Architetture dell’

abbandono

un micro atlante

claudio canal

Come insegna l’etimologia: “à ban donner” = “mettere a disposizione di chicchesia” Un processo che si fa evidente percorrendo le campagne del Piemonte, come in questo caso. Si tratta di case, cascine, casali abbandonati “a chicchesia”. Perché sono state abbandonate? Qual è l’idea che ha mosso i proprietari? Me lo sono chiesto ogni volta che mi avvicinavo un po’ furtivo a questi “avanzi” deserti. E’ un problema economico o estetico? E’ un sentimento di disfatta, di marginalità o che altro? Il “paesaggio” si dispone come lo specchio della nostra verità. La nostra cartella clinica? Lo spazio è stato scolpito seguendo sogni, disegni mentali e produttivi, prospettive in senso proprio. E’ in atto, al momento, una “scultura” del territorio completamente diversa. Fa venire alla mente quel racconto di Borges in cui un uomo disegna la mappa del territorio, con strade, colline, laghi e paese. Alla fine scopre che è tale quale la sua faccia. Per questo forse non ci piacciono le rughe, i segni del tempo. Non riusciamo a vedere i terreni siliconati, sbrindellati e concimati a cemento perché non vediamo neppure l’abbandono, la liquidazione per agonia di un sapere collettivo fino a ieri presente e vivo. Un sapere che non sappiamo più ricevere, come se parlasse una lingua anatolica estinta. Ogni territorio e paesaggio è d’epoca, come le auto o le moto, ma non si può farlo sfilare durante le feste patronali. Quella tecnica compositiva dello spazio e l’architettura abitativa che ne derivava disertano oggi la nostra immaginazione. Ci incuriosiscono solo nella forma della memoria blasonata, gerarchica, addobbata. Il luogo pittoresco, liftato, depilato, centro storico igienizzato, piccolo mondo antico con fondotinta, mulino bianco. Il micro atlante disegnato dalle foto qui disponibili vuole essere un inizio e un invito, senza nessuna estasi per la rovina. Un inizio di sguardi, soprattutto, e di altre eventuali mappe fotografiche. claunal@alice.it