche Inferiori (UPI) DOMINIO ELVETICO 23: Coperture Meso-Cenozoiche 24: Massicci Cristallini esterni
(Fiora et al., 2002)
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Certificazione Petrografica
occorrono:un microscopio otticoa luce polarizzatauna sezione sottile
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Il microscopioottico
occhio
oculare
diaframma
lente di Amici
analizzatore
obiettivo
piattaforma girevole
lente convergente
diaframma del condensatore
polarizzatore
diaframma di apertura
lampada
CertificazioneCertificazione PetrograficaPetrografica
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Certificazione Petrografica
• cos’è– una fettina di roccia dello spessore di 30 mm
• a cosa serve– a studiare le manifestazioni dell’interazione tra luce
polarizzata e struttura cristallografica dei materialicostutuenti le rocce (minerali e vetro)
SezioneSezione sottilesottile
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Certificazione PetrograficaLUCELUCE POLARSPOLARS OSSERVAZIONIOSSERVAZIONI TERMINOLOGIATERMINOLOGIA
// // FORMA sviluppo facce euedrale/subedrale/anedraleforma 3D equidimesionale/subequidimensionale/inequidimensionale
// // COLORE assorbimento opaco vs trasparente --> colore assorbimentopleocroismo schema pleocroismozonatura
conv // RIFRANGENZA rilievo basso/medio/altolinea di Becke I.R. > vs < fasi adiacenti
// // VARIE sfaldature orientazione cristallograficainclusioni dimensioni, natura, abbondanza
// X BIRIFRANGENZA colori scala Newton colore + ordine = birifrangeza (max)
// X ESTINZIONE angolo estinzione retta vs estinzione obliquaposizione indici estinzione retta --> allungamento positivo vs negativo
estinzione retta --> angolo indici-direzioni cristallografiche// X VARIE zonatura
geminazionismescolamenti
conv X FIGURA INTERFER. 2V 0° (= uniassico) vs ≠ 0° (=biassico) --> angolo assi otticisegno ottico + vs -
Lazzarini (2004)
Granulometria
Nel caso di materiali difficili da distinguere tra di loro come i marmi bianchi la caratterizzazione petrografica può contribuire alla loro identificazione mediante la descrizione della struttura, della forma dei cristalli e, soprattutto, della
Lazzarini, 2004
granulometria. In particolare, un parametro importante è la dimensione massima del cristallo più grande (MGS), misurato mediante l’osservazione al microscopio ottico. Questo parametro permette di discriminare tra loro marmi di differente provenienza
Generalmente l’analisi petrografca è sufficiente per la caratterizzazione del materiale lapideo oggetto di studio. Il riconoscimento dei marmi, per la loro ben nota somiglianza macro e microscopica, risulta invece molto difficile e nella maggioranza dei casi risulta utile ricorrere alla combinazione di più metodologie analitiche
Il microscopio elettronico a scansione
Il SEM permette osservazioni morfologiche e composizionali di campioni massivi a forte ingrandimento (> 1000 X).
Il campione necessita di lucidatura e metallizzazione
Il SEM consiste in un filamento che emette un fascio di Rx che, dopo aver attraversato la colonna elettronica in cui viene collimato, focalizzato e scansionato, colpisce la superficie del campione. A sua volta il campione emette una serie di segnali, che vengono raccolti da una serie di rivelatori,
(Oxford Instruments, 2000)
(Oxford Instruments, 2000)
Cristalli di calcite di neoformazione costituenti la crosta bianca cresciuta sui conci di calcescisti del Forte di Fenestrelle
Decoesionamento granulare nella Pietra di Malanaggio nella facciata Nord della Porta Reale (Forte di Fenestrelle)
(Oxford Instruments, 2000)
Borghi & Spiess (2004)
La microsonda elettronica
La microsonda elettronica viene comunemente considerata lo strumento ideale per determinare la composizione dei singoli minerali (silicati e non) che compongono le rocce della superficie terrestre. Essa, infatti, permette di ottenere analisi chimiche puntuali di aree estremamente limitate (pochi micron di raggio) della superficie di campioni preventivamente lucidati e metallizzati. Consiste di un rivelatore EDS che permette di analizzare con un errore di circa 0.1 % e risoluzione spaziale di 2-5 micron. Si può misurare dal B al U.
(Oxford Instruments, 2000)
0.2220.2190.161grs
0.0310.0310.045pyr
0.0590.0390.016sps
0.6840.710.773alm
0.6720.6580.493Ca
0.0910.0920.135Mg
0.1740.1150.048Mn
2.0272.1132.298Fe 2+
2.0122.0042.012Al VI
000.015Al IV
33.0052.985Si
100.39100.58100.55Total
******************
7.847.675.73CaO
0.760.771.13MgO
2.571.70.7MnO
30.2731.5834.23FeO
21.3321.2521.43Al2O3
37.4737.5637.19SiO2
Esempio di profilo quantitativo su un cristallo di granato zonato (Vaggelli et al., 2003)
The qualitative maps (generallyperformed by EDS microprobe)are collected by means of a MDIboard which controls the remotescanning of the electron beam,using an appropriate routine ofthe beam positioning. In thiscase, each value of the matrixrepresents 1 pixel of informationand has a discrete valuerepresenting the concentration ofthe respective element for thatspot but also contain X-raycounts of the background belowthe peak and with matrixcorrection applied, produces onlyqualitative maps
Qualitative X-Qualitative X-ray mapsray maps
granato (Fe, Mg, Mn, Ca)3 Al2 Si3 O8
Esempio di mappe composizionali di un cristallo di granato zonato (Vaggelli et al., 2003)
Esempio di calcolo della distribuzione modale di un’arenaria
La catodoluminescenzaLa catodoluminescenza consiste nel bombardamento elettronico di un campione massivo di roccia mediante una sorgente costituita da un filamento (catodo). Il campione di roccia emetterà un'emissione luminosa sottoforma di quanti. La luminescenza di materia cristallina è il risultato di piccole concentrazioni di elementi (generalmente Mn, P, e Terre Rare) dispersi nel reticolo cristallino. In alcuni casi dipende anche da difetti reticolari e da impurità atomiche. La CD può lavorare in modalità pan- e mono-cromatica
Il rivelatore è un paraboloide di alluminio montato su braccio retraibile. Come già accennato parlando del rivelatore BSE, una volta inserito il paraboloide occupala stessa posizione di quest’ultimoimpedendone quindi l'utilizzo in contemporanea. Al centro del paraboloide un foro di 2 mm permette al fascio elettronico di colpire il campione.I fotoni prodotti dall’interazione colpiscono lo specchio paraboloide nel suo punto focale. Da qui vengono così incanalati suuna guida di luce
Il sistema può funzionare in due modi diversi: pancromatico e monocromatico. monocromatico: la luce viene riflessa dallo specchio A in un reticolo che seleziona una lunghezza d'onda da noi impostata tramite computer. La luce selezionata va quindi sullo specchio B, viene focalizzata sulla lente 2 che porta i fotoni su un fotomoltiplicatore e poi un amplificatore. pancromatico: in questa modalità lo specchio A viene ruotato di 90° in senso antiorario, portando quindi tutta la luce in ingresso sul fotomoltiplicatoresenza alcuna selezione delle lunghezze d'onda.
In modalità pancromatica la catodoluminescenza permette di osservare microstrutture altrimenti impossibili da individuare al solo microscopio ottico. E' utilizzata in petrografia del sedimentario per evidenziare zonature di crescita in minerali diagenetici.
L’immagine della catodoluminescenza viene visualizzata sullo stesso schermo su cui vediamo le immagini in elettroni secondari, in bianco e nero. I contrasti di luminescenza appaiono come contrasti tra gradazioni di grigio, permettendoci di visualizzare situazioni spesso invisibili ai soli SE.
In modalità monocromatica, la CD permette di discriminare, sulla base del contenuto degli elementi in tracce, rocce altrimenti difficilmente distinguibili con tecniche non distruttive, come ad esempio i marmi bianchi. Si tratta di una tecnica semi-quantitativa, priva di standard, in cui l’ampiezza dei picchi è proporzionale al contenuto dell’elemento in traccia, che occorre tuttavia analizzare quantitativamente con un’altra metodologia(PIXE). E’ una tecnica estremamente sensibile (< ppm) e con una buona risoluzione spaziale (micron). Permette di discriminare tra materiali estremamente zonatiLo spettro presenta in ascissa le lunghezze d'onda e in ordinata i conteggi per le singole energie. Le lunghezze d’onda registrate vanno dai 300 agli 800 nm
613 nm
635 nm
(Borghi et al., 2005)
La microsonda protonica (PIXE)Il PIXE rappresenta una tecnica di analisi multielementale non distruttiva che sfrutta, al pari della microsondaelettronica, l’emissione X di un campione sottoposto a ionizzazione degli orbitali elettronici interni; l’energia ionizzante, che nel caso della microsonda è un fascio di elettroni di 10 –20 kev di energia, nel PIXE è, invece, un fascio di ioni accelerati ad alta energia (tipicamente 2-3 MeV). Acceleratore Tandetron (a 3 MV) dell’INFN
installato presso il Campus Universitario diSesto Fiorentino
La tecnica PIXE può venir applicata sia in vuoto sia in aria. In quest’ultimo caso sono evidenti i vantaggi di questa tecnica che permette l’analisi microanalitica non distruttiva di qualsiasi reperto trasportabile in laboratorio. Si tratta di una metodologia estremamente sensibile (detection limit ca. <10 ppm) con buona risoluzione spaziale nella modalità micro-PIXE, in cui il fascio di protoni può venir collimato fino a pochi micron. Inoltre il PIXE è utilizzabile anche in modalità scansionata. In questo modo è possibile effettuare analisi puntuali, profili e mappe
Madonna dei Fusi, Leonardo da Vinci
(Grassi et al., 2004)
Non distruttivo
Alta sensibilità
Buona risoluzione spaziale
Al Si
P Ca Ce
Th U Pb
Sr Y M in.
M ax
M in.M in.
M ax 1340 ± 6%UO31001115 ± 6%U
105000 ±1%ThO28092300 ± 1%Th
170 ± 20%PbO60160 ± 20%Pb
101000 ±2%Nd2O3450087000 ± 2%Nd
25000 ±10%Pr2O3150020000 ± 10%Pr
255000 ±2%Ce2O38000217000 ± 2%Ce
136000 ±5%La2O39000116000 ± 5%La
4550 ± 2%Y2O3903570 ± 2%Y
1390 ± 3%SrO251170 ± 3%Sr
Conc[ppm]OxidesMDL
[ppm]Conc. [ppm]Elem.
Vaggelli et al., (2005)
Y
ThTh
Sr
U Pb
Min.
Max
Min.Min.
Max
Min.
Max
Min.Min.
Max
13 4 5 6 7
8
2
Th
Th
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
0 1 2 3 4 5 6 7 8
Con
c. (p
pm)
U
0
500
1000
1500
2000
2500
0 1 2 3 4 5 6 7 8
Con
c. (p
pm)
Pb
0
50
100
150
200
250
300
0 1 2 3 4 5 6 7 8
Con
c. (p
pm)
Age
0102030405060708090
100
0 1 2 3 4 5 6 7 8
Ma
Vaggelli et al., (2005)
La fluorescenza Rx (XRF)
Questa metodologia permette di ottenere un’analisi chimica totale del nostro campione espressa in ossidi e comprendente el. maggiori, minori, tracce. Molto sensibile, analisi distruttiva, risoluzione spaziale scarsa micro-fluorescenza risoluzione spaziale ca. 20 micron.
Lo strumento consiste di un generatore di Rx che colpisce il campione. Questo, a sua volta, emette una radiazione di fluorescenza secondaria, caratteristica per ogni elemento eccitato, che viene raccolta da un apposito rivelatore. Confrontando lo spettro ottenuto con standard di riferimento si ottiene un’analisi quantitativa completa.
Esempio di spettro prodotto con un sistema XRF
La fluorescenza Rx è una tecnica analitica molto sensibile (ppm), ma con bassa risoluzione spaziale ed implica la distruzione del campione
Esiste anche una versione portatile che permette analisi non distruttive ed in situ. La sensibilità resta elevata, la risoluzione spaziale 1 mm, analizza gli elementi a partire dal Si
Il diffrattrometro Rx
Questa tecnica consente una analisi semi-quantitativa di qualsiasi sostanza cristallina. E’ necessaria una piccola quantità di materiale (0.5 g), che deve venir ridotto in polvere ed inserito nella camera porta campione dove viene bombardato dal fascio Rx. Il metodo ha una bassa sensibilità (< 5% peso).
Lo strumento è costituito da un generatore di Rx, un collimatore per ottenere un fascio di Rx paralleli, una camera portacampione, un rivelatore dei raggi diffratti diffrattogramma
Porta Reale - campione 4
05-0586 (*) - Calcite, syn - CaCO3 - Y: 100.00 % - d x by: 1. - WL: 1.54056 - Rhombohedral - I/Ic PDF 2. -
PR4 - File: PR4.raw - Type: 2Th/Th locked - Start: 5.000 ° - End: 60.000 ° - Step: 0.020 ° - Step time: 1.4 s - Temp.: 25 °C (Room) - Time St
Lin
(Cou
nts)
0
500
2-Theta - Scale
5 10 20 30 40 50 60
Il metodo sfrutta gli effetti dell’interferenza di una radiazione X con il reticolo cristallino dei minerali. Quest’ultimo, venendo colpito da una radiazione avente una lunghezza d’onda λ dello stesso ordine delle distanze dei piani reticolari, diffrange la radiazione secondo un determinato angolo Θ. La diffrazione dei Rx da parte dei vari piani reticolari fornisce una serie di riflessi (picchi) variabili per posizione ed intensità, che costituiscono lo spettro caratteristico della sostanza cristallina analizzata.
PR18
41-1480 (I) - Albite, calcian, ordered - (Na,Ca)Al(Si,Al)3O8 - Y:
46-1045 (*) - Quartz, syn - SiO2 - Y: 50.00 % - d x by: 1. - WL:
46-1409 (I) - Muscovite, vanadian barian - (K,Ba,Na)0.75(Al,Mg,
02-0028 (D) - Chlorite - (Mg,Fe)5(Al,Si)5O10(OH)8 - Y: 12.50
PR18 - File: Porta Reale - PR18.raw - Type: 2Th/Th locked - Star
Lin
(Cou
nts)
0
500
2-Theta - Scale
5 10 20 30 40 50 60 70
La diffrattometria Rx fornisce indicazioni semi-quantitative circa i contenuti dei vari componenti. Infatti l’area dei picchi caratteristici è proporzionale all’abbondanza di un certo minerale. Questa metodologia è utile per distinguere marmi puri da marmi dolomitici ed è il principale metodo per lo studio dei minerali argillosi e delle argille. Viene utilizzato negli altri casi quando il campione è molto ridotto
Lo spettrometro di massaL’analisi isotopica è una tecnica largamente utilizzata per l’identificazione e la determinazione dei marmi. Lo spettrometro di massa è in grado di frammentare mediante bombardamento elettronico le molecole del composto da analizzare e, successivamente, di separare gli isotopi in base al loro rapporto massa/carica elettrica. I campioni, preventivamente ridotti in polvere,vengono fatti reagire con acido fosforico. La reazione libera CO2 che, tramite un’apposita linea di condensazione in vetro, viene raccolta in una trappola ad azoto liquido, purificata ed iniettata all’interno dello spettrometrodove viene ionizzata. Lo spettrometroopera quindi la separazione dei diversi isotopi di C (C13/C12) e O16/O18)
(Lazzarini, 2004)
(Lazzarini, 2004) I risultati vengono espressi come la deviazione dei rapporti isotopici misurati per il campione incognito rispetto agli stessi rapporti calcolati per uno standard internazionale (PDB). Si può ritenere che rocce formatesi in una stessa regione o periodo siano caratterizzate da una composizione isotopica comune. Nei primi anni ’70 venne creata una banca dati relativa ad alcuni marmi di origine greca a fini archeometrici. Confrontando la composizione isotopica di reperti marmorei con quelle ottenute per i campioni di cava è possibile stabilire la provenienza geologica- geografica del tipo di marmo impiegato.
Questo metodo, praticamente non distruttivo (10 microgrammi), ebbe un grande successo. Negli anni pertanto si ampliò enormemente la banca dati, fino ad arrivare ad una sovrapposizione dei campi caratteristici dei vari marmi più utilizzati in antichità. Questo ha portato ad una parziale depotenziamento del potere discriminante di questo metodo
Porosimetro(Lazzarini, 2004)
La porosità di un materiale lapideo rappresenta la caratteristica fisica da cui dipende la circolazione di fluidi all’interno della roccia. Essa rappresenta pertanto il parametro più importante per valutare lo stato di conservazione e per prevederne la sua evoluzione futura.
E’ stato anche osservato che la durabilità di un materiale è soprattutto funzione delle dimensioni dei pori. La loro misura diventa pertanto un parametro molto utile. La misura può venire seguita mediante varie metodiche. Una delle tecniche più precise è rappresentata dal porosimetro a mercurio, grazie alla quale è possibile valutare la distribuzione volumetrica dei pori in funzione delle loro dimensioni
Il campione, preventivamente essiccato, viene inserito nel porosimetro e portato in vuoto. A questo punto viene iniettato a pressione il mercurio imponendo il riempimento forzato di tutti i pori. Sfruttando una relazione inversa tra P di riempimento e dimensione dei pori è possibile calcolare la porosità apparente. I dati ottenuti vengono utilizzati per elaborare diagrammi di distribuzione percentuale del volume dei pori(Lazzarini, 2004)
Determinazione della provenienza
Il problema della provenienza risulta senza dubbio il problema archeometrico principale legato alle rocce utilizzate nei beni culturali. Conoscere il sito di origine di un materiale lapideo utilizzato anticamente riveste una notevole importanza:
- Approvvigionamento di materiali utili per il restauro- Individuazione di rotte commerciali- Ricostruzione delle attività svolte da antiche popolazioni
La determinazione della provenienza di un reperto lapideo risulta generalmente difficoltosa soprattutto nel caso di reperti antichi di cui si hanno poche informazioni.
UNIVERSITA’ DELGLI STUDI DI TORINOFACOLTA’ DI SCIENZE M. F. N.
Corso di Laurea in Scienza e Tecnologia per i Beni Culturali
“Studio di Reperti Lapidei del Museo Civico d’Arte Antica di Torino”
RelatoreProf. Alessandro Borghi
CandidatoCristina Marcon
La collezione di materiali lapidei
• La collezione è costituita da un centinaio di opere.
• Sono stati individuati diciannove reperti dichiarati campionabili dal Museo.
• La campionatura è stata eseguita sul retro delle opere e comunque sulle superfici grezze.
Camp. 159/PM Lastra con torre.
Metodologie analitiche
I campioni, in forma di sezioni sottili sono stati esaminati con:
•Microscopio ottico a luce polarizzata.
•Microscopio elettronico a scansione con annessa microsonda elettronica a dispersione di energia (SEM-EDS).
Studio petrografico
Sulla base delle osservazioni al microscopio ottico e al SEM, i campioni sono stati suddivisi in quattro categorie:
•Calcari•Arenarie•Marmi•Altre rocce metamorfiche
Per ogni campione è stata redatta una scheda.
Le Arenarie
Sono dette arenarie le rocce di natura sedimentaria terrigena costituite per oltre il 50% da granuli le cui dimensioni vanno da 0,0625 a 2 mm. I granuli sono cementati da una matrice carbonatica.
Campione161/PM Lastra raffigurante il martirio di S.Genesio.
Le Arenarie•Mica bianca•Epidoto•Serpentino
•Glaucofane
•Frammenti litici
Composizione delle fasi
Diagramma di correlazione tra Si e Al IV+Al VI.
Composizione delle fasi
Diagramma indicante la nomenclatura degli anfiboli sodici in base alle variazioni dei rapporti tra F+2, Mg, F+3 e Al VI nella composizione chimica.
Le ArenarieLa presenza di:
•glaucofane
•mica bianca fengitica
•serpentino
Indicano che queste rocce provengono dal
Bacino Terziario Piemontese
Carta Geologica del Piemonte
Altre rocce metamorfiche
Il primo campione è un’oficalce: una roccia dall’aspetto brecciato, costituita da serpentinite con vene bianche carbonatiche.
Campione 186/PM Misura di capacità.
Altre rocce metamorfiche
•Calcite•Serpentino
Altre rocce metamorfiche
(Oficalce)
Carta Geologica del Piemonte
Quasi sicuramente la roccia proviene da Cesana, nella valle di Susa, situata nella Zona Piemontese Interna.
BibliografiaBorghi A. & Spiess R. (2004): New methodologies applied to microstructural analysis. Period. Mineral., 73, 235-247.
Borghi A., Cossio R., Fiora L., Pianea E. & Sandrone R. (2005): Catodoluminiscenza pan e monocromatica di marmi bianchi piemontesi. Atti III convegno nazionale AiAR, (in stampa).
Fiora L., Alciati L., Borghi A., Callegari G. & Derossi A. (2002): Pietre piemontesi storiche e contemporanee. L’Informatore del marmista, 489, 50-59; 490, 26-35; 491, 36-45.
Grassi N., Migliori A., Mandò P.A., Calvo del Castillo H. (2004): Differential PIXE measurements for stratigraphic analysis of the “Madonna dei Fusi” by Leonardo da Vinci. 10° international Conference on PIXE and its analytical applications. Conference Proceedings, n. 843.
Lazzarini L.(2004): Pietre e Marmi Antichi. 194 pp. Cedam, Padova
Oxford Instruments (2000): The principles and practice of X-raymicroanalysis
Vaggelli G., Borghi A., Cossio R., Mazzoli C. & Olmi F. (2003): Comparison between major and trace element concentrations in garnet performed by EPMA and micro-PIXE techniques. Spectrochimica Acta, B, 58, 699-709
Vaggelli G., Borghi A., Cossio R., Giuntini L., Lombardo B., Marino M., Massi M. & Olmi F. (2005): Micro -PIXE analysis of monazite from Dora Maira massif (italy): a petrologic and dating approach. Mikrochimica Acta, submitted.