Ad Majora

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Il giornale del Liceo Scientifico Statale "Ettore Majorana" (Roma)

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sul nulla. La maggior parte di voi - senza offesa - ha la coscienza critica inibita, addormentata e non si accorge di ciò che accade intorno a loro. Il mondo sta cambiando, con delle leggi suicide vogliono compromettere la scuola pubblica, ma è come se a nessuno importasse nulla di tutto questo. Voglio che quest'anno "Ad Majora" parli di questo ma di molto altro: recensioni di libri, di film, di concerti, una critica su una partita di cal-cio...qualsiasi cosa riesca a "smuovere" le menti dei no-stri lettori. E' un dovere che abbiamo nei nostri confronti, nei confronti di chi ci leggerà e nei confronti di quelli che verranno dopo di noi, speran-do che riescano a continuare il cammino da noi tracciato. Ogni liceo che si rispetti de-ve avere un organo studente-sco - al di là dei rappresen-tanti in Consiglio di Istituto - dove poter esprimersi libera-mente, attraverso i propri pensieri e ciò che più appas-siona gli studenti che lo po-polano. Un giornale FATTO DAGLI STUDENTI PER GLI STUDENTI. Sento che insieme ce la pos-siamo fare...un'altra realtà è

il cammino da noi traccia-to. Ogni liceo che si rispetti deve avere un organo stu-dentesco - al di là dei rap-presentanti in Consiglio di Istituto - dove poter espri-mere liberamente i propri pensieri e le proprie pas-sioni. Un giornale FATTO DAGLI STUDENTI PER GLI STUDENTI. Sento che insieme ce la possiamo fare...un'altra realtà è possibile...basta solo volerlo... Vi sembrerò pazzo, lo so, ma io sono convinto che possiamo cambiare.... Allora - citando una frase "trita e ritrita" del mondo del cinema: chi è con me?

l’Editoriale

di MATTEO MARI�I

Un caloroso saluto a tutti i lettori di Ad Majora! E' vero, sarò un po' megalo-mane a scrivere queste due righe, ma è una cosa che intendevo fare, per spiegar-vi come mi è venuto in mente di propormi come nuovo Caporedattore del nostro giornale d’Istituto e soprattutto quale tipo di giornale ho intenzione di realizzare. Parto da una premessa, io svolgo questo "mestiere", poichè penso che - come scrisse Martin Luther King: «le nostre vite finiscono quando tacciamo di fronte

alle cose veramente impor-

tanti». Questa citazione torna utile al mio discorso, poichè credo che la nostra genera-zione - per buona parte - sia sostanzialmente una gene-razione malata....mi spiego meglio: la definisco malata, poichè tutti i giorni viene bombardata - dai mezzi di comunicazione - con reality show, talk show, etc. basati sul nulla. La maggior parte di voi - senza offesa - ha la coscien-za critica inibita, addormen-tata e non si accorge di ciò

ATTENZIONE!!

LA REDAZIONE DI AD MAJO-

RA, RENDE NOTO A TUTTI

GLI ALUNNI DELL'ISTITUTO

MAJORANA, CHE STA AT-

TUALMENTE CERCANDO

REDATTORI CHE ANDRANNO

A COMPORRE LA NUOVA

REDAZIONE DEL GIORNALE.

CHIUNQUE FOSSE INTERES-

SATO PUO' INVIARE UN ARTI-

COLO DI PROVA (A TEMA

LIBERO) A QUESTO INDIRIZ-

ZO: redazio-ne.admajora@gmail.com OPPURE POTETE CHIEDERE

INFORMAZIONI IN 4°F DA

MATTEO MARINI CHIEDERE

INFORMAZIONI IN 4°F DA

MATTEO MARINI.

Ad Majora

w w w . a d m a j o r a j o u r n a l . b l o g s p o t . c o m

Anno V Numero I

18 dicembre 2009

l’Editoriale

che accade intorno a loro. Il mondo sta cambiando, con delle leggi suicide vogliono compromettere la scuola pubblica, ma è come se a nessuno impor-

tasse. Voglio che quest'anno "Ad Majora" parli di que-sto ma di molto altro: recensioni di libri, di film, di concerti, una cri-tica su una partita di cal-cio...qualsiasi cosa riesca a "smuovere" le menti dei nostri lettori. E' un dovere che abbiamo nei nostri confronti, nei confronti di chi ci leggerà e nei con-fronti di quelli che ver-ranno dopo di noi,

sperando che riescano a continuare il cammino da noi tracciato. Ogni liceo che si rispetti deve avere un organo stu-dentesco - al di là dei rap-presentanti in Consiglio di Istituto - dove poter espri-mere liberamente i propri pensieri e le proprie pas-sioni. Un giornale FATTO DAGLI STUDENTI PER GLI STUDENTI. Sento che insieme ce la possiamo fare...un'altra realtà è possibile...basta solo volerlo… Vi sembrerò pazzo, lo so, ma io sono convinto che possiamo cambiare.... Allora - citando una frase "trita e ritrita" del mondo del cinema -: chi è con me?

di SARA D’A�DREA

Vi ricordate il vostro primo anno di scuola superiore? Probabilmente per gli alun-ni più grandi è un ricordo un po’ sbiadito; per quelli del biennio è invece un ricordo chiarissi-mo… Sì, l’ anno dell’ “iniziazione” al liceo, uno dei più belli della nostra vita. Conosciamo un mondo nuovo, completamente (o quasi) diverso da quello al quale eravamo abituati prima di essere qui. Per non par-lare del primo gior-no…quanti di voi sono riusciti dormire la notte antecedente a esso? Chissà perché eravamo così emozionati…in fondo è una fase che tutti devono passare, un momento obbli-gatorio della nostra vita, un giorno o un anno indimen-ticabile per chiunque. Le differenze con la scuola media sono tantissime: a partire dal fatto che qui siamo considerati veramen-te come degli adulti ma se ne possono trovare innu-merevoli. In fondo, è pro-prio in questa scuola che si diventa maggiorenni, già al primo anno si respira un’ aria diversa, un’ aria che ci sembra di libertà, di auto-nomia, di responsabilità. Anche solo il fatto di poter votare non soltanto per la propria classe, ma anche per chi rappresenterà l’ intero Istituto, è un atto che ci fa sentire grandi, impor-tanti. Le meravigliose iniziative proposte dalla scuola per

inserirci nell’ ambiente sono molte e sono tutte molto attraenti: far parte del coro della scuola, del gruppo di pallavolisti o della redazione del giornale scolastico è qualcosa che ci aiuta, oltre a socializzare

con altre persone, anche a crescere, a sentirci parte integrante di questa comu-nità. Crescere, certo, una parola difficile da capire, ma tanto facile da dire: in questi cinque anni in cui la nuova scuola sarà per noi come una seconda casa, si cam-bia sensibilmente, si inizia ad assumersi le proprie responsabilità, si hanno esperienze importanti, si fanno amicizie che dure-ranno tutta la vita. Chi me-glio del “compagno di ban-co” ti può aiutare nei tuoi sbagli, ti può offrire la spalla quando sei triste? Gli amici del liceo sono quelli da cui poi non sei costretto a separarti, contrariamente a quelli delle medie: può capitare che alcuni dei vec-chi compagni non li vedi più, invece quelli delle superiori potrai vederli sempre al termine dei cin-que anni. In questa scuola si instaura un rapporto diverso tra amici: si è più grandi e si guarda al concetto di ami-

cizia con un’ ottica più matura, l’ amico qui è pro-prio colui che rimane quan-do tutti se ne vanno, non quello che ti fa ridere spes-so. Questi cinque anni alla scuola superiore, oltre ad

essere una bellis-sima esperienza sociale, formano la nostra cultura, che ci tornerà utile ai fini degli studi seguenti o nel mondo del lavoro. Magari all’ inizio non ci rendiamo conto di quanto possano essere utili nel futuro i piccoli

sforzi compiuti fin'ora, eppure è proprio grazie a questi che un giorno po-tremmo diventare persone importanti nella società. È stata una nostra scelta quella di trovarci qui. Ab-biamo scelto noi di far par-te di questo mondo fanta-stico e allo stesso tempo complicato, abbiamo deci-so noi di avere questa splendida avventura. Noi - ve lo ricordo - siamo quello che scegliamo di essere.

La scuola superiore

“È stata una nostra scelta quella di

trovarci qui. Abbiamo scelto noi di far parte di questo mondo

fantastico. Noi siamo quello che scegliamo

di essere.”

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di CHIARA CO�SOLI

E' forse un po' tardi per farvi i miei auguri per un buon inizio di anno scola-stico (come mi posso be-nissimo rendere conto) ma pochi giorni fa ho letto un articolo di una ragazza di primo che mi ha portato a riflettere. Si parlava di quanto possa es-sere emozionante il primo anno di liceo con tutte le nuove situazioni e complicazioni che esso compor-ta. Io sicuramente non faccio più parte di quei ra-gazzi che si pre-occupano di come cambie-rà la propria vita scolastica, frequento il quinto anno e credo che - in questi anni passati - mi sia fatta un'idea abbastanza chiara su quello che comporta essere una studentessa di liceo scienti-fico. So benissimo - come molti di voi - cosa significhi al-zarsi presto la mattina (quest'anno in particolare ancora prima!) per non essere chiusi fuori, cosa vuol dire avere un compito in classe e/o interrogazione al giorno e sentire quel mal di stomaco dettato dal ner-vosismo, cosa voglia dire fare una fila chilometrica per ottenere la combattuta merenda, so quanto sembri breve la ricreazione e al contrario quanto le ore di lezione sembrano non fini-re mai. Ho imparato che è meglio porgere domande apparentemente stupide che non tenere qualsiasi dubbio dentro di sè, e ho riscontra-to di come se i professori estraggono un numero a

caso per stabilire gli inter-rogati, nel 50 per cento delle volte quel numero sia proprio io. So cosa voglia dire cercare di non rendere ogni collet-tivo un'ora buttata e quanta felicità si possa provare se l'assemblea viene a fissata proprio il giorno di un

compito in classe. Sono una studentessa "anziana", ho fatto le mie esperienze sia in quanto "parte" della scuola sia in quanto perso-na, ho incontrato delle per-sone fantastiche, che sono diventate indispensabili per rendere le mie giornate di scuola meno noiose, mi sono fatta valere in quanto studentessa quando i miei diritti sono stati violati e adesso, arrivata in quinto, non posso fare altro che guardarmi indietro e ren-dermi conto di quanto sia passato veloce il tempo. Proprio grazie a quell'arti-colo - di cui vi parlavo prima - ho riflettuto su quanto questo mondo, che ho tanto amato e odiato allo stesso tempo, mi man-cherà una volta che non farà parte della mia quoti-dianità. Mi mancheranno quelle piccole cose di cui mi sono sempre lamentata in quanto alunna, tutte quelle persone che non avrò più la fortuna di vede-re ogni giorno....strano ma

vero mi mancheranno an-che quei professori che, in un certo modo, mi hanno aiutato ad essere la persona che sono. Guardandomi indietro vedo quattro bellissimi anni pas-sati dentro il nostro majora-na, davanti a me un cammi-no di pochi mesi (troppo

pochi!) che mi separa-no dal tanto temuto esame di maturità. Questo vuole essere non solo un in bocca al lupo per tutti quelli che quest'anno affron-teranno come me la maturità, ma soprat-tutto un avviso a tutti quelli che hanno ap-pena iniziato il cam-mino da liceale. La

verità è che, quando si è dentro a questa vita scola-stica, non si fa altro che lamentarsi, e solo una volta "liberi" dalla suddetta vita, ci si renda conto di come questi saranno gli anni che rimpiangeremo con più nostalgia. Ragazzi e ragazze appena entrati in questo nuovo "mondo" o che sono ancora a metà strada, godetevi questi anni, passeranno in fretta, tanto da non lasciar-vi neanche il tempo di comprendere quanto ormai siate diventati adulti.

Anno nuovo, emozioni di sempre

“Godetevi questi anni, passeranno in fretta, tanto da non lasciarvi neanche il tempo di comprendere quanto ormai siate diventati

adulti.”

Fuori dal centro del mondo

scoprirsi. I ragazzi dello slum erano costantemente in disequilibrio tra insiemi di opposti, parole di denun-cia contro l’ignoranza dei propri familiari, parole d’affetto nei nostri riguardi, parole senza parole, parole ricche di risate, tanto da metterci a disagio. L’esperienza che ci ha par-ticolarmente toccato, tenen-do conto del confronto con

gli studenti romani, è stato l’incontro con i ragazzi di strada, ragazzi che già dall’età di otto anni, ritenuti già maturi, sono costretti a subire la fame, il freddo, le violenze di chiunque si vo-glia approfittare. All’incontro erano circa ottanta, solo uno di loro era preso da disperazione, solo un ragazzo di diciassette anni è scoppiato a piangere e a dichiarare la propria disperazione. Ci hanno mo-strato parte del loro mondo, della loro realtà fatta princi-palmente di droghe come Mirra e colla, che rendono il dolore fisico e mentale un po’ più accettabile. Fin da piccoli sono abituati a trat-tenere le lacrime, sanno che non porterà a niente, sanno che saranno ignorati. Nel mio cuore rimarranno per sempre i bambini, con cui

ho condiviso momenti indi-menticabili, momenti che mi hanno riempito di vita. Freddy, che - nonostante sia sordomuto - cercasse in mille modi di stabilire un contatto con me mentre giocavamo, i suoi salti e sorrisi che sembravano su-perare ogni limite, una bel-lezza sconcertante. Loro sono diversi, loro vogliono cambiare le cose, noi

l’abbiamo visto. C’è chi sarà avvocato, chi il medico, ma c’è anche chi si pro-stituirà, chi ri-marrà gravida dopo un abuso sessuale. Loro vogliono molto ma gli sono stati tolti degli stru-menti che tutti dovrebbero pos-sedere, strumen-ti che molti di

noi disprezzano o danno per scontato. L’istruzione è un diritto , ci dicono, ma dopo questa esperienza posso dire che l’istruzione è scelta, la scel-ta di decidere sulla tua vita, di poterti prendere delle responsabilità. Niente è ambiguo, tutto è vero e cri-stallino, di una lucentezza che può toglierti la vita se non prendi cura dei tuoi occhi. Abbiamo pianto, cantato, sorriso e condiviso il cibo, cibo che hanno mangiato con parsimonia e dignità, quella dignità che a molti di noi manca e credo mancherà. Sono al centro del mondo e mi sento total-mente fuori. Roma 4 settembre 2009

di MATTEO RAMU�DO

Solo oggi, dopo qualche giorno dal rientro a Roma, mi sento pronto per poter dire ciò che sento e che ho senti-to. Quel territorio rosso ha la capacità di stordirti fin da subito con gli odori, i sapori, i rumori. E’ una terra ricca che pretende esattamente quanto ti da, altrimenti rima-ni schiacciato. Sono stati nove giorni intensi, nove giorni nei quali ho visto la natura u-mana nella sua più completa incoeren-za, e non bisogna attribuire valore negativo a ciò che esprimo. Sempre in questi nove giorni ho avuto l’opportunità di conoscere sia quin-dici ragazzi di Ro-ma, che condivide-vano con me lo scambio cul-turale, sia un centinaio di bambini, ragazzi, uomini e donne keniote. Come puoi uscirne da un’esperienza simile? Se apri la tua mente e cuore ne esci diverso, instabile nel primo periodo, ma sicuramente anche pieno di una ricchezza che alcuni odieranno, altri invidieranno, altri non capi-ranno, altri apprezzeranno. I ragazzi di Roma si sono as-sunti una responsabilità, pro-prio come me. Le parole che ricorrevano spesso dai ragaz-zi di Nairobi, ma che solo la dolce Miriam ripeteva assi-duamente, ci dicevano che non avevamo più scuse, che, ora che li conoscevamo, non avremmo potuto dimenticare. Io non riesco a dimenticarli, a dimenticare l’affetto e la rabbia, tutte le emozioni che manifestavano senza paura di

“I ragazzi di Nairobi,

ci dicevano che non

avevamo più scuse,

che, ora che li

conoscevamo, non

avremmo potuto

dimenticare.”

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di MATTEO MARI�I

Come penso saprete tutti, il 17 settembre – dopo la pausa estiva – è ripreso il processo d’appello a Marcello Dell’Utri (ex segretario di Berlusconi e artefice di Forza Italia) con-dannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Fra le altre condanne, l’attuale senatore del Pdl, ne annovera anche una per false fatture e frode fiscale (2 anni e 3 mesi. Le circostanze ve le chiarirò dopo) e un’altra di 2 anni per tentata estorsione (derubricata, in seguito a “minaccia aggravata” e quindi caduta in prescri-zione). Ma chi è veramente quest’uomo? Per rispondere a questo interrogativo, non posso non rac-contarvi la sua storia, che – come capirete successivamente – si intreccia con il nostro Premier. Nato a Palermo l’11 settembre 1941, si trasferisce – poco più che ventenne – a Milano per studiare Legge presso l’Università Statale. Lì succede il miracolo: incontra Silvio Berlusco-ni (il quale stranamente studiava anche lui Legge) ed è subito colpo di fulmine. Marcello diventa il segretario di Berlusconi Nel 1965 lascia il capoluogo lombardo per andare a Roma a dirigere il centro sportivo Elis (di proprietà dell’Opus Dei). Due anni dopo si trasferisce a Palermo per svolgere la stessa mansione, stavolta collegata all’Athletic Club Bacigalupo. Ed è proprio lì, che Dell’Utri afferma di aver incontrato Vittorio Mangano (giovane mafioso in erba) e Gaetano Cinà (un’altro della stessa risma che – come copertura – gestiva una lavanderia nel cenro di Pa-lermo ed era imparentato con i maggiori capi mafiosi di quegli anni). Dell’Utri dice di aver notato Mangano “perchè tirava le righe del campo con il gesso” (e vi ho detto tutto!) Nel 1970 cambia due o tre volte lavoro (nel settore bancario), da semplice impiegato alla Cassa di Risparmio delle Province Siciliane, alla direzione generale della Sicilcassa. Quattro anni dopo, Berlusconi – che aveva appena acquistato Villa Casati Stampa (Villa di Arcore) ad un prezzo irrisorio (500 milioni considerando tutti i quadri di valore e i terreni immensi che la circondano) da un’orfana minorenne, Annamaria Casati Stampa i cui geni-tori erano morti in un incidente stradale e a cui gli avevano affidato un tutore (Cesare Previ-ti) chiede a Dell’Utri di licenziarsi dal suo impiego e di ritornare ad essere il suo segretario. Marcello lascia tutto e segue Silvio, in questa nuova avventura. Prima di tutto, quando comprate una casa nuova, chi ingaggiate? La risposta lapalissiana, sarebbe: elettricisti, muratori, tappezzieri; no? Invece il braccio destro di Berlusconi, si mette in testa di voler assumere subito un fattore, per tenere a bada i cavalli imbizzarriti. Partono dunque le selezioni. In tutta la Brianza (zona prettamente agricola) non c’è una sola persona che voglia lavorare per Berlusconi. Il buon Marcello quindi vaga disperatamente da una regione all’altra della Penisola, fino a quando approda nella sua natia Sicilia e a Paler-mo trova finalmente qualcuno che si vuole assumere questo incarico: è Vittorio Mangano, già arrestato svariate volte e che in quegli anni (secondo quanto detto da Paolo Borsellino in una delle sue ultime interviste) era solito inviare teste di cane o cavallo mozzate (stile “Il Padrino”) ai primari delle cliniche che non gli pagavano il pizzo. Dell’Utri affermò in se-guito, di non essere a conoscenza di ciò che vi ho appena detto. Berlusconi dirà di averlo scelto dopo aver visionato una schiera di candidati (mi immagino gli altri, come potevano essere…). L’assunzione comunque – secondo il Tribunale di Paler-mo che ha condannato Dell’Utri per mafia (la condanna di cui vi parlavo all’inizio) – fu resa operativa dopo un vertice, al quale, insieme a “Gianni e Pinotto”, erano presenti anche i boss Bontate e Teresi. Mangano però, non si può dire che sia proprio un fattore: porta Berlusconi al lavoro, ac-compagna i suoi figli a scuola, cena con lui insieme alla sua famiglia – che ha provveduto a portarsi dalla Sicilia. Insomma è una sorta di guardia del corpo, mandata da Cosa Nostra per tenerlo d’occhio. Con il passare del tempo, spariscono degli oggetti di valore dalla villa, ma il Cavaliere e Dell’Utri non sospettano nulla, arrivano degli strani figuri che, secondo le deposizioni dei pentiti di mafia, sono latitanti ospitati da Mangano alla Villa di Arcore. Interrogato dai giu-dici, Dell’Utri raccontò che erano “persone a cui era meglio non fare doman-

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Attualità e Politica

Marcello Dell’Utri. Mafioso o semplicemente innocente?

di MATTEO MARI�I

Come penso saprete tutti, il 17 settembre – dopo la pausa estiva – è ripreso il processo d’appello a Marcello Dell’Utri (ex segretario di Berlusconi e artefice di Forza Italia) con-dannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Fra le altre condanne, l’attuale senatore del Pdl, ne annovera anche una per false fatture e frode fiscale (2 anni e 3 mesi. Le circostanze ve le chiarirò dopo) e un’altra di 2 anni per tentata estorsione (derubricata, in seguito a “minaccia aggravata” e quindi caduta in prescri-zione). Ma chi è veramente quest’uomo? Per rispondere a questo interrogativo, non posso non rac-contarvi la sua storia, che – come capirete successivamente – si intreccia con il nostro Premier. Nato a Palermo l’11 settembre 1941, si trasferisce – poco più che ventenne – a Milano per studiare Legge presso l’Università Statale. Lì succede il miracolo: incontra Silvio Berlusco-ni (il quale stranamente studiava anche lui Legge) ed è subito colpo di fulmine. Marcello diventa il segretario di Berlusconi Nel 1965 lascia il capoluogo lombardo per andare a Roma a dirigere il centro sportivo Elis

(di proprietà dell’Opus Dei). Due anni dopo si trasferisce a Palermo per svolgere la stessa mansione, stavolta collegata all’Athletic Club Bacigalupo. Ed è proprio lì, che Dell’Utri af-ferma di aver incontrato Vittorio Mangano (giovane mafioso in erba) e Gaetano Cinà (un’altro della stessa risma che – come coper-tura – gestiva una lavanderia nel centro di Pa-lermo ed era imparentato con i maggiori capi mafiosi di quegli anni). Dell’Utri dice di aver notato Mangano “perchè tirava le righe del campo con il gesso” (e vi ho detto tutto!) Nel 1970 cambia due o tre volte lavoro (nel settore bancario), da semplice impiegato alla

Cassa di Risparmio delle Province Siciliane, alla direzione generale della Sicilcassa. Quattro anni dopo, Berlusconi – che aveva appena acquistato Villa Casati Stampa (Villa di Arcore) ad un prezzo irrisorio (500 milioni considerando tutti i quadri di valore e i terreni immensi che la circondano) da un’orfana minorenne, Annamaria Casati Stampa i cui geni-tori erano morti in un incidente stradale e a cui gli avevano affidato un tutore (Cesare Previ-ti) - chiede a Dell’Utri di licenziarsi dal suo impiego e di ritornare ad essere il suo segreta-rio. Marcello lascia tutto e segue Silvio, in questa nuova avventura. Prima di tutto, quando comprate una casa nuova, chi ingaggiate? La risposta lapalissiana, sarebbe: elettricisti, muratori, tappezzieri; no? Invece il braccio destro di Berlusconi, si mette in testa di voler assumere subito un fattore, per tenere a bada i cavalli imbizzarriti. Partono dunque le selezioni. In tutta la Brianza (zona prettamente agricola) non c’è una sola persona che voglia lavorare per Berlusconi. Il buon Marcello quindi vaga disperatamente da una regione all’altra della Penisola, fino a quando approda nella sua natia Sicilia e a Paler-mo trova finalmente qualcuno che si vuole assumere questo incarico: è Vittorio Mangano, già arrestato svariate volte e che in quegli anni (secondo quanto detto da Paolo Borsellino in una delle sue ultime interviste) era solito inviare teste di cane o cavallo mozzate (stile “Il Padrino”) ai primari delle cliniche che non gli pagavano il pizzo. Dell’Utri affermò in se-guito, di non essere a conoscenza di ciò che vi ho appena detto. Berlusconi dirà di averlo scelto dopo aver visionato una schiera di candidati (mi immagino gli altri, come potevano essere…). L’assunzione comunque – secondo il Tribunale di Paler-mo che ha condannato Dell’Utri per mafia (la condanna di cui vi parlavo all’inizio) – fu resa operativa dopo un vertice, al quale, insieme a “Gianni e Pinotto”, erano presenti anche i boss Bontate e Teresi. Mangano però, non si può dire che sia proprio un fattore: porta Berlusconi al lavoro, ac-compagna i suoi figli a scuola, cena con lui insieme alla sua famiglia – che ha provveduto a

giudici, Dell’Utri raccontò che erano “persone a cui era meglio non fare doman-de” (immaginatevi le facce…) Una sera, sparisce anche il miglior amico di Berlusconi – il Principe D’Angerio, che non è per niente nobile, è un pallonaro come tanti altri – il quale viene rapito appena fuori dalla villa. I sequestratori però – causa nebbia – vanno a sbattere contro un albero. D’Angerio riesce a liberarsi e corre a denunciare il fatto. Le indagini condotte dai carabinieri, fanno emergere un particolare piuttosto inquietante: l’ideatore del sequestro è proprio Mangano! Ma come al solito il Premier e Marcello non si scompongono e si terranno il loro “stalliere” per altri due anni. Se lo terranno anche se ha un piccolo vizietto: ogni tanto andava nelle altre case di Berlu-sconi e piazzava una bomba…così…per diletto… Infatti è il 1975 quando esplode un ordi-gno contro la sua abitazione in Via Rovani a Milano di cui Silvio non fa cenno alle autorità giudiziarie. Un anno dopo Mangano se ne va e un giornale locale scrive che il Premier ospita un mafio-so in casa sua. Leggendolo, Vittorio va da Dell’Utri e rassegnarli le sue dimissioni per sal-vaguardare il Cavaliere. Marcello però tenta di trattenerlo, non vuole che se ne vada…affermerà il contrario sotto processo dicendo che lui e Berlusconi l’avevano cacciato. Mangano si stabilisce in un hotel di New York dal quale gestirà traffici di droga e di rici-claggio per i quali verrà condannato - in seguito - al processo Spatola e al maxiprocesso portato avanti da Falcone e Borsellino. Lo stesso anno, Antonino Calderone – boss catanese di Cosa Nostra – festeggia il suo com-pleanno in un ristorante milanese “Le Colline Pistoiesi”, con vari mafiosi più o meno famo-si. All’allegra festicciola naturalmente non può mancare il buon Marcello accompagnato da Vittorio. Dell’Utri affermò che aveva partecipato “per il timore che nutrivo verso Manga-no” e disse senza ombra di dubbio che non gli erano stati presentati i commensali. Si era infiltrato solo per scroccare un pezzo di torta e se la stava mangiando in disparte…poverino…ve lo immaginate? E’ il 1977, quando Dell’Utri lascia Berlusconi ed Arcore: vuole fare il dirigente Fininvest ma Silvio non vuole. Se ne va quindi sbattendo la porta per approfondire i suoi studi di Teologia (è un bibliofilo talmente esperto che nel 2007 compra i diari di Mussolini, che verranno giudicati dal Times completamente falsi). Successivamente opterà per un impiego offertogli da un amico di Cinà, Filippo Rapisarda legato anche lui con mafiosi di grosso calibro. Diventa amministratore delegato della Bresciano Costruzioni, il fratello (Alberto Dell’Utri) invece della Venchi Unica (facente capo sempre a Rapisarda). Naturalmente falliranno tutti e due in poco tempo. Alberto finisce in galera, mentre Marcello rimane a piede libero. Nel febbraio del 1980 la Criminalpol milanese intercetta – nell’ambito di una indagine di droga – una telefonata fra Dell’Utri e Mangano, il quale gli dice che ha “un affare” da pro-porgli “per il suo cavallo”. Marcello gli risponde che, per il cavallo in questione, servono i “piccioli” (soldi). Vittorio allora replica dicendogli di chiederli “al suo principale” ma il senatore gli dice che “quello non sura”(non sgancia). Paolo Borsellino – racconterà nella sua ultima intervista ad alcuni giornalisti francesi – che Mangano parlava di “cavalli” anche con altri mafiosi e che era stato appurato che si riferisse a partite di eroina. E quando i giu-dici chiedono a Marcello cosa ci facesse a colloquio con quel mafioso, Marcello gli rispon-de che “mi faceva paura la sua personalità criminale”. In aprile si sposa a Londra Jimmy Fauci, pregiudicato siciliano amico dei boss, che gestisce il traffico di droga tra Gran Bretagna, Canada e Italia. Fra gli invitati alle nozze, figurano boss mafiosi come Teresi oltre a Gaetano Cinà. A un tale evento mondano, chi è che non poteva mancare? Avete indovinato, era presente anche Dell’Utri. A questo punto i giudici gli chiedono che cosa ci facesse alle nozze di un mafioso a Londra, (visto che non è che ci si capita per caso) e lui – candido come un angelo – risponde che si trovava in città per una mostra dei Vichinghi. E chi incontra in quella mostra? Proprio Cinà, che lo costringe ad andare al matrimonio. Inoltre ci tiene a precisare che “lo sposo non mi fu presentato, non lo conoscevo”. Un mese dopo, Mangano viene arrestato su ordine preciso di Giovanni Falcone per droga e mafia. Viene condannato a 11 anni di reclusione. Tra il ‘75 e l’83 affluiranno nelle casse della Finivest ben 113 miliardi di lire (di provenien-

Attualità e Politica

Marcello Dell’Utri. Mafioso o semplicemente innocente?

“Mangano (dopo essere stato stalliere di Berlusconi) si

stabilisce in un hotel di New York dal

quale gestirà traffici di droga e di

riciclaggio per i quali verrà condannato - in seguito - al processo

Spatola e al maxiprocesso portato avanti da Falcone e

Borsellino.”

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portarsi dalla Sicilia. Insomma è una sorta di guardia del corpo, mandata da Cosa Nostra per tenerlo d’occhio. Con il passare del tempo, spariscono degli oggetti di valore dalla villa, ma il Cavaliere e Dell’Utri non sospettano nulla, arrivano degli strani figuri che, secondo le deposizioni dei pentiti di mafia, sono latitanti ospitati da Mangano alla Villa di Arcore. Interrogato dai giu-dici, Dell’Utri raccontò che erano “persone a cui era meglio non fare doman-de” (immaginatevi le facce…) Una sera, sparisce anche il miglior amico di Berlusconi – Principe D’Angerio , che non è per niente nobile, è un pallonaro come tanti altri – il quale viene rapito appena fuori dalla villa. I sequestratori però – causa nebbia – vanno a sbattere contro un albero. D’Angerio riesce a liberarsi e corre a denunciare il fatto. Le indagini condotte dai carabinieri, fanno emergere un particolare piuttosto inquietante: l’ideatore del sequestro è proprio Mangano! Ma come al solito il Premier e Marcello non si scompongono e si terranno il loro “stalliere” per altri due anni. Se lo terranno anche se ha un piccolo vizietto: ogni tanto andava nelle altre case di Berlu-sconi e piazzava una bomba…così…per diletto… Infatti è il 1975 quando esplode un ordi-gno contro la sua abitazione in Via Rovani a Milano di cui Silvio non fa cenno alle autorità giudiziarie. Un anno dopo Mangano se ne va e un giornale locale scri-ve che il Premier ospita un mafioso in casa sua. Leggendo-lo, Vittorio va da Dell’Utri e rassegnarli le sue dimissioni per salvaguardare il Cavaliere. Marcello però tenta di trat-tenerlo, non vuole che se ne vada…affermerà il contrario sotto processo dicendo che lui e Berlusconi l’avevano cac-ciato. Mangano si stabilisce in un hotel di New York dal quale gestirà traffici di droga e di riciclaggio per i quali è stato condannato al processo Spatola e al maxiprocesso portato avanti da Falcone e Borsellino. Lo stesso anno, Antonino Calderone – boss catanese di Cosa Nostra – festeggia il suo compleanno in un ristorante milanese “Le Colline Pistoiesi”, con vari mafiosi più o meno famosi. All’allegra festicciola naturalmente non può mancare il buon Marcello accompagnato da Vittorio. Dell’Utri affermò che aveva partecipato “per il timore che nutrivo verso Mangano” e disse senza ombra di dubbio che non gli erano stati presentati i commensali. Si era infiltrato solo per scroccare un pezzo di torta e se la stava mangiando in disparte…poverino…ve lo imma-ginate? E’ il 1977, quando Dell’Utri lascia Berlusconi ed Arcore: vuole fare il dirigente Fininvest ma Silvio non vuole. Se ne va quindi sbattendo la porta per approfondire i suoi studi di Teo-logia (è un bibliofilo talmente esperto che nel 2007 compra i diari di Mussolini, che verran-no giudicati dal Times completamente falsi). Successivamente opterà per un impiego offer-togli da un amico di Cinà, Filippo Rapisarda legato anche lui con mafiosi di grosso calibro. Diventa amministratore delegato della Bresciano Costruzioni, il fratello (Alberto Dell’Utri) invece della Venchi Unica (facente capo sempre a Rapisarda). Naturalmente falliranno tutti e due in poco tempo. Alberto finisce in galera, mentre Marcello rimane a piede libero. Nel febbraio del 1980 la Criminalpol milanese intercetta – nell’ambito di una indagine di droga – una telefonata fra Dell’Utri e Mangano, il quale gli dice che ha “un affare” da pro-porgli “per il suo cavallo”. Marcello gli risponde che, per il cavallo in questione, servono i “piccioli” (soldi). Vittorio allora replica dicendogli di chiederli “al suo principale” ma il senatore gli dice che “quello non sura”(non sgancia). Paolo Borsellino – racconterà nella sua ultima intervista ad alcuni giornalisti francesi – che Mangano parlava di “cavalli” anche con altri mafiosi e che era stato appurato che si riferisse a partite di eroina. E quando i giudici chiedono a Marcello cosa ci facesse a colloquio con quel mafioso, Marcello gli risponde che “mi faceva paura la sua personalità criminale”. In aprile si sposa a Londra Jimmy Fauci, pregiudicato siciliano amico dei boss, che gestisce

L’angolo del cinema

UP

L'ultimo capolavoro firmato Disney Pixar, "UP", solo nei primi quattro giorni dall'usci-ta nei cinema, ha rag-giunto un incasso di quasi 5 milioni di euro. Staccandosi dalle solite love story disneyane, la trama, narra di uno scorbutico anziano, Carl Fredricksen, ap-passionato di esplora-zioni. Alla morte della mo-glie, mantenendo la promessa fattale, deci-de di trasferirsi presso

Come attuare questo piano? Riempiendo la casa di palloncini, fa-cendola sollevare da terra come fosse un'e-norme mongolfiera! A sorprenderlo - non in maniera positiva - è la presenza di un "passeggero": il piccolo boy scout Russel, un paffuto bambino di 8 anni, "amante della Natura". Durante il viaggio, in-contreranno di tutto: dallo "struzzo technicolor" (l'amato

parlanti. Ad attenderli però, ci saranno insoliti nemici e immancabili incovenienti. Il rapporto di amicizia tra un anziano ed un bambino è il fulcro di questa narrazione che si sviluppa in maniera originale, sebbene non del tutto nuova nei pa-rametri Disney. E' già infatti riscontrabile in maniera evidente anche ne "Il Pianeta del Teso-ro" (trasposizione am-bientata nello spazio del racconto di R.L.

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il traffico di droga tra Gran Bretagna, Canada e Italia. Fra gli invitati alle nozze, figurano boss mafiosi come Teresi oltre a Gaetano Cinà. A un tale evento mondano, chi è che non poteva mancare? Avete indovinato, era presente anche Dell’Utri. A questo punto i giudici gli chiedono che cosa ci facesse alle nozze di un mafioso a Londra, (visto che non è che ci si capita per caso) e lui – candido come un angelo – risponde che si trovava in città per una mostra dei Vichinghi. E chi incontra in quella mostra? Proprio Cinà, che lo costringe ad andare al matrimonio. Inoltre ci tiene a precisare che “lo sposo non mi fu presentato, non lo conoscevo”. Un mese dopo, Mangano viene arrestato su ordine preciso di Giovanni Falcone per droga e mafia. Viene condannato a 11 anni di reclusione. Tra il ‘75 e l’83 affluiranno nelle casse della Finivest ben 113 miliardi di lire (di provenien-za ignota) che Berlusconi si guarderà bene di spiegare agli inquirenti. Proprio nel 1983 Ber-lusconi promuove Marcello a Presidente di Publitalia (grazie alla sua bancarotta fraudolenta. Questa sì che è meritocrazia). Nel 1986, scoppia un’altra bomba, sempre contro il palazzo di Via Rovani. Berlusconi, con-fesserà ai carabinieri di sospettare Mangano (che in realtà era ancora in prigione). Ne parla anche con Marcello, il quale chiama subito Cinà per saperne di più. Convocato a Milano, riesce a sapere che Vittorio sta ancora scontando i suoi anni di reclusione. Tranquillizza dunque Silvio: “Tanino (Cinà) mi ha detto che è assolutamente (Mangano) da escludere. C’è da stare tranquillissimi”. Il pentito Antonino Galliano – vicino a Cinà – affermerà che l’attentato fu opera degli uomi-ni catanesi di comune accordo con Riina, per poter agganciare Craxi tramite Silvio,prima delle elezioni dell’ 87, quando la mafia passerà a votare il Psi, tradendo la Dc che non aveva bloccato il maxi processo di Falcone e Borsellino. Nel 1992 – l’ex senatore del Pri e Presidente della Pallacanestro Trapani – Vincenzo Garaf-fa, riceve la visita del boss Virga, il quale gli dice “mi manda Dell’Utri” (per riscuotere un credito in nero preteso da Marcello per una sponsorizzazione di Publitalia). Nel 1993, dopo l’assassinio di Falcone e diversi attentati in giro per l’Italia, Provenzano stringe un patto con Dell’Utri: fine degli attentati e delle stragi, in cambio dell’alleggerimento della pressione giudiziaria, dei sequestri dei beni e della legge sui penti-ti. Nel novembre dello stesso anno, Dell’Utri incontra altre due volte Mangano. Quando i giu-dici gli chiedono come mai avesse incontrato un mafioso pluricondannato che ha partecipato alle decisione delle stragi, in qualità di “reggente” della famiglia di Porta Nuova. Marcello risponde che Mangano gli aveva parlato “dei suoi problemi di salute”. Domanda: ma Dell’Utri non era laureato in Legge? Mistero…. Vi pubblico, il link - per chi fosse interessato - alla sentenza di primo grado del Tribunale, che ha condannato Dell’Utri, evidenziando anche rapporti fra il senatore azzurro e i fratelli Graviano (ex boss mafiosi), definendoli: <<accertati>>, come anche il rapporto fra la Mafia e lo Stato:

http://www.narcomafie.it/sentenza_dellutri.pdfhttp://www.narcomafie.it/sentenza_dellutri.pdfhttp://www.narcomafie.it/sentenza_dellutri.pdfhttp://www.narcomafie.it/sentenza_dellutri.pdf

Attualità e Politica

Marcello Dell’Utri. Mafioso o semplicemente innocente?

Tra il ‘75 e l’83 affluiranno nelle casse della Finivest ben 113 miliardi di lire (di

provenienza ignota) che Berlusconi si guarderà bene di spiegare agli

inquirenti.

L’angolo del cinema

UP

di VERO�ICA TESEI L'ultimo capolavoro firmato Disney Pixar, "UP", solo nei primi quattro giorni dall'uscita nei cinema, ha raggiunto un incasso di quasi 5 milioni di euro. Staccandosi dalle solite love story disneyane, la trama, narra di uno scorbutico anziano, Carl Fredricksen, appassionato di esplorazioni. Alla morte della moglie, mantenendo la promessa fattale, decide di trasferirsi presso le Ca-scate Paradiso. Come attuare questo piano? Riempiendo la casa di palloncini, facendola sollevare da terra come fosse un'enorme mongolfiera! A sorprenderlo - non in maniera positiva - è la presenza di un "passeggero": il piccolo boy

scout Russel, un paffuto bambino di 8 anni, "amante della Natura". Durante il viaggio, incon-treranno di tutto: dallo "struzzo technicolor" (l'amato Beccaccino), ai cani parlanti. Ad attenderli però, ci saranno insoliti nemici e immancabili inco-venienti. Il rapporto di amicizia tra un anziano ed un bambino è il fulcro di questa narra-zione che si sviluppa in

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“Il rapporto di amicizia tra un anziano ed un bambino è il fulcro di questa narrazione che si sviluppa in maniera originale, sebbene non del tutto nuova nei parametri Disney.”

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L’angolo del cinema

Si può fare

di MATTEO MARI�I

Regia: Giulio Manfredonia. Interpreti: Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, Giorgio Colangeli, Andrea Bosca. Vincitore – nell’edizione David di Donatello 2009 – del Premio David Giovani. Voto: 5/5 Siamo negli anni 80, gli anni della legge Basaglia (legge 180) che apre i manicomi e rin-chiude i malati di mente in apposite cooperative per fargli svolgere lavori “socialmente uti-li”, se così si può dire (attaccare francobolli, prezzare prodotti alimentari, ecc.) Nello (Claudio Bisio) è un sindacalista che professa idee troppo avanzate per quel tempo e quindi viene allontanato dai vertici del suo sindacato che lo inviano alla Cooperativa 180 (nata in seguito all’approvazione della legge sopra citata) per assumerne le redini, diventan-done il Direttore. La cooperativa, era gestita da un medico che aveva in cura tutti i pazienti presenti all’interno della struttura. Egli li riempiva costantemente di sedativi e farmaci, con-vinto così di avere la situazione sotto controllo. Superati i primi attriti con i pazienti e conosciute le fragilità e le potenzialità di ognuno, Nel-lo – che, nel frattempo, aveva licenziato il medico - decide di metterli a conoscenza della vera anima, della vera essenza di una cooperativa, dove ogni lavorante ha uguali diritti ri-spetto agli altri e dove si svolgono lavori realmente utili a loro stessi e alla società. Dopo una prima “riunione”, decidono di diventare posatori di parquet.

maniera originale, sebbene non del tutto nuova nei parametri Disney. E' già infatti riscontrabile in manie-ra evidente anche ne "Il Pianeta del Teso-ro" (trasposizione ambientata nello spa-zio del racconto di R.L. Stevenson "L'Isola del Tesoro") tra i protagonisti Ja-mes Hawkin e John Silver.

Un inno ai buoni sentimenti ed ai le-gami solidi, argo-mento che contrad-distingue le pellicole della nota di casa produttrice, che li pone come modello per i più piccoli e non solo.Non man-cano momenti dram-matici, ma il tutto è dosato per rendere il film estremamente piacevole e simpati-co.

Superati alcuni problemi iniziali, dovuti per lo più a inesperienza, riescono ad ottenere – grazie ad una conoscenza di Nello – un appalto in un locale prossimo all’inaugurazione. Il lavoro procede di buona lena ma alla scadenza della consegna - quando era rimasta da pavimentare solo una stanza - finisce il legno per il parquet. Il panico dilaga fra i lavoranti, visto che la direzione dei lavori – di cui inizialmente se ne era fatto carico Nello – viene

affidata a Fabio (uno dei pazienti) poichè l’ex sindacalista corre a Roma per i funerali di Berlinguer. Ma nulla è perduto. Due di loro (Luca e Gigio) utilizzano i materiali di scarto per realizzare – grazie anche al lo-ro estro creativo – un fantastico pannello artistico che ri-scuote un notevole successo e gli permette di ottenere una discreta quantità di fondi dall’Unione Europea. Grazie a questi soldi, entrati nelle casse della cooperativa, Nello riesce a prendere in affitto una nuova sede. Tutto sembra andare per il meglio. Gigio riesce anche ad avere una storia con una ragazza – conosciuta poichè gli ha commissionato un lavoro a casa sua – ma l’imprevisto è sempre in agguato…..

Giulio Manfredonia, dirige un film veramente toccante – tratto da una storia vera – che ci presenta un processo stra-ordinario di umanizzazione di queste persone

“diversamente abili” ritenute inutili e sottovalutate dai medici - che li hanno in cura che invece vengono valorizzate - da un semplice sindacalista che applica ciò che ha imparato nel corso degli anni: tutti i lavoratori hanno uguali diritti e vanno trattati allo stesso modo – senza eccezioni. Forse aveva ragione Franco Basaglia, quando affermava: <<La fol-lia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il pro-

blema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia,

invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di

eliminarla>>.

L’angolo del cinema

Si può fare

Giulio Manfredonia, dirige

un film veramente toccante –

tratto da una storia vera –

che ci presenta un processo

straordinario di

umanizzazione di queste

persone “diversamente

abili” ritenute inutili e

sottovalutate dai medici -

che li hanno in cura che

invece vengono valorizzate -

da un semplice sindacalista

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Chi siamo

Matteo Marini (classe IV°F) Caporedattore

Matteo Ramundo (classe V°B) Responsabile della rubrica Attualità e Libri.

Veronica Tesei (classe II°A) Responsabile della rubrica Cinema

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LA REDAZIONE, AUGURA A TUTTI

UN BUON NATALE ED UN FELICE

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