Post on 26-Jul-2016
description
1
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano
> > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < <
e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 10 marzo 2016
Per disdire / unsubscribe / e-mail a > unsubscribe_adl@vtxmail.ch Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a > ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a > ADL Edizioni
IPSE DIXIT
Socialdemocrazie alla prova - «Ancora a settembre, Stefan Löfven,
premier socialdemocratico della tollerante Svezia (prima in Europa per
numero di rifugiati), aveva bacchettato l’ultradestra di casa sua: “Noi
accogliamo chi fugge dalle guerre! Il nostro Paese non costruisce muri,
apre porte!”. Poche settimane (e ottantamila profughi) dopo, alla vigilia
della chiusura del ponte di Öresund, ha dovuto spiegare in lacrime agli
svedesi esasperati ciò che loro già temevano: “Non ce la facciamo più,
dobbiamo rimettere i controlli alle frontiere”.
Lo scorso ottobre Werner Faymann, cancelliere socialdemocratico
austriaco, visitando due campi di rifugiati in Grecia, commosse
Tsipras… e attaccò Viktor Orbàn, il premier ungherese xenofobo
sospettato di derive fascistoidi… A fine gennaio ha rotto con la Merkel
(troppo buonista) e messo in cantina Schengen, vagheggiando il “muro
del Brennero”. Ieri, al vertice di Bruxelles… Faymann s’è trovato
accanto a Orbàn in un asse “neoasburgico”, anzi, schiacciato sotto di
lui, nell’invocare “la chiusura di tutte le rotte, anche quella
balcanica”». – Goffredo Buccini
Da l’Unità online http://www.unita.tv/
Pittella: “L’accordo con la
Turchia va fatto ma niente ricatti”
Il presidente del gruppo S&D al Parlamento europeo parla del
vertice europeo dei leader socialisti in programma a Parigi.
VAI AL VIDEO
Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail
2
ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.
EDITORIALE
Un Bolero sperabilmente incompiuto
Mi è capitato di rivedere su YouTube "Allegro non troppo", il
capolavoro d'animazione realizzato da Bruno Bozzetto nel 1976, il
cui pezzo forte arriva al 27° minuto con il "Bolero di Ravel": due
anni di lavoro al tavolo da disegno per realizzare tredici minuti e
mezzo di “cartoni animati” sulla cui falsariga seguono alcune
riflessioni.
di Andrea Ermano
Dentro al Bolero c'è un meccanismo che funziona in modo abbastanza
elementare: è il meccanismo del "salto di qualità". Di seguito non
fornirò un commento all’animazione di Bozzetto, che invito comunque
a riguardare (vedi Allegro non troppo), ma cercherò di delineare la
struttura del “salto di qualità”, con parole mie e in forma diciamo
attualizzata.
All'inizio del "salto di qualità" c'è un accumulo di qualcosa che a un
certo punto si trasforma in qualcos'altro. Per esempio, qualcuno
all'interno di una famiglia viene compatito: poverino/a. Dopo un po',
chi veniva compatito – poverino/a, poveretto/a, poveraccio/a – inizia a
essere deriso. Accade magari solo per scaricare qualche tensione
interna, ma è un primo “salto di qualità”.
Poi, il disprezzo iniziale, fatto di sguardi obliqui e mezze frasi, si
trasforma in forme più o meno larvate di scherno, quindi in esclusione
affettiva, o peggio.
Di qui in poi avviene un altro “salto di qualità”, quello dei “giochi
psicotici nella famiglia" analizzati in un bel libro pubblicato nel 1988
da Mara Salvini Palazzoli, Stefano Cirillo, Matteo Selvini e Anna
Maria Sorrentino.
Qualcosa di simile può tracimare dalla famiglia a comunità più vaste
come il gruppo degli amici, una scuola, la città in cui si vive o la
società cosiddetta civile dove non mancano mai intere categorie di
persone declassate. Primi fra tutti i "poveri", che compongono la
maggioranza del genere umano, senza dimenticare le donne, cioè la
metà del genere umano.
In ogni epoca storica, a qualsiasi grado di latitudine e longitudine i
poveri e le donne costituiscono la parte svantaggiata e discriminata di
ogni società tradizionale. Non si contano le angherie e le persecuzioni
cui queste due grandi componenti dell’umanità sono state sottoposte.
Dopo la Seconda guerra mondiale la situazione è migliorata nelle
società post-tradizionali dell’Occidente, con l'avvio delle politiche di
3
“perequazione” e “parità”. Politiche che però oggi vengono
violentemente attaccate, per un verso dagli anarco-capitalisti alla
Trump e per l'altro verso dai fondamentalisti di ogni ordine e grado.
Immagine tratta da "Allegro non
troppo" di Bruno Bozzetto (1976)
Un'altra categoria umana tradizionalmente oggetto di pregiudizi è
quella degli "stranieri".
Le persone straniere possono appartenere a una di queste sei
differenti categorie: 1) "brava gente che se ne sta a casa sua", 2) "ospiti
di riguardo", 3) "lavoratori ospiti", 4) "profughi", 5) "immigrati
clandestini", 6) "potenziali terroristi infiltrati".
Soprattutto nei confronti dei “lavoratori ospiti” non si contano le
piccole o grandi vessazioni direttamente o indirettamente finalizzate a
fare sì che loro e i loro figli rimangano il più a lungo possibile
prigionieri della loro condizione di non-cittadinanza, ossia svantaggiati
sotto il profilo economico e umano.
Non può qui mancare un cenno alla vessazione di stato che viene
praticata in Svizzera tramite gli innumerevoli referendum propositivi
che da decenni si susseguono a ritmo regolare e che si risolvono in
lunghe sequele di insolenze più o meno aperte, più o meno paternaliste,
contro gli stranieri ivi residenti. Periodicamente, per mesi e settimane
si discute con minuzia implacabile di “inforestieramenti”, di “minareti”
o di “pecore nere straniere”, tutte cose che non devono contaminare la
linda Confederazione Elvetica. E l’etere pullula di dibattiti televisivi
discettanti sul perché e sul percome, cui fanno eco i berci da birreria, le
chiacchiere da strada, le mormorazioni da pianerottolo.
E nessuno sembra accorgersi dei figli dei "lavoratori ospiti" che –
mentre i loro babbi babbioni si dannano l'anima per garantirgli un
improbabile futuro migliore – vengono invece esposti alla velenosa
atmosfera xenofoba. E così, in nome della "democrazia diretta", viene
istillata in quelle testoline un semplice dogma: essere stranieri è una
colpa!
A confronto di ciò, i Leghisti e Pentastellati nostrani fanno una
figura da magliari, loro che devono contentarsi di propaganda
xenofoba spicciola e non accedono (per ora) al formidabile strumento
4
dei referendum propositivi.
Ma le parole sono pietre, potenziali fomentatrici di “salti di qualità”.
È accaduto che taluni – lo rileva Philippe Lacoue-Labarthe – usassero
insultare gli Ebrei d'Europa con appellativi come "insetti",
"parassiti"… Senonché accadde poi che quegli stessi calunniatori
finissero per “prendere alla lettera" le loro stesse parole nella
pazzescamente criminale adozione dei gas insetticidi più idonei a uscir
di metafora, di senno e d'ogni umanità.
Oltre la metafora: il gas insetticida “Zyklon B”
ritrovato nel campo di sterminio di Auschwitz
I popoli stranieri. Si suddividono in tre categorie: 1) "amici", 2)
"nemici" e 3) "molto lontani". Un tempo si credeva che solo gli
“amici” e i “nemici” potessero mutare classificazione (con il mutare
delle situazioni geopolitiche) e che la categoria dei "molto lontani" si
conservasse invece inalterabile. Con il progresso della civiltà tecnica si
è tuttavia constatato un assottigliamento di questa categoria, che va
ormai scomparendo, sicché tutti i popoli tendono ad avvicinarsi gli uni
agli altri imboccando quindi il bivio: o “amici” o “nemici”.
C'è chi sogna il prevalere dell'amicizia, come nei versi de L'Inno alla
gioia di Schiller/Beethoven ("Tutti gli uomini diventano fratelli / dove
la tua ala soave freme", vedi flash mob con L'Inno alla gioia), ma
secondo Huntington, teorico dello "scontro delle civiltà", l'inimicizia
potrebbe prevalere. È il pessimismo della ragione contro ottimismo
della volontà…
Le categorie di "amico" e "nemico" si combinano con lo specifico
livello di "civilizzazione" appartenente a ciascun popolo, una
grandezza, questa della "civilizzazione", misurabile sulla base di
parametri molto vari e variabili.
Più un popolo è percepito con sentimenti d'inimicizia da un altro
popolo, tanto più questo tenderà a retrocederlo non solo dal girone
degli “amici” in quello dei “nemici” (ovvio), ma anche da quello dei
“civilizzati” in quello dei “barbarici” (meno ovvio). Agli occhi di parte
delle élites occidentali appaiono “barbarici”, o giù di lì, praticamente
tutti i popoli di più antica civiltà. Viceversa, per quei popoli i barbari
siamo noi.
5
Fin qui i “salti di qualità” nei rapporti tra popoli sono due e
conducono dalla condizione di “straniero” a quella di “barbaro”, e poi
ancora da questa alla condizione di “nemico”.
Giunti alla figura del nemico, s’innescano ulteriori “salti di qualità”:
a) la guerra fredda, b) la guerra combattuta per interposta fazione in
paesi terzi, c) il conflitto frontale, ma regolato dalle Convenzioni di
Ginevra; d) la guerra volta all'annientamento totale del nemico, detta
anche genocidio.
Questa brevissima storia dei "salti di qualità" in forma di Bolero può
servirci a considerare, dunque, che ciascuno di noi porta una sua
responsabilità, piccola o grande che sia. Perché dalle nevrosi familiari
alla discriminazione sociale, dalle persecuzioni razziali alla guerra
civile (e oltre) il meccanismo del “salto di qualità” ci conduce
esattamente al luogo in cui siamo: la soglia di una terza guerra
mondiale, sia pure combattuta "a pezzetti".
E su questi temi mi permetterei di segnalare l'intervento dell'ex
ministro degli esteri Emma Bonino (vai al video con Bonino su Radio
Radicale) al 3º Festival di Limes, nonché il dialogo-intervista con
Romano Prodi condotto dal direttore di Limes Lucio Caracciolo (vai al
video con Prodi e Carcciolo su Radio Radicale).
Tornando a noi, appare evidente che ogni livello d'ingiustizia, e cioè
di conflitto, può alimentare, quando non determinare, un “salto di
qualità” al rango superiore del conflitto e dell’ingiustizia.
Durante il Novecento quasi tutti i possibili “salti di qualità” sono
stati percorsi e consumati. Con esiti catastrofici, a dir poco.
L’unico salto di qualità non ancora esperito potrebbe essere solo una
guerra di sterminio mondiale suicida-omnicida.
Lasciateci, dunque, sperare (e contribuire a fare sì) che questo
terribile Bolero rimanga un’opera incompiuta.
Lettera da Milano
La mia intervista al “Fatto TV”
sull’Italicum al vaglio della Consulta
L’Italikum sarà cancellato perché la Corte non può smentire se stessa.
Cerco di illustrare questa tesi in una videointervista a Il Fatto
Quotidiano che inviterei i lettori dell’ADL a guardare.
Vai alla videointervista
6
Mi pare importante leggere gli 84 commenti riportati sotto l’intervista,
specialmente quelli tecnici, per capire quanta disinformazione circola.
Un cordiale saluto
Felice C. Besostri
Lettera da Roma
Il mio viaggio a Londra e a Bredford
A Londra incontro con i giovani “emigrati” e a Bedford con la
“vecchia emigrazione”.
Venerdì sera a Londra, all’assemblea organizzata dal Circolo del
Partito democratico, guidato dal Segretario Roberto Stasi, sabato a
Bedford per intervenire nel pomeriggio ad un incontro pubblico e in
serata alla grande festa degli amici dell’Associazione Molisana. La
missione ha assunto un particolare significato politico per il contesto
nella quale si è svolta.
Oltre agli argomenti di politica italiana e a quelli che riguardano in
particolare le misure per gli italiani all’estero, mi sono trovato
inevitabilmente di fronte al tema che ha acceso il dibattito politico nel
Paese: la decisione del governo conservatore di David Cameron di
indire il referendum che il 23 giugno 2016 porterà i cittadini del Regno
Unito a votare se restare o uscire dall’Unione europea. Un evento che i
nostri connazionali vivono con un certo timore per le conseguenze che
un’eventuale uscita potrà determinare.
Mi ha fatto molto piacere sapere che il Pd inglese è già impegnato
contro la Brexit, come ha sottolineato il Presidente del Circolo
londinese Massimo Ungaro. Il Pd all’estero è così: battersi per
l’Europa, per una nuova Europa!
Un cordiale saluto
On. Gianni Farina
SPIGOLATURE
7
L'IMPERO È FINITO,
STATE IN PACE
di Renzo Balmelli
SCIABOLE. Già erano scarse le speranze di normalizzare la
situazione in Libia, nazione devastata dal terrorismo, dalle bande
armate e da un groviglio di interessi inconfessabili. La tragica fine di
due ostaggi italiani e l'avventurosa quanto misteriosa liberazione di
altri due, le ha praticamente ridotte al lumicino. Il Paese, culla di una
millenaria civiltà, oggi è una mina vagante, priva di un governo
affidabile, in una regione tra le più pericolose dell'aerea mediterranea.
A mo' di rappresaglia qualche esaltato e belluino nostalgico dell'impero
sognava di rivivere i fasti della fascinosa Gea della Garisenda che
glorificava l'impresa coloniale italiana in Libia intonando "Tripoli, bel
suol d'amor", coperta solamente da una bandiera tricolore. Ma il tempo
di Lady Godiva e del tintinnar di sciabole a cavallo di un bianco
destriero è finito. Quindi state in pace: la guerra non è un videogioco.
DECLINO. Coniato dall'analista Jim O'Neill, l'acronimo BRICS
(Brasile, Russia, Cina, India e Sud Africa) divenne in breve sinonimo
di boom grazie in particolare all'effetto Lula, il Presidente brasiliano
figlio di analfabeti che dopo essere stato la stella di un'epoca felice è
passato dagli altari alla polvere. Da ruggente qual era, l'economia
emergente latino-americana – e non solo – si è trovata avvolta nelle
spire della crisi, mentre il tornitore sindacalista che aveva saputo
stregare il mondo al di sopra degli steccati ideologici è finito sotto
indagine per corruzione come un qualsiasi politicante. Colui che ha
fatto uscire dalla miseria milioni di diseredati, il Castro di Rio meglio
del Castro dell'Avana come è stato definito, ora si accinge ad affrontare
il giudizio della storia con la sola compagnia della "saudade", la
malinconia che sovente accompagna il declino del mito.
LIMITI. In attesa del "Brexit" di giugno che deciderà se l'UE così
come la conosciamo avrà ancora un futuro, oppure se inizierà la sua
lenta, inesorabile parcellizzazione, l'Europa, onde verificare la solidità
o meno della sua coesione, si misura con la Turchia, ancora lontana dai
parametri richiesti per essere accolta nella casa comune, ma non avara
di pretese. Ankara difatti alza la posta sui migranti, esige più aiuti dal
fondo di solidarietà, però nicchia sulla libertà di stampa, conditio sine
qua non posta sul tavolo dei negoziati dal governo di Roma. Qualsiasi
revisione del Trattato di Dublino non può esimersi dal rispetto dei
fondamentali diritti democratici dell'Unione, inclusa la libertà dei
media quale elemento non negoziabile e caposaldo etico prima ancora
che politico della sua ragion d'essere. Che Palazzo Charlemagne sia il
luogo dei compromessi è risaputo, ma non oltre certi limiti.
BRIVIDO. Piccoli Trump crescono. All'ombra del "frontrunner" che
l'America tremare fa e manda in tilt i repubblicani moderati (ma ci
8
sono ancora?), in Europa sta crescendo una corposa pattuglia di
"trumpisti" che fremono all'idea di vederlo alla Casa Bianca. Sperano
infatti di aggiungere le sue alle loro già poco gloriose gesta per formare
un asse transatlantico col "lepenismo" made in USA. Il loro sostegno è
netto, chiaro, senza giri di parole. "Gli Stati Uniti e il mondo – dicono
– hanno bisogno di Trump. Questo è il momento dei confini,
dell'esclusione, non dell'accoglienza". Da brivido! Quale sia la summa
del pensiero divulgato dal tycon delle primarie è documentato dal
video che lo ritrae mentre inveisce contro una donna di colore cacciata
dal suo comizio a Louisville, nel Kentucky, e che ha mandato in
visibilio i fan puri e duri dell'emarginazione. Quest'ultima cosa non è
solo un poco, ma molto preoccupante.
RIPOSTIGLI. Sull'onda dei corsi e ricorsi, già in altre circostanze il
mondo politico di Washington si è trovato a fare i conti con candidati
alla Trump. Ad esempio il repubblicano Barry Goldwater ben
sintonizzato, all'epoca, sulle onde di Joseph McCarthy, il fanatico
epuratore dei "comunisti" al quale bastava un tocco di rosa per vedere
trame rosse ovunque, nei gangli della cultura e dello spettacolo. Nel
1964 Goldwater, ex senatore dell'Arizona, riuscì a strappare
l'investitura per la Casa Bianca, ma sia lui sia il suo partito uscirono a
pezzi dal confronto con i democratici. Nonostante le sconfitte è curioso
notare come gli ultra-conservatori non demordano ed escano dai loro
ripostigli quando negli States soffia il vento del rinnovamento: quella
portato dai Kennedy e adesso da Obama, ieri come oggi invisi
all'America profonda e reazionaria che fa la spesa dall'armaiolo.
Coincidenza niente affatto casuale!
INGIUSTIZIA. A cavallo tra varie definizioni, tutte ispirate però a un
sentimento di disobbedienza e ribellione, l'anarchia fin dall'antichità
greca ha dato vita a una gamma di movimenti e linee di pensiero che
spaziano da Tolstoj a Bakunin, su, su, fino ai filosofi contemporanei.
Nel mondo moderno la figura di maggior spicco è l'americano Noam
Chomsky, teorico della comunicazione, sostenitore di Bernie Sanders e
noto esponente del pensiero socialista libertario, spesso citato per le
sue opinioni in contrasto alla destra demagogica del Tea Party. "Una
delle ragioni principali per cui sono anarchico – ha detto a un suo
discepolo – è che odio l'ingiustizia, la prepotenza e la falsità. Non
voglio comandare né essere comandato e mi schiero sempre dalla parte
dei più deboli". Ossia, per essere attuali, di coloro che oggi formano il
dolente corteo dei migranti.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori (ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
9
LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Mobilitazione in Francia
Giornata di mobilitazione nazionale, ieri (9 marzo), in Francia
contro il progetto di legge sul lavoro che ha acceso le proteste di
sinistra e sindacati. Per il presidente Francois Hollande e il premier
Manuel Valls si tratta di un test decisivo, a quattordici mesi dalla
corsa all'Eliseo del 2017.
Ostili alla riforma del lavoro, sindacati, lavoratori e studenti sono
scesi in strada in tutta il paese, sperando di piegare il governo
socialista. Secondo la stampa francese, già si contano 300 km di code
nell'Ile de France e numerosi licei fermi. Alla mobilitazione dei
giovani si aggiunge infatti anche lo sciopero dei dipendenti di treni
(Sncf) e metro (Ratp).
Si tratta della prima delle tre proteste previste nelle prossime
settimane contro il progetto di riforma del lavoro voluto dall'esecutivo
del premier, una riforma che i sindacati considerano un passo indietro
nei diritti dei lavoratori.
Le organizzazioni giovanili e i sindacati hanno quindi convocato
manifestazioni in tutto il paese. La marcia è il preludio della grande
manifestazione e dello sciopero generale organizzato per il 31 marzo e
della protesta del prossimo 12 aprile per mettere pressione al governo
durante gli appuntamenti di concertazione bilaterale che si terranno
questa settimana e la prossima.
Si allunga, quindi, l'ombra del 2006, quando la rivolta degli studenti
costrinse il governo, all'epoca guidato da Dominique de Villepin, a
ritirare il Cpe, il contratto di primo impiego che doveva consentire
licenziamenti più flessibili.
La pressione sull'esecutivo, in ferretti, aumenta di giorno in giorno.
Su internet, la petizione 'Loi travail: non merci' ('Legge lavoro: no
grazie') ha già superato un milione di firme. Otto sindacati (Cgt, Fo,
Fsu, Solidaires, insieme alle sigle sociali studentesche Unef, Sgl, Unl e
Fidl) chiedono il ritiro immediato del testo. Mentre martedì, da
Venezia, Hollande ha cercato di placare gli animi dicendo che si tratta
solo della bozza di un progetto di legge.
Anche se inizialmente il progetto doveva essere approvato oggi,
l'esecutivo, consapevole della mancanza di appoggio, ha rinviato di
due settimane l'adozione del testo per darsi il tempo di negoziare con i
sindacati e gli imprenditori.
ECONOMIA
Shanghai G20: allarme crisi sistemica
Il summit dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali del G20,
recentemente tenutosi a Shanghai, ha dato un messaggio
10
preoccupante sul futuro dell’economia e della finanza globale,
riconoscendo apertamente che le politiche adottate dopo la grande
crisi non stanno producendo i risultati desiderati.
di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista
“La politica monetaria da sola non riesce a promuovere una crescita
bilanciata”, è scritto nella dichiarazione finale del G20 recentemente
tenutosi a Shanghai: “Al fine di rafforzare la crescita, l’occupazione e
la fiducia” occorre un programma coordinato di stimoli attraverso
“l’uso flessibile della politica fiscale”.
Sono solo enunciazioni di buona volontà. Mancano azioni
concordate e progetti reali di rilancio dell’economia. Nel contempo vi è
una lunga lista di preoccupate dichiarazioni come “eccesso di
volatilità, movimenti disordinati sui mercati dei cambi, pesante caduta
nei prezzi delle commodity, accresciute tensioni geopolitiche, rischi di
revisione al ribasso delle aspettative economiche globali”.
Il dato è che l’altalena dei mercati, purtroppo, continua mentre i
governi e le economie procedono in ordine sparso, ognuno per proprio
conto e anche in aperta competizione sia sul fronte monetario che
finanziario.
Perciò è assai interessante il fatto che negli ultimi giorni alcuni dei
maggiori attori economici, attivi durante la crisi del 2007-8, abbiano
espresso pubblicamente i loro dubbi sulle attuali strategie economiche
e finanziarie.
Mervyn King, governatore della Bank of England nel periodo 2003-
2013, ha recentemente affermato che “le maggiori banche dei più
grandi centri finanziari del mondo avanzato hanno fallito, provocando
un crollo generalizzato della fiducia e la più grave recessione dopo
quella degli anni trenta. Come è successo? E’ stato il fallimento degli
uomini, delle istituzioni o delle idee? Se non si comprendono le cause
sottostanti alla crisi non capiremo mai quello che è successo e saremo
incapaci di prevenire una sua ripetizione e di sostenere una vera ripresa
delle nostre economie”.
Persino Alan Greenspan, che per vent’anni ha governato la Federal
Reserve fino alla vigilia della crisi, ha ammesso che la riforma
finanziaria americana, conosciuta come la legge Dodd-Frank, ha
fallito. “Avrebbe dovuto affrontare i problemi che avevano portato alla
crisi del 2008, ma non lo sta facendo. Le banche ‘too big to fail’ erano
la questione cruciale allora e lo sono anche adesso. Gli investimenti nei
settori reali sono molto al di sotto della media perché l’incertezza sul
futuro continua a dominare.” Purtroppo è così.
Infatti molti indicatori dimostrano che la finanza sta pericolosamente
operando con il vecchio schema del ‘business as usual’. Ad esempio,
un recente studio del Credit Suisse prova che il mercato globale del
‘leveraged finance’, dopo la contrazione registratasi a seguito della
crisi, è ritornato ai suoi massimi livelli. Il ‘leveraged finance’ comporta
l’accensione di prestiti sulla base di un capitale minimo dato in
garanzia (la famosa leva del debito) per acquistare titoli, soprattutto
prodotti finanziari ad alto rischio come i derivati. In pratica si
11
scommette prevedendo un guadagno superiore ai costi del capitale
preso a prestito. Sono tutte operazioni fatte dalle grandi banche!
Nel periodo 2011-14 questo mercato a livello mondiale è cresciuto
del 42%. L’esposizione delle banche europee è anch’essa aumentata,
anche se in dimensioni minori, del 16%. Nel 2014 le banche europee
hanno incassato ben 5 miliardi di dollari con tali operazioni
speculative.
E’ riconosciuto da tutti, a cominciare dalle banche centrali e dalle
altre agenzie di controllo, che, nonostante siano consapevoli
dell’enorme rischiosità dei citati giochi finanziari, continuano ad
astenersi dall’intervenire. Sono anche il frutto amaro della politica del
tasso di interesse zero che oggettivamente spinge sui facili sentieri
della speculazione.
Ancora una volta quindi il G20 ha concluso i propri lavori
predicando rigore ma con un negativo e clamoroso nulla di fatto che
consente il solito ‘laissez-faire’.
Da Avanti! online www.avantionline.it/
Zaatari e Idomeni,
l’inferno dei profughi siriani
L’Unicef ha provocatoriamente rivolto un invito ai governanti
europei: svolgere il prossimo vertice non in qualche grande e ben
riscaldata hall di una capitale del Vecchio Continente, ma lì, a
Idomeni che “sprofonda nel fango”
di Carlo Correr
La guerra civile in Siria, cui indirettamente hanno partecipato Francia,
Gran Bretagna e, in misura minore gli Stati Uniti, per deporre Bashir
Assad non solo non ha prodotto i risultati sperati, ma al contrario ha
finito per rafforzare il regime, far crescere l’influenza dell’Isis, della
Russia e alimentare un flusso ininterrotto di umanità in fuga dalla fame
e dalla violenza. Sono non meno di quattro milioni i profughi siriani in
fuga; di questi oggi ce ne sono circa due milioni scappati nella vicina
Turchia, oltre un milione nel piccolissimo Libano e oltre 600 mila in
Giordania. Il tragico fenomeno dei migranti che sta stressando
l’Unione Europea e la sta portando sull’orlo del collasso politico, sta
causando problemi ben più gravi nei Paesi immediatamente coinvolti
dalle ondate migratorie.
Giordania. Il campo di Zaatari - Chiunque voglia davvero
avvicinarsi alla comprensione del problema dovrebbe vedere anche le
immagini di questo documentario della Bbc, con riprese aeree del
campo profughi di Zaatari. Il campo, situato nel nord della Giordania e
inesistente prima della guerra civile in Siria, ‘ospita’ circa 83 mila
rifugiati. Guardando le immagini non ci vuole davvero molto per
capire cosa può voler dire vivere in questa baraccopoli in mezzo al
12
deserto e quale possa essere la forza terribile della disperazione che
spinge uomini, donne, vecchi e bambini a rischiare la vita per venire in
Europa.
Zaatari oggi è una piccola invivibile cittadina, la cui popolazione, si
stima è composta per la metà da bambini e non è neppure il più grande
dei campi profughi esistenti oggi; anzi, si è ridotto nelle sue terribili
dimensioni perché per un certo periodo, fino all’apertura di un altro
campo – quello di Azraq – è arrivato a ospitare 156 mila persone. La
Giordania, un Paese che ha una popolazione di appena 5, 9 milioni di
abitanti, da solo ha accolto 1 milione e mezzo di profughi dalla Siria,
praticamente 3 volte quelli accolti dall’intera Europa nel solo 2015.
Il campo profughi di Zaatari in Giordania
Grecia. Il campo di Idomeni - Altre immagini vengono dalla Grecia,
dal campo di Idomeni, dove ci sono circa 15 mila profughi in attesa di
passare la frontiera per imboccare la via balcanica, quella che può
portarli nel nord Europa. Freddo e pioggia hanno reso, se possibile,
ancora più invivibile drammatica la loro esistenza con il campo che si è
trasformato in una enorme pozza di fango.
Il campo profughi di Idomeni in Grecia
Non a caso l’Unicef ha provocatoriamente rivolto un invito ai
governanti europei, quello di far svolgere il prossimo vertice non in
qualche grande e ben riscaldata hall di una capitale del Vecchio
Continente, ma lì, a Idomeni che “sprofonda nel fango”.
“Lo stesso rischio – ricorda Andrea Iacomini, portavoce Unicef
Italia – che corre l’Europa. Migliaia di bambini e bambine, ci
raccontano le cronache, vivono da giorni a Idomeni tra fango, melma,
pioggia e freddo, in ripari di fortuna con altissimi rischi di malattie e
13
morte. Dobbiamo impedirlo. Non ci sono più parole per definire questa
situazione”.
Vai al sito dell’avantionline
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Sul ballatoio
"Non so perché l'ho fatto" – "Non so perché lo ha fatto"
di Blogghino
Lunedì sera, Bruno Vespa, con uno scatto da centometrista, ha ospitato
nello studio di Porta a Porta, Valter Foffo padre di Manuel, il
ventinovenne che insieme a un amico, con una crudeltà che ha pochi
precedenti, ha ammazzato il ventitreenne Luca Varani.
Scelta a dir poco discutibile. E anche un po' offensiva soprattutto nei
confronti di altri genitori, quelli della vittima.
Ma al di là dell'inopportunità della scelta, le dichiarazioni del signor
Foffo sollecitano qualche interrogativo sull'immagine che abbiamo dei
nostri figli e, soprattutto, sui modi in cui la costruiamo nella nostra
mente.
Immagine tratta dal film "Nodo alla
gola" di Alfred Hitchcock (1948)
Tanto per cominciare, a parere del padre, il ragazzo sarebbe
“intelligentissimo”, ben oltre la media. A parte i criteri utilizzati per
queste complesse misurazioni, risulta che a ventinove anni fosse uno
studente di giurisprudenza abbondantemente fuoricorso. E' probabile
che la sua intelligenza, Manuel la utilizzasse in altra (evidentemente
tragica) maniera ma forse bisognerebbe essere più prudenti a
distribuire patenti di genialità anche se il gratificato è un nostro
14
strettissimo parente. Anche perché, nel frattempo, da un altro studio
l'avvocato annunciava la richiesta di una perizia psichiatrica.
Per il signor Foffo, Manuel era un ragazzo modello, senza problemi.
Anche qui, una affermazione a dir poco temeraria visto che era in cura
da uno psicologo a causa di una certa frequentazione con l'alcol.
La droga, infine: il ragazzo ha confessato di fare uso di cocaina da
dieci anni; il padre è caduto dalle nuvole. Domanda: ma i due, negli
ultimi vent'anni di frequentazione familiare, si sono mai incrociati,
anche solo sul ballatoio?
Da CRITICA LIBERALE
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Tutti dicono:
“Ministro unico”
Per qualche giorno su alcuni giornali italiani è stato in vigore un
gioco tutto italiano del “tu sei d’accordo con il ministro del tesoro
unico europeo?”. E ovviamente la maggior parte delle persone che
hanno partecipato al gioco ha risposto: “siiiii”.
di Giovanni La Torre
Si è trattato di un tipico atteggiamento italiano di trasformare tutto in
sfoggio di dichiarazioni meramente verbali cui poi non segue nulla in
concreto, perché alle parole non corrispondono quasi mai intenzioni
reali, e meno ancora “fatti”.
Ricordo che nel periodo più nero della crisi del debito italiano, nel
2011 con l’allegra coppia Berlusconi – Tremonti al timone dell’Italia e
con quest’ultimo che invocava la ciambella degli eurobond per non
affogare, il ministro delle finanze tedesco Schauble rilasciò
un’intervista a un giornale italiano (mi pare fosse La Stampa) nella
quale disse, fra l’altro, che lui e la Merkel avevano più volte e in più
occasioni in riunioni ufficiali proposto una maggiore integrazione fra i
paesi dell’eurozona con una ulteriore cessione di sovranità, al fine di
pervenire a una gestione comune delle finanze pubbliche, ma che
avevano incontrato molta freddezza, per non dire netto rifiuto. E
allora? Di che cianciavano i ministri dell’epoca?
Ma di che cianciano anche i ministri di oggi, con Renzi e Padoan in
testa. Questi a parole ovviamente si sono detti d’accordo con l’idea del
ministro del tesoro unico, e lo hanno anche scritto nel position paper
inviato a Bruxelles nei giorni scorsi, ma sono certo che in cuor loro
tutto vogliono tranne che questo. Avere un ministro unico
dell’eurozona vuol dire cedere la maggior parte del portafoglio
nazionale, altrimenti è impossibile fare una politica comune. E cedere
il portafoglio vuol dire cedere la sovranità negli indirizzi da dare alla
spesa pubblica, nella gestione degli appalti pubblici, nella gestione
delle entrate tributarie. Una volta compiuto quel passo chi avrebbe poi
15
il coraggio di dire alle Coop, a Comunione e Liberazione, alle grandi
ditte che vivono sugli appalti pubblici, tutti soggetti prosperanti in un
sistema ad alta corruzione, e il cui maggiore know how è quello di
sapersi districare nei meandri e nei vicoli del traffico delle tangenti,
che le gare non verranno più gestite in modo compiacente dagli
italiani, come fatto finora, ma da soggetti europei? Chi avrebbe il
coraggio di dire a partitini come quello di Alfano e Lupi, che vivono
solo in quanto attaccati alla mammella della spesa pubblica, che quella
mammella non sarebbe più italiana? Chi andrebbe a dire agli evasori
incalliti, finora lusingati e lisciati da tutti i partiti, di destra, di sinistra e
di centro, che le tasse le devono pagare? Chi andrebbe a dire ai corrotti,
che fin qui hanno sorretto questa classe politica inetta e corrotta essa
stessa, che devono restituire i maltolto e scontare in galera il loro
ladrocinio? Chi andrebbe a dire ai vari sedicenti banchieri, che in
questi anni hanno truffato la fede pubblica e ancora lo fanno, che le
loro colpe vanno scontate anche in carcere e non solo
patrimonialmente (quando mai dovessero pagare, su cui pure ho seri
dubbi). Chi andrebbe a dire ai vari falsificatori di bilancio e truffatori
dei piccoli azionisti che le loro colpe vanno scontate in carcere, e non
assolte con le prescrizioni?
Perché avere un ministro delle finanze unico europeo vuol dire
proprio questo, fare una seria lotta alla corruzione, all’evasione fiscale,
al capitalismo truffaldino all’italiana, malattie endemiche della politica
e dell’economia italiana, contro le quali nessun partito, e meno che mai
quello odierno di Renzi, ha mai combattuto seriamente o abbia
intenzione di farlo. E io sono certo che la Germania sarebbe la prima a
dire di sì a un ministro delle finanze unico, ma solo se fatto seriamente
e non con la riserva mentale che tanto noi italiani siamo bravi a far
fessi il prossimo, e quindi faremmo fesso anche il futuro ministro
unico. Solo dopo aver messo insieme tutte le cose di cui si è detto si
potrà parlare di messa in comune dei rischi e dei debiti, ma prima
sarebbe la solita via di fuga che penalizzerebbe tutti, compresi i paesi
“salvati”. E sarebbe l’ennesima “furbata” italiana in cui però, è ora che
ce ne rendiamo conto, ormai non ci casca più nessuno.
Vai al sito di Critica liberale
Segnalazione
‘Ritorno al Socialismo’
Convegno di “Convergenza Socialista”
Sabato 19 Marzo 2016, dalle ore 10.30
Teatro Petrolini, Via Rubattino, 5, Roma
Relazione di Manuel Santoro, Segretario nazionale di Convergenza Socialista
Interverrà il Sen. Paolo Bagnoli, Presidente della Federazione per il Socialismo
16
Dibattito aperto!
Siete tutti invitati ad intervenire.
Convergenza Socialista
http://convergenzasocialista.com/
Forum
http://convergenzasocialista.forumfree.it/
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.