72-79 biblioteca professionale · Libro unico la molteplicità dei libri, che giustifica...

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Michel MelotLibro,fotografie di Nicolas Taffin,prefazione di Luciano CanforaMilano, Edizioni SylvestreBonnard, 2006, p. 189, ill.ISBN 88-89609-23-0, € 36,00

Il catalogo delle EdizioniSylvestre Bonnard si arric-chisce di questa nuova ope-ra di Michel Melot, facendoseguito alla traduzione dellaSagesse du bibliothécaire ilcui originale era stato pub-blicato due anni prima dalmedesimo editore parigino(L’oeil neuf, 2004). Aureo li-bretto quest’ultimo, da con-sigliare non solo a tutti i bi-bliotecari, vecchi e giovani,ma da suggerire anche perun’area di interesse ben piùestesa. Volutamente diversoquesto Libro, che a pagineconcrete sulla lettura e sullastruttura del libro alternaconsiderazioni aeree, a vol-te quasi di poesia in prosa –non è casuale il riferimentoa Quant au livre di Mallar-mé – e dove un’insolita vir-gola segue l’unica paroladel titolo, facendone parte.Bene integrate di conse-guenza trovano posto le nu-merose e bellissime illustra-zioni di Taffin, immaginiastratte nelle quali va per-duta la derivazione da librio da pagine di libri. Sulle il-lustrazioni nella storia del li-bro Melot, che è autore diL’illustration, histoire d’unart (Genève, Skira, 1984),ne considera l’importanzaeccessiva ad esse concessa,in quanto costituiscono unostacolo o un’interruzionedella lettura, ma allo stessotempo osserva che l’espres-sione illustrazione costitui-sce “un appellativo sospettoa tutti gli artisti, poiché si-gnifica subordinazione del-l’immagine al testo scritto,sorta di compromesso a cuiobbliga la forma vincolante

del libro” (p. 126). L’imma-gine si percepisce immedia-tamente nel suo insieme,mentre la lettura è sequen-ziale. E sul conflitto tra l’im-magine e la parola LucianoCanfora, nella breve e suc-cosa introduzione alla tra-duzione italiana, Libro è li-bertà, vede il rinnovato pe-ricolo per il libro costituitodalla televisione, “lo stru-mento più pervasivo e pas-sivizzante che, dopo l’op-pio, l’umanità abbia saputoinventare”. L’immagine so-stituisce la parola scritta,“l’unica che può davverodefinirsi parola” (p. 12). Latelevisione è portatrice diun pensiero esclusivo equindi di barbarie, mentre ilibri sono molti, portatoriquindi di libertà; non altret-tanto però si dica della reteinformatica, che anzi poten-zia il libro anziché soppian-tarlo (ma Canfora rimpiangeil vecchio catalogo a sche-de, che a suo parere con-sentiva confronti non piùpossibili con l’ottuso catalo-go in linea). Melot concordacon Canfora quando avver-te come la lettura avvengaanche attraverso il compu-ter, a conferma che “il mon-do moderno è un mondo dilettura” (p. 95). Il libro è an-cora necessario a Internet,almeno per ora: sul futuroMelot non si pronuncia, co-me avremo modo di vedere.Tutti e due, noterei, concor-dano nel considerare una li-nea dove il computer, no-nostante tutte le diversitàpuntualmente evidenziateanche nelle loro conseguen-ze, anziché come contrap-posto del libro, si presentacome un suo completamen-to, o continuazione, o inte-grazione: il contrapposto èla televisione. Melot nellaSagesse du bibliothécaire faun confronto analogo tra laBibbia e i libri, tema sulquale ritorna anche in Libro,

opponendo alla cultura delLibro unico la molteplicitàdei libri, che giustifica l’esi-stenza della biblioteca. Melot afferma fin dall’iniziol’idea del libro come oggettoconcreto, con “le fibre dellasua carta, più che le paroledi cui si perde il senso” (p.15). Il libro è consideratonella sua unità fisica, nel“miracolo della piega” deifascicoli più ancora che neisegni destinati alla lettura,fino alla funzione simbolicaassunta dalla coperta, chechiude lo spazio del libro: èda trascurare l’interpretazio-ne banale della protezionedai colpi e dalle intemperie,così come non è solamenteprotettiva la funzione dellalegatura. Aspetto simbolicodunque e anche ben visibi-

le, oggetto di pubblicità co-me pure di ostentazione.Il confronto con la tecnolo-gia informatica ricorre dicontinuo: il testo letto sulcomputer può anche esserericordato, ma è il computera dimenticarlo. Melot diràpiù tardi che le parole sonolegate intimamente al sup-porto a differenza di quantoavviene sullo schermo, do-ve il testo proviene dall’e-sterno, da non si sa dove,mentre è il libro a presenta-re la sicurezza topografica.Sia il testo che la scritturapossono avere altri supportie sono ad esempio condivi-si con il libro dal computer,che ha una logica ben di-versa da quella del libro. Lastoria della forma del libroconsidera fondamentale il

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Le illustrazioni di p. 72 e 73 sono di Nicolas Taffin, tratte dalvolume Libro, di Michel Melot

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passaggio dal rotolo al codi-ce – e ricordiamo le paroledi Henri Martin su una tra-sformazione rivoluzionariache coinvolge profondamen-te lo stesso atteggiamentodel corpo nella lettura. Lalenta vittoria del codice sulrotolo ha a che fare con lasua resistenza tenace alcomputer e alla televisione.Evidente il paradosso, quasiuna provocazione, nella do-manda se in assenza del co-dice l’umanità sarebbe pas-sata direttamente dal rotoloallo schermo: “fra il rotolo elo schermo, il libro non èstato che una lunga devia-zione” (p. 73). In tempi piùrecenti, la standardizzazionedei formati della carta è ri-sultata determinante per losviluppo industriale e si èestesa all’ortografia, alla scrit-tura, alla lingua, al pensierooccidentale. L’osservazioneche la neutralità della scrit-tura faccia perdere il saporedi una corrispondenza epi-stolare è un confronto evi-dente con la cultura delcomputer. Nella quale lastandardizzazione non è e-sente da conflitti, in quantola forma dominante lascia ilsospetto di imperialismo,come oggi avviene con “ilsuccesso insolente degli al-goritmi di Google” (p. 87). Iltesto elettronico presentavie di fuga che sembravanovietate al testo scritto, nelquale è significativa la cano-nizzazione dei testi sacri:nato in ambiente pagano, ilcodice si è sviluppato con leprime comunità cristiane,ma i “fermenti di umanesi-mo” contenuti nel Libro sa-cro gli si sarebbero rivoltaticontro: anche qui ritorna,quasi come un Leitmotivwagneriano, il tema della li-bertà vista attraverso la mol-teplicità del libro.La trasmissione della cono-scenza nell’evoluzione cul-turale dell’umanità vede nel

libro la perdita della tradi-zione orale, quella “grandecatena di trasmissione oraleiniziatica” di cui ha scrittoAmadou Hampâté Bâ, quel-lo stesso che oltre quaran-t’anni or sono pronunciòall’Unesco una frase divenu-ta celebre: “In Africa, quan-do un vecchio muore, è unabiblioteca che brucia”. Perritornare a Melot, egli avver-te con il libro una perditadella capacità mnemonica egestuale e l’assunzione diun aspetto magico presso ipopoli illetterati. D’altra par-te il motivo del libro comeoggetto a sé e non più fina-lizzato alla lettura ritornaanch’esso più di una volta.Troviamo la metamorfosidel libro come oggetto e deltesto come frammenti di-spersi e mescolati per un’e-strazione casuale, tanto cheMelot preferisce lasciare“agli specialisti decidere sesi tratti di libri oggetto o diarte concettuale” (p. 168). Epoi troviamo il libro comeoggetto di possesso, in bi-bliofilìa, o di moda, fino al-l’apparenza dei libri finti. Lalimitazione della tiraturapassa dalla stampa al libro,per trasformarlo in oggettoda museo, fino a deforma-zioni che giungono a rende-re il libro illeggibile. Ma suqueste considerazioni oc-corre dire che va perduta latrafila che dalle tavolette, at-traverso il rotolo e il codice,giunge al computer. Al rapporto tra la lettura e illibro è dato ampio spazio. Ildistacco tra la lingua parlatae la lingua scritta si accen-tua con il predominio dellalettura silenziosa: l’abban-dono della lettura ad altavoce, che giunge al puntodi fare a meno della com-prensione del testo, presen-ta il momento della vera au-tonomia del libro (p. 59). Lalettura silenziosa favoriscel’emancipazione e segna

un’evoluzione nella presen-tazione del testo, con la di-visione delle parole, la pun-teggiatura, i richiami (e laconseguente necessità dinumerare le pagine e le co-lonne), le note e gli “stru-menti che permettono unapproccio critico al testo”:“l’indice è figlio del XIII se-colo” (p. 68). Allora nacquel’architettura del libro con lasua struttura in capitoli esottogruppi, fino ai singoliarticuli – e Melot suggerisceun confronto con le catte-drali gotiche – fino a mo-dellare la forma del pensie-ro occidentale (p. 56). L’a-pertura e l’uso del libro cor-rispondono al gotico, con-tro l’impiego liturgico, che“non penetra il contenuto”,è chiuso e corrisponde alromanico (p. 57). Più tardi,il momento storico favorìGutenberg, forte di una se-rie di tecniche che lo aveva-no preceduto.

Il rapporto con la civiltàelettronica influisce sullostesso concetto di autore, ilcui diritto “non è legato al-le idee ma alla loro iscrizio-ne in uno spazio” (p. 103) ela cui nozione moderna na-sce con il libro a stampa,con un’idea che permaneimmutata, al di là dei rap-porti dello scrittore con lasocietà, che comprendono idiritti sulla propria opera. Ildisfacimento del libro conla fuoriuscita del testo haconseguenze sul concettodi autore. Ma nel percorsodel libro spaventa la pauradella sua morte, presentenegli stessi “stratagemmi”per salvare la carta con ladeacidificazione, visti daMelot quasi come “crociateannuncianti la fine dellamemoria”, analogamenteallo “scandalo” degli auto-dafé e delle distruzioni bel-liche. “La paura della mortedel libro spaventa. Davanti

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a questa paura oscura, sisostiene che non si trattadella morte del libro, madella morte, semplicemen-te” (p. 172). Ed in questopossiamo trovare un’analo-gia tra la perdita della me-moria orale e la perdita del-la memoria scritta? Ma nonvorrei intervenire sul pen-siero e sulle fantasie sugge-stive di Melot.

Carlo Revelli

carlorevelli@tiscali.it

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